mercoledì 1 giugno 2011

Il porto di Kalive 4

Kelal il granchio cominciò ad aggirarsi con aria fintamente distratta, muovendo le chele in modo quasi impercettibile, gli occhietti tondi in cerca di un busillis procedurale per portare avanti una eventuale causa da dibattere nella grotta azzurra, sede della corte del porto. “Appena intrasente aria di azione legale esce dalla sabbia, è incredibile” frinì la cicala Donna Selma alla sua comare Donna Gerla. Donna Selma aveva sviluppato negli anni un'antipatia nei confronti di Kelal il granchio, il quale, dal canto suo, si era battuto nella lotta alle cicale: voleva far firmare una petizione popolare per farle andar via dagli alberi del porto in quanto cantando e producendo quel tipico suono che, secondo la petizione, ricordava i tempi spensierati e l'allegrezza che si respirava nella rispettabile comunità portuale. Nessuno aveva firmato quella petizione e questo lo aveva fatto innervosire ancor di più. In realtà, si vociferava in alcuni moli, sembrava che Donna Selma avesse rifiutato in più occasioni le proposte amorose di Kelal il granchio. Pare, infatti, che l'avvocato del Porto di Kalive si fosse preso una brutta cotta per la cicala Selma. Per notti intere aveva assordato il porto con un suono di nacchere e una struggente musica spagnoleggiante per convincerla a sposarlo, con un ben studiato accordo prematrimoniale s'intende. In base alle dicerie Donna Selma era talmente giovane da non serbare memoria di quell'incidente di percorso che le era valso tanta attenzione, nel bene e nel male, da parte dell'avvocato, ma si era accorta che ogni volta che si rivolgeva direttamente con gentilezza a Kelal il suo guscio già rosso arrossiva ancora diventando di un colore quasi fosforescente e si tuffava continuamente nella sabbia saltellando su una zampetta e sull'altra. “Immagino più che so - si affrettò ad aggiungere il corvo vedendo Kelal arrivare – essendo un cane....”
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