domenica 31 dicembre 2017

Cromatismi (aggiornato)


Cromatismi

A gennaio il Do si ritrovò con gli occhi tutti assonnati a cercare di capire come alzarsi dal suo letto
Do diesis # e Re bemolle vennero in suo soccorso ma febbraio era il mese più corto dell’anno
A marzo giunse poi Re e una copiosa nevicata imbiancò le cime delle montagne lì d’attorno
Aprile fu il tempo di Re diesis # e Mi bemolle che mangiarono tutte le colombe di Pasqua
Che belle fioriture! Esclamò Mi a maggio contemplando le rose e i fiori della Primavera
A giugno i papaveri hanno arrosato i campi e già si sente profumo d’estate, disse Fa
A luglio Fa diesis # con Sol bemolle vollero festeggiare al mare un evento speciale
Il sole scaldò l’aria d’agosto e il Sol andò in montagna a rinfrescarsi un pochetto
Sol diesis # e La bemolle lo raggiunsero a settembre per camminare insieme
Mentre La ad Ottobre andò in giro per uliveti a raccogliere tutte le olive
La diesis # e Si bemolle andarono a vedere il foliage di novembre

A dicembre Si ricordò a Do che avrebbe dovuto alzarsi dal letto

sabato 30 dicembre 2017

Alla ricerca dell’essenza luminosa. (da 1. a 6. bozza)

Alla ricerca dell’essenza luminosa.

1.
Un bel giorno di primavera i fiori tutti fioriti si guardarono intorno e videro che erano davvero belli, tutti colorati e con forme stravaganti, bizzarre oppure semplicissime.
C’era il fiore verde, tondo e sorridente, quello viola con tanti petali quante sono le dita di due mani, quello rosa con i triangoli intorno al pistillo, il fiore giallo, arancione, bianco e nero che aveva proprio la forma di una girandola, quello blu con tre serie di foglie e quello rosso a pois con tanta voglia di ballare.

“Siamo proprio belli, nevvero?” disse il Verde
“Oh sì e siamo tutti diversi” rispose il Rosso a pois
“Già già abbiamo forme assai peculiari e ci muoviamo in modo differente” meditò il Viola
“Ma quello che ci distingue davvero cos’è?” chiese il Blu
“Beh, potremmo chiederlo alle api o alle farfalle che ci conoscono tanto bene” propose il Giallo, Arancione, Bianco e Nero

Dopo una lunga dissertazione si giunse alla conclusione che forse era proprio il caso di chiederlo alle api che passavano di là ma erano tanto impegnate nel loro lavoro che non ci fu verso di ottenere risposte se non un laconico:
“Potreste chiedere alle farfalle, loro prima di essere tanto svolazzanti erano crisalidi e prima ancora bruchi, conoscono tante cose potrebbero ottenere la giusta risposta”.

I fiori ci pensarono su e decisero che il suggerimento dell’ape, sebbene un po’ sbrigativo, fosse anche giusto e sensato e qualcosa si sarebbe anche capito domandando a chi aveva tante età vissuto.

Appena le ali della farfalla Farfarella si avvicinarono, i fiori si profusero in una danza tutta speciale, un richiamo inequivocabile e irresistibile.

“Che belle movenze, come posso aiutarvi?”
“Ciao Farfarella, stiamo cercando…” iniziò il Giallo, Arancione, Bianco e Nero
“…di capire…” proseguì il Blu
“…cosa ci differenzi…” continuò il Viola
“…veramente” concluse la spiegazione il Rosso a pois
“Tu lo sai?” chiese a bruciapelo il Verde

“La questione è alquanto complessa” affermò meditabonda Farfarella aggiungendo “siete molto diversi tra voi ma egualmente meravigliosi, certamente l’odore caratteristico, le forme e il colore”

“Già il colore”, risposero in coro e posero una domanda che sembrava semplice ma forse non lo era poi tanto perché come è noto e arcinoto e stranotissimo, non esistono domande stupide o inutili anche se non sempre si è tenuti a rispondere.

Probabilmente si potrebbe pensare che la domanda riguardasse il modo in cui si formano le sfumature che come è noto e arcinoto e stranotissimo si compongono con i colori primari, il giallo, il rosso, il blu aggiungendo bianco e nero anche se vi sono anche altre possibilità ma il quesito non aveva a che fare con le sfumature bensì con l’essenza stessa del colore.

“Su questo non posso rispondervi” rispose Farfarella che si sbrigò ad aggiungere “però posso chiedere in giro forse qualcuno ne sa qualcosa” e così dicendo sfarfallò via.


2.

Farfarella si era sentita molto importante perché aveva ottenuto un incarico che l’aveva proprio inorgoglita.

Dopo essersi consultati tra loro e poi con api, vespe, calabroni, libellule, coccinelle, mosche e tanti altri insetti, i fiori, che si sentivano molto belli perché uno differente dall’altro, le avevano chiesto di sapere qualcosa su uno degli elementi che costituisce la loro diversità: l’essenza del colore.

Certo il compito non era facile, anzi, era piuttosto arduo e proprio per questo le sue ali avevano avuto un fremito di vanità mista a curiosità e in men che non si dica era andata a chiedere alle sue amiche farfalle che aveva conosciuto quando era ancora un bruco o una crisalide.

“Ciao Farfarella che piacere vederti!” esordì Violetta
“Che ci racconti di bello?” le chiese Bluette
“Va tutto bene?” domandò Verdella
“Che ne pensi delle ali?” curiosò Fucsietta che era stata bruco insieme a lei
“Sei felice della tua nuova condizione?” s’informò Giallina che era stata crisalide su una pietra vicina
“Dicci dicci” la esortò infine Rossetta

In poche emozionatissime parole Farfarella spiegò ciò che le avevano chiesto e, dopo una danza svolazzante, le sue amiche giunsero alla conclusione che la domanda fosse assai importante ma che non avrebbero saputo dare una risposta precisa, sarebbe stato necessario chiedere a Pandarella che casualmente passava di là proprio in quel momento.

3.

Pandarella se ne andava bella bella nei prati quando la sua attenzione venne catturata da uno svolazzare di ali di farfalle colorate. Era uno spettacolo davvero emozionante e sapeva che quello era un modo per richiamare la sua attenzione.

In effetti le farfalle le avevano domandato una cosa cui non sapeva rispondere: volevano conoscere l’essenza del colore.

A dire il vero e per dirla tutta non erano state proprio le farfalle bensì i fiori, dopo una lunga consultazione con api, vespe, calabroni, libellule, coccinelle, mosche e tanti altri insetti, avevano chiesto a Farfarella di andare a chiedere informazioni e poi le sue amiche farfalle l’avevano aiutata a capire qualcosa in più e soprattutto avevano deciso di domandare a Pandarella.

Pandarella salutò le farfalle, ringraziò per la fiducia e promise che avrebbe fatto del suo meglio per venire a capo di una situazione tanto delicata e di una richiesta tanto complicata.

Pensa che ti ripensa che ti strapensa, Pandarella aveva deciso di andare a chiedere di là dal mare e su una barchetta si era avventurata.

Nel mare c’erano tantissimi pesci di tante fogge e colori, diverso l’uno dall’altro e Pandarella colse l’occasione per chiedere loro se ne sapessero qualcosa.

“Non sapremmo proprio che dirti” risposero pronunciando uno speciale suono armonico che si spandeva attraverso le onde “però anche noi abbiamo notato di essere uno diverso dall’altro per forme e per colori anche se molte delle nostre differenze si accentuano in base alla profondità delle acque in cui nuotiamo”.

Pandarella ringraziò e si mise ad ascoltare lo sciabordio dell’acqua al di sopra della carena del suo natante, era tanto rilassante che si addormentò.


4.

Forse era stato il canto delle sirene, l’ondeggiare lento delle onde, il caldo sole o il senso di responsabilità per l’importante missione, fatto sta che Pandarella si era proprio addormentata.

Non aveva certo dimenticato la richiesta delle farfalle, o meglio quella che avevano fatto i fiori, dopo una lunga consultazione con api, vespe, calabroni, libellule, coccinelle, mosche e tanti altri insetti, a Farfarella ossia di andare a cercare di capire l’essenza del colore.

Mentre ronfava beatamente doveva essere trapelato qualcosa nei suoi sogni perché un cormorano, il cui nome scientifico è Phalacrocorax carbo, si posò sul timone e, alternando trilli e gorgheggi, suoni acuti e gravi, gli raccontò che aveva saputo che Pandarella aveva ricevuto una richiesta molto particolare e che l’avrebbe forse potuta aiutare.

Il cormorano volò dunque verso una scogliera e da lì si avvicinò ad un faro bianco e rosso che si stagliava sull’oceano per chiamare a raccolta i suoi amici pennuti che accorsero di buon grado notando che anche loro erano davvero belli e ognuno diverso dall’altro.

Tra canti e svolazzate, la ricerca di cibo per sfamare una nidiata ecco che la richiesta era stata esaminata e la risposta era stata che non se ne sapeva molto ma che forse Pandarella avrebbe dovuto domandare ulteriormente in una cittadella dove vive parecchia gente allegra e gaudente.

Il cormorano tornò dunque ad appoggiarsi sul timone della barchetta su cui Pandarella stava attraversando il mare, le sussurrò di non svegliarsi proprio in quel momento e contestualmente la aggiornò sulle richieste degli uccelli.

5.

Senza capire bene come, quando e perché Pandarella si era ritrovata in una torre tutta colorata a strisce bianche viola sormontata da una cupola triangolare bianca e nera.

Accanto a lei tante casette ridenti di colori differenti.

C’era quella rossa con smerlature nere, quella gialla con un doppio tetto di coppi solari, quella rosa con una nuvoletta soffice in testa, ce n’era poi una verde con una scacchiera alla base e una indaco con un bel tulipano blu che faceva la corte al tulipano rosa di qualche aiuola più in là.

Non troppo discosti, inoltre, c’erano due girasoli che erano però piuttosto particolari: erano infatti di una varietà particolare tanto rara da essere quasi introvabile. Non soltanto si inclinavano in base ai raggi del sole, come fa ogni girasole, ma i loro petali erano cangianti e durante il giorno e la notte mutavano d’aspetto al punto da risultare di tante sfumature quante ce ne sono in un arcobaleno.

Tra le siepi si scorgeva il riflesso luminoso delle stelle e un raggio di luna ribalzò fino ad uno specchietto che si trovava proprio sopra al letto di Pandarella facendola destare dal sonno profondo e popolato di sogni sonori.

Si affacciò alla finestra e chiese al satellite del Pianeta Terra, cioè domandò alla Luna, se avesse qualche notizia in merito alla richiesta delle farfalle, o meglio quella che avevano fatto i fiori, dopo una lunga consultazione con api, vespe, calabroni, libellule, coccinelle, mosche e tanti altri insetti, a Farfarella: cercare di capire l’essenza del colore.

“Sapevo quello che mi avresti domandato e ho chiesto ai Pianeti del nostro Sistema Solare e poi al Sole, il quale ha chiesto alle sue amiche Stelle della Via Lattea e la risposta è che l’essenza del colore è luminosa”.


6.

Pandarella non fece neanche in tempo a ringraziare la Luna, che si era girata dopo aver sbadigliato e si era addormentata di nuovo dopo tutta quella fatica che aveva fatto per cercare di capire l’essenza del colore pur non avendo compreso granché.

Il giorno seguente, di buon mattino, Pandarella si incamminò verso il campo di fiori dove sperava di incontrare Farfarella per raccontarle tutta la faccenda.

Mentre camminava una pioggerella la sorprese ma era stata previdente e aveva portato con sé un ombrello.

Appena giunse nel campo di fiori un arcobaleno attraversò il cielo con una nettezza di rara bellezza.

“Ciao! Ho trovato la risposta alla domanda che mi era stata posta ma non ci ho capito molto”, esordì non lasciando tempo al tempo e continuando tutto d’un fiato “Mi hanno detto che l’essena del colore è nella luce”

A quel punto si intromise Lumachella che era potuta uscire dal suo guscio dopo aver mangiato tutte le foglie di basilico che erano non troppo lontane dall’uscio.

“Io so di cosa parlavano”

“Di cosa di cosa?” Chiesero in coro

“Di particelle elementari chiamate fotoni”, rispose con una vibrazione delle antenne.

"I fotoni?" chiesero in coro.

"Sì, vedete l'arcobaleno?", chiese Lumachella ruminando anche le foglie di insalata piantata lì vicino da un'ortolana gentile.

"L'arcobaleno è composto da raggi di sole e da gocce di pioggia!", rispose piccata Farfarella.

"Sì ma il colore è luce e la luce è una porzione di spettro elettromagnetico visibile di cui il fotone è la particella elementare", rispose Lumachella, lasciando tutti quanti con un palmo di naso, prima di ritirarsi nel suo guscio


giovedì 21 dicembre 2017

In quattro e quattro otto (bozza)

In quattro e quattro otto (bozza)

A.
Poiana Romana, Picchio Salticchio e Anco il Cavallo Bianco si incamminano con passo stanco
Mentre Guya l’Aquila, Cupo il Lupo e Dante l’Elefante si appropinquano lemme lemme
Mentre il Corso Orso, Bella la Scimmietta e Bice la Tigre si avvicinano pigre
A Grisanche
[6/4 6/4; 6/4 6/4; 6/4 6/4; 2/4; 2/4]

B.
Riccio Capriccio, Istrice Felice, Pulcino Sabino di dolci riempiono un cestino
Gialletto il Coniglietto, Trottolo il Leontopo, Arancione il Leone sgranocchiano un torrone
Il Cervo Stelvio, Pasquale i Cinghiale e il Daino Marino incartano un confettino
Da Milena la Falena
[6/8 6/8; 6/8 6/8; 6/8; 2/8 2/8]

C.
Da Grillo Brillo
Manolo il Capriolo e Isabella la Coccinella suonano la campanella
Cannelle le Paperelle e il Billo il Cigno soffiano in un flauto di legno
Astorre l’Orsetto Lavatore e Gina Maialina suonano l’ocarina
E a Fosco il Pettirosso e Otto il Passerotto danno il pilotto
[2/8 2/8; 4/8; 4/8; 4/8]

D.
Milena la Balena, Dino il Delfino e Aretusa la Medusa chiacchierano sull’altalena
Ciummaca la Lumaca legge sull’amaca
Lanotte Bambolotte bevono il caffellatte
Cotogna la Cicogna e Nerone l’Airone manovrano l’aquilone
Da Camillo il Coccodrillo

[12/4; 6/4; 6/4; 4/12]


venerdì 8 dicembre 2017

Nevotto

Nevotto

Un giorno non lontano in una landa assai vicina la neve si posò lieve sulla collina dove una bambina molto industriosa stava cercando l’ispirazione per realizzare qualcosa di speciale.
L’inverno era arrivato e il solstizio già passato faceva pregustare le prelibatezze di Natale che in cucina i suoi parenti erano intenti a preparare.
Tra padelle, pentole e tegami c’era proprio una gran confusione e la nevicata di quell’anno era una bella novità, non si poteva certo sprecare l’occasione di inventare una nuova distrazione.
Era freddo ma il sole faceva capolino tra la nebbia già dal primo mattino e la bambina decise di andare a vedere cosa accadeva colà.
Si mise a correre e saltellare, poi a scivolare e lanciare algide pallette alle sue amichette.
Ridendo e scherzando le giovinette arrivarono in cima alla collina e si interrogarono sul da farsi.

“Si potrebbe costruire un castello di ghiaccio dove andare a ballare”
“E si potrebbero costruire affilati schettini per pattinare”
“Io penso che potremmo costruire una pista per le biglie colorate”
“E se ne facessimo gelati adornati con le foglie e le marmellate?”

Pensa che ti ripensa giunsero alla conclusione che non avevano proprio deciso cosa fare fino a che, un bel momento, la bambina molto industriosa che stava cercando l’ispirazione per realizzare qualcosa di speciale mentre i suoi parenti preparavano in cucina prelibatezze di Natale esclamò:

“Eureka ho trovato! Creeremo un pupazzo di neve e lo chiameremo Nevotto!”

Le bambine si misero ad assemblare con le loro mani e svelte svelte ebbero un pupazzotto prima delle otto.





lunedì 4 dicembre 2017

Le giardiniere

Le giardiniere

Costanza non aveva dormito tutta la notte, o quasi, visto che ad un certo punto si poteva proprio dire che si fosse addormentata, per pensare e ripensare ad un nuovo gioco da inventare.
Pensa che ti ripensa, nei suoi pensieri si era proprio persa e i suoi sogni stavano lì ad aspettare l’ora propizia per poter entrare.
Luci ed ombre nella sua stanza stavano esercitandosi in una magica danza quando ad un tratto videro arrivare, tra le campanule e l’amaranto, un gran temporale.
Forse fu proprio il tuono, o forse il lesto lampo, che la fecero addormentare e il suo gioco come d’incanto scordare con baldanza.

In suo soccorso arrivò Perseveranza, con attenzione scrutò e rimirò, un’idea in testa le balenò, era certa che tutto fosse fatto quando un castoro alla porta del suo sonno come un ariete si mise a martellare.
Cos’è questo gran chiasso, chiese dando uno sguardo alla stanza ma lentamente sbadigliò, e in poco men che meno nel cuscino la sua testa sprofondò.
C’era poco da scherzare, forse l’avrebbero potuta anche schernire, e all’orizzonte tra la magnolia e il girasole si era presentato un bell’acquazzone, forse era proprio l’ora di andare a dormire.

Ad onor del vero aveva voglia di dormire anche la Maestra Onore, quando udì provenire dalla stanza di Costanza un gran fragore.
Un temporale, si poteva forse pensare, ma c’era poco da immaginare quello che aveva udito era proprio il tuono che segue la folgore.
Con le ciabatte e un cappello a cilindro, una lanterna verde con una vivace fiammella, dal letto si alzò e bofonchiando accanto a Perseveranza un bel garofano col suo stiletto pugnalò.
Non c’era proprio niente da fare, quella notte non v’era verso di dormire, nella stanza di Costanza gessi, pennelli e pennarelli erano intenti in un’ipnotica danza.

Cosa accade quassù, sussurrò la Maestra Virtù guardando il garofano deposto dalla Maestra Onore accanto a Perseveranza che un nuovo gioco voleva inventare insieme alla sua amica Costanza.
Sembra proprio che sia passato un uragano, odo rumore di tuoni e fragore di avellane scomposte, sarà bene illuminare i miei felpati passi con un azzurro candelabro.
Una farfalla o una falena volando le si posò sul labbro, essenza di gelsomino e di alloro si diffuse nell’aria e con uno starnuto soffiò via il temporale senza stare a pensarci più di tanto.

Niente alabarda o pugnale, sorrise, si guardò d’intorno e come d’incanto nella stanza di Costanza si mise con le ombre a saltellare, avrebbe voluto proprio ballare ma era ora di andare a dormire. 

venerdì 1 dicembre 2017

Filastrocca puzzlesca

Filastrocca puzzlesca

Giallino il Topolino un bel giorno
Si svegliò di buon mattino
Al suono del violino
Di Verdino il Grillino

Che si dice?
Domandò Rossiccia
La castorina che tutto il dì pasticcia

Mumble mumble
Mumbleò Bordò
Il Gufetto che non scende mai dal letto
Sempre immerso nel suo libretto

Piove piove!
Prugnetta la ranocchietta gracidò
Il mio ombrello rosso e giallo
Per proteggermi aprirò

Ma se sto svolazzando
La schernì Lunella la farfalla
Vedo vedo da quassù
Guanciotta Leprotta
Annaffiare nell’aiuola una calla tutta rosa

Che particolarità
Schiocchiolò Bluotto il Ricciotto
Voglio proprio pagaiare fin là

Col mio olfatto sopraffino
L’ho appena trovata
Eccola qua

Concluse Rossotta la Talpotta

domenica 12 novembre 2017

Lappo e i suoi amici. Lo spettacolo tanto atteso. (bozza)

Lappo e i suoi amici. Lo spettacolo tanto atteso. (bozza)

Le attività fervevano nella Terra Remota, Lappo e i suoi amici si stavano preparando per il grande giorno dello spettacolo tanto atteso di cui soltanto Magik la Lepre bianca sapeva qualcosa in più perché era addetto alle luci.
Quello che si sapeva era che i protagonisti sarebbero stati Roberto e Margot, che la coreografia sarebbe stata creata da Loïe la Fata cristallina, le luci di Magik e la musica del gruppo di rock progressivo The Balmung che sarebbe giunto nella Terra Remota da un paese italiano nella provincia romana.
Non erano trapelate notizie un po’ per non rovinare l’effetto sorpresa e un po’ perché quello era il metodo di lavoro di Loïe.
La Fata cristallina è sempre stata un po’ capricciosa, una di quelle fate che non amano programmare tutto in anticipo, o meglio, che programmano tutto nei minimi dettagli e poi si trovano, per un motivo o per l’altro, a ricominciare quasi all’infinito.
Magik provava e riprovava le luci ed era quasi riuscito a fare quello che gli aveva chiesto Loïe, cioè quasi l’impossibile, trovando ispirazione in alcuni scritti di Marie Curie mentre Roberto e Margot seguivano le indicazioni della coreografa e quasi tutti i giorni dovevano fare qualche correzione o ricreare qualche passo.
Quando tutto sembrava perfetto ecco che c’era da ricominciare passo passo.
Volenti o nolenti il gran giorno, seppure fosse difficile distinguerlo dalla notte visto che era sempre buio in quel mese dell’anno, era arrivato.
Lappo e i suoi amici si erano vestiti per l’occasione, i The Balmung con Cloudy e gli altri erano giunti dall’Italia e avevano subito preso un raffreddore perché non erano abituati a quel clima e si trovavano perfettamente in sintonia con l’husky lupo dagli occhi di ghiaccio sul freddo, Magik era uscito dal suo laboratorio con tutte le attrezzature, Roberto e Margot avevano fatto le ultime prove generali e tutto era pronto, o quasi.
Gli abitanti della Terra Remota, nonché delle vicine Lupania, Terra degli Orsi Polari, Candilandia e Yakkia si erano radunati cogliendo l’occasione per salutare amici e parenti che non vedevano da tempo e Lince stava pregustando l’arrivo di Volpacchiotta la quale, però, sembrava aver dimenticato di arrivare.
Cosa poteva esserle accaduto?
Non si sapeva davvero né si sarebbe potuto immaginare. Beh, forse con un po’ di fantasia, neanche troppa a dire il vero…”
Già già doveva proprio essersi addormentata nelle calde acque termali e aveva certamente dimenticato di arrivare in tempo.
I minuti trascorrevano allegri ma di Volpacchiotta nessuna traccia.
Il volto di Lince era sempre più triste ma non c’era spazio per la malinconia con uno spettacolo tanto bello che stava per cominciare.

Tutto sembrava pronto, Loïe dopo varie esitazioni aveva dato il via libera e il sipario si era alzato su uno scenario a dir poco meraviglioso, la musica era perfetta, le luci splendide e, quando stavano per entrare in scena Margot e Roberto nel cielo scuro si produssero incredibili effetti luminosi. Subito si pensò che Magik questa volta avesse superato sé stesso ma si capì ben presto che quelle luminescenze erano qualcosa di più di un abile lavoro prodotto da faretti e luminarie: Volpacchiotta la Volpe magica si era proprio addormentata alle terme ma si era svegliata in tempo per accorgersi che era in ritardo per cui cominciò a correre tanto velocemente che la sua coda a contatto con la neve produsse scintille tanto simili a quelle che creano i fabbri con le saldatrici ma erano di colori tanto belli che il cielo se ne innamorò e tutti gli anni decise di ricreare quella magia con l’aurora boreale. 

sabato 11 novembre 2017

Lappo e i suoi amici. Magik. (bozza)

Lappo e i suoi amici. Magik.

TUMP TUMP TUMP
“Per tutte le farghe! Non riesco proprio ad azzeccare il colore giusto!”
Lappo stava camminando tranquillamente quando udì distintamente i rumori e pronunziare tali parole.
Non ebbe alcun dubbio sulla provenienza e senza indugiare si incamminò verso la dimora-laboratorio di Magik, la Lepre bianca.
TUMP TUMP TUMP
Il tramestio si faceva sempre più forte. Era evidente che stava provando qualcosa di importante.
Magik era una Lepre bianca che aveva una fascinazione impressionante per la luce. Ne era profondamente innamorato e cercava, nella sua bottega, di fare tutto il possibile per comprenderne la composizione, le variazioni, gli effetti che si sarebbero potuti ottenere, le emozioni che essa riusciva a suscitare.
Non era sempre una buona idea avvicinarsi troppo quando stava lavorando perché non si poteva mai sapere, magari un razzo o un fulmine avrebbe potuto inavvertitamente colpire il malcapitato che si fosse trovato di lì a passare per caso.
Lappo si avvicinò cauto, e lo chiamò da lontano, per evitare qualche spiacevole incidente.
“Ehilà Magik!”
“Chi va là? Entra entra non c’è pericolo al momento”
“Come stai, che stai combinando di bello?”
“Ciao Lappo, sto bene grazie ma sto cercando di studiare alcuni appunti di una scienziata, una tale Marie Curie”
“Marie Curie? Beh è stata insignita del Premio Nobel, ben due volte se non ricordo male, dev’essere sicuramente una lettura interessante ma perché te interessi?”
“Sì esatto, per la Fisica e per la Chimica, ma non è quello che mi interessa, o almeno non troppo direttamente. Devi sapere che ha anche svolto degli studi molto interessanti sulle luci”
“Ah, adesso capisco, devi fare le luci per il concerto dei The Balmung e stai studiando”
“Esatto, vuoi una tazza di tisana?”

“Una bella tazza di Betullica non si rifiuta mai”

venerdì 10 novembre 2017

Lappo e i suoi amici. Lince la Tigre delle nevi perenni. (bozza)

Lappo e i suoi amici. Lince la Tigre delle nevi perenni.

Lince la Tigre delle nevi perenni si era svegliato di buon mattino, anche se non si sarebbe detto a guardare il cielo perché era notte fonda come sempre capita nella Terra Remota tra novembre e gennaio. Aveva un programmino bellissimo per la giornata: avrebbe incontrato Romy e gli avrebbe fatto ascoltare una nuova melodia che aveva composto la sera prima, era certo che gli sarebbe piaciuta moltissimo, e poi si sarebbe lanciato dagli alberi innevati di fresco per il suo sport preferito, il tree-diving ovvero tuffo dagli alberi, possibilmente innevati.
Non fece in tempo ad uscire che Romy, Lappo e Timmy andarono da lui tutti contenti con un pacchetto pieno di prelibatezze, un regalo e una bella bottiglia di Betullica.
“Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri Lince, tanti auguri a te”
Intonarono in coro soddisfatti per la riuscita sorpresa.
“Pensavi che avessimo dimenticato che oggi è il tuo compleanno, eh?” disse Lappo facendo l’occhiolino e sgattaiolando al calduccio.
“Sì sì” dissero Romy e Timmy accomodandosi in poltrona sorridenti.
Lince era sinceramente confuso e contento ma la gran sorpresa gli aveva fatto dimenticare perché stava uscendo. Aveva una vista supersonica e una bella memoria però talvolta scordava, come capita spesso a chicchessia, quello che stava facendo proprio l’attimo prima.
Presero una bella tazza di Betullica, mangiarono le prelibatezze e quindi Lince aprì il regalo vero e proprio.
“Il nuovo disco dei The Balmung!” esclamò con la felicità che gli sprizzava da tutti i pori.

Romy conosce bene la musica e sa capire i gusti dei suoi amici, Lappo e Timmy erano certissimi che avrebbe saputo scegliere e poi anche loro erano fan del gruppo di rock progressivo guidato da Cloudy, il cantante e compositore che Lince aveva conosciuto alle terme un giorno di primavera quando l’aria si riempie di colori e il clima è più mite. 

giovedì 9 novembre 2017

Lappo e i suoi amici. Romy la Renna. (bozza)

Lappo e i suoi amici. Romy la Renna.

Il giorno in cui Timmy arrivò nella Terra Remota, Romy aveva deciso di andare a trovare Lappo per una bella tazza di Betullica e chiedergli se avesse voglia di andare con lui al concerto del gruppo di rock progressivo The Balmung.
Sapeva che avrebbe trovato nell’husky lupo una buona compagnia per andare ad ascoltare la sua band preferita.
Romy ama la musica, gli piace trascorrere ore ad ascoltarla e conosce tutti i gruppi, nelle varie formazioni, della Terra Remota e delle vicine Lupania, Terra degli Orsi Polari, Candilandia e Yakkia. Talvolta si diletta anche nel suonare qualche strumento ma non è quello il suo interesse maggiore. Ha sempre avuto un carattere composto e posato, insomma è una di quelli che si arrabbiano difficilmente anche perché pensano che la rabbia sia fondamentalmente uno spreco di energie, di tempo e di nervosismi.
La temperatura era piuttosto freddina nella lunga notte nella Terra Remota e sapeva che Lappo sarebbe difficilmente andato in giro, freddoloso com’è. Era certo che l’avrebbe trovato davanti ad una tazza fumante di Betullica.
Quando arrivò non c’era ma era certo che non avrebbe tardato ad arrivare e infatti non ci fu molto da attendere.
“Ciao Romy!”
“Ciao Lappo, ti stavo proprio cercando!”
“Be’ sono proprio contento di vederti. Ho appena conosciuto Timmy e penso che potresti dargli una mano ad orientarsi nella Terra Remota, che ne dici?”
“Ciao Timmy, sono Romy, sembri stanco che ti è capitato?”


Come Lappo aveva immaginato nacque un’amicizia profonda tra i due tanto che ora nella Terra Remota nessuno pensa a Timmy senza pensare anche a Romy. 

mercoledì 8 novembre 2017

Lappo e i suoi amici. Timmy il Panda. (bozza)

Lappo e i suoi amici. Timmy il Panda.

Timmy è un panda gigante, una sorta di orso bianco e nero che non va mai in letargo. Il giorno della sua nascita una gran quantità di persone si era raccolta intorno a lui per fare una foto ricordo o per guardarlo. La prima cosa che conobbe, dopo il morbido utero materno, fu la invadente curiosità degli umani.
Crebbe tra le foreste del Sichuan, dove i quattro fiumi si incontrano, le acque sono fredde e impetuose, i bambù crescono spontaneamente. La sua famiglia si era trasferita in una zona tranquilla non lontana da Chengdu ma lui non amava le grandi città, preferiva di gran lunga stare all’aria aperta, tra le montagne dove l’orizzonte sembra intrecciarsi con l’infinito.
Un giorno di fine estate aveva deciso di andare ad osservare il cambiamento del colore delle foglie, il cosiddetto fall foliage, nel Parco di Jiuzhaigou, per cui aveva salutato la sua famiglia e i suoi amici, si era riempito la pancia di germogli di bambù e si era incamminato verso Nord pensando di rimanere lontano per un paio di mesi o poco più.
Passeggiare tra sentieri e boschi lo metteva di buon umore e gli stimolava l’appetito per cui, nonostante avesse un buon passo, di quando in quando si fermava per uno spuntino. Durante una di tali soste, incontrò un gruppo di umani che vollero farsi fotografare ma poi cominciarono a tirargli le orecchie, mordergli il naso, fare lo scivolo sulla sua grande schiena.
Cercò di dir loro che non gli piaceva come si stavano comportando e che gli dava fastidio essere trattato in quel modo ma loro per tutta risposta lo presero sempre più in giro, facendogli le linguacce e altre smorfie. Se avesse voluto, se la sua indole fosse stata diversa, avrebbe potuto sbarazzarsene con una semplice scrollata di spalle ed eventualmente un paio di zampate ma non gli piaceva essere violento, lo trovava stupido e inutile, per cui pazientemente attese la sera. Quando gli umani andarono via per la cena Timmy si addentrò nella foresta, attraversò le montagne e non smise di camminare fino a che incontrò Lappo.
“Ciao!” lo salutò
“Ciao” rispose Timmy guardandolo con sospetto
“Sei nuovo di queste parti? Non ti avevo mai visto prima”
“Non saprei, credo di essermi allontanato un po’ più del previsto ma non so quanto ho camminato, a guardare il cielo non più di un giorno e una notte ma a sentire i miei piedi sembra molto di più”
“Be’ se ti sei regolato soltanto con la luce del giorno lo credo bene: qui la notte in inverno dura quasi due mesi!” rispose ridendo Lappo.
Timmy non si sentì canzonato da quelle parole ma capì che doveva essersi allontanato parecchio e chiese a Lappo di dirgli dove era.
“Sei in Lapponia ma, brrrr, senti io avrei un po’ di freddo, ti va di venire a prendere una tazza di Betullica calda così mi racconti la tua storia e riposi un po’?”

“Va bene grazie, io mi chiamo Timmy e tu?”

martedì 7 novembre 2017

Lappo e i suoi amici. Bally la foca.(Bozza)

Lappo e i suoi amici. Bally la foca. (Bozza)

Il giorno del compleanno del suo carissimo amico Yakkil, che viveva nella vicina a Yakkia, la terra abitata dagli yak, Lappo si incamminò verso il porticciolo per inviargli un messaggio di auguri.
Aveva raccolto delle splendide bacche colorate e le aveva unite in una specie di collanina utile a portare vari oggetti, ad esempio una borraccia con dell’ottima Betullica. Sapendo di fargli cosa gradita gli aveva preparato anche un paio di litri della bevanda prodotta da Lilla il Cavallo bianco e aveva impacchettato il tutto in decorative foglie di puolukka. Il bigliettino era pronto non gli restava che inviare il tutto con il battello giornaliero.
Mentre era sulla banchina del molo non resistette alla tentazione di assaporare una fumante tazza di tisana nella kota di Bally la Foca.
Bally detestava cordialmente qualunque cosa fosse un dispendio inutile di energie, pensava che le case di mattoni fossero anti-ecologiche e piuttosto ridondanti. C’erano troppe cose non necessarie, meglio, molto meglio una bella e comoda kota, la tipica tenda lappone.

“Ciao Lappo, che si dice in giro?”
“Ciao Bally, fa un freddo….”
“Oh, beh mi sarei stupita se non l’avessi notato, mi è arrivata la tisana invernale, vuoi provarne una tazza?”
“Sì grazie”
“Dove vai con quel pacco?”
“Sai, è il compleanno del mio amico Yakkil e voglio inviargli un messaggio di auguri”
“Uhm sembra un nome da yak”
“Infatti vive a Yakkia, sto aspettando il battello”
“Sta per arrivare e se vuoi posso portare io il regalo al tuo amico, sto andando a Yakkia per il raduno annuale di belly-ski”


Bally la Foca era una gran golosona ma non c’era niente che la interessasse di più del belly-skiing, lo sci di pancia e voleva proprio andare al raduno, non sapeva se fosse il caso ma l’arrivo di Lappo la convinse ad andare. 

lunedì 6 novembre 2017

Lappo e i suoi amici. Lilla il Cavallo bianco (bozza).

Lappo e Lilla il Cavallo Bianco

Lappo stava camminando a passo svelto per raggiungere il prima possibile un luogo caldo dove ripararsi ma si fermò ad ammirare le costellazioni che adornavano il cielo lappone nella lunga notte invernale. Era tutto immerso nelle sue contemplazioni quando una voce che definire stonata sarebbe stato un eufemismo irruppe nello spazio sonoro.

“Truuuuuulliilluuuu. Che bello quando ci sei tuuuuuu. Truuuuuulliilluuuu nel cieeeeeelooo bluu”

Un brivido, non di freddo ma di puro dispiacere uditivo, attraversò la schiena dell’husky lupo dalla punta della coda fino alla punta delle orecchie.

La voce era allegra e sentir cantare è sempre un piacere ma un minimo di intonatura non sarebbe stata poi così sgradita.

“Uhiiiiii guarda chi si vede!” esclamò giuliva la voce di cui sopra lasciando il suo interlocutore senza fiato.
“Devi proprio essere Lappo, l’unico husky lupo freddoloso di tutta la Lapponia”
“Uhm be’ in effetti…son proprio io ma non mi ricordo di te, devi scusarmi”
“Oh, non scusarti, io sono Lilla il Cavallo Bianco e ho aiutato la tua Mamma durante il parto…. Eri un tale batuffolo e ora guarda un po’ come sei diventato grande, grosso e forte”
“Sei un’ostetrica?”
“Oh nonononononononono. Sono Lilla il Cavallo Bianco”
“E come hai fatto a…”
“Oh è molto semplice: passavo di là e ho iniziato ad intonare, ma guarda te che casualità, proprio Truuuuuulliilluuuu. Che bello quando ci sei tuuuuuu. Truuuuuulliilluuuu nel cieeeeeelooo bluu”
La schiena di Lappo venne percorsa nuovamente da un brivido che lo attraversò dalla punta della coda fino alle orecchie.
“Non so se lo hai notato ma sono parecchio stonata”
“Ehm be’ sai…” rispose Lappo imbarazzato di fronte a tanta schiettezza
“Ma a me non importa: cantare mi rilassa e mi mette di buon umore quindi….”
“Ah, be’, se ti mette di buon umore …”
“Sì sì e quindi, ti dicevo, stavo cantando Truuuuuulliilluuuu”
“Ho capito non c’è proprio la necessità di ripetere tutta la canzone…”
“Sì, tua madre ebbe una reazione simile. Sai non riusciva a partorire ma appena udì la mia voce un fremito l’attraversò tutta e dopo qualche istante nascesti tu, che batuffolotto!”

I due risero di cuore e dunque Lappo invitò Lilla a bere un bicchiere di Betullica.
“È ottima ed è la mia bevanda preferita sai?”

“Oh, mi fa molto piacere perché l’ha inventata la mia bisnonna, io l’ho modificata un po’ e l’ho commercializzata. Sono stonata di voce ma non di testa! E mi fa molto piacere averti incontrato, spero ci rivedremo presto”.

domenica 5 novembre 2017

Lappo e i suoi amici. Samira la giraffa (bozza)

Lappo e i suoi amici. Samira la giraffa

Nella Terra Remota il freddo può essere talmente intenso da far scricchiolare anche l’aria e Lappo, freddoloso com’è, lo sa benissimo perché in quei giorni, soprattutto nel mese in cui le tenebre non lasciano spazio all’aurora, è solito rintanarsi nella enorme biblioteca dove può acculturarsi stando ben bene al calduccio e incontrare i suoi amici senza doversi avventurare per il bosco o le stradine ammantate di ghiaccio e neve.
Tra divani e poltrone in cui accomodarsi per sprofondare nella lettura, vi è infatti un luogo di ritrovo dove è possibile bere tisane, sgranocchiare uno spuntino, chiacchierare un po’ e talvolta anche suonare. Gli inverni da quelle parti sono molto lunghi e pensare di trascorrerli da soli è alquanto deprimente per questo gli abitanti della Terra Remota amano riunirsi, parlare, discutere e detestano i litigi.
Un giorno di dicembre, sapeva che era giorno perché lo aveva letto sul quadrante dell’orologio, non certo dalla luce solare che non avrebbe raggiunto quelle lande fino a metà gennaio, Lappo si stava concedendo un momento di puro relax ed ebbe una visione che lo lasciò basito. La lingua gli penzolò fuori dai denti, si stropicciò gli occhi per essere certo di aver visto bene e udì distintamente le seguenti parole:

“oh Che caldo che fa!”

seguite da una risata colma di solare allegrezza.

Lappo si guardò intorno temendo di aver avuto una di quelle visioni che possono a volte capitare durante le giornate buie e notò che anche gli altri avevano avuto una reazione simile alla sua.
Non c’è da biasimarlo. Lui, un husky-lupo coperto di caldissima peluria aveva poca dimestichezza col freddo e cercava sempre di rintanarsi accanto a qualche stufa accesa. Vedere una giraffa, tipicamente abituata a quei climi caldissimi che lui poteva soltanto sognare, lamentarsi per il caldo in una giornata tanto gelida da fa battere i denti a chiunque nella Terra Remota avrebbe destato lo stupore degli abitanti delle vicine Lupania, Terra degli Orsi Polari, Candilandia e Yakkia.

“Salve gente! Mi chiamo Samira e sono una giraffa giramondo”, landì allungando il collo per presentarsi in tutta la sua altezza.
“Ciao Samira!”, risposero in coro riprendendosi dallo sbigottimento gli altri
“Sono arrivata proprio oggi e ho deciso di trascorrere qui qualche tempo… pensavo però che il clima fosse più adatto a me” disse pensierosa. “Comunque” proseguì gaudente “mi piace la Terra Remota ed è più fresco che nella savana. Cosa fate di bello?”.
“Leggiamo” risposero nuovamente in coro.
Vedere una giraffa in uno tra i giorni più freddi del mese più gelido in una delle lande più ghiacciate del Pianeta Terra affermare “oh che caldo che fa” aveva decisamente sortito un effetto ipnotico e Lappo dovette scuotere la testa per riuscire a profferire qualche parola, anche soltanto per essere gentile, cosa che caratterizza gli abitanti della Terra Remota.
“Ciao, io sono Lappo e stavo leggendo un libro di un eroe italiano che si chiama Giuseppe Garibaldi, era un tipo simpatico anche se si trovava sempre a combattere qualche battaglia per la libertà. Benvenuta Samira, vuoi bere una tisana con noi?”.


Samira, col suo carattere chiassoso come i colori di cui amava adornarsi, era felice di fare amicizia e ben presto si trovò talmente bene nella Terra Remota che nessuno più si ricordò che era arrivata e non nata lì. 

sabato 4 novembre 2017

Lappo incontra le parole (bozza)

Lappo incontra le parole

Le notti si erano rincorse nelle buie giornate lapponi e i preparativi per l’attesissimo spettacolo incuriosivano sempre più gli abitanti del villaggio. Nella Terra Remota, comunque, le attività procedevano col ritmo sonnacchioso delle infinite notti. C’era sempre chi, per un motivo o per l’altro, finiva per confondere le ore antimeridiane con quelle pomeridiane, arrivando in ritardo agli appuntamenti di ben dodici ore ma non accadeva spessissimo.
Si narra che una volta Lappo stesse leggendo uno tra i suoi libri preferiti sulla sedia a dondolo davanti al focolare domestico. Essendo alquanto freddoloso, come già detto, si era premunito di un’ampia coltre di coperte e di una teiera termica colma di tisana invernale. Leggendo leggendo il sonno lo aveva ammaliato tra il crepitare della legna e il rumore ovattato della neve, egli aveva cercato di resistergli ma l’inconfondibile rumore del suo russare si era velocemente sparso nei dintorni e i personaggi del libro ne avevano approfittato per prendere un po’ di respiro e soprattutto svuotargli la dispensa. Due giorni e mezzo dopo si svegliò dal torpore sonnolento con un certo appetito e quale meraviglia ebbe nel trovare le parole del suo libro trasformatesi in personaggi veri e propri che, peraltro stavano divorando l’ultimo pezzettino di pan di zenzero rimasto.

“Per tutte le betulle betulliche, cosa ci fate voi nella mia dispensa?” chiese Lappo
“Non volevamo svegliarti” rispose un personaggio, l’unico che al momento non avesse la bocca piena di prelibatezze.
“Già già” confermò sputacchiando qualche mollica qua e là il più corpulento tra loro
Un altro avrebbe voluto dir qualcosa ma riuscì soltanto a mugugnare: “Shìììì SCRUNCH CRUNCH ti CRUNCH CRUNCH volevamo CRUNCH Crunchare uno CRUNCH CRUNCH shhpuntino ma GNAM GNAM dormivi così GNAM GNAM bene”

Lappo si stropicciò gli occhi. Accadevano cose un po’ strane nella Terra Remota ma di personaggi usciti dalle pagine di un libro ancora non se n’erano visti in giro. Peraltro erano piuttosto voraci. Riguardò il libro, sfogliò le pagine. Non c’è che dire: erano proprio vuote. Lo sbatacchiò e l’unico effetto che ottenne lo confuse ancor di più.

“Ohi ma voi siete qui!” affermarono le parole che si erano depositate sul pavimento e che avevano appena preso la forma di un personaggio.
“Eccoti!” risposero in coro tra uno GNAM GNAM, un CRUNCH CRUNCH e uno SGRUF SGRUF gli altri
“Hey ho una fame, spero mi abbiate lasciato un pezzettino di pan di zenzero!” dissero le parole senza lasciare il tempo a Lappo di aprir bocca per invitarli a mangiare con lui o per protestare.
Ricordar loro che quello era il suo pan di zenzero sarebbe stato alquanto scortese, in fondo loro lo avevano intrattenuto nei mesi invernali più e più volte, quindi non si poteva affermare tecnicamente che fossero presenze indesiderate ma certo non aveva inviato loro un invito formale a finirgli i dolcetti e poi aveva una vera fame da husky lupo quale è.
Si risolse dunque nell’invitare i suoi amici a cena, o forse era ora di pranzo? Non l’avrebbe saputo dire. Portò dentro un arrosto che teneva nella ghiacciaia esterna. Come è facile immaginare nella Terra Remota il freezer consiste infatti in una dispensa esterna all’abitazione, una sorta di igloo cui si accede da una finestra speciale che permette di non disperdere il calore e il freddo. Accartocciò le patate condendole con timo e le mise a cuocere sotto la cenere. Preparò dunque una sorta di tigelle, o focacce, tolse le molliche dal tavolo e apparecchiò.
Già che c’era mise a cuocere anche una zuppa di funghi e si fece aiutare a montare la panna da servire con la marmellata di bacche preparata sul finir dell’estate.
I personaggi si sentirono ben accolti e lo aiutarono senza neanche parlare, erano talmente abituati ad un universo fatto di lettere, interpunzioni, segni grafici e parole che sembrò loro un atto di buona educazione darsi da fare per aiutare Lappo nelle sue attività.
Il mese della notte perenne trascorse così in grande armonia, Lappo imparò a conoscere i suoi personaggi e loro si sentirono finalmente parte di una famiglia.

Al primo raggio di sole si dissolsero, Lappo si trovò a dondolare davanti al focolare ormai quasi spento, si svegliò come dopo un lunghissimo sonno, sfogliò il libro e non seppe mai se ciò che era accaduto fosse sogno o realtà.

“Per tutte le betulle betulliche, cosa ci fate voi nella mia dispensa?” chiese Lappo
“Non volevamo svegliarti” rispose un personaggio, l’unico che al momento non avesse la bocca piena di prelibatezze.
“Già già” confermò sputacchiando qualche mollica qua e là il più corpulento tra loro
Un altro avrebbe voluto dir qualcosa ma riuscì soltanto a mugugnare: “Shìììì SCRUNCH CRUNCH ti CRUNCH CRUNCH volevamo CRUNCH Crunchare uno CRUNCH CRUNCH shhpuntino ma GNAM GNAM dormivi così GNAM GNAM bene”

Lappo si stropicciò gli occhi. Accadevano cose un po’ strane nella Terra Remota ma di personaggi usciti dalle pagine di un libro ancora non se n’erano visti in giro. Peraltro erano piuttosto voraci. Riguardò il libro, sfogliò le pagine. Non c’è che dire: erano proprio vuote. Lo sbatacchiò e l’unico effetto che ottenne lo confuse ancor di più.

“Ohi ma voi siete qui!” affermarono le parole che si erano depositate sul pavimento e che avevano appena preso la forma di un personaggio.
“Eccoti!” risposero in coro tra uno GNAM GNAM, un CRUNCH CRUNCH e uno SGRUF SGRUF gli altri personaggi.
“Hey ho una fame, spero mi abbiate lasciato un pezzettino di pan di zenzero!” dissero le parole senza lasciare il tempo a Lappo di aprir bocca per invitarli a mangiare con lui o per protestare.
Ricordar loro che quello era il suo pan di zenzero sarebbe stato alquanto scortese, in fondo loro lo avevano intrattenuto nei mesi invernali più e più volte, quindi non si poteva affermare tecnicamente che fossero presenze indesiderate ma certo non aveva inviato loro un invito formale a finirgli i dolcetti e poi aveva una vera fame da husky lupo quale è.
Si risolse dunque nell’invitare i suoi amici a cena, o forse era ora di pranzo? Non l’avrebbe saputo dire. Portò dentro un arrosto che teneva nella ghiacciaia esterna. Come è facile immaginare il freezer consisteva infatti in una dispensa esterna all’abitazione, una specie di igloo cui si accedeva da una finestra speciale che permetteva di non disperdere il calore e il freddo. Accartocciò le patate condendole con timo e le mise a cuocere sotto la cenere. Preparò dunque una sorta di tigelle, o focacce, tolse le molliche dal tavolo e apparecchiò.
Già che c’era mise a cuocere anche una zuppa di funghi e si fece aiutare a montare la panna da servire con la marmellata di bacche preparata sul finir dell’estate.
I personaggi si sentirono ben accolti e lo aiutarono senza neanche parlare, erano talmente abituati ad un universo fatto di lettere, interpunzioni, segni grafici e parole che sembrò loro un atto di buona educazione darsi da fare per aiutare Lappo nelle sue attività.
Il mese della notte perenne trascorse così in grande armonia, Lappo imparò a conoscere i suoi personaggi e loro si sentirono finalmente parte di una famiglia.

Al primo raggio di sole si dissolsero, Lappo si trovò a dondolare davanti al focolare ormai quasi spento, si svegliò come dopo un lunghissimo sonno, sfogliò il libro e non seppe mai se ciò che era accaduto fosse sogno o realtà.