Francesco Saverio Nitti, garibaldino,
mazziniano, radicale (bozza)
Tra il castello federiciano e la cattedrale
di Melfi, in una casetta dignitosa i cui muri trasudano fame di conoscenza e sete
di libertà, quasi di fronte alla Via dello Scozzese e non lontano da dove oggi sono
le statue con i bimbi che giocano, il 18 luglio 1868 nacque Francesco Saverio
Nitti, futuro Presidente del Consiglio e più volte Ministro, degli Interni, del
Tesoro, dell’Agricoltura, Industria e Commercio, esiliato durante il Ventennio
e poi deputato dell’Assemblea Costituente e infine Senatore della Repubblica
Italiana.
La sua vita familiare sembra un romanzo in
cui le vicende personali si intrecciano fortemente con gli ideali che hanno reso
possibile la Storia. Il padre, professore di matematica, ispettore di quei
Monti Frumentari che fornivano le sementi ai contadini indigenti e commissario
prefettizio, era un garibaldino mazziniano, aderente all’Associazione emancipatrice
italiana fondata dall’Eroe dei due mondi, disciolta e dunque confluita nella Falange
Sacra mazziniana. I suoi avi erano liberali. La madre una contadina.
Un’infanzia e un’adolescenza non
convenzionali costellate da arresti, ufficialmente per rissa, del padre
trascorse studiando per meglio comprendere quelle parole segrete sussurrate
negli incontri scalcinati che hanno costituito il Risorgimento italiano. L’Europa
sui libri di scuola era un continente geografico composto, a livello politico,
da tanti stati e staterelli allora governati in prevalenza da re e regine ma
per lui era una unione di fratellanze, una grande nazione organizzata in Stati Uniti
d’Europa. Se in classe gli veniva insegnato che i sovrani sono investiti dalla
grazia divina, in casa le parole profetiche di Mazzini e Garibaldi gli gridavano
a gran voce che non esistono Stati e divisioni bensì persone che costituiscono
l’Umanità, un unicum di differenze, e che insieme agiscono in fratellanza in una
continua progressione, una tensione verso le libertà.
All’ombra del castello in cui vennero
decretate le Costituzioni melfitane, in cui particolarmente importante era la
divisione tra Imperatore e Papa, redatte grazie allo ‘Scozzese’ Michele Scoto e
al suo amico Fibonacci, dotti alla corte di Federico II di Svevia, Francesco
Saverio Nitti sviluppava quella coscienza liberale, libertaria, anticlericale
che gli costò l’esilio già a partire dal 1923.
Politicamente aderì al Partito Radicale
Italiano storico, cui il successivo P.R. si ispirò grandemente, ma non vide mai
realizzati gli ideali per i quali lui e i suoi avi avevano tanto lottato.