venerdì 25 giugno 2021

Racconti di città. I leoni baffoni.

I leoni baffoni.

 

C'era una volta e c'è ancora una splendida città con vie, piazze, gabbiani, cornacchie, piccioni e altra fauna locale.

Sul cornicione di un grande edificio si appollaiarono decisamente dei leoni con i baffi a forma di virgola, subito soprannominati leoni baffoni, che amavano farsi beffe di passanti e viandanti.

I leoni baffoni, infatti, sono un po' goliardioni e di divertono a soffiare le foglie sulle teste dei pedoni che passano di là, soprattutto se sono vestiti di tutto punto.

Il divertimento più grande è quello di far volare foglie ben secche e scrocchiarellose sui cremosi gelati appena acquistati.

Un giorno, però, passò di là un grillo impertinente che, vedendo come si divertivano, decise di far loro uno scherzetto birbone: soffiò nei loro baffi polvere di cannella e pepe facendo starnutire a più non posso i leoni baffoni che per poco non fecero cadere anche i vasi fioriti dai balconi.

Da quel giorno i leoni baffoni non soffiarono più le foglie secche sui gelati appena acquistati ma si limitarono a ridacchiare e chiacchierare insieme ai loro amici, i leoni chiacchieroni.


martedì 22 giugno 2021

Racconti di città. I leoni sbadiglioni

Racconti di città. I leoni sbadiglioni.

 

C'era una volta e c'è ancora una meravigliosa città con imponenti palazzi, articolati terrazzi, ampie vie, pittoresche piazze, eroici monumenti e graziose fontane in cui specchiarsi, deliziosi bar e tipiche trattorie dove sfamarsi o bere colorati intrugli.

Un bel giorno, su un cornicione, si presentò un pigro leone che aveva voglia soltanto di pigrare, dormire e sbadigliare.

"Non c'è mai niente da fare", diceva annoiato.

Oppure "sempre la stessa gente", si lamentava flemmaticamente.

E "qui non succede mai un accidente", affermava languidamente.

Siccome lo sbadiglio è contagioso, anche gli altri leoni del cornicione sbadigliavano a più non posso e chiunque passasse di là non poteva far altro che unirsi al coro dei leoni sbadiglioni.

Erano proprio sbadiglioni quei leoni!

 

sabato 19 giugno 2021

Lippo il Griffone

 

Lippo il Griffone

 

C’era una volta e c’è ancora un paesino molto carino in cui abitavano persone, animali, funghi e piante da ogni dove, in cui si intrecciavano suoni e colori, profumi, puzze e sapori.

In questo paesino molto carino arrivò un giorno un griffone, un cagnolone con il pelo ispido e lo sguardo acuto.

Non aveva idea di come si chiamasse perché si era sperduto in un bosco incantato da piccolo, non un bosco come tutti gli altri, beninteso, e neanche una foresta come quella di Robin Hood, né tantomeno una macchia verde su una carta geografica o su Google Maps.

Disegnare su una mappa un bosco incantato sarebbe poco opportuno e anche abbastanza scomodo in quanto, come ognun sa, i boschi incantati non rimangono fermi come le altre foreste ma si spostano, si ampliano e si restringono, talvolta fino a diventare talmente piccoli da poter stare comodamente sul palmo della mano di un bebè oppure così grandi da gareggiare con l’universo. Entrare in un bosco incantato non è cosa facile ma uscirne può risultare davvero complicato, raramente vi si passa senza accorgersi di niente. Il giovane griffone lo aveva attraversato e vi era rimasto intrappolato per un tempo indefinibile perché ovviamente anche il tempo, oltre lo spazio, si dilata e si comprime nei boschi incantati, quindi aveva dimenticato il suo nome.

Quando giunse nel paesino molto carino in cui abitavano persone, animali, funghi e piante da ogni dove, in cui si intrecciavano suoni e colori, profumi, puzze e sapori alla domanda “Come ti chiami?”, non seppe rispondere.

Gli abitanti del paesino molto carino in cui abitavano persone, animali, funghi e piante da ogni dove, in cui si intrecciavano suoni e colori, profumi, puzze e sapori sono molto gentili e premurosi e così gli posero la domanda in inglese: “What’s your name?”.

Niente, il griffone non rispondeva.

Poi in francese: “Comment tu t’appelles?”.

Niente, il griffone non rispondeva.

Tentarono con lo spagnolo: “Hola ¿Cómo te llamas?”.

Niente, il griffone non rispondeva.

Ad un certo punto Rico il pulcinella di mare ebbe un’intuizione e domandò: “Sai come ti chiami?”

“No”, rispose sconsolato il griffone.

A quel punto, nel paesino molto carino in cui abitavano persone, animali, funghi e piante da ogni dove, in cui si intrecciavano suoni e colori, profumi, puzze e sapori, tutti quanti si interrogarono sul nome che avrebbero potuto dare al griffone.

Nessuno aveva idee in merito fino a che un bimbo coi capelli corti di nome Diego, innamorato di una bimba boccolosa di nome Giulia al punto da regalarle un bel taralluccio, gridò: “Lippo! Lippo dove sei stato tutto questo tempo? Ti abbiamo cercato ovunque! Che bello ritrovarti”, lo abbracciò e lo riportò a casa dove la sua famiglia umana lo aspettava a braccia aperte.

martedì 8 giugno 2021

Racconti di città. I pescioloni volanti

Racconti di città I pescioloni volanti

 

C'era una volta e c'è ancora nelle città più o meno importanti, l'abitudine di decorare tetti, ferree bandiere, fontane e cornicioni con dei bei pescioloni volanti.

I pescioloni non sanno di essere fuor d'acqua e non se ne preoccupano minimamente ma danzano bellamente quando piove copiosamente.

In autunno e in inverno non soffrono molto, se non un po’ di freddo quando soffia forte il vento, in primavera si riscaldano ma in estate l’afa e la calura fan loro percepire che c’è qualcosa da capire. Dall’alto delle bandiere, ad esempio, si accorgono senza meno che negli stagni, nei laghetti, nei fiumi, negli acquari e nel mare i pesci loro simili si divertono a sguazzare in un liquido elemento che sembra proprio un gran divertimento.

Un bel giorno, un mostro marino appoggiato da secoli al muro di una chiesa in un paese antico e molto speciale, si ribellò alla situazione, divenuta ormai insostenibile.

Si consultò coi suoi amici e con una bella sirena bicaudata, che aveva cioè ben due code, adagiata proprio al centro di un piazzale lastricato dove qualche bambino gioca indisturbato a palla o acchiapparella.

La voce del malcontento serpeggiò ben presto anche tra i cavalli marini delle fontane più importanti, per giungere senza indugio al più alto pesce sulla più alta bandiera metallica sulla più alta cupola della più importante città della Nazione.

Solennemente il più alto pesce sulla più alta bandiera metallica sulla più alta cupola della più importante città della Nazione sentenziò: “Al calar della notte, indisturbati, ci tufferemo tutti quanti nel fiume, nel mare, nello stagno o nell’acquario più vicino. Nessun umano dovrà accorgersene o cominceranno a cercar di capire e diverrà impossibile per noi andare a fare un bel bagno per rinfrescarci e ritrovare il nostro naturale elemento”.

I cavalli marini delle fontane più importanti avvertirono la sirena bicaudata che lo comunicò al mostro marino appoggiato da secoli sul muro di una chiesa.

Tranne un gamberone, che era già poggiato su una fontana e quindi non voleva correre nessun rischio per qualcosa che già aveva a disposizione e che dunque dissentì, tutti gli altri furono ben contenti e fu così che da quel giorno gli animali e i mostri acquatici delle città quando tutti vanno a dormire si fanno un bel giretto nelle acque più vicine.

sabato 5 giugno 2021

Il bagno del gabbiano

C'era una volta e c'è ancora una meravigliosa città con monumenti, strade, vie, piazze, bar e luoghi di interesse. Un giorno, un gabbiano molto attento all'igiene e all'ambiente che aveva costruito il nido sul tetto di una casa dove non c'era mai nessuno decise di rinfrescarsi dalla calura estiva andando a fare un bel bagno al mare, che non era poi lontano. Un piccione, che conosceva bene la sua predilezione per l'igiene e la pulizia, lo canzonò: "Eh caro Elio - gli disse Puccio il piccione - non sai che il mare è inquinato dagli umani?"
"È vero!" , esclamò il gabbiano aggiungendo "allora potrei andare al fiume" 
"Lascia stare - disse ridacchiando Robin la rondine - peggio che andar per mare in tempo di burrasca"
"Hanno inquinato anche i fiumi questi terribili umani e allora potrei andare al lago"
"Eh, dipende quale - bofonchiò il ratto Pante a cui il Gabbiano Elio era proprio antipatico"
"Oh ma basta, sapete che vi dico cari amici? Farò un bel bagno in una fontana, per lo meno lì c'è il cloro!" 
E fu così che il gabbiano Elio fece un bel bagno in una fontana a due passi da un monumento.

venerdì 4 giugno 2021

Racconti di città. I leoni golosoni.

 

I leoni golosoni

 

Se si guarda bene

Tra portoni e cornicioni

Non è difficile vedere

Leoni rampanti

Con tre belle pere

Sono i leoni golosoni

Che mangian di tutto

Bistecche, cannelloni,

Fagioli con le cotiche,

Trippa e maccheroni.

Dolciumi d’ogni sorta

Ciambelle con la crema

A cancello e glassate

Sorbetto e gelato

Senza sforzo il pasto

Da un vinello annaffiato

E per concludere

Un po’ di frutta

Per gradire

Caffè e tisana

Per digerire

Racconti di città. I leoni cardinali

 

I leoni cardinali

 

C’era una volta e c’è ancora un borgo antico e un po’ moderno dove Garibaldi vinse una battaglia e ora la gente passeggia e si trastulla fino a notte tarda.

In questo borgo molto carino c’è una piazza che ha fatto divertire i bambini di ogni generazione.

 Prima vi giocavano a cerchio, palla, ruzza o acchiaparella ma un bel giorno ecco arrivare quattro bei leoni di marmo bianco, maestosi e mansueti.

 Ai leoni piacque quella piazza, popolare ed elegante al contempo e si misero in cerchio. No, non a fare il girotondo ma intrecciando le code, schiena a schiena ad angolo retto di 90°, in forma di + perché ognuno di loro ha una particolare predilezione. Oriens, anche detto Oriente, ama ammirare le prime luci del giorno e tutte le mattine si sveglia presto o prestissimo a seconda della stagione – più tardi in inverno e prima in estate – per godere quel meraviglioso spettacolo naturale e quindi guarda sempre verso Est, all’opposto di Occidens, anche detto Occidente, un gran dormiglione che ha una vera passione per il tramonto per cui rivolge lo sguardo sempre verso Ovest; Meridies, anche detto Meridione, invece è molto freddoloso e non ama punto l’inverno bensì si crogiola volentieri al bel sole meridionale e si è posizionato in modo tale da poter volgere lo sguardo sempre a Sud, proprio al contrario di Septem Triones, anche detto Settentrione, che si scalda tra sette buoi e vuol ben mirare al Nord.

I quattro leoni cardinali, ben saldi nelle loro posizioni, ogni tanto fanno una chiacchierata con l’Eroe dei Due Mondi, il corsaro Giuseppe Garibaldi, che solcò mari e attraverso monti e pianure, steppe e radure in tutto il globo terrestre, cioè la Terra, che in realtà non è una sfera bensì un geode un po’ schiacciato ai poli.

Garibaldi, che si diverte a mettere tutto in discussione, ogni tanto li manda in confusione come quel giorno in cui li chiamò e disse:

“Oriens, Meridies, Occidens, Septem Triones…”

“Generale siam qui per servirla”, rispose Oriens

“Generale siamo qui per riverirla”, rispose Occidens

“Generale siam qui per ubbidirle”, rispose Meridies

“Generale, comandi”, rispose Septem Triones con tutti e sette i buoi

“Caro Oriens, è vero che ami sempre guardare verso Est?”

“Sì certo”

“Ecco ma andando verso Est si arriva a Ovest”

“Oh e come è possibile?”, domandarono in coro

“E tu, Occidens, sai che andando sempre a Ovest arriverai ad Est?”

“Che cosa ci dici mai?” lo interrogarono i due leoni Oriens e Occidens

“Eh eh e tu sai Meridiones che andando sempre verso Sud, oltrepassato l’Equatore, andrai verso il freddo e il Polo Sud, ossia l’Antartide?”

“Dove sono i pinguini?”, chiese Meridies rabbrividendo

“Eh già”

“Ohh”, esclamarono meravigliati i leoni

“E tu Septem Triones, con tutti i tuoi sette buoi, hai mai pensato che, a Sud dell’Equatore il Nord rappresenta il caldo?”

“Oh oh, ma è vero!”

Risero i leoni cardinali che da quel giorno furono un po’ meno saldi nelle loro convinzion

 

Il più delle volte, però, i leoni cardinali, invece di parlare, si fanno cavalcare dai bambini e dalle bambine del paese che fanno loro il solletico e li rendono felici con le loro risate.

Racconti di città. I leoni pignoloni.

 

I leoni pignoloni

 

C’era una volta e c‘è ancora un palazzo in una grande città antica e moderna, un po’ sorniona e molto bella, adagiata su sette colli, serpeggiante intorno al biondo Tevere - eh sì, proprio Roma, la Città Eterna.

Sui cornicioni di questo palazzo abitano dei leoni molto… pignoli ma talmente pignoli da tener sempre una pigna tra le loro fauci.

Quando un abitante di quel palazzo sbaglia a rifare il letto, un leone pignolone emette un impercettibile ruggito grrr che soltanto gli inquilini più esperti sanno ben interpretare.

Se un altro abitante abbina male piatti e tovaglia, un altro leone pignolone si esprime in veri e propri grugniti di disapprovazione groan.

Per non parlare poi dei lampadari: guai a lasciar depositare sui loro bracci anche soltanto un granello di polvere!

Ciò potrebbe comportare una vera e propria sollevazione felina.

Se qualcuno sbaglia un congiuntivo o un condizionale e dice, ad esempio “io vorrebbe” anziché “io vorrei”, i leoni pignoloni si mettono a gridare in coro “Siamo leoni pignoloni siamo leoni pignoloni siamo leoni pignoloooooniii GRRR GRRR GRRR”.

Per fortuna c’è un simpatico portiere in quel palazzo che conosce molto bene il linguaggio dei leoni pignoloni e ogni qual volta li sente brontolare si premura di andare a controllare.

“Signora del quinto piano, temo che abbia lasciato in disordine la sua camera da pranzo”.

Oppure “Cavaliere del terzo piano, mi rammarica comunicarle che gli asciugamani non sono perfettamente piegati”.

O ancora: “Mi duole avvertirla, gentile cuoca dell’attico con superattico, che l’aglio del soffritto è dorato anziché appena ambrato”.

O anche “Sono costernato di doverle dire, cara studentessa del quarto piano, che avrebbe dovuto eseguire un Sol diesis e non un Sol”.

Gli inquilini e le inquiline si sentono molto coccolati e sanno che ogni azione che compiono deve essere ben eseguita, per cui ringraziano il portiere, gli offrono leccornie e qualche soldino e vivono in piacevole armonia.

Un giorno, però, arrivò nel palazzo una gattina birichina che sapeva parlare perfettamente il linguaggio dei leoni, essendo anch’ella una felina, e si divertì moltissimo a giocare con una pigna e a mandare in tilt tutto il sistema di pignoleria. Da quel momento in poi i leoni si rilassarono e, quando qualcuno sbagliava, si facevano una bella risatina ripensando a quella gattina birichina.

E il portiere?

Ridacchiando e brontolando, continuò sempre a bussare alle porte degli inquilini ma si scoprì ben presto che altri non era se non un leone pignolone travestito da essere umano.

 

giovedì 3 giugno 2021

I remi in barca 111 e 112

 

111.

 

CLEMENTE: Che altro indossi?

TEODOLINDA: Cinque gocce di Chanel numero 5

CLEMENTE: Sei la mia Marylin

TEODOLINDA (canticchiando): Diamonds are a girl’s best friends

CLEMENTE: Col ventaglio nero in mano

TEODOLINDA: Potrei appenderti al lampadario

CLEMENTE: Vorresti farmi diventare la tua cavia?

TEODOLINDA: Non ho ancora deciso

CLEMENTE: Sarò il tuo orsacchiotto

TEODOLINDA: Posso essere molto crudele con gli orsacchiotti

CLEMENTE: Sono tenero

TEODOLINDA: Potrei essere spietata

CLEMENTE: Docile

TEODOLINDA: Ah bene, vedo che cominci a sottometterti

CLEMENTE: Sei la mia…

TEODOLINDA: Oh no, tu sei mio

CLEMENTE: Certo

TEODOLINDA: Bene

CLEMENTE: Sarò buono

TEODOLINDA: O potresti dover subire le mie punizioni

CLEMENTE: Chiedo venia

TEODOLINDA: Sei un peccatore

CLEMENTE: E tu il mio inquisitore


 

112.

 

Pierluca e Charlotte si presero per mano.

Le loro dita si sfiorarono in un istante di assolutezza.

Non c’era niente oltre il loro respiro.

La vita è tutta lì.

In quell’attimo, in quell’istante.

Ogni passo scandisce il tempo.

Niente altro che qui, ora, adesso.

Cosa sarebbe stato della loro felicità?

Il loro futuro, presente e passato erano a pochi passi da quel portone, in una casa modesta, profumata di biscotti e risate.

Era giunto il momento di tirare i remi in barca.

Sarebbe crollato il loro sogno d’amore o finalmente avrebbero potuto essere liberi?

Si fermarono.

I loro cuori erano pegasi imbizzarriti in vorticosi voli.

Adrenalina pura attraversò le loro membra.

Si guardarono senza baciarsi.

Si presero per mano.

Suonarono il campanello.

 


 

mercoledì 2 giugno 2021

Racconti di città. I leoni curiosoni.

I leoni curiosoni o I leoni alati

 

C'era una volta e c'è ancora una via alberata con grandi case eleganti e un cornicione arancione su cui sono scolpiti dei bellissimi leoni alati.

I leoni si annoiavano a star sempre lì, senza uscire mai, e fu così che dapprima cominciarono a curiosare nelle case dalle finestre, un'attività che trovavano molto divertente, ma poi, pian pianino, si annoiarono di nuovo.

Il leone più curioso guardò il più peloso ed esclamò: "Hai le ali"

"Anche tu!", risposero in coro il più peloso, il più apatico e il più pauroso col naso che colava sempre.

Appurato che effettivamente erano leoni alati, si chiesero cosa avrebbero potuto fare con le ali.

"Potremmo provare a volare", propose il più curioso.

"Ottima idea", rispose il più peloso

"Mah, io non saprei, questo o quello per me pari sono", disse il più apatico

"Io soffro di vertigini", esclamò il più pauroso col naso che colava sempre.

Si consultarono ampiamente e dunque decisero di andare a trovare i loro amici, i Leoni Chiacchieroni perché erano curiosi di sapere che accadeva da quelle parti.

Con grande emozione si prepararono e da quel giorno ogni notte, quando tutti dormono, i leoni curiosoni si librano in volo sulla città per andare a curiosare nelle case e nelle strade.

 


martedì 1 giugno 2021

Dick, Paolopà e Sylvia

 

Dick, Paolopà e Sylvia

 

C’era una volta e negli abissi oceanici c’è ancora, un branco di celacantiformi, animali antichissimi che sguazzano nelle acque terrestri da circa 360 milioni di anni, eh sì, proprio 360.000.000 ovvero 36 daM .

Un giorno un celacanto di nome Dick si avvicinò così tanto alla superficie dell’acqua da scorgere qualcosa di veramente strano, un arco di luce, acqua e ben sette colori. Cosa poteva mai essere? Davvero non riusciva a capirlo. Tornò negli abissi e raccontò al saggio Meddy, che aveva talmente tanti anni da non riuscire più nemmeno a spegnere le candeline sulla torta, quello che aveva visto.

“È strabiliante”, disse Meddy “ma – aggiunse - potrebbe anche portare un grande scompiglio nella nostra comunità. Bisognerà agire con prudenza.”

“E cosa debbo fare?”, domandò costernato Dick

“Appena puoi, torna lì dove il mare abbraccia il cielo – gli disse la saggia Olla che aveva talmente tanti anni da non riuscire più neanche a posizionare tutte le candeline sulla torta - e cerca di capire meglio cosa accade”

“Va bene”, rispose Ted

“Mi raccomando segretezza e riserbo”, aggiunse Meddy congedandolo.

Quella notte Ted non dormì e si accorse che un suo amico a cui piaceva tanto tenere banco nelle conversazioni, di nome Paolopà, uscendo dalla sua tana aveva indossato una bellissima corona di spugne multicolori.

“Paolo Paolopà” gli sussurrò Ted.

“Che c’è?”, chiese Paolopà spaventato e un po’ intimorito

“Facciamo una pazzia?”, gli chiese Ted

“Una pazzia?”, domandò incuriosito Paolopà con tutta la sua corona di alghe luminescenti

“Sì, ho visto un arco tutto colorato dove il mare bacia il cielo e voglio andare ma devo mantenere il riserbo più assoluto: è una missione segretissima”

Paolopà ridacchiò, prese una pinna di Ted e insieme nuotarono fino alla superficie dell’acqua.

 

Una sinfonia di arcobaleni multipli li accolse in un concerto di suoni, armonie e melodie che soltanto loro riuscivano a comprendere.

Paolopà baciò Dick sul muso.

Dick si sentì confuso ma in quel momento ebbe una gran voglia di uscire fuori dall’acqua, fuori dagli abissi e fuori da quel mondo antico, fatto di segretezze, proibizioni e misteri.

Guardò Paolopà e insieme nuotarono verso un luogo che si chiamava Stonewall Inn dove li accolse una splendida medusa fosforescente di nome Sylvia.

“Paolopà ora dobbiamo andare”, disse ad un certo punto Dick sempre più confuso e contento.

“Sei sicuro Dick?”, chiese Paolopà

“Non stai bene qui?”, domandò con voce calda e Sylvia

“Sì, penso che sia il momento di portare un po’ di arcobaleno anche nei più remoti abissi oceanici”

“Ma come pensi di fare?”, chiesero in coro Paolopà, Sylvia e la ciurma lì presente

“Bisognerebbe raccoglierlo in un bicchiere con tante bolle colorate”, propose Dick

“Vi accompagno”, propose Sylvia

 

E fu così che Paolopà, Sylvia e Dick portarono negli abissi un bicchiere con tante bolle arcobaleno.

All’inizio tutti quanti, tranne alcuni pesci un po’ particolari, con grandi chiome e pinne che sembravano penne bianche, li osteggiarono e li maltrattarono ma poi tutti quanti capirono che non c’è da aver paura dell’arcobaleno.