giovedì 21 giugno 2018

Palmetta e Ananassa

Palmetta e Ananassa

Palmetta stava tranquillamente giocando in cortile quando arrivò un uragano: era Ananassa che si era preparata di tutto punto per andare a salutare la sua amichetta.
Ananassa non era antipatica ma non la smetteva mai di parlare e parlare e quando la si vedeva arrivare non ci si poteva certamente sbagliare, rideva sempre in un modo davvero coinvolgente.

“Palmetta ciao! Sono venuta a farti una sorpresa”
“Ciao Ananassa che bello mi sembra molto carino da parte tua”
“Che stai facendo?”
“Sto giocando un po’ con la bicicletta, vuoi giocare anche tu?”
“Heilà che bella attività”
“Allora ti va di fare un giro in bici?”
“Se insisti, ma che ne dici di ballare un po’?”
“A quest’ora?”
“Oh, non ti preoccupare, ho pensato a tutto. Ho preparato bevande fresche e dissetanti e una bella merenda, ho portato anche qualche nacchera”
“Tu sai suonare le nacchere?”
“Oh l’ho appena imparato OLÈ, vuoi imparare anche te?”
“Sembra divertente”

E fu così che Ananassa e Palmetta andarono a scuola di flamenco e si divertirono molto.  

mercoledì 20 giugno 2018

Chioccioletta


Chioccioletta

Chioccioletta se ne stava sola soletta a cercare la musichetta per la suoneria quando ricevette la telefonata della sua amichetta Betta.

“Ciao Chioccioletta”
“Ciao Betta”
“Vai di fretta?”
“No, sto cercando una suoneria e sto provando una nuova musichetta”
“Posso venire da te a sperimentare una nuova ricetta?”
“Perché vuoi cucinare? Con questo caldo non è meglio andare al mare a prendere un po’ d’arietta?”
“Se vuoi possiamo andarci dopo, ho sentito il meteo alla radio, pare che ci sia maretta”
“Va bene, vieni, tanto sono sola soletta”

martedì 19 giugno 2018

Rosina e Rosella


Rosina e Rosella

Un giorno di maggio, quando i roseti sono nel loro massimo splendore ed è tutto un fiorire di rose, Rosina si specchiò in una goccia di rugiada e si trovò perfetta. Stiracchiò i morbidi petali e si profuse in un lentissimo movimento di danza, quasi impercettibile. Rosella la guardò dalla sua postazione e le fece tanti complimenti

“Quanto sei bella!”, le disse
“Oh grazie e tu sei proprio carina”
“Mi chiamo Rosina e tu?”
“Io Rosella”

Chiacchierarono un po’ delle stagioni, di profumi, suoni e colori, parlarono talmente a lungo che non si accorsero di aver intrecciato, oltre alle parole, anche le loro chiome. Quando se ne avvidero risero così tanto che tutto il roseto rise e chiunque si trovò a passare di là si sentiva inebriare da una gioia infinita.

lunedì 18 giugno 2018

Anicetta e Peperina


Anicetta e Peperina

Anicetta e Peperina volevano andare al mercato e avevano chiesto agli uccellini che ricordano al Sole che è l’ora di sorgere di svegliare presto anche loro la mattina seguente. Gli uccellini si fecero pregare un po’ ma alla fine dissero di sì.
Fu così che l’indomani andarono alla fiera ma c’era talmente tanta confusione che non riuscirono a raccapezzarsi in mezzo a tutto quel vociare e gridare, decisero dunque di tornare nella loro magione per giocare tutto il santo giorno senza doversi preoccupare di andare al mercato a compare e comprare.

domenica 17 giugno 2018

Messer Carciofolo e Fagioletto


Messer Carciofolo e Fagioletto

Messer Carciofolo stava tranquillamente crogiolandosi al sole di primavera. Era molto fiero della sua nuova pettinatura, piuttosto ispida, geometricamente stabile e di un bel violaceo cangiante verso i toni del verde quando si avvide della presenza di un estraneo. Dapprima si agitò tutto per farsi rimirare ma l’altro sembrava proprio non volersene curare, si guardava intorno senza dar confidenza a nessuno, dondolandosi di quando in quando e girandosi ogni qual volta si sentiva osservato. Forse era timido, pensò Messer Carciofolo, oppure si sentiva ridicolo col suo ciuffo dritto dritto al confronto della sua splendida capigliatura. Tossicchiò e decise di presentarsi senza indugio.

“Buondì”
“Bonjour”
“Ah, dicevo: sei forestiero, per questo non ti avevo mai visto”
“Straniero io? Ah no, assolutamente. Tu invece da dove vieni?”
“Oh io, sono oriundo”
“Ah, credevo non fossi di qua, non mi ero mai accorto di te”
“Anch’io stavo giusto pensando la stessa cosa”
“Eppure con quella pettinatura è difficile passare inosservati”
“Bella nevvero?
“Particolare, un po’ ridondante forse ma ognuno ha i suoi gusti”
“Già già beh non tutti possono permettersela”
“A me piacciono le linee semplici, essenziali, vedi il mio bellissimo ciuffo? È così perfetto”
“Sì è molto semplice”
“E la tua pettinatura molto geometrica”
“Bene, adesso possiamo anche diventare amici”
“Va bene, io sono Messer Carciofolo”
“Piacere io sono Fagioletto”

Ciò detto diventarono amici e giocarono insieme per tutta la stagione.

sabato 16 giugno 2018

Farfalla Rossa e Lupetta Rosa


Farfalla Rossa e Lupetta Rosa

Lupetta Rosa si stava annoiando alquanto e decise di utilizzare il suo grande telefono giallo per chiamare la sua amica Farfalla Rossa, che stava comodamente esercitando le ali con una speciale alette, una specie di cyclette per farfalle.
“Ciao Farfalla, che mi dici?”
“Tutto bene, tu?”
“Mi sto annoiando alquanto”
“Ah sì? Io invece mi sto divertendo un mondo sulla mia alette”
“Posso venire anch’io?”
“Va bene ma tanto stavo per finire”
“Uhm va bene ti va di fare qualcosa?”
“Sì ma cosa?”
“Non lo so”
“Andiamo in riva al mare”
“A che fare’”
“A danzare con le onde”
“Mi sembra una splendida idea”
“A dopo”

Farfalla Rossa e Lupetta Rosa si incontrarono vicino al mare, si salutarono e si diressero verso il bagnasciuga, salutarono le onde e loro risposero ballando uno splendido flamenco. Farfalla Rossa batteva le ali ritmicamente mentre Lupetta si tuffava tra i cavalloni. Si divertirono un mondo e continuarono a giocare tutto il giorno.

venerdì 15 giugno 2018

Nonno Sigfrido e lo Scavezzacollo. Il viaggio in moto. completo


Nonno Sigfrido e lo Scavezzacollo. Il viaggio in moto.

1.

Io il casco non lo metto”
“Benissimo”
Che vuol dire benissimo?”
“Benissimo vuol dire benissimo”
Cioè, hai capito che ti ho detto?”
“Già”
E non ti arrabbi?”
“No”
“Ah”
“Allora ciao”
Che vuol dire ciao?”
“Ciao”
Che fai mi lasci qua?”
“Già”
È abbandono di minore
“Ti lascio con Zia”
Che vuol dire che mi lasci con Zia?”
“Che ti lascio da Zia”
Zia è una palla
“Ma poi viene a riprenderti tua madre”
“E tu?”
“Io?”
Eh, tu?”
“Ah, io vado a fare un bel giro in moto.”
E mi lasci a piedi?”
“Già”
Da Zia?”
“È l’unica che non abbia da fare”
Lei non ha mai niente da fare: è una palla pazzesca”
“E che ci vuoi fare, è la vita”
Ok, metto il casco ma non lo allaccio”
“Ah, no io ormai ho mandato un messaggio a Zia”
Che vuol dire che hai mandato un messaggio a Zia?”
“Le ho scritto di venirti a prendere”
“Perché?”
“Hai detto che non ti importava fare il viaggio in moto”
“Io non ho detto questo”
“Beh, comunque, io ormai l’ho avvertita”
“Ma io avevo detto a tutti i miei amici che sarei andato a fare un viaggio in moto!”
“Mi dispiace”
Adesso che diranno?”
“Che non ci sei andato perché sei troppo piccolo”
Io non sono piccolo, sono già grande e grosso”
“Beh, allora, vuoi un gelato mentre aspettiamo Zia?”
“Ok me lo allaccio”
“Questa è la tuta con le protezioni, ogni biker che si rispetti ne indossa una”
“Nonno?”
“Eh?”
“Chi sono i baicher?”
“I biker sono i motociclisti che sanno andare in moto, quelli veri, non le mammolette che non sanno neanche come ci si soffia il naso oltre la visiera del casco”



2.

Sigfrido aveva deciso di portare quello scavezzacollo di suo nipote a fare un viaggio in motocicletta per dissuadere la madre, nonché sua nuora, dall’intento di mandarlo al collegio militare per ‘raddrizzarlo’. Dal canto suo lei non aveva tutti i torti e il viaggio lo avrebbe distolto dai suoi impegni, quali andare a trovare la piccoletta di casa, momentaneamente nelle grinfie di quella palla pazzesca della Zia, nonché sua figlia, che era l’esatto contrario di lui e della Nonna.
Un senso del dovere zelante, demonizzava qualunque cosa avesse a che fare coi suoi genitori, dal rock al jazz, dai motoraduni ai megaconcerti. Morigerata, aveva sposato un precisino tutto d’un pezzo che sarebbe stato il sogno di qualunque suocero bigotto. Loro avrebbero voluto uno che le facesse girare la testa, dismettere i panni della brava ragazza e le avesse dischiuso il meraviglioso universo del piacere del vivere, del profondo godimento di qualunque attimo e lei aveva seguito la sua ferrea morale.
D’altronde non sempre i figli seguono le orme paterne o materne.
Lui e la Nonna si divertivano un sacco, se l’erano sempre goduta la vita anche se adesso qualche acciacchetto li aveva fatti desistere dalle scomodità on the road.
Dormire sotto le stelle in estate con il motore ancora caldo, intorno soltanto il rumore di grilli, assioli e ranocchiette e una gran voglia di fare l’amore fino a sentirsi parte del tutto era qualcosa che sua figlia non avrebbe mai trovato interessante.
Ognuno sceglie la propria strada.
Forse avevano esagerato con il senso di libertà e lei aveva reagito in modo opposto e contrario.
Era sobria anche nel vestire. Colori tenui, tessuti naturali, semmai un filo di perle e di trucco, capelli raccolti a chignon il più delle volte.
La Nonna si era domandata se utilizzasse gli spilloni dello chignon come armi per rito voodoo.
Ne avevano riso per una settimana e ogni tanto, quando ci ripensavano, ancora sghignazzavano. Talvolta, quando prendeva quell’espressione severa, di rimbrotto, bastava un accenno di sguardo allo chignon per farli esplodere in una fragorosissima risata.
Minacciarlo di lasciarlo da lei era stata una buona mossa.



3.

Lo scavezzacollo si zittì all’istante appena salì sulla moto.
Sigfrido lo guardava dallo specchietto.
Appena usciti dalla città imboccarono il raccordo verso l’autostrada.
Presero il biglietto al casello senza profferire parola.
Sigfrido sentiva il corpo dello scavezzacollo sempre più rilassato.
Percorsero un centinaio di chilometri.
La strada era libera, la giornata splendida.
Intorno a loro l’Italia nella sua immensa bellezza fatta di dettagli, campagne, borghi, montagne.
Tra loro il silenzio riempito soltanto dal rumore del motore e dell’aria a velocità.
Dopo un paio d’ore si fermarono in Autogrill.
Lo scavezzacollo aveva una faccia strana.

“Tutto bene? Vuoi un succo di frutta o qualcosa da mangiare?”
“No, grazie, Mamma mi ha preparato uno zainetto termico con qualche panino anche per te”
“I panini di tua madre sono squisiti”
“Già
“Devi andare in bagno?”
Penso di sì, non mi scappa ma penso che sia meglio farla prima vero?”
“Ci possiamo sempre fermare più avanti ma, sì, sarebbe meglio farla prima”
“Tu ci vai?”
“Al bagno?”
“Eh”
“Prima di mangiare e prima di ripartire”
“È tipo una regola da baicher?”
“Ma lo sai come si scrive?”
“Che?”
“Biker”
“Ma perché che è una parola straniera?”
“Inglese, americana”
“Ah io in inglese vado male”
“Andiamo al bagno”



4.

“Perché vai male in inglese?”
“Perché non me ne frega niente della scuola”
“Mi sembra un buon punto di vista”
Ah sì?”
“Per lo meno è un punto di vista”
“Di solito mi fanno sempre le paternali”
“E che ti dicono?”
“Che la scuola è importante
“Se ti piace”
Ma infatti, lo dico pure io. A me non me ne frega niente!”
“Istituzioni vetuste”
“Vetuste?”
“Eh, vetuste”
“E che vuol dire?”
“Obsolete”
Cioè tipo uno di quei telefonini coi tasti?”
“Tipo”
“Ti piacciono i panini che ha fatto Mamma?”
“Sono ottimi!
A me fanno schifo”
“Vuoi mangiare qualcos’altro?”
“Posso?”
“Già”
Paghi tu?”
“Sono tuo nonno”
Mi prometti che non lo dici in giro?”
“Ok, ah non devo usare parole straniere tu con l’inglese… va bene, te lo prometto, che vuoi?”
Un’insalata mega con il tofu e il pane coi cereali
“Scelta azzardata”
“Posso prendere qualcos’altro?”
“Vai”
“Verdure lesse, melanzane grigliate e ricottina con granella di pistacchio
“Vuoi un primo?”
“No, una macedonia di frutta
“E il gelato?”
“No, a me piacciono la frutta e la verdura ma se lo dico mi prendono in giro.”
“Ah e che ti dicono’”
“Che sono un ruminante che mangia l’erba cruda invece di uno tosto che mangia salsicce e guanciale ma a me piacciono le verdure
“Capisco”
Anche a te piacciono le verdure?”
“A me piace un piatto che se te lo dico non lo devi spifferare, intesi?”
“Spara”
“La bomba fritta ripiena di nocciutella”
Cioè tipo è una cosa molto grassa e unta”
“E gustosa AHAHAHA”



5.

Il primo tabù era stato infranto.
Avevano parlato, era già qualcosa.
La madre gli aveva detto che si chiudeva a riccio o rispondeva a male parole.
Per il momento sembrava tutto tranquillo.
Sigfrido ebbe la sensazione di star facendo la cosa giusta.
Ora non avrebbe dovuto mettere il piede in fallo.
Non che avesse niente contro il collegio militare, è che suo nipote era la persona meno adatta a frequentarlo. Odiava la disciplina e questo è abbastanza normale a quell’età ma in un modo stupido: si scontrava direttamente, sfidava i mediocri che avevano una carica, un titolo e loro si vendicavano, immancabilmente.
Col carattere che aveva, avrebbe rischiato di trascorrere l’adolescenza in punizione perenne, senza mai uscire dalla caserma: evidentemente non era quello il modo di ‘raddrizzarlo’ né di fargli comprendere l’importanza della vita.
La madre gli aveva, dopo molte insistenze, concesso un’ultima possibilità.
Se fosse tornato da quel viaggio in moto con la testa a posto bene, altrimenti collegio.
Sigfrido sentiva tutta la responsabilità di questa missione all’attaccatura della colonna vertebrale. La sua era stata una vita piuttosto movimentata ma quella, oh santa pace, era davvero l’avventura più sconvolgente dopo la nascita di prole e nipoti.
Non avrebbe dovuto dire neanche una parola storta, avrebbe dovuto conquistare la fiducia del nipote, un tween ager in piena crisi ormonale, e trovare il modo di fargli rifunzionare il pensiero.
Sisifo e Atlante gli parvero due pivelli al confronto.



6.

Ripartirono.

Il tempo scorreva ad una velocità diversa.
Sigfrido provò a parlargli tramite il casco.
Lo scavezzacollo non riuscì subito a capire da dove provenisse la voce e come si poteva rispondere.
“Nonno che c’è?”
“Ti va se usciamo dall’autostrada?”
“Perché?”
“Possiamo vedere più paesaggi”
“Sull’autostrada si va più veloce?”
“Sì ma fuori possono esserci i tornanti e le curve difficili da fare piegati”
Ma si va più lenti
“Sì”
Magari domani, oggi andiamo veloci
“Va bene, fammi sapere se hai bisogno del bagno o di mangiare”
Ho un po’ di sete, con tutto questo vento mi sento un po’ intontito
“Va bene, fammi un cenno e ci fermiamo”
Nonno?”
“Dimmi”
Dal casco si sente anche la musica?”
“Sì, che vuoi sentire?”
“Non lo so, qualcosa di adatto alla moto”
“Preferisci rock o classica?”
Classica? In moto?”
“Ti faccio ascoltare la mia preferita, quella preferita da me e da Nonna, vuoi?”
“Proviamo”
“Ecco… la senti bene?”
Sì.. che musica è?”
“The Balmung, rock progressivo italiano, è abbastanza complessa, ascoltala un po’ e dimmi se ti piace, altrimenti la cambiamo”
Va bene, sanno suonare questi eh?”



7.

Avevano macinato parecchi chilometri per il primo giorno. Nonno Amos pensò che non fosse il caso di proseguire oltre.
Rimettersi in sella con la schiena indolenzita non era mai una buona idea anche se a suo nipote sarebbe probabilmente piaciuto proseguire per giorni e notti senza fermarsi. Forse non era tanto pestifero e aveva bisogno soltanto di scaricare i pensieri, le sovrastrutture, i condizionamenti e le troppe aspettative che gli pesavano sulle spalle più dello zainetto coi panini che, in fondo, detestava.
“Nonno?”
“Eh?”
Proseguiamo?”
No, per oggi no.”
“Perché?”
“Sono stanco”
“Di già?”
“Eh sì, l’età… e poi devo riabituare la mia schiena. La tua è a posto?”
“Sì… beh un po’ fa male”
“E il deretano?”
“Un po’ indolenzito”
“Ecco, facciamo una bella cosa: c’è un posto non lontano da qui con delle terme libere all’aperto, mangiamo qualcosa, i panini li finisco io non ti preoccupare, e ci rilassiamo un po’. Ti va?”
“Ma io non ho il costume
“Ce l’hai”
“Ti dico di no”
“Vedi il bauletto su cui sei appoggiato?”
“Mbe?”
“Ci ha pensato tua Nonna, l’ha riempito con quello che ti sarebbe servito, tra cui il costume”
Hai capito Nonna eh?



8.

Nonno Sigfrido divorò i panini con gusto e lasciò che suo nipote facesse il pieno di vitamine e di cibi che sua madre non gli proponeva neanche, tanto non li avrebbe mai mangiati, coi suoi gusti. Tutti alimenti sanissimi e adatti allo sviluppo, per lui preparava qualcos’altro, tanto era certa che quella roba lì piacesse, si fa per dire, soltanto a lei, che comunque la mangiava perché fa bene, mica per altro.
Almeno in cucina non voleva deluderla.
Sembrava che per tutto il resto lui fosse la pecora nera della famiglia, si era adagiato in quel ruolo, per lo meno era qualcosa di definito nella sua giovane vita, al contrario della sua voce e del suo aspetto fisico che cambiavano velocemente e di quelle certezze che non avrebbe saputo neanche da dove iniziare a costruire.
Lui era lo scavezzacollo, il cattivo, quello che fa sempre arrabbiare gli adulti e finisce in punizione, che viene minacciato con il dito indice alzato e con la voce grossa.
Aveva elaborato tutto un suo sistema per relazionarsi alle sgridate, era il suo modo di rapportarsi al mondo e in questo, almeno, era bravissimo.
I suoi avrebbero dovuto essere orgogliosi anziché rimproverarlo ma se l’avessero fatto lui non sarebbe stato più lo scavezzacollo e il suo ruolo magari l’avrebbe esercitato qualcun altro.
Magari non lo avrebbero più neanche considerato.
Al momento lui era al centro assoluto delle preoccupazioni della parentela e rappresentava un bel grattacapo per il corpo docente della sua scuola, nonché di un numero di coetanei, e relativi parenti, che tiranneggiava con frequenza variabile.
Trascorreva ore davanti allo specchio a controllare le espressioni, a cesellarle per ottenere l’effetto desiderato, una faccia da schiaffi che avrebbe fatto saltare i nervi anche al più illuminato nel giardino degli illuminati, o un’aria implorante da bugiardello vigliacco che cerca di dimostrare quanto le accuse rivoltegli siano infondate e lui sia in realtà una vittima della società.
Aveva elaborato una gamma completa di smorfie che gli avrebbero fatto conquistare rapidamente il titolo di testa di cardo dell’anno, o almeno così sperava.
Mentre, credendosi inosservato, si dedicava a tale attività, Nonno Sigfrido ebbe tutto l’agio di studiarlo.



9.

“Sei pronto?”
“Un attimo Nonno”
“Se puoi uscire dal bagno intanto io mi farei una doccia”
Ah”
“Eh”
“Ma perché?”
“Perché la doccia è nel bagno”
“Pensi che sia stupido?”
“Perché?”
“Perché cosa?”
“Perché mi domandi se penso che tu sia stupido?”
“Mi dici che la doccia è nel bagno”
“Esistono bagni con la doccia all’esterno”
“Mi stai prendendo in giro vero?”
“No, però mi fa piacere che tu abbia aperto la porta”
“E dove sarebbero i bagni con la doccia all’esterno scusa?”
“Li ho trovati nei Paesi Bassi”
“E dove stanno?”
“Hai presente Amsterdam?”
“Ah, in Olanda
“Ah non lo sapevi?”
“Cosa?”
“Che i Paesi Bassi e l’Olanda sono la stessa cosa?”
“Certo che lo sapevo”
“Vabbè’, intanto ti dispiace andare di là a cambiarti?”
Se proprio insisti
“Insisto”
“Me lo stai ordinando?”
“No, te lo sto chiedendo per favore”
E quanti per favore ci stanno prima di uno schiaffone?”
“Non lo so”
“Quindi quanto tempo ho per uscire dal bagno?”
“Facciamo così: tu esci dal bagno, io mi faccio la doccia, tu rientri nel bagno e io vado a fare il bagno tra le cascate di acqua calda: mi pare un buon compromesso, avrai parecchio tempo per stare in bagno poi””
Cioè tu vai da solo alle terme e mi lasci qua?”
“In bagno”
“È abbandono di minore”
“C’è un servizio di baby sitter
“Le baby sitter sono per i bambini, io mica sono un bambino”
“Chiamo la reception o esci dal bagno?”
“Esco dal bagno
“Bene, io esco tra cinque minuti, se riesci a prepararti in tempo vieni con me”



10.

La serata era splendida. Il tramonto si incuneava tra le colline dando spazio ad una notte stellata con uno spicchio di luna talmente sottile da sembrare un simbolo moresco. Le risate delle persone si mescolavano col gorgheggiare delle cascatelle, il fiume scorreva placido e vivace.
Attraversarono a piedi un sentiero nel bosco, tutto era semplicemente perfetto.
Nonno Sigfrido sospirò malinconico senza neanche accorgersene.

“Che c’è, non ce la fai a camminare sul sentiero?”
“Perché?”
Sbuffi”
“Un ricordo”
“Di che?”
“Di me e Nonna”
“Cioè, tipo una di quelle cose smielate?”
“Tipo”
“Spara”
“No, altrimenti tua madre manda me in collegio”
“Perché mi vuole mandare in collegio davvero?”
“Ma no, si fa per dire”
“Non gliene frega niente di me”
“Dici?”
“Le importa solo di non fare brutta figura con le amiche e con le Zie e con la Nonna”
“E tu ci sguazzi eh?”
“No figurati”
“Io ci sguazzerei”
“Cioè?”
“Mi divertirei a farla uscire dai gangheri, fa una faccia quando si arrabbia”
“Eh! L’hai visto? Si gonfia tutta
“Cambia colore”
“Sì tipo che diventa paonazza”
“È divertente eh?”
“Papà dice che sono una testa di cardo”
“E pure lui diventa paonazzo?”
“No, più scuro direi. Una volta gli è venuta la bava alla bocca”
“Bava o schiuma?”
“Bava schiumosa”
“Verde?”
“No, bianca, perché può venire pure verde?”
“Io una volta l’ho fatta venire a un tizio che faceva il bulletto ma non valeva un cicchetto”
“Non ci credo”
“Te la racconto in acqua, adesso stai attento a dove metti i piedi ché si scivola”



11.

L’acqua termale e la generale atmosfera di allegria e rilassamento stavano sortendo un buon effetto.
Lo scavezzacollo aveva, suo malgrado, cambiato espressione.
Sembrava un angioletto.
Nonno Sigfrido lo lasciò cuocere nel suo brodo, a mollo tra i vapori solfurei.
Il primo giorno di viaggio era filato liscio come l’asfalto sotto le due ruote.
Non ebbe bisogno di raccontargli la storia della bava verde, l’avrebbe lasciata da parte per momenti più difficili.
Guardarono il cielo.
“Sai riconoscere le costellazioni?”
“Cioè tipo le stelle?”
“E i pianeti”
“No a me ‘sta roba non piace”
“L’astronomia?”
“Eh”
“E qua sbagli”
“Perché?”
“Ma che scherzi? Sai quante ragazze rimorchi guardando le stelle?”
“A me delle ragazze non me ne frega niente ma perché che c’entrano le stelle con le ragazze?”
“Eh, un giorno capirai”
“Vabbè dimmene una
“Quella più semplice è il Grande Carro, la vedi?”
“No”
“Sembra un mestolo”
“Che è quella lassù?”
“Bravo, l’hai individuata subito”

Chiacchierarono di stelle per ore poi andarono a dormire.



12.

Il primo giorno era trascorso senza troppi intoppi. Nonno Sigfrido si svegliò di buon umore ma fece di tutto per non darlo a vedere.
Lo scavezzacollo dormiva tranquillo, abbracciato al cuscino.
Ebbe voglia di accarezzargli la fronte, si trattenne a stento.
Approfittò del bagno libero per una toilette perfetta, o quasi.

“Ciao”
“Buongiorno, dormito bene?”
“Boh”
“Hai fame?”
“Boh”
“Io vado a fare colazione, fanno una crostata spettacolare da queste parti”
“Cioè, tipo con la marmellata fatta in casa?”
“Tipo”
“Posso venire in pigiama?”
“Perché no?”
“Vabbè mi metto le scarpe”
“Col pigiama?”
“No, mi vesto”
“Scommetti che faccio prima di te ad arrivare?”
“Che scommettiamo?”
“Un gelato?”
“Faccio prima io”


13.

Arrivarono nella sala colazione correndo, ridendo e tirandosi per la maglietta. Gli altri li guardarono con un po’ di invidia malcelata dietro a volti indispettiti.
Si guardarono e scoppiarono in una risata infantile, piena.

“Nonno?”
“Non ci provare”
“Non ci provare tu”
“Il gelato lo offri te”
“Te lo scordi”
“Sono arrivato prima io”
“Seee ma che fai bari?”
“Chiediamo chi è arrivato prima”
“A chi?”
“A uno di quelli che sono seduti qui”
“Con queste facce scure, figurati”
“Vabbe’ te la do vinta”
“Me la dai vinta? Ho vinto”
“Vabbe’ vabbe’”
“Non vale!”
“Facciamo ex aequo?”
“No, ho vinto io”
“Foto finish”
“Dov’è la crostata?”
“Eccola”
“Sono tutte fatte in casa?”
“Sì, pure il ciambellone”
“Posso assaggiarli tutti?”
“Vai”



14.

Era ora di partire. L’aria era abbastanza calda ma non rovente, il tempo incerto, nuvoloso senza pioggia.

“Dovremo indossare l’impermeabile”
“Pensi che pioverà?”
“Non lo so ma inzupparsi in moto è proprio fastidioso”
“Qualcosa che si può anche evitare di provare?”
“Già.”
“Ce l’ho l’impermeabile?”
“Sì la tuta è impermeabile, le galosce sono nel bauletto laterale”
“Fatto”
“Partiamo”
“La Nonna pensa a tutto eh?”
“È una persona splendida”
“Sei ancora innamorato di lei?”
“Caspita!”
“Caspita sì o caspita no?”
“Assolutamente sì”
“Da quanti anni vi conoscete?”
“Più di mezzo secolo”
“E sei ancora innamorato di lei?”
“Eh già”
“E lei di te?”
“Sì, l’amore non è una strada a senso unico di solito.”
“Che tipo di strada è l’amore Nonno?”
“La più lunga, bella, semplice e complicata che si possa immaginare, solo che per quanta fantasia tu possa avere non riuscirai mai a spiegarne l’essenza in modo razionale. La puoi sentire, la puoi provare e la potrai anche capire ma non c’è uno stradario o una guida, devi imparare a percorrerla.”
“È tipo una regola da bikers?”
“Tipo”



 15.

Le colline scivolavano via verso le montagne, Sembravano onde di un immenso oceano pietrificato. Solide e accoglienti.

“Nonno?”
“Dimmi?”
“Ho fame”
“Quanta?”
“Parecchia”
“Tanta che ci fermiamo tra una decina di chilometri e mangiamo un panino o un pezzo di pizza oppure tanta che ne percorriamo una cinquantina e ci fermiamo in una braceria coi tavoli all’aperto?”
“Tavoli all’aperto però accelera”
“Vuoi che metta un po’ di musica?”
“Conosci gli Area?”
“No”
“Vedi se ti piacciono”
“Spara”
“Perché dici sempre ‘spara’?”
“Perché?”
“Ti piace sparare?”
“Che c’entra?”
“Cose da nonni”
“Vabbe’… comunque non è male ‘sta musica”
“Ti piace?”
“Boh, sì, è particolare”
16.

“Guarda quante moto Nonno”
“Hai visto?”
“Lo sapevi?”
“Sì, ci dovrebbero essere alcuni amici del prossimo motoraduno, ti va di conoscerli?”
“Cioè, tipo biker?”
“Proprio bikers”
“Tolgo le galosce però”
“Va bene”
“Altrimenti non si vede l’allacciatura delle scarpe
“Scusa non ci avevo fatto caso”
“Cose da giovani”
“Touché”
“Che vuol dire?”
“Tipo che hai fatto gol?”
“Sono il più piccolo?”
“Penso proprio di sì, generalmente sono tutte persone maggiorenni, tranne qualche caso sporadico”
“Tipo noi”
“Già”
“Che dirai ai tuoi amici?”
“Che sei mio nipote”
“E non ti vergogni di andare in giro con tuo nipote?”
“Anzi, sono orgoglioso”
“Sei orgoglioso di me?”
“Sì”
“Ma che dici?”
“Te la stai cavando egregiamente in sella. Non è facile, ci sono anche alcuni campionati per i passeggeri, sai?”
“Posso partecipare?”
“Tra qualche anno”
“Aspetta”
“Cosa?”
“Devo aggiustarmi il ciuffo”
“Giusto, un vero biker si aggiusta sempre il ciuffo quando si toglie il casco”
“Mi stai prendendo in giro?”
“No, è una regola da biker”



17.

“La birra analcolica non è male”
“Anche le salsiccette”
“No, quelle erano proprio buone”
“La musica?”
“Non lo so”
“Non ti è piaciuta?”
“Meglio degli Area”
“Dopo ti faccio ascoltare i Led Zeppelin”
“C’erano parecchie moto e un sacco di gente che Mamma non vorrebbe mai che io frequentassi”
“Zia vorrebbe che li evitassimo anche noi figurati”
“Perché?”
“Perché è convinta che la sua non è stata un’adolescenza normale e che non siamo genitori che si comportano da adulti”
“Cioè in modo palloso?”
“Più o meno”
“Forse si preoccupa?”
“No, è fatta a modo suo. Chissà quante persone conosci che guardano soltanto le apparenze e non le sanno neanche guardare”
“Che intendi?”
“Vedi quelle moto rumorose con tutte le borchie?”
“Mbe’?”
“Costano quanto un appartamento”
“Quindi se non hai uno stipendio decente non te le puoi permettere?”
“E non solo, hai notato che c’erano i telescopi posizionati su cavalletti e strumenti musicali?”
“Anche quelli costano un botto?”
“Decisamente più della borsetta griffata che per tua Zia è sinonimo di agio e benessere economico”
“A scuola fanno spesso così”
“Giudicano dalle apparenze?”
“Sì e si fissano e alla fine conviene comportarsi in quel modo, tanto ti hanno messo un’etichetta”
“Se vuoi dar loro ragione”
“Cioè?”
“Cioè se tu pensi che un manipolo di cretini possa farti diventare qualcosa di diverso da quello che sei perché per loro sei fatto in un determinato modo e tu decidi di adeguarti”
“Boh



18.

“Sei stanco?”
“Un po’”
“Ci fermiamo?”
“Per merenda o per la notte?”
“Tu che dici?”
“Io dico che mangerei qualcosa e poi mi tufferei nel letto”
“Va bene”
“Nonno, puoi spegnere la musica?”
“Basta che non ti addormenti”
“Non mi addormento, voglio sentire il rumore del vento”

La strada era libera.
L’asfalto era bagnato, l’odore della pioggia riempiva l’aria fresca, quasi freddina.
Nonno Sigfrido stava pensando a dove andare a dormire.
Un posto con un buon parcheggio coperto, adatto ai motociclisti.
Si stava focalizzando su un rumorino, un ritmico tarataratara che lo impensieriva. Sarebbero arrivati in tempo per controllare il motore ed eventualmente consultare un meccanico.
Non lontano da lì c’era un porto sicuro per i bikers, gestito da un suo amico conosciuto ad un motoraduno.
Sarebbe stato l’ideale, aveva anche un figlio che, se non ricordava male, era coetaneo di suo nipote.



19.

Avrebbero dovuto fermarsi.
Bisognava effettuare una riparazione.
Lo scavezzacollo aveva fatto amicizia col figlio dell’amico di Nonno Sigfrido.
Si erano trovati bene insieme, l’allacciatura delle scarpe aveva sortito l’effetto desiderato.
I due si erano guardati a distanza, si erano girati intorno e avevano fatto amicizia.
Nonno Sigfrido si occupò della moto, si premurò di telefonare e di far sapere che stavano bene. Tutto procedeva a regola d’arte ma non voleva cantar vittoria prima del dovuto.

“Ciao”
“Alla buonora”
“State bene?”
“Sì, voi?”
“Mah c’è un piccolo guasto alla moto, dovremo fermarci un po'’”
“Per il resto?”
“Adesso ha fatto amicizia con qualche coetaneo, stanno in giro con le bici”
“Come stai?”
“Me la cavo”
“Ti ha preso a parolacce?”
“No”
“Ti ha offeso?”
“Non abbiamo avuto molto tempo per parlare”
“Mi stai dicendo che quella peste di mio figlio è stato zitto tutto il tempo?”
“No, scherzi? L’ho stordito con la musica e in moto non c’è tanto modo di parlare sai”
“Va beh, se non ce la fai più puoi rispedirlo su un treno”
“Sono vecchietto ma non lo devo mica portare a spalla AHAHAHA”
“Grazie”
“Ciao, non ti preoccupare”
“Ciao”



20.

“Cioè quello è tuo nonno?”
“Già”
E perché ti ha portato in moto?”
“Perché?”
“Eh, perché? Papà non mi ci porta mai”
“No?”
“No, dice che è pericoloso”
“Ma lui ci va?”
“Infatti, dico ma perché lui sì e io no?”
“I genitori sono proprio assurdi”
“Lo dico pure io che non ha senso”
“Infatti”
“Nonno non fa tante domande”
“I Tuoi?”
“Mia madre dice che sono uno scavezzacollo, che non capisco niente, non voglio studiare e non mi piace fare niente”
“È vero?”
“No, mi piacciono un sacco di cose ma non me ne frega niente della scuola”
“Vabbè io mi sono stufato di giocare con le bici, giochiamo a pallone?”
“Tu stai in porta?”
“Tira”



21.

“Pronto amore, come stai?”
“Ciao Sigfrido, bene, come sta andando?”
“Mah… che dire?”
“È riuscito a farti arrabbiare?”
“Ci ha provato un paio di volte”
“E?”
“Non lo so, sembra che non possa fare a meno di provocare”
“Pensa che sia quella la sua unica ragione di vita?”
“No, paradossalmente ha una gran paura di deludere sé stesso e gli altri”
“Pensi che abbia paura del giudizio”
“Peggio: ho la sensazione che voglia eccellere nell’essere ciò che gli altri pensano che sia. Scusa è un po’ contorto”
“No, ho capito”
“Se fossi lì ti farei un bel massaggio sul collo”
“L’ho portato alle terme, sai?”
“Gli sono piaciute?”
“S’è rilassato. Ma non è che lo stanno stressando un po’ troppo?”
“Pensi che gli stiano dando il pilotto?”
“Sì, troppe aspettative, troppi compiti, troppo tutto, è un ragazzino”
“Ha tre denunce per bullismo, due per aggressione, due per molestie e gli insegnanti hanno convocato i genitori una quantità di volte”
“Sai che ti dico?”
“Cosa?”
“Penso che forse non abbia tutti i torti”
“Ad aggredire i compagni soltanto perché è più grosso degli altri?”
“No, a ribellarsi”
“Non è un modo di ribellarsi”
“Cosa dovrei fare secondo te?”
“Cerca il modo di farglielo capire”
“Non accetterebbe una paternale da me”
“State diventando complici?”
“Non lo so, diciamo che per il momento non mi ha ancora inserito nella categoria adulti pallosi AHAHAHA”
“È già qualcosa”
“Me lo farai quando torno il massaggio?”
“Non vedo l’ora, mi manchi”
“Anche tu, non immagini quanto”
“Ti amo”
“Ti amo”



22.

“Nonno?”
“Che ora è?”
“Le due, circa”
“Di notte, giusto?”
“Giusto”
“Che c’è?”
“Stavi dormendo?”
“No, mi capita di poggiarmi sul letto alle due di notte e russare, talvolta, qualche volta sogno pure ma un vero biker non dorme mai”
“Mi stai prendendo in giro?”
“AHAHAHA ovvio, dimmi”
“Perché ti sei incazzamattito quando ti ho detto ‘spara’?”
“Incazzamattito è una parola interessante. Spara ha a che fare con l’uccidere un animale o una persona, con un’azione offensiva, di guerra”
“Un piattello non è una persona”
“Giusto”
“Quindi?”
“Spara”
“Mi sono divertito oggi sai”
“Ti piace la moto?”
“Parecchio”
“Che mi volevi chiedere?”
“No, niente”
“Buonanotte”
“Buonanotte”
23.

“Buongiorno”
“Ciao Nonno. Che ore sono?”
“Ora di alzarsi”
“Già?”
“Dai, lo senti il profumino?”
“Sembra un dolce appena sfornato”
“Ciambellone”
“Speziato”
“Vuoi fare una doccia prima di ripartire?”
“Mi pare una buona idea ma prima andiamo a fare colazione”
“Prima fai la doccia”
“Tu l’hai già fatta?”
“Sì, dai”
“Che ingiustizia”
“Cosa?”
“La vita”
“Perché ho fatto la doccia prima di te?”
“Già”
“AHAHAHAHA Sbrigati ché ho una fame!”
“Nonno?”
“Eh?”
“Sei proprio un motociclista”
“E che vorrebbe dire?”
“Che non sai stare fermo, devi sempre andare da qualche parte”
“È vero, non ci avevo mai pensato. Però vai lo stesso a fare la doccia adesso”
24.

La moto era stata aggiustata, adesso funzionava a puntino.
Salutarono e risalirono in sella.
La schiena un po’ dolorante, le natiche anche.
Lo scavezzacollo aveva un’aria allegra, spensierata, fanciullesca.
Nonno Sigfrido sentiva che il momento per una chiacchierata si stava avvicinando e aveva al tempo stesso la sensazione che non avrebbero mai parlato apertamente di ciò che preoccupava i suoi genitori.

“Nonno?”
“Dimmi?”
“Pensi che sia possibile, cioè, tipo fare qualcosa di diverso da quello che gli altri si aspettano da te?”
“È una domanda complicata”
“Lo so”
“Che ne dici se ne parliamo a pranzo?”
“Perché a pranzo?”
“Non ti voglio dare una risposta stupida. Voglio pensare un po’, intanto ascolta il rumore del vento, guarda la strada e il panorama”
“E ne parliamo a pranzo?”
“Dai la mattina sono un po’ rintronato”
“Mamma pensa che io lo sia tutto il giorno, lo dice anche a te?”
“AHAHAHAH no”



25.

Trascorsero la mattina ad ascoltare musica e osservare il panorama. Nonno Sigfrido preferì affrontare qualche tornante, gli sembrava che suo nipote fosse pronto per una gita più impegnativa e lui aveva bisogno di raccogliere le idee.
Il rumore del motore, il vento e l’adrenalina delle pieghe in curva lo avrebbero aiutato a capire come rispondere alla domanda dello scavezzacollo.
Il momento per compiere la sua ‘missione impossibile’ era giunto.
Non avrebbe dovuto sbagliare neanche una virgola, un accento ma era certo che avrebbe commesso qualche errore.
Nonno Sigfrido ripercorse a memoria tutte le tecniche di respirazione e meditazione che gli aveva insegnato la Nonna, cercò di evocare i momenti più difficili della sua esistenza, di ricordare come li aveva affrontati.
Più scavava nella memoria emotiva più l’ansia lo assaliva.
La pendenza aumentò, scalò la marcia e cambiò strategia mentale.
Si concentrò sul contatto fisico tra le sue gambe e quelle dello scavezzacollo.
Provò a distinguere il ritmo del respiro del nipote.
Sorrise commosso: gli aveva ricordato il suono del monitoraggio prima della sua nascita.
Lo avevano registrato e glielo avevano fatto sentire, le lacrime gli erano salite dal coccige fin sulla calotta cranica per poi cercare di non accavallarsi tra le palpebre.
Erano l’uno accanto all’altro, con loro c’era la moto, la strada, il vento e la libertà.



26.

“Possiamo fermarci qui se vuoi”
“Sembra un bel posto”
“Non è male”
“Nonno?”
“Dimmi”
“Pensi che abbiano la macedonia di frutta?”
“Non lo so”
“Allora andiamo avanti”
“Possiamo chiedere”
“Uhmm boh no”
“Non ti vuoi fermare?”
“No, magari non hanno la macedonia”
“La macedonia è importante”
“Sì, e poi mi piace il rumore del tuo respiro, mi fa sentire al riparo da tutto”



27.

La moto non voleva fermarsi.
Il cuore di Nonno Sigfrido andava all’unisono coi pistoni del motore, le braccia erano cavi di flessuoso acciaio ancorati al manubrio, i piedi solidi giunchi aggrappati ai pedali, schiena e cosce cassa di risonanza del respiro di suo nipote, la testa sgombra da pensieri e preoccupazioni, gli occhi attenti come quelli di una lince.
Riccardo aveva la sensazione che tutto avesse improvvisamente un senso compiuto.
Non provava vergogna né risentimento, non era preoccupato o nervoso.
Una strana vertigine lo avvolgeva come onde contrastanti in un mare agitato.
Non sentiva il bisogno di fare niente, guardava i colori e le linee scorrere veloci intorno a sé, la sensazione folle che lui fosse parte di quelle geometrie geografiche.
Le due ruote filavano senza intoppi.
Il cielo si era rasserenato, lasciando adito ad una splendida serie di arcobaleni multipli.



28.

“Nonno ma che fanno quelli?”
“Quelli chi?”
“Quelli lì, ma che sono scemi?”
“Che fanno?”
Ma lì, lo vedi?”
“No”
“Ma come no?”
“Oh santa pace!”
“Li hai visti?”
“Li ho visti sì, mannaggia”
“Mannaggia?”
“Ci dobbiamo fermare”
“Perché?”
“Perché non sono scemi, hanno bisogno di aiuto”
“E noi che c’entriamo?”
“Noi siamo motociclisti”
“Embè?”
“Embè ci dobbiamo fermare”
“Ma perché?”
“Perché è una regola della strada”
“Cioè tipo che siccome siamo bikers e siamo sulla strada adesso ci dobbiamo fermare e chissà a che ora mangeremo?”
“Tipo.”
“E la macedonia?”
“La mangerai più tardi”



29.

Nonno Sigfrido non aveva voluto sentire ragioni. Si era fermato.

“Buongiorno, qualche problema?”
“Buongiorno, no, no, tutto bene grazie”
“Hai visto Nonno, non hanno alcun problema”
“Ricordi il discorso sulle apparenze Riccardo?”
“Ok sto zitto”
“Ecco, bravo. Abbiamo visto dalla strada i segnali di aiuto”
“Ma guardi non si preoccupi”
“Mi chiamo Sigfrido e lui è mio nipote Riccardo. Qual è il problema?”
“Ma senta, guardi, il fatto è che, vede, lei magari adesso penserà chissà cosa ma il fatto è che…”
“Che?”
“Abbiamo fatto scendere il gatto dal trasportino e si è arrampicato sull’albero”
“È un gatto!”
“Sì ma il fatto è che non è tanto abituato a salire sugli alberi”
“E non riuscite a farlo scendere?”
Già”
“Vediamo cosa si può fare”
“E la macedonia?”
“No, ma non vi preoccupate, magari dovete anche mangiare”
“Un po’ di fame stuzzica l’appetito”



30.

“Ric, mi serve il tuo aiuto”
“Ah io coi gatti non ci vado d’accordo”
“Ric”
“Il gatto di Zia mi ha graffiato un sacco di volte”
“Il gatto di Zia è nevrastenico”
“È un gatto”
“Che sta sempre chiuso in casa e deve stare attento a non sporcare, gli ha tagliato pure le unghie, oltre ad averlo castrato perché la veterinaria le ha detto che gli avrebbe fatto bene alla salute”
“Castrare gli animali è importante”
“Io la penso diversamente”
“Ah”
“Mi risulta che anche gli esseri umani siano animali e che il piacere sia una parte molto importante della vita, ma d’altronde viviamo in una società in cui ci sono ancora persone che dicono ai bambini di non giocare con la sabbia perché altrimenti si sporcano i calzini”
“La mia veterinaria infatti è dell’idea che sarebbe il caso di castrare anche gli esseri umani e per la maternità di procedere con gravidanze programmate in laboratorio”
“Poveraccia”
“Ah no, è una persona rispettabilissima”
“Una castratrice seriale le pare una persona rispettabilissima? A me sembra una frustrata che non ha mai capito l’essenza della vita”
“Ha idee un po’ rivoluzionarie sulla vita”
“No, non ho smesso di pensare con la mia testa e col mio cuore. Ric, passami la corda”
“Quale corda?”
“Quella nel bauletto, sotto le galosce”
“È una corda da arrampicata!”
“Già”
“Beh, d’altronde è un motociclista. Immagino che sia per l’amore libero”
“Veramente lui e Nonna stanno insieme da una vita e si amano come due piccioncini”
“Ric, la corda”
“Ah”
“Ha mai letto Mazzini?”
“Mazzini il Padre della Patria?”
“Eh, quello che scriveva che l’Umanità è in evoluzione progressiva per il raggiungimento della libertà individuale e collettiva”
“Oh ma certo”
“E quale libro ha letto di Mazzini”
“Non ne ho mai letto neanche uno”
“Ecco, lo legga, imparerà che libertà non è una parolaccia ma la più alta e morale aspirazione dell’uomo. Buono micio buono. Ah non ti hanno ancora castrato. Ha intenzione di castrarlo?”
“Ci penserò”
“Credo che il gatto voglia saperlo”
“Dice?”
“Eh già”
“Forse ha ragione lei, no, non lo castrerò ma i vaccini quelli sì”
“Micio, hai capito?”
“Miao
“Eccolo, ora potete ripartire”
“Non so come ringraziarla”
“Ci potrebbe offrire una macedonia
“Ric!”
“Oh, con immenso piacere, conosco un agriturismo nei pressi che produce anche yogurt d’alpeggio”
“Ci faccia strada. La seguiamo”
31.

 “Sei stato proprio forte Nonno”
“Per aver liberato il gatto?”
“No, l’hai proprio messa a posto quell’arrogante. Il gatto te ne sarà grato all’infinito”
“AHAHAHA penso anch’io. Perché le hai chiesto di offrirci la macedonia?”
“Perché sì”
“Perché sì è una buona risposta”
“A volte. Sai, mi piacerebbe riuscire a mettere a posto gli arroganti come hai fatto tu”
“E invece come fai?”
“Mi ci scontro”
“In che modo?”
“Tipo che li picchio o li prendo a parolacce oppure li tratto male”
“Non mi pare un buon modo”
“Neanche a me e poi crea un sacco di problemi”
“Dici?”
“Sì. È vero che Mamma vuole mandarmi in collegio?”
“No, però devi smetterla di comportarti da cretino, non lo sei e lo sai”
“Forse non lo so”
“Vedi di saperlo e non farti rovinare la vita da qualche cretino di passaggio e da qualche ormone troppo agitato”
“Che c’entrano gli ormoni?”
“Non ti sei accorto che stai crescendo?”
“Bella fregatura eh?”
“AHAHAHA sì ma se vuoi ti confido un segreto”
“Spara”
“Se impari ad essere libero senza lasciare spazio ai cretini di rovinarti la vita riuscirai a giocare ed essere felice anche da grande”
“Tipo quella storia del gatto?”
“Tipo”



33.

Per tutto il viaggio di ritorno non dissero una parola, Riccardo abbracciò Nonno Sigfrido e lasciò che la piacevole sensazione di protezione lo pervadesse. La testa sgombra di preoccupazioni aveva lasciato spazio alla felicità.