Nonno Sigfrido e lo Scavezzacollo. Il
viaggio in moto.
1.
“Io il casco non lo metto”
“Benissimo”
“Che vuol dire benissimo?”
“Benissimo vuol dire benissimo”
“Cioè, hai capito che ti ho detto?”
“Già”
“E non ti arrabbi?”
“No”
“Ah”
“Allora ciao”
“Che vuol dire ciao?”
“Ciao”
“Che fai mi lasci qua?”
“Già”
“È abbandono di minore”
“Ti lascio con Zia”
“Che vuol dire che mi lasci con Zia?”
“Che ti lascio da Zia”
“Zia è una palla”
“Ma poi viene a riprenderti tua madre”
“E tu?”
“Io?”
“Eh, tu?”
“Ah, io vado a fare un bel giro in
moto.”
“E mi lasci a piedi?”
“Già”
“Da Zia?”
“È l’unica che non abbia da fare”
“Lei non ha mai niente da fare: è una palla
pazzesca”
“E che ci vuoi fare, è la vita”
“Ok, metto il casco ma non lo allaccio”
“Ah, no io ormai ho mandato un messaggio
a Zia”
“Che vuol dire che hai mandato un messaggio a Zia?”
“Le ho scritto di venirti a prendere”
“Perché?”
“Hai detto che non ti importava fare il
viaggio in moto”
“Io non ho detto
questo”
“Beh, comunque, io ormai l’ho avvertita”
“Ma io avevo detto
a tutti i miei amici che sarei andato a fare un viaggio in moto!”
“Mi dispiace”
“Adesso che diranno?”
“Che non ci sei andato perché sei troppo
piccolo”
“Io non sono piccolo, sono già grande e grosso”
“Beh, allora, vuoi un gelato mentre
aspettiamo Zia?”
“Ok me lo
allaccio”
“Questa è la tuta con le protezioni,
ogni biker che si rispetti ne indossa una”
“Nonno?”
“Eh?”
“Chi sono i baicher?”
“I biker sono i motociclisti che sanno
andare in moto, quelli veri, non le mammolette che non sanno neanche come ci si
soffia il naso oltre la visiera del casco”
2.
Sigfrido aveva deciso di portare quello
scavezzacollo di suo nipote a fare un viaggio in motocicletta per dissuadere la
madre, nonché sua nuora, dall’intento di mandarlo al collegio militare per
‘raddrizzarlo’. Dal canto suo lei non aveva tutti i torti e il viaggio lo
avrebbe distolto dai suoi impegni, quali andare a trovare la piccoletta di casa,
momentaneamente nelle grinfie di quella palla pazzesca della Zia, nonché sua
figlia, che era l’esatto contrario di lui e della Nonna.
Un senso del dovere zelante, demonizzava
qualunque cosa avesse a che fare coi suoi genitori, dal rock al jazz, dai
motoraduni ai megaconcerti. Morigerata, aveva sposato un precisino tutto d’un
pezzo che sarebbe stato il sogno di qualunque suocero bigotto. Loro avrebbero
voluto uno che le facesse girare la testa, dismettere i panni della brava
ragazza e le avesse dischiuso il meraviglioso universo del piacere del vivere,
del profondo godimento di qualunque attimo e lei aveva seguito la sua ferrea
morale.
D’altronde non sempre i figli seguono le
orme paterne o materne.
Lui e la Nonna si divertivano un sacco,
se l’erano sempre goduta la vita anche se adesso qualche acciacchetto li aveva
fatti desistere dalle scomodità on the road.
Dormire sotto le stelle in estate con il
motore ancora caldo, intorno soltanto il rumore di grilli, assioli e
ranocchiette e una gran voglia di fare l’amore fino a sentirsi parte del tutto
era qualcosa che sua figlia non avrebbe mai trovato interessante.
Ognuno sceglie la propria strada.
Forse avevano esagerato con il senso di
libertà e lei aveva reagito in modo opposto e contrario.
Era sobria anche nel vestire. Colori tenui,
tessuti naturali, semmai un filo di perle e di trucco, capelli raccolti a
chignon il più delle volte.
La Nonna si era domandata se utilizzasse
gli spilloni dello chignon come armi per rito voodoo.
Ne avevano riso per una settimana e ogni
tanto, quando ci ripensavano, ancora sghignazzavano. Talvolta, quando prendeva
quell’espressione severa, di rimbrotto, bastava un accenno di sguardo allo
chignon per farli esplodere in una fragorosissima risata.
Minacciarlo di lasciarlo da lei era
stata una buona mossa.
3.
Lo scavezzacollo si zittì all’istante
appena salì sulla moto.
Sigfrido lo guardava dallo specchietto.
Appena usciti dalla città imboccarono il
raccordo verso l’autostrada.
Presero il biglietto al casello senza
profferire parola.
Sigfrido sentiva il corpo dello
scavezzacollo sempre più rilassato.
Percorsero un centinaio di chilometri.
La strada era libera, la giornata
splendida.
Intorno a loro l’Italia nella sua
immensa bellezza fatta di dettagli, campagne, borghi, montagne.
Tra loro il silenzio riempito soltanto
dal rumore del motore e dell’aria a velocità.
Dopo un paio d’ore si fermarono in
Autogrill.
Lo scavezzacollo aveva una faccia
strana.
“Tutto bene? Vuoi un succo di frutta o
qualcosa da mangiare?”
“No, grazie,
Mamma mi ha preparato uno zainetto termico con qualche panino anche per te”
“I panini di tua madre sono squisiti”
“Già”
“Devi andare in bagno?”
“Penso di sì, non mi scappa ma penso che sia meglio
farla prima vero?”
“Ci possiamo sempre fermare più avanti
ma, sì, sarebbe meglio farla prima”
“Tu ci vai?”
“Al bagno?”
“Eh”
“Prima di mangiare e prima di ripartire”
“È tipo una
regola da baicher?”
“Ma lo sai come si scrive?”
“Che?”
“Biker”
“Ma perché che è
una parola straniera?”
“Inglese, americana”
“Ah io in
inglese vado male”
“Andiamo al bagno”
4.
“Perché vai male in inglese?”
“Perché non me
ne frega niente della scuola”
“Mi sembra un buon punto di vista”
“Ah sì?”
“Per lo meno è un punto di vista”
“Di solito mi
fanno sempre le paternali”
“E che ti dicono?”
“Che la scuola è
importante”
“Se ti piace”
“Ma infatti, lo dico pure io. A me non me ne frega
niente!”
“Istituzioni vetuste”
“Vetuste?”
“Eh, vetuste”
“E che vuol
dire?”
“Obsolete”
“Cioè tipo uno di quei telefonini coi tasti?”
“Tipo”
“Ti piacciono i
panini che ha fatto Mamma?”
“Sono ottimi!
“A me fanno schifo”
“Vuoi mangiare qualcos’altro?”
“Posso?”
“Già”
“Paghi tu?”
“Sono tuo nonno”
“Mi prometti che non lo dici in giro?”
“Ok, ah non devo usare parole straniere
tu con l’inglese… va bene, te lo prometto, che vuoi?”
“Un’insalata mega con il tofu e il pane coi cereali”
“Scelta azzardata”
“Posso prendere
qualcos’altro?”
“Vai”
“Verdure lesse,
melanzane grigliate e ricottina con granella di pistacchio”
“Vuoi un primo?”
“No, una
macedonia di frutta”
“E il gelato?”
“No, a me piacciono
la frutta e la verdura ma se lo dico mi prendono in giro.”
“Ah e che ti dicono’”
“Che sono un
ruminante che mangia l’erba cruda invece di uno tosto che mangia salsicce e
guanciale ma a me piacciono le verdure”
“Capisco”
“Anche a te piacciono le verdure?”
“A me piace un piatto che se te lo dico
non lo devi spifferare, intesi?”
“Spara”
“La bomba fritta ripiena di nocciutella”
“Cioè tipo è una cosa molto grassa e unta”
“E gustosa AHAHAHA”
5.
Il primo tabù era stato infranto.
Avevano parlato, era già qualcosa.
La madre gli aveva detto che si chiudeva
a riccio o rispondeva a male parole.
Per il momento sembrava tutto
tranquillo.
Sigfrido ebbe la sensazione di star
facendo la cosa giusta.
Ora non avrebbe dovuto mettere il piede
in fallo.
Non che avesse niente contro il collegio
militare, è che suo nipote era la persona meno adatta a frequentarlo. Odiava la
disciplina e questo è abbastanza normale a quell’età ma in un modo stupido: si
scontrava direttamente, sfidava i mediocri che avevano una carica, un titolo e
loro si vendicavano, immancabilmente.
Col carattere che aveva, avrebbe
rischiato di trascorrere l’adolescenza in punizione perenne, senza mai uscire
dalla caserma: evidentemente non era quello il modo di ‘raddrizzarlo’ né di
fargli comprendere l’importanza della vita.
La madre gli aveva, dopo molte
insistenze, concesso un’ultima possibilità.
Se fosse tornato da quel viaggio in moto
con la testa a posto bene, altrimenti collegio.
Sigfrido sentiva tutta la responsabilità
di questa missione all’attaccatura della colonna vertebrale. La sua era stata
una vita piuttosto movimentata ma quella, oh santa pace, era davvero
l’avventura più sconvolgente dopo la nascita di prole e nipoti.
Non avrebbe dovuto dire neanche una
parola storta, avrebbe dovuto conquistare la fiducia del nipote, un tween ager
in piena crisi ormonale, e trovare il modo di fargli rifunzionare il pensiero.
Sisifo e Atlante gli parvero due pivelli
al confronto.
6.
Ripartirono.
Il tempo scorreva ad una velocità
diversa.
Sigfrido provò a parlargli tramite il
casco.
Lo scavezzacollo non riuscì subito a
capire da dove provenisse la voce e come si poteva rispondere.
“Nonno che c’è?”
“Ti va se usciamo dall’autostrada?”
“Perché?”
“Possiamo vedere più paesaggi”
“Sull’autostrada
si va più veloce?”
“Sì ma fuori possono esserci i tornanti
e le curve difficili da fare piegati”
“Ma si va più lenti”
“Sì”
“Magari domani, oggi andiamo veloci”
“Va bene, fammi sapere se hai bisogno
del bagno o di mangiare”
“Ho un po’ di sete, con tutto questo vento mi sento
un po’ intontito”
“Va bene, fammi un cenno e ci fermiamo”
“Nonno?”
“Dimmi”
“Dal casco si sente anche la musica?”
“Sì, che vuoi sentire?”
“Non lo so,
qualcosa di adatto alla moto”
“Preferisci rock o classica?”
“Classica? In moto?”
“Ti faccio ascoltare la mia preferita,
quella preferita da me e da Nonna, vuoi?”
“Proviamo”
“Ecco… la senti bene?”
“Sì.. che musica è?”
“The Balmung, rock progressivo italiano,
è abbastanza complessa, ascoltala un po’ e dimmi se ti piace, altrimenti la
cambiamo”
“Va bene, sanno suonare questi eh?”
7.
Avevano macinato parecchi chilometri per
il primo giorno. Nonno Amos pensò che non fosse il caso di proseguire oltre.
Rimettersi in sella con la schiena
indolenzita non era mai una buona idea anche se a suo nipote sarebbe
probabilmente piaciuto proseguire per giorni e notti senza fermarsi. Forse non
era tanto pestifero e aveva bisogno soltanto di scaricare i pensieri, le
sovrastrutture, i condizionamenti e le troppe aspettative che gli pesavano
sulle spalle più dello zainetto coi panini che, in fondo, detestava.
“Nonno?”
“Eh?”
“Proseguiamo?”
“No, per oggi no.”
“Perché?”
“Sono stanco”
“Di già?”
“Eh sì, l’età… e poi devo riabituare la
mia schiena. La tua è a posto?”
“Sì… beh un po’
fa male”
“E il deretano?”
“Un po’ indolenzito”
“Ecco, facciamo una bella cosa: c’è un
posto non lontano da qui con delle terme libere all’aperto, mangiamo qualcosa,
i panini li finisco io non ti preoccupare, e ci rilassiamo un po’. Ti va?”
“Ma io non ho il
costume”
“Ce l’hai”
“Ti dico di no”
“Vedi il bauletto su cui sei
appoggiato?”
“Mbe?”
“Ci ha pensato tua Nonna, l’ha riempito
con quello che ti sarebbe servito, tra cui il costume”
“Hai capito Nonna eh?”
8.
Nonno Sigfrido divorò i panini con gusto
e lasciò che suo nipote facesse il pieno di vitamine e di cibi che sua madre
non gli proponeva neanche, tanto non li avrebbe mai mangiati, coi suoi gusti.
Tutti alimenti sanissimi e adatti allo sviluppo, per lui preparava
qualcos’altro, tanto era certa che quella roba lì piacesse, si fa per dire,
soltanto a lei, che comunque la mangiava perché fa bene, mica per altro.
Almeno in cucina non voleva deluderla.
Sembrava che per tutto il resto lui
fosse la pecora nera della famiglia, si era adagiato in quel ruolo, per lo meno
era qualcosa di definito nella sua giovane vita, al contrario della sua voce e
del suo aspetto fisico che cambiavano velocemente e di quelle certezze che non
avrebbe saputo neanche da dove iniziare a costruire.
Lui era lo scavezzacollo, il cattivo,
quello che fa sempre arrabbiare gli adulti e finisce in punizione, che viene
minacciato con il dito indice alzato e con la voce grossa.
Aveva elaborato tutto un suo sistema per
relazionarsi alle sgridate, era il suo modo di rapportarsi al mondo e in
questo, almeno, era bravissimo.
I suoi avrebbero dovuto essere
orgogliosi anziché rimproverarlo ma se l’avessero fatto lui non sarebbe stato
più lo scavezzacollo e il suo ruolo magari l’avrebbe esercitato qualcun altro.
Magari non lo avrebbero più neanche
considerato.
Al momento lui era al centro assoluto
delle preoccupazioni della parentela e rappresentava un bel grattacapo per il
corpo docente della sua scuola, nonché di un numero di coetanei, e relativi parenti,
che tiranneggiava con frequenza variabile.
Trascorreva ore davanti allo specchio a
controllare le espressioni, a cesellarle per ottenere l’effetto desiderato, una
faccia da schiaffi che avrebbe fatto saltare i nervi anche al più illuminato
nel giardino degli illuminati, o un’aria implorante da bugiardello vigliacco
che cerca di dimostrare quanto le accuse rivoltegli siano infondate e lui sia
in realtà una vittima della società.
Aveva elaborato una gamma completa di
smorfie che gli avrebbero fatto conquistare rapidamente il titolo di testa di
cardo dell’anno, o almeno così sperava.
Mentre, credendosi inosservato, si
dedicava a tale attività, Nonno Sigfrido ebbe tutto l’agio di studiarlo.
9.
“Sei pronto?”
“Un attimo
Nonno”
“Se puoi uscire dal bagno intanto io mi
farei una doccia”
“Ah”
“Eh”
“Ma perché?”
“Perché la doccia è nel bagno”
“Pensi che sia
stupido?”
“Perché?”
“Perché cosa?”
“Perché mi domandi se penso che tu sia
stupido?”
“Mi dici che la
doccia è nel bagno”
“Esistono bagni con la doccia all’esterno”
“Mi stai
prendendo in giro vero?”
“No, però mi fa piacere che tu abbia
aperto la porta”
“E dove
sarebbero i bagni con la doccia all’esterno scusa?”
“Li ho trovati nei Paesi Bassi”
“E dove stanno?”
“Hai presente Amsterdam?”
“Ah, in Olanda”
“Ah non lo sapevi?”
“Cosa?”
“Che i Paesi Bassi e l’Olanda sono la
stessa cosa?”
“Certo che lo
sapevo”
“Vabbè’, intanto ti dispiace andare di
là a cambiarti?”
“Se proprio insisti”
“Insisto”
“Me lo stai
ordinando?”
“No, te lo sto chiedendo per favore”
“E quanti per favore ci stanno prima di uno
schiaffone?”
“Non lo so”
“Quindi quanto
tempo ho per uscire dal bagno?”
“Facciamo così: tu esci dal bagno, io mi
faccio la doccia, tu rientri nel bagno e io vado a fare il bagno tra le cascate
di acqua calda: mi pare un buon compromesso, avrai parecchio tempo per stare in
bagno poi””
“Cioè tu vai da solo alle terme e mi lasci qua?”
“In bagno”
“È abbandono di
minore”
“C’è un servizio di baby sitter
“Le baby sitter
sono per i bambini, io mica sono un bambino”
“Chiamo la reception o esci dal bagno?”
“Esco dal bagno”
“Bene, io esco tra cinque minuti, se
riesci a prepararti in tempo vieni con me”
10.
La serata era splendida. Il tramonto si
incuneava tra le colline dando spazio ad una notte stellata con uno spicchio di
luna talmente sottile da sembrare un simbolo moresco. Le risate delle persone
si mescolavano col gorgheggiare delle cascatelle, il fiume scorreva placido e
vivace.
Attraversarono a piedi un sentiero nel
bosco, tutto era semplicemente perfetto.
Nonno Sigfrido sospirò malinconico senza
neanche accorgersene.
“Che c’è, non ce
la fai a camminare sul sentiero?”
“Perché?”
“Sbuffi”
“Un ricordo”
“Di che?”
“Di me e Nonna”
“Cioè, tipo una
di quelle cose smielate?”
“Tipo”
“Spara”
“No, altrimenti tua madre manda me in
collegio”
“Perché mi vuole
mandare in collegio davvero?”
“Ma no, si fa per dire”
“Non gliene
frega niente di me”
“Dici?”
“Le importa solo
di non fare brutta figura con le amiche e con le Zie e con la Nonna”
“E tu ci sguazzi eh?”
“No figurati”
“Io ci sguazzerei”
“Cioè?”
“Mi divertirei a farla uscire dai
gangheri, fa una faccia quando si arrabbia”
“Eh! L’hai
visto? Si gonfia tutta”
“Cambia colore”
“Sì tipo che
diventa paonazza”
“È divertente eh?”
“Papà dice che
sono una testa di cardo”
“E pure lui diventa paonazzo?”
“No, più scuro
direi. Una volta gli è venuta la bava alla bocca”
“Bava o schiuma?”
“Bava schiumosa”
“Verde?”
“No, bianca,
perché può venire pure verde?”
“Io una volta l’ho fatta venire a un
tizio che faceva il bulletto ma non valeva un cicchetto”
“Non ci credo”
“Te la racconto in acqua, adesso stai
attento a dove metti i piedi ché si scivola”
11.
L’acqua termale e la generale atmosfera
di allegria e rilassamento stavano sortendo un buon effetto.
Lo scavezzacollo aveva, suo malgrado,
cambiato espressione.
Sembrava un angioletto.
Nonno Sigfrido lo lasciò cuocere nel suo
brodo, a mollo tra i vapori solfurei.
Il primo giorno di viaggio era filato
liscio come l’asfalto sotto le due ruote.
Non ebbe bisogno di raccontargli la
storia della bava verde, l’avrebbe lasciata da parte per momenti più difficili.
Guardarono il cielo.
“Sai riconoscere le costellazioni?”
“Cioè tipo le stelle?”
“E i pianeti”
“No a me ‘sta
roba non piace”
“L’astronomia?”
“Eh”
“E qua sbagli”
“Perché?”
“Ma che scherzi? Sai quante ragazze
rimorchi guardando le stelle?”
“A me delle
ragazze non me ne frega niente ma perché che c’entrano le stelle con le
ragazze?”
“Eh, un giorno capirai”
“Vabbè dimmene
una”
“Quella più semplice è il Grande Carro,
la vedi?”
“No”
“Sembra un mestolo”
“Che è quella
lassù?”
“Bravo, l’hai individuata subito”
Chiacchierarono di stelle per ore poi
andarono a dormire.
12.
Il primo giorno era trascorso senza
troppi intoppi. Nonno Sigfrido si svegliò di buon umore ma fece di tutto per
non darlo a vedere.
Lo scavezzacollo dormiva tranquillo,
abbracciato al cuscino.
Ebbe voglia di accarezzargli la fronte,
si trattenne a stento.
Approfittò del bagno libero per una
toilette perfetta, o quasi.
“Ciao”
“Buongiorno, dormito bene?”
“Boh”
“Hai fame?”
“Boh”
“Io vado a fare colazione, fanno una
crostata spettacolare da queste parti”
“Cioè, tipo con
la marmellata fatta in casa?”
“Tipo”
“Posso venire in
pigiama?”
“Perché no?”
“Vabbè mi metto
le scarpe”
“Col pigiama?”
“No, mi vesto”
“Scommetti che faccio prima di te ad
arrivare?”
“Che
scommettiamo?”
“Un gelato?”
“Faccio prima
io”
13.
Arrivarono nella sala colazione
correndo, ridendo e tirandosi per la maglietta. Gli altri li guardarono con un
po’ di invidia malcelata dietro a volti indispettiti.
Si guardarono e scoppiarono in una
risata infantile, piena.
“Nonno?”
“Non ci provare”
“Non ci provare
tu”
“Il gelato lo offri te”
“Te lo scordi”
“Sono arrivato prima io”
“Seee ma che fai
bari?”
“Chiediamo chi è arrivato prima”
“A chi?”
“A uno di quelli che sono seduti qui”
“Con queste
facce scure, figurati”
“Vabbe’ te la do vinta”
“Me la dai vinta?
Ho vinto”
“Vabbe’ vabbe’”
“Non vale!”
“Facciamo ex aequo?”
“No, ho vinto
io”
“Foto finish”
“Dov’è la
crostata?”
“Eccola”
“Sono tutte
fatte in casa?”
“Sì, pure il ciambellone”
“Posso
assaggiarli tutti?”
“Vai”
14.
Era ora di partire. L’aria era
abbastanza calda ma non rovente, il tempo incerto, nuvoloso senza pioggia.
“Dovremo indossare l’impermeabile”
“Pensi che
pioverà?”
“Non lo so ma inzupparsi in moto è
proprio fastidioso”
“Qualcosa che si
può anche evitare di provare?”
“Già.”
“Ce l’ho
l’impermeabile?”
“Sì la tuta è impermeabile, le galosce
sono nel bauletto laterale”
“Fatto”
“Partiamo”
“La Nonna pensa
a tutto eh?”
“È una persona splendida”
“Sei ancora
innamorato di lei?”
“Caspita!”
“Caspita sì o
caspita no?”
“Assolutamente sì”
“Da quanti anni
vi conoscete?”
“Più di mezzo secolo”
“E sei ancora
innamorato di lei?”
“Eh già”
“E lei di te?”
“Sì, l’amore non è una strada a senso
unico di solito.”
“Che tipo di
strada è l’amore Nonno?”
“La più lunga, bella, semplice e
complicata che si possa immaginare, solo che per quanta fantasia tu possa avere
non riuscirai mai a spiegarne l’essenza in modo razionale. La puoi sentire, la
puoi provare e la potrai anche capire ma non c’è uno stradario o una guida,
devi imparare a percorrerla.”
“È tipo una
regola da bikers?”
“Tipo”
15.
Le colline scivolavano via verso le
montagne, Sembravano onde di un immenso oceano pietrificato. Solide e
accoglienti.
“Nonno?”
“Dimmi?”
“Ho fame”
“Quanta?”
“Parecchia”
“Tanta che ci fermiamo tra una decina di
chilometri e mangiamo un panino o un pezzo di pizza oppure tanta che ne
percorriamo una cinquantina e ci fermiamo in una braceria coi tavoli
all’aperto?”
“Tavoli
all’aperto però accelera”
“Vuoi che metta un po’ di musica?”
“Conosci gli
Area?”
“No”
“Vedi se ti
piacciono”
“Spara”
“Perché dici
sempre ‘spara’?”
“Perché?”
“Ti piace
sparare?”
“Che c’entra?”
“Cose da nonni”
“Vabbe’… comunque non è male ‘sta
musica”
“Ti piace?”
“Boh, sì, è particolare”
16.
“Guarda quante
moto Nonno”
“Hai visto?”
“Lo sapevi?”
“Sì, ci dovrebbero essere alcuni amici
del prossimo motoraduno, ti va di conoscerli?”
“Cioè, tipo biker?”
“Proprio bikers”
“Tolgo le
galosce però”
“Va bene”
“Altrimenti non
si vede l’allacciatura delle scarpe”
“Scusa non ci avevo fatto caso”
“Cose da
giovani”
“Touché”
“Che vuol dire?”
“Tipo che hai fatto gol?”
“Sono il più
piccolo?”
“Penso proprio di sì, generalmente sono
tutte persone maggiorenni, tranne qualche caso sporadico”
“Tipo noi”
“Già”
“Che dirai ai
tuoi amici?”
“Che sei mio nipote”
“E non ti
vergogni di andare in giro con tuo nipote?”
“Anzi, sono orgoglioso”
“Sei orgoglioso
di me?”
“Sì”
“Ma che dici?”
“Te la stai cavando egregiamente in
sella. Non è facile, ci sono anche alcuni campionati per i passeggeri, sai?”
“Posso
partecipare?”
“Tra qualche anno”
“Aspetta”
“Cosa?”
“Devo
aggiustarmi il ciuffo”
“Giusto, un vero biker si aggiusta
sempre il ciuffo quando si toglie il casco”
“Mi stai
prendendo in giro?”
“No, è una regola da biker”
17.
“La birra
analcolica non è male”
“Anche le salsiccette”
“No, quelle
erano proprio buone”
“La musica?”
“Non lo so”
“Non ti è piaciuta?”
“Meglio degli
Area”
“Dopo ti faccio ascoltare i Led
Zeppelin”
“C’erano
parecchie moto e un sacco di gente che Mamma non vorrebbe mai che io
frequentassi”
“Zia vorrebbe che li evitassimo anche
noi figurati”
“Perché?”
“Perché è convinta che la sua non è
stata un’adolescenza normale e che non siamo genitori che si comportano da
adulti”
“Cioè in modo
palloso?”
“Più o meno”
“Forse si
preoccupa?”
“No, è fatta a modo suo. Chissà quante
persone conosci che guardano soltanto le apparenze e non le sanno neanche
guardare”
“Che intendi?”
“Vedi quelle moto rumorose con tutte le
borchie?”
“Mbe’?”
“Costano quanto un appartamento”
“Quindi se non
hai uno stipendio decente non te le puoi permettere?”
“E non solo, hai notato che c’erano i
telescopi posizionati su cavalletti e strumenti musicali?”
“Anche quelli
costano un botto?”
“Decisamente più della borsetta griffata
che per tua Zia è sinonimo di agio e benessere economico”
“A scuola fanno
spesso così”
“Giudicano dalle apparenze?”
“Sì e si fissano
e alla fine conviene comportarsi in quel modo, tanto ti hanno messo
un’etichetta”
“Se vuoi dar loro ragione”
“Cioè?”
“Cioè se tu pensi che un manipolo di
cretini possa farti diventare qualcosa di diverso da quello che sei perché per
loro sei fatto in un determinato modo e tu decidi di adeguarti”
“Boh”
18.
“Sei stanco?”
“Un po’”
“Ci fermiamo?”
“Per merenda o
per la notte?”
“Tu che dici?”
“Io dico che
mangerei qualcosa e poi mi tufferei nel letto”
“Va bene”
“Nonno, puoi
spegnere la musica?”
“Basta che non ti addormenti”
“Non mi
addormento, voglio sentire il rumore del vento”
La strada era libera.
L’asfalto era bagnato, l’odore della
pioggia riempiva l’aria fresca, quasi freddina.
Nonno Sigfrido stava pensando a dove
andare a dormire.
Un posto con un buon parcheggio coperto,
adatto ai motociclisti.
Si stava focalizzando su un rumorino, un
ritmico tarataratara che lo impensieriva. Sarebbero arrivati in tempo per
controllare il motore ed eventualmente consultare un meccanico.
Non lontano da lì c’era un porto sicuro
per i bikers, gestito da un suo amico conosciuto ad un motoraduno.
Sarebbe stato l’ideale, aveva anche un
figlio che, se non ricordava male, era coetaneo di suo nipote.
19.
Avrebbero dovuto fermarsi.
Bisognava effettuare una riparazione.
Lo scavezzacollo aveva fatto amicizia
col figlio dell’amico di Nonno Sigfrido.
Si erano trovati bene insieme,
l’allacciatura delle scarpe aveva sortito l’effetto desiderato.
I due si erano guardati a distanza, si
erano girati intorno e avevano fatto amicizia.
Nonno Sigfrido si occupò della moto, si
premurò di telefonare e di far sapere che stavano bene. Tutto procedeva a
regola d’arte ma non voleva cantar vittoria prima del dovuto.
“Ciao”
“Alla buonora”
“State bene?”
“Sì, voi?”
“Mah c’è un piccolo guasto alla moto,
dovremo fermarci un po'’”
“Per il resto?”
“Adesso ha fatto amicizia con qualche
coetaneo, stanno in giro con le bici”
“Come stai?”
“Me la cavo”
“Ti ha preso a
parolacce?”
“No”
“Ti ha offeso?”
“Non abbiamo avuto molto tempo per
parlare”
“Mi stai
dicendo che quella peste di mio figlio è stato zitto tutto il tempo?”
“No, scherzi? L’ho stordito con la
musica e in moto non c’è tanto modo di parlare sai”
“Va beh, se non
ce la fai più puoi rispedirlo su un treno”
“Sono vecchietto ma non lo devo mica
portare a spalla AHAHAHA”
“Grazie”
“Ciao, non ti preoccupare”
“Ciao”
20.
“Cioè
quello è tuo nonno?”
“Già”
“E
perché ti ha portato in moto?”
“Perché?”
“Eh,
perché? Papà non mi ci porta mai”
“No?”
“No,
dice che è pericoloso”
“Ma lui ci va?”
“Infatti,
dico ma perché lui sì e io no?”
“I genitori sono
proprio assurdi”
“Lo
dico pure io che non ha senso”
“Infatti”
“Nonno
non fa tante domande”
“I Tuoi?”
“Mia
madre dice che sono uno scavezzacollo, che non capisco niente, non voglio
studiare e non mi piace fare niente”
“È vero?”
“No,
mi piacciono un sacco di cose ma non me ne frega niente della scuola”
“Vabbè io mi
sono stufato di giocare con le bici, giochiamo a pallone?”
“Tu
stai in porta?”
“Tira”
21.
“Pronto amore, come stai?”
“Ciao Sigfrido, bene, come sta andando?”
“Mah… che dire?”
“È riuscito a farti arrabbiare?”
“Ci ha provato un paio di volte”
“E?”
“Non lo so, sembra che non possa fare a
meno di provocare”
“Pensa che sia quella la sua unica
ragione di vita?”
“No, paradossalmente ha una gran paura
di deludere sé stesso e gli altri”
“Pensi che abbia paura del giudizio”
“Peggio: ho la sensazione che voglia
eccellere nell’essere ciò che gli altri pensano che sia. Scusa è un po’
contorto”
“No, ho capito”
“Se fossi lì ti farei un bel massaggio
sul collo”
“L’ho portato alle terme, sai?”
“Gli sono piaciute?”
“S’è rilassato. Ma non è che lo stanno
stressando un po’ troppo?”
“Pensi che gli stiano dando il pilotto?”
“Sì, troppe aspettative, troppi compiti,
troppo tutto, è un ragazzino”
“Ha tre denunce per bullismo, due per
aggressione, due per molestie e gli insegnanti hanno convocato i genitori una
quantità di volte”
“Sai che ti dico?”
“Cosa?”
“Penso che forse non abbia tutti i
torti”
“Ad aggredire i compagni soltanto perché
è più grosso degli altri?”
“No, a ribellarsi”
“Non è un modo di ribellarsi”
“Cosa dovrei fare secondo te?”
“Cerca il modo di farglielo capire”
“Non accetterebbe una paternale da me”
“State diventando complici?”
“Non lo so, diciamo che per il momento
non mi ha ancora inserito nella categoria adulti pallosi AHAHAHA”
“È già qualcosa”
“Me lo farai quando torno il massaggio?”
“Non vedo l’ora, mi manchi”
“Anche tu, non immagini quanto”
“Ti amo”
“Ti amo”
22.
“Nonno?”
“Che ora è?”
“Le due, circa”
“Di notte, giusto?”
“Giusto”
“Che c’è?”
“Stavi
dormendo?”
“No, mi capita di poggiarmi sul letto
alle due di notte e russare, talvolta, qualche volta sogno pure ma un vero biker
non dorme mai”
“Mi stai
prendendo in giro?”
“AHAHAHA ovvio, dimmi”
“Perché ti sei
incazzamattito quando ti ho detto ‘spara’?”
“Incazzamattito è una parola
interessante. Spara ha a che fare con l’uccidere un animale o una persona, con
un’azione offensiva, di guerra”
“Un piattello
non è una persona”
“Giusto”
“Quindi?”
“Spara”
“Mi sono divertito
oggi sai”
“Ti piace la moto?”
“Parecchio”
“Che mi volevi chiedere?”
“No, niente”
“Buonanotte”
“Buonanotte”
23.
“Buongiorno”
“Ciao Nonno. Che
ore sono?”
“Ora di alzarsi”
“Già?”
“Dai, lo senti il profumino?”
“Sembra un dolce
appena sfornato”
“Ciambellone”
“Speziato”
“Vuoi fare una doccia prima di
ripartire?”
“Mi pare una
buona idea ma prima andiamo a fare colazione”
“Prima fai la doccia”
“Tu l’hai già
fatta?”
“Sì, dai”
“Che
ingiustizia”
“Cosa?”
“La vita”
“Perché ho fatto la doccia prima di te?”
“Già”
“AHAHAHAHA Sbrigati ché ho una fame!”
“Nonno?”
“Eh?”
“Sei proprio un
motociclista”
“E che vorrebbe dire?”
“Che non sai stare fermo, devi sempre
andare da qualche parte”
“È vero, non ci
avevo mai pensato. Però vai lo stesso a fare la doccia adesso”
24.
La moto era stata aggiustata, adesso
funzionava a puntino.
Salutarono e risalirono in sella.
La schiena un po’ dolorante, le natiche
anche.
Lo scavezzacollo aveva un’aria allegra,
spensierata, fanciullesca.
Nonno Sigfrido sentiva che il momento
per una chiacchierata si stava avvicinando e aveva al tempo stesso la
sensazione che non avrebbero mai parlato apertamente di ciò che preoccupava i
suoi genitori.
“Nonno?”
“Dimmi?”
“Pensi che sia
possibile, cioè, tipo fare qualcosa di diverso da quello che gli altri si
aspettano da te?”
“È una domanda complicata”
“Lo so”
“Che ne dici se ne parliamo a pranzo?”
“Perché a
pranzo?”
“Non ti voglio dare una risposta
stupida. Voglio pensare un po’, intanto ascolta il rumore del vento, guarda la
strada e il panorama”
“E ne parliamo a
pranzo?”
“Dai la mattina sono un po’ rintronato”
“Mamma pensa che
io lo sia tutto il giorno, lo dice anche a te?”
“AHAHAHAH no”
25.
Trascorsero la mattina ad ascoltare
musica e osservare il panorama. Nonno Sigfrido preferì affrontare qualche
tornante, gli sembrava che suo nipote fosse pronto per una gita più impegnativa
e lui aveva bisogno di raccogliere le idee.
Il rumore del motore, il vento e
l’adrenalina delle pieghe in curva lo avrebbero aiutato a capire come
rispondere alla domanda dello scavezzacollo.
Il momento per compiere la sua ‘missione
impossibile’ era giunto.
Non avrebbe dovuto sbagliare neanche una
virgola, un accento ma era certo che avrebbe commesso qualche errore.
Nonno Sigfrido ripercorse a memoria
tutte le tecniche di respirazione e meditazione che gli aveva insegnato la
Nonna, cercò di evocare i momenti più difficili della sua esistenza, di
ricordare come li aveva affrontati.
Più scavava nella memoria emotiva più
l’ansia lo assaliva.
La pendenza aumentò, scalò la marcia e
cambiò strategia mentale.
Si concentrò sul contatto fisico tra le
sue gambe e quelle dello scavezzacollo.
Provò a distinguere il ritmo del respiro
del nipote.
Sorrise commosso: gli aveva ricordato il
suono del monitoraggio prima della sua nascita.
Lo avevano registrato e glielo avevano
fatto sentire, le lacrime gli erano salite dal coccige fin sulla calotta
cranica per poi cercare di non accavallarsi tra le palpebre.
Erano l’uno accanto all’altro, con loro
c’era la moto, la strada, il vento e la libertà.
26.
“Possiamo fermarci qui se vuoi”
“Sembra un bel
posto”
“Non è male”
“Nonno?”
“Dimmi”
“Pensi che
abbiano la macedonia di frutta?”
“Non lo so”
“Allora andiamo
avanti”
“Possiamo chiedere”
“Uhmm boh no”
“Non ti vuoi fermare?”
“No, magari non
hanno la macedonia”
“La macedonia è importante”
“Sì, e poi mi
piace il rumore del tuo respiro, mi fa sentire al riparo da tutto”
27.
La moto non voleva fermarsi.
Il cuore di Nonno Sigfrido andava
all’unisono coi pistoni del motore, le braccia erano cavi di flessuoso acciaio
ancorati al manubrio, i piedi solidi giunchi aggrappati ai pedali, schiena e
cosce cassa di risonanza del respiro di suo nipote, la testa sgombra da
pensieri e preoccupazioni, gli occhi attenti come quelli di una lince.
Riccardo aveva la sensazione che tutto
avesse improvvisamente un senso compiuto.
Non provava vergogna né risentimento,
non era preoccupato o nervoso.
Una strana vertigine lo avvolgeva come
onde contrastanti in un mare agitato.
Non sentiva il bisogno di fare niente,
guardava i colori e le linee scorrere veloci intorno a sé, la sensazione folle
che lui fosse parte di quelle geometrie geografiche.
Le due ruote filavano senza intoppi.
Il cielo si era rasserenato, lasciando
adito ad una splendida serie di arcobaleni multipli.
28.
“Nonno ma che
fanno quelli?”
“Quelli chi?”
“Quelli lì, ma
che sono scemi?”
“Che fanno?”
“Ma lì, lo vedi?”
“No”
“Ma come no?”
“Oh santa pace!”
“Li hai visti?”
“Li ho visti sì, mannaggia”
“Mannaggia?”
“Ci dobbiamo fermare”
“Perché?”
“Perché non sono scemi, hanno bisogno di
aiuto”
“E noi che
c’entriamo?”
“Noi siamo motociclisti”
“Embè?”
“Embè ci dobbiamo fermare”
“Ma perché?”
“Perché è una regola della strada”
“Cioè tipo che
siccome siamo bikers e siamo sulla strada adesso ci dobbiamo fermare e chissà a
che ora mangeremo?”
“Tipo.”
“E la
macedonia?”
“La mangerai più tardi”
29.
Nonno Sigfrido non aveva voluto sentire
ragioni. Si era fermato.
“Buongiorno, qualche problema?”
“Buongiorno,
no, no, tutto bene grazie”
“Hai visto
Nonno, non hanno alcun problema”
“Ricordi il discorso sulle apparenze
Riccardo?”
“Ok sto zitto”
“Ecco, bravo. Abbiamo visto dalla strada
i segnali di aiuto”
“Ma
guardi non si preoccupi”
“Mi chiamo Sigfrido e lui è mio nipote
Riccardo. Qual è il problema?”
“Ma
senta, guardi, il fatto è che, vede, lei magari adesso penserà chissà cosa ma
il fatto è che…”
“Che?”
“Abbiamo
fatto scendere il gatto dal trasportino e si è arrampicato sull’albero”
“È un gatto!”
“Sì ma il
fatto è che non è tanto abituato a salire sugli alberi”
“E non riuscite a farlo scendere?”
“Già”
“Vediamo cosa si può fare”
“E la
macedonia?”
“No, ma non vi
preoccupate, magari dovete anche mangiare”
“Un po’ di fame stuzzica l’appetito”
30.
“Ric, mi serve il tuo aiuto”
“Ah io coi gatti
non ci vado d’accordo”
“Ric”
“Il gatto di Zia
mi ha graffiato un sacco di volte”
“Il gatto di Zia è nevrastenico”
“È un gatto”
“Che sta sempre chiuso in casa e deve
stare attento a non sporcare, gli ha tagliato pure le unghie, oltre ad averlo
castrato perché la veterinaria le ha detto che gli avrebbe fatto bene alla
salute”
“Castrare
gli animali è importante”
“Io la penso diversamente”
“Ah”
“Mi risulta che anche gli esseri umani
siano animali e che il piacere sia una parte molto importante della vita, ma
d’altronde viviamo in una società in cui ci sono ancora persone che dicono ai
bambini di non giocare con la sabbia perché altrimenti si sporcano i calzini”
“La mia
veterinaria infatti è dell’idea che sarebbe il caso di castrare anche gli
esseri umani e per la maternità di procedere con gravidanze programmate in
laboratorio”
“Poveraccia”
“Ah no, è
una persona rispettabilissima”
“Una castratrice seriale le pare una
persona rispettabilissima? A me sembra una frustrata che non ha mai capito
l’essenza della vita”
“Ha idee
un po’ rivoluzionarie sulla vita”
“No, non ho smesso di pensare con la mia
testa e col mio cuore. Ric, passami la corda”
“Quale corda?”
“Quella nel bauletto, sotto le galosce”
“È una corda da
arrampicata!”
“Già”
“Beh,
d’altronde è un motociclista. Immagino che sia per l’amore libero”
“Veramente lui e
Nonna stanno insieme da una vita e si amano come due piccioncini”
“Ric, la corda”
“Ah”
“Ha mai letto Mazzini?”
“Mazzini
il Padre della Patria?”
“Eh, quello che scriveva che l’Umanità è
in evoluzione progressiva per il raggiungimento della libertà individuale e
collettiva”
“Oh ma
certo”
“E quale libro ha letto di Mazzini”
“Non ne
ho mai letto neanche uno”
“Ecco, lo legga, imparerà che libertà
non è una parolaccia ma la più alta e morale aspirazione dell’uomo. Buono micio
buono. Ah non ti hanno ancora castrato. Ha intenzione di castrarlo?”
“Ci
penserò”
“Credo che il gatto voglia saperlo”
“Dice?”
“Eh già”
“Forse ha
ragione lei, no, non lo castrerò ma i vaccini quelli sì”
“Micio, hai capito?”
“Miao”
“Eccolo, ora potete ripartire”
“Non so
come ringraziarla”
“Ci potrebbe
offrire una macedonia”
“Ric!”
“Oh, con
immenso piacere, conosco un agriturismo nei pressi che produce anche yogurt
d’alpeggio”
“Ci faccia strada. La seguiamo”
31.
“Sei stato proprio forte Nonno”
“Per aver liberato il gatto?”
“No, l’hai
proprio messa a posto quell’arrogante. Il gatto te ne sarà grato all’infinito”
“AHAHAHA penso anch’io. Perché le hai
chiesto di offrirci la macedonia?”
“Perché sì”
“Perché sì è una buona risposta”
“A volte. Sai,
mi piacerebbe riuscire a mettere a posto gli arroganti come hai fatto tu”
“E invece come fai?”
“Mi ci scontro”
“In che modo?”
“Tipo che li
picchio o li prendo a parolacce oppure li tratto male”
“Non mi pare un buon modo”
“Neanche a me e
poi crea un sacco di problemi”
“Dici?”
“Sì. È vero che
Mamma vuole mandarmi in collegio?”
“No, però devi smetterla di comportarti
da cretino, non lo sei e lo sai”
“Forse non lo
so”
“Vedi di saperlo e non farti rovinare la
vita da qualche cretino di passaggio e da qualche ormone troppo agitato”
“Che c’entrano
gli ormoni?”
“Non ti sei accorto che stai crescendo?”
“Bella fregatura
eh?”
“AHAHAHA sì ma se vuoi ti confido un
segreto”
“Spara”
“Se impari ad essere libero senza
lasciare spazio ai cretini di rovinarti la vita riuscirai a giocare ed essere
felice anche da grande”
“Tipo quella
storia del gatto?”
“Tipo”
33.
Per tutto il viaggio di ritorno non
dissero una parola, Riccardo abbracciò Nonno Sigfrido e lasciò che la piacevole
sensazione di protezione lo pervadesse. La testa sgombra di preoccupazioni
aveva lasciato spazio alla felicità.