Appunti oroscopo maya
L’aria era densa di smog nonostante l’estensione
della foresta pluviale tropicale fosse ancora abbastanza grande da poter
purificare l’inquinamento e restituire agli esseri viventi l’ossigeno
necessario alla vita.
Da qualche anno tutto era cambiato.
Era stato necessario
adattarsi, abituarsi a quella strana nuova situazione e tutto sembrava aver perduto
il suo senso originario. Le previsioni sulla fine del mondo non erano vere ma
il calendario aveva smesso di indicare e suddividere giorni, stagioni, insomma
il tempo in modo chiaro, netto, inequivocabile perché il calendario maya era finito
ma il tempo e lo spazio no.
La Terra continuava ad esistere e gli animali a
vivere più o meno felicemente la loro vita.
Ciò in cui avevano creduto
fino a quel momento era stato di colpo messo in discussione benché gli anziani
facessero finta che tutto fosse normale, continuando a celebrare i riti e ciò che ne consegue.
Non che tutto tutto fosse diverso o assurdo, era che
mancavano punti di riferimento, qualcosa nel meraviglioso rapporto di
fiducia tra le credenze religiose e la vita quotidiana, la spiritualità
individuale, era andato in frantumi. Le certezze che avevano fino a quel
momento costituito i pilastri su cui costruire il sistema di valori individuale
e collettivo si erano incrinate sotto il peso della realtà. Il calendario era
finito e la Terra no, le profezie non erano corrette. Dare ragione agli
invasori europei era fuori discussione per cui ognuno aveva cominciato a
costruire dentro di sé la propria individualissima morale spirituale. Definire
con certezza se ciò fosse un bene o un male era impossibile però c’era
sicuramente qualcosa di buono, di sano in tutto questo. Forse gli antichi Maya
avevano soltanto indicato la fine di Baktun quale inizio di una nuova era, e
infatti non era chiarissimo, dagli scritti miracolosamente salvatisi dalla
ignorante furia distruttrice europea, se il 21 dicembre 2012 ci sarebbe stata
la fine dell’umanità nel suo complesso oppure una radicale trasformazione
spirituale della stessa. Gli eventi geo-politici non facevano sperare niente di
buono che potesse giustificare la seconda ipotesi, dalle alture si potevano
vedere i roghi vandalici degli europei americanizzati che non avevano rispetto
per niente, né per sé stessi, né per l’ambiente e continuavano ad incendiare
ettari ed ettari di foresta causando morte e distruzione. No, decisamente i
segnali che vi fosse la possibilità di una trasformazione spirituale dell’umanità
erano piuttosto deboli e decisamente non favorevoli, eppure la Terra era ancora
sotto i loro piedi e le piante, nonostante tutto, continuavano a crescere. Doveva
pur esservi una spiegazione e, per un verso o per l’altro, ognuno cercava di
comprenderla a suo modo, guardando dentro di sé e negli altri, cercando di
captare i segnali inequivocabili in base alle tradizioni ma forse non più tanto
inequivocabili, da capire, certo ma ragionandoci su e non prendendo per buono
ciò che sembrava essere reale, assoluto, vero. Taluni ricalcolarono il tempo
delle giornate, altri trascorrevano ore nella foresta ad ascoltarne i suoni, e
troppo spesso le sofferenze. A Uc Abnal molti abitanti avevano preso l’abitudine
di fare lunghe passeggiate tra gli alberi anche durante le giornate piovose per
imparare a distinguere i suoni della pioggia sulle diverse piante, per sentire
le conversazioni tra gli animali selvatici e cercare di comprenderne il senso. Come
è ben noto, seguendo il calendario lunare, ad ognuno corrisponde un animale
guida, in base al giorno di nascita e gli abitanti di Uc Abnal cominciarono,
così, a tempo perso e con una scusa qualunque, ad osservare le caratteristiche
del proprio animale guida, comparandole con le proprie personali e individuali
inclinazioni.
Chi era nato tra l’8 febbraio e il l’8
marzo cominciò ad osservare falchi e falconi, per sentire se effettivamente c’era
qualcosa che li accomunava. Che fossero forti era evidente, ma come si poteva
davvero definire che essi avessero, che so, un grande senso del dovere o forti
ambizioni rimaneva un mistero. Falcònas era una ragazzina sveglia e ambiziosa e
voleva a tutti i costi capire, comprendere. Non che per lei fosse difficile,
assolutamente, aveva una naturale e curiosa propensione all’apprendimento, non
c’era argomento che non la interessasse e anche se la annoiava non poco stare
con la Nonna Tortuga ad apprendere la decorazione tradizionale del tessuto,
sapeva che era qualcosa di ineluttabile a cui non avrebbe potuto sottarsi senza
causare scenate, per cui si metteva l’anima in pace e in quei lunghissimi
minuti di apprendimento artigianale cercava di pensare ad altro, cose come la
matematica, ad esempio, che l’aveva sempre affascinata. Creando un fiore
cercava di riprodurre poligoni complessi che seguissero precisi e chiari schemi
matematici e geometrici. Il risultato era certamente una grande armonia di
proporzioni ma non si poteva certo dire che i suoi ghirigori fossero belli o
che esprimessero la delicatezza d’animo di un’anima innocente non ancora
avvezza alle difficoltà dell’età adulta. Nonna Tortuga, dal canto suo, non
perdeva mai la pazienza ed esprimeva una saggezza tipica della sua età e della
Tartaruga, il suo animale guida essendo lei nata tra 29 giugno e il 26 luglio. A
lei piaceva molto decorare i tessuti, era un’attività che le infondeva calma e
tranquillità, due aspetti della vita che le piacevano molto tanto che andava su
tutte le furie se qualcuno cercava di interferire nervosamente o bruscamente
nel placido scorrere del tempo. “Chi va piano va sano e va lontano”, ripeteva
sempre con lo sguardo che sembrava catturare la massima estensione di spazio possibile
e immaginabile, attraversando fiumi e cieli fino ad un punto imprecisato, ma
molto lontano, nell’orizzonte che pareva infinito come il cielo in una limpida
notte della stagione calda in cui le ore sono più lunghe ed è tanto piacevole
stare intorno al fuoco con la punta del naso rivolta verso l’alto a rimirar le
stelle, cantare e ballare. Aveva provato a spiegare la bellezza del tempo alla
piccola Falcònas ma erano state, come si suol dire, parole al vento. Quella piccoletta
era molto diversa da lei ma aveva una gran memoria e forse, chissà, avrebbe
fatto tanta strada seppur camminando a passo svelto e divorando le esperienze,
le conoscenze, senza prendersi il gusto di lasciarle decantare nella memoria emotiva,
nel corpo e poi farle proprie. Da quando aveva incontrato Giagio, così chiamato
per il suo animale guida che, essendo nato tra il 9 marzo e il 5 aprile, era
ovviamente il Giaguaro, non c’era verso di farla desistere da qualche strana
idea che s’era messa in testa e che aveva a che fare con l’osservazione della
natura. Fin tanto che non si allontanavano troppo dal villaggio e facevano
attività all’aria aperta andava bene bastava che non si addentrassero troppo
nella foresta, sarebbe stato pericoloso. Non che Giagio fosse un cattivo
ragazzo, tutt’altro, è che si animava facilmente di grandi passioni, e far
illuminare lo sguardo del suo interlocutore con una interna passione era una
delle caratteristiche di Falcònas, e di certo non lo si poteva definire un
timoroso. Era piuttosto forte e altruista e non aveva timore reverenziale di
niente e nessuno. Forse neanche di un giaguaro in peli e unghie o di un puma,
se lo avessero incontrato. La fortuna aiuta gli audaci ma punisce gli
spericolati senza scrupoli, pensava Nonna Tortuga con un po’ di apprensione
quando li vedeva andar via verso la foresta. Giagio era stato il primo
coinvolto da Falcònas nelle sue avventure ma Nonna Tortuga, Papà Lescoiolo che,
essendo nato tra il primo giugno e il 28 giugno aveva una Lepre-Scoiattolo come
animale guida ed era dunque dotato di chiaroveggenza e affabilità, e Mamma
Civella, nata tra il 19 ottobre e il 15 novembre pertanto con la Civetta quale
animale guida e che aveva un intuito infallibile, avevano subodorato che di lì
a pochi giorni il gruppetto si sarebbe ingrandito.
Falcònas era una leader nata, era riuscita
finanche a tenere a bada Pavòn, nato tra il 16 novembre e il 13 dicembre sotto
la guida del regale Pavone, competitivo, egocentricamente senza scrupoli come
pochi. Lui era convinto di essere nato sotto la giusta stella per essere
considerato alla stregua di un re ma il suo senso dell’ironia e l’originalità
nel pensiero lo aveva salvato in vari scontri più o meno diretti con Falcònas
che era riuscita ad allearsi con il saggio e spietato Serpico, nato tra il 4 e
il 31 maggio sotto la guida del Serpente, e a portare dalla sua parte la
maggioranza dei ragazzini di Uc Abnal.
Mamma Civella aveva capito subito, un po’
perché era nella sua natura vedere oltre le apparenze, un po’ perché sapeva
capire i sentimenti, le emozioni altrui, che Falcònas sarebbe diventata molto
probabilmente il capo indiscusso del villaggio, crescendo, se avesse lasciato a
Soztilàs, nata tra il 27 luglio e il 25 agosto sotto la guida del Pipistrello
pertanto capace di leggere fin nei pensieri altrui e col carattere deciso e
istintivo, lo spazio e il tempo di agire in piena libertà senza interferire
troppo con le sue azioni, e se fosse riuscita a trovare il modo di portare dalla
sua parte l’astuta, intelligentissima e altrettanto indisciplinata Guendalina,
nata tra l’11 gennaio e il 7 febbraio sotto la guida della Scimmia Blu pertanto
quasi sempre di buon umore e con la valigia sempre pronta per una nuova
affascinante avventura.
Farsi seguire da Pecchio, nato tra il 6
aprile e il 3 maggio sotto la guida del Cane-Volpe pertanto leale e
responsabile ma senza ambizioni di comando, poteva non costituire un grande
problema per lei, anche se avrebbe dovuto smussare non pochi spigolosi angoli
del suo carattere per conquistare appieno la fiducia dell’introverso amico che
riusciva a capirla senza troppi convenevoli e, seppur fosse affascinato dalla
sua forza dirompente, non amava punto la sua ambizione. Anzi, era proprio
qualcosa che non rientrava né nel suo carattere né nelle sue preferenze. Certo capiva
bene, e Nonno Cernunno, nato tra il 21 settembre e il 18 ottobre sotto la guida
del magico Cervo pertanto dotato di una innata grazia, cordialità e sensibilità
con la passione per la tranquilla libertà dei grandi spazi aperti nel cui
orizzonte si avventurava sovente lo sguardo di Nonna Tortuga, glielo aveva
spiegato con parole semplici, mostrandogli l’immensità del cielo infinito per
elencargli tutte le costellazioni di cui aveva memoria.
“Caro Pecchio – gli aveva detto Nonno
Cernunno con un filo di voce che tradiva la sua fragilità d’animo – non aver
paura di Falcònas. Ella è ambiziosa, è vero, ma è anche molto intelligente e
ognuno di noi ha bisogno di guardare una stella e sapere che direzione prendere
nei momenti di difficoltà. Noi – aveva proseguito usando molte più parole di
quante ne pronunciava di solito, senza inciampicare nelle sue emozioni – amiamo
la libertà, la bellezza ma a volte è necessario avere quelle qualità che ha
Falcònas. È molto importante per persone come lei, che sembrano tanto sicure di
sé e hanno tutta l’aria di sapere sempre cosa fare e dove andare, quale
direzione prendere, un po’ come Soztilàs a ben guardare, avere accanto amici
fidati, che sappiano capire gli altri, che sappiano mettersi un po’ nei panni
degli altri senza imbarazzarli o farli sentire chiamati a fare qualcosa che non
è nella loro natura. Tu, caro piccolo amico, hai questa capacità, è una dote
rara. Di solito le persone – sottolineò quest’ultima lunghissima frase
prendendo fiato e rivolgendo lo sguardo triste verso il fuoco quasi a voler
evocare gli orrori di chi distruggeva le foreste per stupida avidità di quel
denaro che non avrebbe potuto compare l’aria pulita dall’inquinamento selvaggio
– non capiscono mai cosa pensano e sentono gli altri e, beh, io credo di aver capito
cosa vi siete messi in testa voi ragazzi, volete capire se è giusto tutto
quello che sappiamo finora”.
Pecchio aveva capito che quelle parole
sarebbero rimaste un segreto tra lui e Nonno Cernunno e si confidò con lui. Gli
raccontò delle difficoltà e di quello che sembrava loro indefinibile. Gli disse
anche che Scorpio, nato tra il 26 agosto e il 20 settembre sotto la guida dello
Scorpione pertanto, secondo le credenze Maya, custode naturale del sapere delle
popolazioni, si era sentito più volte a disagio quando anche Sotzilàs aveva
aderito al gruppo affermando che era una buona idea.
“Una buona idea? Come può essere una
buona idea?”.
Questo aveva detto Scorpio e forse aveva
anche ragione in fondo.
Se per quattromila anni le cose erano
state così e così si spiegavano davvero non c’era ragione di pensare che
potesse esservi un modo diverso, una visione differente della vita.
Guendalina aveva scherzato, come al solito, e
gli aveva detto “ma va la’, figurati, se c’è qualcosa da scoprire che non è
stato scoperto tanto meglio, è una nuova avventura, non molto di più in fondo”.
Forse però c’era qualcosa di assurdo in tutto questo che a lui, Pecchio, non
piaceva per niente. Nonno Cernunno lo ascoltava senza dare a vedere la sua
forte partecipazione emotiva, soppesava le parole di Pecchio ravvivando il
fuoco o guardando le stelle, quasi a cercare nel cielo la risposta a quell’enigma.
Forse proprio da lì si sarebbe dovuti
partire, in fondo.
I Maya avevano calcolato i calendari e
le profezie in base all’attenta osservazione astronomica, forse avevano capito
qualcosa che i moderni avevano dimenticato.
“Liza, per lei va bene tutto, si adatta,
si è sempre adattata”, disse a quel punto Pecchio stimolando una risatina
compiaciuta da parte di Nonno Cernunno che in cuor suo pensava che era
abbastanza normale che facesse così, visto e considerato che era nata tra il 14
dicembre e il 10 gennaio sotto la guida della Lucertola pertanto in continua
evoluzione alla perenne ricerca di sé.
“Sì, ci ho pensato anche io che il suo
animale guida è la Lucertola ma è proprio questo il punto”
“Il punto di cosa?”
“Insomma la questione, noi abbiamo
sempre pensato che tutto ciò in cui credevamo fosse vero, o comunque che avesse
un fondamento di verità e abbiamo costruito le nostre vite, le nostre società
intorno a quelle idee, a quelle convinzioni, a quelle credenze. In fondo
abbiamo anche creduto alla profezia, c’è chi ha avuto paura per la fine dell’umanità
e chi ha pensato che fosse una grande opportunità per ognuno di noi ma la fine
dell’umanità non c’è stata e all’orizzonte non vedo grandi cambiamenti
spirituali”.
Appena Pecchio ebbe finito di
pronunciare quelle parole sfiduciate, Nonno Cernunno si trasformò davanti ai
suoi occhi imbambolati in un meraviglioso cervo, molto più grande di qualunque
cervo egli avesse mai potuto vedere o immaginare, più grande anche del più
grande degli alce. Gli sorrise col sorriso cervino e gli disse di essere Cernunnos,
un animale guida che proveniva dalle antiche foreste della Val Camonica e che
era arrivato in America ben prima di Colombo, quando gli antichi Romani avevano
cominciato a colonizzare tutta l’Europa imponendo la loro cultura razionale,
ingegneristica, militare e profondamente incivile. I Romani erano convinti che
le incisioni rupestri fossero strani segni di una qualche popolazione primitiva
e non avevano capito, mai avrebbero potuto farlo, presi com’erano nelle maglie
della razionalità, che quelli erano semplicemente simboli universali che
contenevano in sé la musica, la matematica, la letteratura e le scienze, tutto
il sapere e lo scibile terrestre ma soprattutto rappresentavano la chiave
attraverso cui gli esseri umani potevano entrare in contatto con gli altri esseri
viventi senza recare danni.
A quel punto, vedendo che Pecchio si era
non poco innervosito, sopraggiunse Nonna Tortuga, che gli sorrise bonariamente
accarezzandolo sulla testa prima di trasformarsi in una enorme tartaruga marina
che riusciva benissimo a stare in piedi e respirare fuori dall’acqua. “Non devi
aver paura, caro Pecchio, tu sai che la grandezza della terra è infinita,
eppure il mare e gli oceani sono ancor più grandi e gli universi sono talmente
infiniti che non riuscirai mai ad immaginarli ma forse potresti comprenderne l’immensità,
adagio, senza fretta”.
Pecchio non capiva se si era
addormentato a sua insaputa e stava sognando oppure se d’improvviso era stato
catapultato in qualche strano mondo fantastico. Si sentiva stranamente a suo
agio, come se tutti quegli avvenimenti fossero in qualche modo parte di una
qualche forma di normalità ma si sarebbe sentito molto più a suo agio se vicino
a lui ci fossero stati i suoi amici.
Non fece in tempo a finire il pensiero
che Papà Loscoiolo fischiò il suo caratteristico fischio che tutti i bambini
conoscevano e che voleva dire ‘merenda’ oppure ‘è ora di tornare a casa’ oppure
‘dove siete, noi siamo qui’, comunque significava sempre qualcosa di buono e
familiare, era un suono ancestrale che ripristinava il senso di normalità nelle
incertezze della foresta. Il sospiro di sollievo si fermò a mezzi polmoni
quando si accorse che l’inconfondibile suono proveniva da un animale di
dimensioni innaturali, qualcosa che somigliava ad una Lepre e contestualmente
ad uno Scoiattolo, e che portava sulla sua groppa alcuni tra i suoi amici,
mentre gli altri erano sul collo piumoso e morbido di una enorme e splendida
Civetta che parlava con la voce suadente di Mamma Civella.
La sorpresa fu grande, il senso di
sgomento, beh, facile da immaginare ma ciò che lo tranquillizzava era che non
sarebbe stato solo in quella serata, accanto al fuoco, sotto un manto di
stelle.
“Pecchio sei qui! Guarda cosa abbiamo
scoperto!”, aveva urlato trionfante e per niente spaventata Falcònas, il cui
tono si era però affievolito quando si era accorta che Pecchio aveva fatto la
medesima scoperta, da solo, o meglio insieme a Nonno Cernunno e Nonna Tortuga. In
quel momento, però, non pensò al suo personale prestigio ma ad abbracciare l’amico
che aveva due occhi sbalorditi spalancati su una realtà che non sapeva bene se
ritenere vera o falsa.
Gli adulti fecero scendere i ragazzi
così che formassero un cerchio intorno al falò, quindi si lanciarono un rapido
sguardo, si allontanarono un poco, giusto a creare un altro cerchio intorno a
loro, per poi iniziare a ballare e suonare la musica rituale. I ragazzi si
presero istintivamente per mano e cominciarono a ballare, prima timidamente poi
sempre più freneticamente senza saper bene perché, fino a quando, come d’incanto,
si trasformarono tutti quanti nel loro animale guida e continuarono a ballare,
gli alberi intorno a loro si rivelarono in forme che mai avevano visto fino ad
allora e le stelle sembrarono tutto ad un tratto parte di loro stessi. Sentirono
di essere fatti della medesima materia dell’acqua, dell’aria, della terra, del
cielo, degli astri, tutto ebbe un senso in un infinito momento privo di tempo e
di spazio eppur colmo di spazio e di tempo. La profezia, forse, si era avverata
proprio in quel momento e loro avrebbero rappresentato il cambiamento. Per un
istante che non avrebbero saputo definire ebbero la sensazione precisa di
essere tutte le montagne e tutti i fiumi, di essere tutti gli abitanti della Terra
e tutti gli Universi, ebbero la certezza che in molti altrove c’erano ragazzi e
ragazze che stavano vivendo le medesime sensazioni. Si sentirono felici.
Quando si svegliarono, intorno al fuoco
ormai quasi spento, era mattina e si ritrovarono da soli, coperti da sacchi a
pelo che non ricordavano di aver portato fin lì.
Si guardavano cercando di capire se
avessero davvero vissuto o sognato quello che era accaduto. Falcònas prese l’iniziativa
e propose di tornare a Uc Abnal.
Il gruppetto la seguì.
Non vi furono parole, soltanto semplice
complicità.
Quando arrivarono trovarono Mamma
Civella, Papà Lescoiolo, Nonna Tortuga e Nonno Cernunno immersi in quelli che
pareva un tranquillo sonno dopo una notte rilassante.
Ognuno tornò nel proprio giaciglio e
nessuno si accorse del sorrisetto sui volti degli adulti.
Da quel giorno le gite nella foresta si
fecero più intense, non tanto per capire, quanto per imparare ad ascoltare la
Natura e a comunicare con essa.