mercoledì 30 agosto 2017

Quarantuno settimane e mezzo * Da ventisei a trenta (bozza)

26. Dal 15 al 22 aprile 2017

La presenza di Asya ci aveva scombussolati e distratti un po’ dalle emozioni contrastanti che contraddistinguono qualunque gravidanza. Per circa una settimana abbiamo rivolto le nostre preoccupazioni alla sua cagionevole salute e alle condizioni di Amila che nel frattempo stava affrontando un’operazione chirurgica in quel di Toronto. Pasqua e Pasquetta sono trascorse senza che ce ne accorgessimo neanche, abbiamo regalato uova di cioccolato e colombe anziché i soliti dolciumi e siamo rimasti tra noi, senza feste, cene, pranzi o altro. Io ero un po’ deboluccia e abbiamo preferito, soprattutto avendo capito il motivo, assecondare l’esigenza di riposo e di rilassamento. Ovviamente il viaggio in Scozia è stato rimandato a data da definire. Tu continuavi a crescere chiedendo a gran voce, o meglio ad amorevoli calcetti, le bistecche di Oscar. 

27. Dal 22 al 29 aprile 2017

La frenesia festiva ha lasciato il passo a quella dell’acquisto del necessario per accoglierti nel migliore dei modi. Eravamo diventati espertissimi di passeggini, sistemi modulari, navicelle, ovetti. Riconoscevamo marche e modelli a distanza e in pochissimi istanti, trascorrevo ore davanti al computer, compatibilmente con la possibilità di stare seduta ferma davanti alla scrivania, a cercare di capire quali fossero le opzioni migliori, ciò che era per noi necessario e che sarebbe stato adatto alle nostre esigenze per accoglierti nel modo più giusto per te. Ovviamente abbiamo acquistato alcune cose molto utili e altre le abbiamo lasciate da qualche parte senza mai usarle. Nonna Enza aveva iniziato a prepararti un corredino fatto all’uncinetto e con i ferri da lana, coadiuvata dalle sorelle. Nonno Pietro e Nonna Lucilla avevano contribuito a loro modo e io avevo iniziato a fare un sogno ricorrente molto angosciante. Tu crescevi paciosa, i tuoi organi funzionavano sempre meglio e Papà Claudio non era più tanto timido nell’accarezzare la pancia cercando di sentire qualche tuo movimento o parlandoti ormai certo che in qualche modo tu riuscissi a sentirlo.

28. Dal 29 aprile al 6 maggio 2017


Avevamo acquistato una buona parte di ciò che ci serviva e abbiamo chiesto di partecipare al corso preparto, o meglio di accompagnamento al parto, presso l’ospedale di Orvieto. Al telefono ci hanno sconsigliato di frequentarlo: la sala non era adatta, la strada era lunga e ci chiedevano se non vi fosse qualcosa di più vicino a noi. Eravamo convinti che fosse importante frequentarlo ad Orvieto e abbiamo chiesto di essere inseriti in un gruppo. Con nostro grande piacere ci hanno chiamati dopo poco e ci hanno comunicato la data di inizio. Oltre ad apprendere le tecniche di rilassamento volevamo avere l’ulteriore conferma che la nostra scelta, andare in un ospedale non molto grande ma in cui tutto sembrava funzionare nel complesso anziché partorire in una grande e rinomata struttura, fosse giusta. I tuoi amorevoli calcetti avevano iniziato a diventare sempre più forti e avevi strutturato un tuo particolarissimo rapporto con il mio intestino, che sopportava più o meno silente i tuoi sbatacchiamenti, e con altri organi interni, che talvolta facevano sentire la loro voce anche piuttosto chiaramente. 

29. Dal 6 al 13 maggio 2017


La telefonata tanto attesa per l’inizio del corso era finalmente arrivata, avremmo cominciato la settimana successiva. Io mi muovevo sempre meno, l’estate segnalata tra le più calde degli ultimi 150 anni stava facendo sentire la propria forza. Nonna Lucilla mi aveva detto che avrei sofferto molto il caldo, io le avevo risposto dubbiosa che non mi aveva mai dato fastidio, il problema era il freddo. Mai sottovalutare le parole di una madre. Gambe, caviglie e piedi in men che non si dica si gonfiarono quasi fossero stati aiutati da un compressore, facevo fatica a camminare anche se avevo ripreso un po’ di energia grazie alle integrazioni di ferro e vitamine e mi sembrava di dover schizzare fuori dalla mia pelle per trovare un po’ di refrigerio dalla gran calura. Il mare era tabù perché Papà Claudio aveva paura della toxoplasmosi, la piscina era piena di cloro o di zolfo e ho dovuto escogitare rimedi casalinghi, tra cui camminare nella vasca colma di acqua fredda, fare impacchi con l’argilla, e utilizzare le strabenedette creme prodotte dai monaci Camaldolesi. Non so se tu avessi caldo nell’utero ma sono certa che avevi una gran passione per la carne. 

30. Dal 13 al 20 maggio 2017


Settimana decisamente orvietana. Il 17 iniziava il corso preparto in ospedale e due giorni dopo avevamo appuntamento per l’ecografia, giornate precedute da un violento attacco di diarrea con conseguente crisi emorroidaria, così, tanto per complicare un po’ le uscite che mi erano già piuttosto gravose. Andare in macchina era scomodo e penoso, per fortuna la Ford Focus SW ha degli ottimi ammortizzatori, per lo meno dal lato guidatore e passeggero. L’ostetrica Catia ci ha incantati raccontandoci il metodo di lavoro nell’ospedale di Orvieto e ribadendo alcune semplici verità, partendo dall’idea che il parto non è una malattia bensì la più naturale, straordinaria e meravigliosa esperienza nella vita di almeno tre persone, bebè, mamma e papà. “Le mamme sanno partorire – ha affermato facendoci andare in brodo di giuggiole – e i bambini sanno nascere”. Una semplice verità ma quanto sembra assurda prima del parto. L’ecografia ha confermato che stava andando tutto bene, l’emozione di sentire il battito del tuo cuore e di vederti è stata, come probabilmente puoi immaginare, immensa.   




martedì 29 agosto 2017

Quarantuno settimane e mezzo * Da ventuno a venticinque (bozza)

21. Dall’11 al 18 marzo 2017

Comunicare ai Nonni che stavi crescendo e che la pancia non era dovuta a problemi di linea ci ha messi di fronte alla presa di coscienza dell’essere genitori non soltanto nell’intimità della nostra famiglia. Da figli siamo diventati genitori e i nostri genitori sono diventati nonni, sembra un’ovvietà ma non lo è, a livello emotivo è complessissimo e contestualmente quanto di più naturale si possa immaginare. Col compleanno di Nonna Lucilla, con cui da giorni era difficile parlare in quanto ogni volta che le rivolgevamo la parola rideva beata e felice ignorando completamente tutto ciò che le veniva detto che non riguardasse te, lo abbiamo detto anche agli amici più familiari. Nel frattempo Nonno Pietro trovava qualunque scusa per vedere il video dell’ecografia morfologica, con nonchalance. Nonna Enza e Nonno Giancarlo lo avevano già subodorato e ne avevano avuto conferma quando ho rifiutato le castagnole di Carnevale, di cui sono notoriamente ghiotta, per cui hanno avuto più tempo per abituarsi all’idea e sono riusciti a contenere parzialmente le dimostrazioni di gioia. Tu continuavi a muoverti felice e a scalciare quando, degna figlia di padre carnivoro, mettevamo sul fuoco le bistecche o il filetto di manzo che Papà Claudio acquistava da Oscar.


22. Dal 18 al 25 marzo 2017



La scelta del nome è stata piuttosto semplice. Ho sempre pensato che se avessi avuto una figlia l’avrei chiamata Giulia, Papà Claudio era d’accordo mentre per un eventuale figlio non riuscivamo a scegliere. Tuo padre, felicissimo che tu fossi una femminuccia, aveva però la sensazione che fossi un maschietto per cui abbiamo aspettato la seconda ecografia per decidere in modo inequivocabile. Nel frattempo abbiamo inviato Nonno Pietro e Nonna Lucilla a vedere l’ospedale di Orvieto per avere un altro parere. Sono tornati entusiasti e con le stesse impressioni che avevamo avuto noi. Tu iniziavi già a manifestare i tuoi gusti musicali e davi segno di apprezzare il canto carnatico e glli armonici oltre, ovviamente a Pavarotti. 



23. Dal 25 marzo al 1 aprile 2017

Alla fine della settimana dovevamo ritirare le analisi, eravamo stati particolarmente attenti ma non sapevamo se con la toxoplasmosi fosse tutto a posto. Ora che eravamo più che certi che stavi bene eravamo un po’ preoccupati. Aprire i referti è stato un po’ come aprire una busta contenente una risposta importante che si aspetta da tempo. Era tutto a posto e abbiamo tirato un sospiro di sollievo. 

24. Dal 1 aprile all’8 aprile 2017

Eravamo convinti che fosse meglio non dire niente in giro, non far sapere troppo quello che stava accadendo, volevamo goderci un momento tutto nostro, ritrovare una certa complicità tra di noi. Papà Claudio aveva finalmente vinto la timidezza iniziale e aveva cominciato a parlarti, a cantare canzoni per te, a suonare soltanto per te. Aveva iniziato anche a comporre una ninna nanna che sembrava più una marcetta militare e che ha poi cambiato con una melodia più rilassante con il rumore del mare e il ritmo delle onde. I tuoi amorevoli calcetti iniziavano ad essere sempre più forti e decisi. Il 3 aprile Asya, la figlia di Amila che avevo conosciuto quando non era neanche adolescente e che compie gli anni il 30 luglio, è venuta a trovarci. È stato bello vedere la bimba conosciuta a Toronto diventare una giovane donna. La settimana si è conclusa a suon di musica con il concerto del gruppo The Balmung di Papà Claudio.


25. Dall’8 al 15 aprile 2017


Domenica abbiamo accompagnato Asya alla stazione dove ha preso il trenino metropolitano per l’aeroporto dopo una settimana in Italia che ha trascorso tra aerosol, dottori e medicine. Il 13 avevamo appuntamento per la seconda ecografia, avremmo saputo con certezza, tante volte ce ne fosse stato bisogno, se eri maschio o femmina. Le analisi andavano bene, l’ecografia, emozionante quanto la prima e che mi ha fatto piangere lacrime di felicità dal momento in cui ho sentito il battito del tuo cuore, ci ha confermato ciò di cui io ero più che convinta e soprattutto che crescevi benissimo nel mio utero. Pesavi circa un chilo, 929 grammi per l’esattezza, o almeno questa era il peso fetale stimato. 



lunedì 28 agosto 2017

Quarantuno settimane e mezzo * Da diciotto a venti (bozza).


18. Dal 18 al 25 febbraio 2017
Io e tuo padre ci guardavamo, scrutandoci, sorridendo. Non si può dire che la timidezza sia annoverabile tra le tante caratteristiche che ci accomunano eppure i nostri sguardi erano timidi, ci prendevamo per mano con la tenerezza di due bambini e Papà Claudio si avvicinava alla pancia con circospezione, quasi a non voler disturbare, aveva voglia di appoggiare una mano sull’ombelico che pian piano si riduceva ma subito la ritraeva. Io non riuscivo più a guidare, controllare i pedali poteva essere alquanto scomodo ma, accendendo la radio nella Focus, da un canale RAI si è diffusa la voce di Pavarotti e lì ho avuto la sensazione che ti calmasse. Ne ho parlato con tuo padre e abbiamo subito provato a farti ascoltare qualche disco dell’immenso cantante, la pancia si distendeva all’istante: già cominciavi a sviluppare i tuoi gusti musicali. Non sapendo se tu potessi effettivamente udire, anche se ormai era evidente che c’eri, abbiamo deciso che avremmo ascoltato più opera lirica, tanto più che eravamo, e siamo, piuttosto digiuni in materia. 

19. Dal 25 febbraio al 4 marzo 2017
Dopo varie ricerche, ripensamenti, valutazioni, scegliamo l’ospedale di Orvieto, per ulteriore sicurezza decidiamo di effettuare la prima ecografia 3D nello studio dove riceve il primario dell’ospedale, cambiato da poco, vogliamo vedere cosa si dice di lui. Prendiamo appuntamento, non senza un po’ di emozione. Tu continuavi a muoverti con tutto agio, io e tuo padre leggevamo alcune righe sui libri precedentemente acquistati per cercare di individuare i sintomi e capire cosa fare. Eravamo nel secondo trimestre, forse il più ‘semplice’ per molti aspetti anche se andare in macchina era sempre più scomodo. 

20. Dal 4 al 11 marzo 2017
Il 9 marzo avevamo l’appuntamento per l’ecografia, eravamo a dir poco emozionati e per i due giorni precedenti ho avuto attacchi di diarrea e di emorroidi, tutto ciò che è necessario, insomma, per rendere più scomodo il viaggio in macchina, così, tanto per gradire. Mentre percorrevamo l’autostrada facevamo calcoli sul percorso e sulle alternative nell’eventualità di un parto precipitoso, anche se ancora non sapevamo che si chiamava in quel modo. Appena arriviamo davanti allo studio medico ci prende lo sconforto, decidiamo comunque di entrare e facciamo decisamente bene, nella sala d’attesa notiamo con una certa meraviglia alcuni acquerelli con donne ornate di fiori firmati Egle, lo stesso nome della tua prozia che dipingeva fiori o donne e che ci aveva lasciati poche settimane prima. Papà Claudio ha la sensazione che, al contrario di quanto pensasse, tu fossi una femminuccia. La visita è andata benissimo, la persona che fa l’ecografia diventerà la nostra ginecologa di fiducia. Scopriremo in seguito che è la moglie del primario. Le prime immagini della morfologica e le parole della dottoressa: “è una bambina e sta bene” ancor oggi mi fanno spuntare lacrime di felicità. Descrivere la gioia nel sentire il battito del tuo cuore, nel vederti così bella e già piuttosto formata, è pressoché impossibile. Ho pianto senza sosta per oltre un’ora, le emozioni fluivano affastellandosi come onde oceaniche, le paure si dissolvevano mentre le immagini di te venivano proiettate sullo schermo davanti ai miei occhi. Non saprei dire se quando siamo usciti da quello studio medico stessimo camminando o volando ma la felicità è stata immensa. Era giunto il momento di dirlo ai Nonni, lo abbiamo fatto portando il computer con il video dell’ecografia, per fortuna erano seduti altrimenti sarebbero probabilmente svenuti per la contentezza. 

domenica 27 agosto 2017

Quarantuno settimane e mezzo * Da undici a diciassette (bozza)

11. Dal 30 dicembre 2016 al 6 gennaio 2017

Capodanno era alle porte ma debolezza e raffreddore continuavano a tenermi in una specie di limbo fatto di tiepido latte, stufetta a legna, piumoni, coperte e pezze calde per cui abbiamo deciso di non fare nient’altro che una cenetta in famiglia. Le festività sono state più che altro un’occasione per rimettere a posto fogli e foglietti, dipingere alcuni muri e riposare. Nel frattempo tu cominciavi ad essere lunga più o meno come il mignolo della mia mano e la mia pancia si era arrotondata, qualche sentore della tua presenza misto a speranza si affacciava nelle nostre menti.

12. Dal 6 al 13 gennaio 2017

Le mestruazioni non accennavano a comparire ma con quel raffreddore e quegli spaventi abbiamo atteso qualche giorno per fare il test di gravidanza. Eravamo incerti e piuttosto dubbiosi sulla necessità di effettuarlo per cui abbiamo lasciato correre qualche altro giorno. Il tran tran quotidiano era ricominciato e Papà Claudio, che non sapeva di essere genitore, era tornato nella sua fucina più preoccupato di farmi ritrovare le forze mediante le bistecche di Oscar che delle potenziali e future responsabilità paterne. Io avevo cominciato ad avere la netta sensazione che una splendida bambina stesse crescendo dentro il mio ventre ma avevamo perso le speranze di poter avere un figlio e razionalmente mi convincevo che era soltanto un’illusione, una mia proiezione, un mio desiderio, qualcosa che avrei voluto con tutto il cuore ma che non era possibile. Pensavo e ripensavo a tutto ciò che era accaduto nei mesi precedenti e più sentivo emotivamente la tua presenza più, ragionando, mi dicevo che dovevo smetterla di immaginarti. La lettura di Sciascia e Mazzini proseguiva insieme ad un rinnovato amore per la scrittura e un interesse sempre più vivace per la politica, in particolare per alcuni politici che stavano esprimendo e mettendo in pratica, dopo anni di banalità, idee interessanti e innovative. 

13. Dal 13 al 20 gennaio 2017
Il 18 gennaio un altro terremoto ha scosso il Centro Italia, la paura è stata ancora una volta fortissima e abbiamo imputato ritardo e la terza amenorrea allo spavento. Al sisma si è aggiunta una valanga, quella dell’Hotel Rigopiano in Abruzzo, che ha travolto e sommerso la figlia della lavandaia di Casali che si chiamava Valentina, come me. L’emozione in paese è stata intensa e abbiamo seguito passo passo le operazioni di salvataggio, quando abbiamo capito che non c’era più niente da fare per quella ragazza il paese intero ha pianto per la sciagura occorsa a quella famiglia di persone oneste e, fino a quel giorno, spensierate. Nel frattempo tu iniziavi a sviluppare il senso del gusto, io avevo continui giramenti di testa, debolezza e raffreddore che si attenuavano notevolmente dopo aver mangiato carne di manzo. 

14. Dal 20 al 27 gennaio 2017

La mia pancia cresceva, gli abiti non mi entravano più e il dubbio sulla possibile gravidanza diventava qualcosa di più di una speranza. Per non cedere alle potenziali illusioni abbiamo perfezionato alcuni tratti del viaggio in Scozia con una minuzia di dettagli da cartografi e ci siamo interessati ad un itinerario estivo per tornare verso l’oceano senza troppi indugi. Tra occhiate speranzose molto di sottecchi, pantaloni che non entravano più e la sensazione sempre più precisa di te abbiamo cominciato a cercare un posto dove effettuare un’ecografia, così per scrupolo. Il test di gravidanza lo abbiamo lasciato nel mobiletto, forse per scaramanzia. Un sabato ci avventuriamo nel quartiere Talenti, a pochissimi chilometri da Mentana, impiegando oltre un’ora a fronte di un tempo stimato di non più di 20’ col traffico. Siamo tornati nervosi e con la determinazione a non fare neanche le analisi a Roma. Tanto per non escludere alcuna possibilità abbiamo iniziato a cercare ospedali con un buon reparto di ostetricia e ginecologia per effettuare una visita ed eventualmente fare l’ecografia. Tu eri cresciuta nel frattempo fino a raggiungere circa sette centimetri. Il 21 abbiamo fatto la prima gita di ‘avanscoperta’ per raggiungere l’ospedale di Ciconia, Santa Maria della Stella di Orvieto, dove saresti nata ventisette settimane e mezza dopo. 

15. Dal 27 gennaio al 4 febbraio 2017
Negare a noi stessi la tua presenza stava diventando imbarazzante. Ci guardavamo senza osservarci ma ormai nei nostri occhi l’illusione si stava tramutando in speranza. L’ospedale di Orvieto ci aveva fatto un’ottima impressione ma la ricerca ha ovviamente coinvolto altre strutture in Umbria, in Toscana e a Roma. Le speranze sembravano concretizzarsi, la sensazione della tua presenza era decisamente forte e le razionalissime scuse e paure si stavano dissolvendo quale neve al sole. Per scrupolo Claudio e Oscar, cui era stata annunciata un’anemia da vegetarianesimo, si erano coalizzati per ingozzarmi di carne e farmi ritrovare forze e ferro. Aspettiamo le prossime mestruazioni, ci dicevamo, prima di allarmarci: terremoti non ce n’erano stati e il ciclo sarebbe dovuto tornare alla normalità. In realtà tu già sentivi i primi suoni ed esprimevi, a tuo modo, preferenze ben delineate anche se ancora non le avevamo ben capite.


16. Dal 4 al 11 febbraio 2017 
L’orologio ticchettava, i giorni sul calendario si alternavano e noi continuavamo le ricerche tra incertezze e molti dubbi sulla nostra effettiva capacità di comprendere ciò che fosse più giusto. A Roma ci sembrava tutto molto caotico, la Toscana era lontana, avevo fastidi a viaggiare in macchini che avevo attribuito alle emorroidi, e l’Umbria ci faceva sempre una buona impressione. C’era da aspettare ancora un po’ per l’arrivo delle mestruazioni per cui ci siamo dedicati a molte attività che ci distraevano dal pensiero che stava diventando sempre più concreto e meno illusorio. Io mi sentivo meglio rispetto alle settimane precedenti, eravamo entrate nel secondo trimestre e tu ti muovevi frequentemente anche se io non riuscivo ad accorgermene. 

17. Dal 11 al 18 febbraio 2017
Nessun terremoto aveva scosso la terra, non c’erano state calamità naturali e la quarta amenorrea non poteva più essere attribuita a qualche spavento, seppur di grande entità. La pancia stava assumendo una bella forma tondeggiante e avevo molte difficoltà a guidare la macchina. Il giorno del mio onomastico, il 14 febbraio, San Valentino, ho avuto la sensazione nettissima di un tuo movimento e sono rimasta inebetita dalla gioia per qualche ora. Oltre alla pancia anche il seno cambiava, era più grande e caldo, sembrava quasi un biberon. La ricerca di ospedali e centri di analisi per l’ecografia in 3D proseguiva frenetica. 

sabato 26 agosto 2017

Quarantuno settimane e mezzo * Da uno a dieci (bozza)

Quarantuno settimane e mezzo

1. Dal 22 al 29 ottobre 2016
In base ai calcoli effettuati con modernissime tecnologie sei stata concepita il 22 ottobre 2016, sono state giornate meravigliose e di grande amore. Io e tuo padre Claudio, dopo un periodo di tristezza dovuto ad una gravidanza non andata nel modo in cui avremmo voluto, avevamo intrapreso un folle viaggio estivo alla scoperta di Spagna, Portogallo, Francia, Austria, Germania e Nord Italia per un totale di oltre ottomila chilometri in poco più di due settimane, era il nostro modo di ritrovare l’equilibrio e la felicità che ha sempre contraddistinto il nostro rapporto. È stato il viaggio in cui abbiamo scoperto l’oceano, come a dire la forza della natura, e abbiamo rincontrato Cernunnos. In questi primi giorni l’ovulo fecondato con i tuoi dati genetici è migrato dalle tube di Falloppio verso l’utero, annidandosi e cominciando lo sviluppo da morula a embrione, ma né io né tuo padre ce ne siamo accorti.  

2. Dal 29 ottobre al 5 novembre 2016
A metà settimana, il 26 ottobre, forti scosse di terremoto hanno smosso la terra, le pareti si agitavano come fossimo su una nave in tempesta, io e tuo padre ci siamo abbracciati mettendoci al riparo, abbiamo chiamato Nonni Enza e Giancarlo che stavano bene, un po’ spaventati e siamo poi corsi da Nonna Lucilla e Nonno Pietro per avvertire il gruppo di yoga, attimi di concitazione sono trascorsi velocemente. Per precauzione abbiamo messo in macchina l’occorrente per la prima sopravvivenza. Nel corso della serata la terra ha tremato di nuovo, la paura è stata talmente intensa che abbiamo preso alcune accortezze, forse un po’ eccessive, per evitare di trovarci in situazione di pericolo. Lo spavento fu enorme, tale da bloccare le successive mestruazioni nelle nostre menti che non volevano neanche sperare che tu fossi già nel mio ventre impegnatissima a trasformarti da morula a foglietti embrionali, ciò che avrebbe dato vita agli organi e ai tessuti. Solo a pensarci viene un senso di vertigine, quello che stava accadendo era meraviglioso e mentre tutte queste trasformazioni si compivano all’interno del mio corpo noi continuavamo ignari le nostre esistenze. 

3. Dal 5 al 12 novembre 2016
Il 30 ottobre gli Appennini si sono nuovamente assestati, con devastanti scosse di terremoto, la più forte da quella del 1980 che rase al suolo l’Irpinia, che ci hanno, come puoi immaginare, terrorizzati. Le onde si sono propagate e sono state avvertite fino in Austria anche se l’epicentro era a pochi chilometri da Mentana. La forza della natura ha caratterizzato tutta la gravidanza, è stato un po’ il tratto distintivo della tua gestazione e d’altronde non avrebbe potuto essere diversamente. Per il ponte del primo novembre abbiamo preferito, rispettando le tradizioni di famiglia, rimanere a Mentana per festeggiare l’onomastico di tua nonna Lucilla e il compleanno di tuo nonno Giancarlo. Tu cominciavi già a formarti dentro di me, eri oramai in forma embrionale e il tuo cuoricino già pulsava a 40 battiti al minuto o giù di lì, dimostrando un coraggio e una placida determinazione a vivere nonostante noi continuassimo a non accorgerci o forse, per qualche oscura e remota ragione, per qualche atavica paura, fingevamo con noi stessi di non aver notato alcun cambiamento. 

4. Dal 12 al 19 novembre 2016
Le festività si avvicinavano e abbiamo iniziato ad immaginare un viaggetto natalizio senza troppa convinzione, c’era qualcosa che ci faceva venire la voglia di rimanere, sentivamo il bisogno di stare insieme senza agire o muoverci tanto. Avevamo inoltre avuto l’idea di intraprendere un giro della Scozia durante le vacanze pasquali, pertanto avremmo fatto a meno anche delle esplorazioni nel periodo invernale. Tu crescevi dentro di me ma non ne avevamo ancora sentore, tranne un raffreddore che mi colpiva appena uscivo e che probabilmente era dovuto alla carenza di ferro o forse ad un istintivo senso di protezione nei confronti della vita. Eri cresciuta di oltre diecimila volte rispetto al tuo primo giorno da morula e stavi costruendo i tuoi organi. Non avendo perso completamente la speranza non ho preso farmaci per il raffreddore e ho continuato a preoccuparmi della folle igiene richiesta dalla mancanza di anticorpi per la toxoplasmosi, qualcosa di cui non si è al momento capito molto e di cui spero che quando tu deciderai di diventare mamma si sarà compreso il meccanismo e verrà scoperta una vaccinazione adatta. 

5. Dal 19 al 26 novembre 2016
Dalle ultime mestruazioni era passato più di un mese e sul salvaslip non c’erano tracce di sangue. Non abbiamo dato peso alla cosa pensando che lo spavento per il terremoto mi avesse bloccato il ciclo, io ho continuato a non prendere farmaci e a fare attenzione a tutto ciò che avrebbe potuto creare problemi con la toxoplasmosi. Ho dunque deciso di iniziare una mia personale terapia per curare i nervi: la lettura integrale delle opere di Leonardo Sciascia. Da tempo volevo immergermi in quella scrittura in cui le parole, la punteggiatura e i silenzi sono necessari, frutto di un geniale processo di distillazione del pensiero. I libri di Sciascia richiedono una grande attenzione, non possono essere consultati distrattamente, non lasciano il tempo alla mente di divagare, impongono una concentrazione profonda e schietta, sono scritti con rarissima onestà intellettuale e con altrettanta onestà debbono essere letti. Il raffreddore continuava a tenermi accanto alla stufetta a legna con le pezze calde, ricetta della tua bisnonna Berta, sul viso, avvolta in piumoni e coperte. Le mie attività principali consistevano nella lettura e nella scrittura. Tuo padre, oltre al lavoro più ordinario, stava cominciando a prendere gusto nel creare mobili molto belli e particolari. Si era messo in testa di costruire un letto che riprendesse l’essenza delle onde oceaniche e al contempo la semplice linearità dell’infinito. Tu nel frattempo eri diventata grande quasi 2.5 millimetri, la tua testa aveva una forma, la ‘coda’ aveva lasciato spazio a gambe e braccia, gli organi interni cominciavano a funzionare e il cuore a battere fortissimo. 

6. Dal 26 novembre al 3 dicembre 2016
Il letto che tuo padre aveva creato era pronto, dipinto a mano, con l’ovale fatto fare a mano da una antica bottega di Castelli, in Abruzzo, il materasso e la rete erano arrivati e tutto era stato montato, per cui era ora di cominciare a pensare ai tavoli e ad altre creazioni artigianali. Il raffreddore continuava a tenermi accanto alla stufetta e una generale debolezza mi teneva lontana dalla progettazione per la preparazione di dolci e prelibatezze da regalare ai parenti per le festività natalizie. L’idea di una gita in Basilicata durante il ponte dell’8 dicembre si faceva sempre più pallida man mano che le temperature si abbassavano e l’inverno si presentava tra i più freddi, a nostra memoria. Alla lettura di Sciascia, che comportava telefonate estatiche a tuo padre il quale ormai si era convinto che ascoltare brani dello scrittore siciliano tra una saldatura e l’altra poteva essere anche meglio di doversi sorbire soltanto quelle pronunciate dal Primo Ministro canadese Justin Trudeau, avevo cominciato ad abbinare quella di Mazzini, tanto di allontanarmi dalla stufetta con il corredo di pezze calde, coperte e piumoni non se ne parlava proprio. Nel frattempo tu avevi iniziato a muoverti nell’utero ma io fingevo con me stessa che le mie erano soltanto illusioni e che forse sarebbe stato meglio smettere proprio di sperare di avere un figlio, alla nostra età poi. 

7. Dal 3 al 10 dicembre 2016
Fino all’ultimo momento siamo stati indecisi se partire o meno per il giro in Basilicata, avevamo fatto un progetto con i chilometri e le tappe, i punti di discordia con tuo padre Claudio erano troppi e soprattutto le temperature erano davvero troppo basse. Un inverno così freddo non lo ricordavano neanche le persone più anziane e il mio raffreddore che si attenuava notevolmente quando papà mi cuoceva una bella bistecca acquistata da Oscar sembrava proprio volermi far stare ferma accanto alla stufetta con le pezze calde d’ordinanza. Non riuscivamo proprio a capire che probabilmente non era da imputare al freddo ma alla mancanza di quel ferro che tu utilizzavi per costruire organi e definire la tua splendida forma. Stavi sviluppando le ossa e la spina dorsale, immagina che trasformazioni e che lavorio per passare in neanche due mesi da un peso infinitesimale a ben due grammi! L’8 abbiamo decorato l’albero, come da tradizione per Claudio, anche se per me si dovrebbe addobbare il 24 dicembre.


8. Dal 10 al 17 dicembre 2016
Le festività natalizie si avvicinavano e non c’era verso di mettersi in cucina a preparare ferratelle, ciambelline al vino, sesamini, ciammelle a cancellu e altre prelibatezze da regalare ad amici e parenti e consumare durante le giornate festive. Avevamo decisamente scartato l’idea di andare da qualche parte perché il freddo era davvero tanto, c’era neve ovunque, le strade erano spesso ghiacciate, io continuavo ad avere l’insolito raffreddore e ci eravamo convinti ad organizzare il viaggio in Scozia per Pasqua per cui avremmo dovuto cercare di mettere da parte i soldi necessari per quell’avventura di cui parlavamo da tanto tempo. Le mestruazioni non si erano fatte vedere ma un paio di giorni di ritardo cosa vuoi che siano? Erano la tua trasformazione da embrione a feto, qualcosa di assolutamente prodigioso. 

9. Dal 17 al 24 dicembre 2016
Il ‘raffreddore’, che si attenuava notevolmente dopo aver ingurgitato la carne di manzo che Claudio comprava da Oscar, continuava a tenermi vicino alla stufetta. Un po’ di debolezza, attribuita sempre ai malanni stagionali, mi ha persuasa decisamente a non mettermi ai fornelli. Pertanto per i regalini di Natale ci siamo affidati alle proposte nei negozi locali dismettendo l’idea di preparare dolciumi a mano. Tu continuavi a crescere e svilupparti nel mio ventre e forse cominciavamo ad intuire qualcosa ma avevamo troppa paura che fossero soltanto illusioni e abbiamo continuato a far finta di niente, anche se papà Claudio aveva fortunatamente deciso di mettermi a dieta di carne rossa, nonostante le mie chiassose quanto inutili proteste.

10. Dal 24 al 30 dicembre 2016
Le festività natalizie sono trascorse con la solita frenesia, qualche litigata familiare decisamente evitabile, scambi di regali, l’albero era già stato adornato l’8 dicembre per cui non abbiamo trascorso la vigilia a decorarlo. Il raffreddore non accennava a placarsi e io continuavo a rifiutare arrabbiata i consigli a farmi vedere da un dottore: è soltanto un po’ debolezza, la colpa è dell’henné, ho preso freddo andando a stendere i panni, mi sono bagnata uscendo dalla macchina senza ombrello, erano alcune delle spiegazioni che adducevo. Forse cominciavo a sentire qualcosa dentro di me ma non era ancora il momento di ammetterlo né a me né a Claudio né all’universo intero. Tu eri decisamente in fase di crescita, ti stavano spuntando anche i capelli, e con la determinazione che ha contraddistinto tutta la gravidanza hai continuato a prendere da me gli elementi nutritivi che ti servivano. Il viaggio in Scozia cominciava a prendere sempre più forma, con due itinerari possibili, il calcolo di chilometri, tariffe, orari, luoghi di interesse, posti da visitare assolutamente. 

venerdì 25 agosto 2017

Lettera a mia figlia finalmente nata (bozza)

Lettera a mia figlia finalmente nata (bozza)

Il titolo di questa lettera è volutamente ispirato a quello di un libro di Oriana Fallaci in cui la grandissima giornalista toscana parla ad un figlio mai nato. Ebbene tu, carissima Giulia, sei nata nel momento in cui io e tuo padre, Claudio, avevamo perso le speranze di poter avere un figlio. Ci eravamo rincontrati ‘da grandi’, dopo un fidanzamento di un anno in tenera età con tanto di solenne giuramento di eterno amore di fronte al ‘Monumento’ garibaldino. Io avevo tredici anni e lui sedici ed eravamo innamorati, pienamente, per quanto si possa essere innamorati e ‘fidanzati’ a quell’età. Poi ci siamo separati per un’incomprensione su qualcosa che avevamo preso nel verso sbagliato. Mia nonna, la tua bisnonna, Augusta ha sempre detto che tutto ha un verso, come le stoffe, anche le persone… Per qualche bizzarra ragione del destino e dopo esserci fondamentalmente cercati per oltre vent’anni in ogni angolo di strada percorsa, nei momenti di solitudine e allegrezza, nei volti di persone che abbiamo incontrato nel corso degli anni, con la caparbietà e l’orgoglio, quanto è stupido l’orgoglio amore mio!, di chi non vuole ammettere i propri errori, ci siamo incontrati di nuovo e dopo ben due anni abbiamo deciso di uscire insieme. Già dal primo giorno abbiamo capito che l’amore travalica qualunque confine, di spazio e di tempo, e chi ha la fortuna di incontrare la persona giusta deve ricacciare in gola l’orgoglio e vivere appieno la propria felicità. Eravamo già grandicelli e all’inizio non pensavamo a procreare, poi ci abbiamo provato più e più volte ma qualcosa andava sempre per il verso sbagliato. Non era ancora il tuo momento, amore mio, eri tu la stella che avrebbe illuminato la nostra vita e dovevamo aspettare. Quando hai deciso di nascere avevamo perso le speranze di avere un figlio, così come quando ci eravamo rincontrati avevamo perso la speranza di costruire una famiglia con la persona che amavamo davvero. Giulia mia bellissima, se c’è qualcosa che puoi imparare da noi è avere fiducia nella vita, ma questo è forse l’insegnamento che tu darai a noi, crescendo.
Sei stata concepita in un autunno colmo di terremoti, la terra ha tremato, le case hanno vacillato, i muri hanno oscillato e abbiamo avuto tutti quanti tanta paura. Il sisma ha fatto moltissimi danni nelle zone dell’epicentro ma qui a Mentana ci siamo soltanto spaventati. Io e tuo padre stavamo attraversando un momento di inquietudine, c’era stato un aborto spontaneo e la sensazione di qualcosa andato storto non per nostra volontà ci stava amareggiando, i movimenti tellurici hanno scosso la nostra individualità, ci siamo guardati di nuovo, come se ci fossimo ritrovati per l’ennesima volta e abbiamo riso della gran fortuna che ci aveva nuovamente fatto stare l’uno accanto all’altra. Hai portato armonia nella nostra famiglia ancor prima del tuo concepimento naturale. Per qualche ragione, un po’ forse anche perché non volevamo illuderci di tanta gioia, ci siamo accorti che io ero incinta un po’ tardi. Le mestruazioni saltavano ogni qual volta c’era una scossa ma io mi sentivo allegra e molto equilibrata, i miei alti picchi e profonde vallate sembravano essersi placate in una calma che mai scorderò. Ero allegra e spensierata nei primi mesi, seppur sempre raffreddata per mancanza di ferro, carenza che mi avrebbe accompagnata per tutta la gravidanza e che avremmo risolto con un’intesa tra il macellaio argentino Oscar e tuo padre che aumentavano di giorno in giorno la quantità di manzo che mi propinavano quotidianamente, nonché con una bella integrazione di ferro in pastiglie.
I primi quattro mesi sono stati la base del rapporto tra te, me e tuo padre. Una specie di complicità cresceva tra noi insieme alla pancia che non ne voleva più sapere di entrare nei pantaloni, altro che qualche chiletto in più per lo stress da terremoto, c’eri tu, amore mio, nel mio utero che scalpitavi per nascere e vivere.
A partire dal quarto mese abbiamo ammesso a noi stessi che forse il momento tanto atteso era arrivato anche per noi, abbiamo quindi cercato strutture sanitarie adatte a farti nascere nel modo più armonioso possibile e ginecologi non invadenti. La nostra scelta, rivelatasi ottima, si è orientata verso l’ospedale pubblico di Orvieto e abbiamo trovato uno studio dove effettuare la prima ecografia, volevamo che fosse in 3D per vederti nel pieno della tua bellezza. Cercando cercando abbiamo trovato uno studio e abbiamo preso appuntamento, chi ha fatto l’ecografia è stata anche la ginecologa che ha seguito la gravidanza. Durante questa prima visita ti abbiamo vista in tutto il tuo splendore, Giulia mia, abbiamo saputo, con immensa gioia, che sei femmina e che nel mio utero stavi benissimo. È vero che le coincidenze sono qualcosa che assembliamo nella nostra mente ma ce ne sono alcune che voglio raccontarti più che altro per farti conoscere una parte delle tue origini. La tua bisnonna Antonina si era salvata dal terribile sisma che aveva raso al suolo Avezzano scavando con le sue piccole manine e tu sei stata concepita durante un periodo di grandi terremoti, da lei hai ripreso una parte della forma delle tempie e la capacità di non perdere mai la speranza e di ridarla a chi l’aveva smarrita, come noi. Antonina aveva una figlia, docente di matematica e scienze in una scuola femminile che mai si sposò né ebbe figli, tua Prozia Egle, nome non molto comune attualmente, che amava dipingere quadri raffiguranti donne oppure fiori. Nella sala d’aspetto della dottoressa Patrizia De Luca, la ginecologa nonché, avremmo scoperto in seguito, moglie del primario del reparto di ostetricia e ginecologia di Orvieto, il dottor Angelozzi, c’erano alcune piante molto rigogliose, tra cui una kenzia, particolarmente amata da tua nonna Lucilla, e alcuni acquerelli raffiguranti delle donne con fiori tra le mani, firmati semplicemente Egle, con una grafia molto simile a quella della tua prozia, vederli ci ha messo di buon umore.
Niente, ovviamente, a confronto con l’emozione di sentire per la prima volta il battito del tuo cuore e vederti muovere con la scucchietta di tuo padre quando era ragazzino, il visetto dispettoso e sereno, le gambe lunghe, le mani piccole e bellissime, gli organi perfettamente funzionanti, dallo schermo che proiettava le immagini raccolte dall’ecografo posizionato sul mio ventre. Ho pianto di gioia, una felicità che pensavo di non avere la fortuna di provare in tutta la mia vita.
Tuo padre fortunatamente era seduto, altrimenti probabilmente, per la prima volta, sarebbe svenuto per la contentezza.
A quel punto abbiamo potuto comunicare ai tuoi nonni che saresti nata in piena estate, verso la fine di luglio, e che non avrebbero dovuto dire niente a nessuno fino alla tua nascita. Nonno Pietro è riuscito a mantenere la promessa addirittura con i suoi parenti più stretti, nonno Giancarlo quasi, non altrettanto hanno fatto le tue nonne Lucilla e Enza, la cui voce strabordava felicità.
Uncinetti e ferri hanno cominciato a confezionarti, nonostante le mie proteste per fare tutto dopo la tua nascita, un primo corredino e mentre le copertine, i maglioncini e le scarpette prendevano forma, si concretizzavano nelle nostre menti anche le tue esigenze concrete. Ci siamo accorti che non avevamo pensato neanche all’acquisto della culla o dell’ovetto necessario a percorrere la strada da Orvieto a Mentana e i nostri ritmi, le nostre conversazioni, ricerche, energie hanno cominciato ad avventurarsi nel variegato e complessissimo mondo della puericultura e del prémaman.
Dal quinto mese in poi, insieme ai libri di Mazzini e Sciascia, che hanno caratterizzato la prima parte della gravidanza, hanno cominciato a comparire analisi cliniche, ecografie, cataloghi di passeggini, vestitini, moduli di richiesta di tessere sconto, punti e fedeltà nei vari negozi e megastore per la prima infanzia, la gravidanza e l’allattamento.
In mezzo a tutto questo delirio da shopping, un giorno in cui ero distesa sul divano cercando di sentire i tuoi amorevoli calcetti, ho avuto la sensazione netta, assoluta della creazione dell’universo, le parole di Margherita Hack ‘siamo composti della stessa materia di cui sono composte le stelle’, si sono concretizzate nel mio ventre, nel mio corpo, e ho avuto l’impressione di star creando, insieme a te, tutto l’universo, in un attimo in cui il presente, il passato e il futuro mi sono sembrati compresenti, contestualmente all’azzeramento di qualunque limite e confine spazio-temporale. Inutile dirti che è stato un momento di pura estasi meditativa in cui tutto ha avuto senso assoluto e in divenire.
Tuo padre, dal canto suo, ha imparato a conoscerti e, dopo i primi approcci un po’ timidi, ha deciso di abbandonare la vergogna e cominciare a parlarti, a farti ascoltare la musica, a coccolarti attraverso il pancione, per cui ha trascorso ore a chiacchierare con te, seppure all’apparenza poteva sembrare che stesse dialogando con il mio ventre.
Dal settimo mese è iniziato il caldo e con esso i disagi tipici della gravidanza, abbiamo completato gli acquisti necessari per le tue prime settimane e mesi e, meraviglia delle meraviglie, i tuoi amorevoli calcetti sono diventati calcioni che si distinguevano chiaramente attraverso i tessuti. Celare il pancione sotto un poncho era ormai impossibile per cui ho cominciato ad esibirlo con fierezza, soprattutto nel corso di accompagnamento al parto, ovviamente svolto nell’ospedale di Orvieto.
L’incontro tra tante donne incinte è stato molto divertente e abbiamo avuto la netta sensazione che comunicaste attraverso le nostre pance.
Gli ultimi mesi sono state settimane al cardiopalma in cui l’attesa era scandita dal ritmo dell’orologio, quando papà Claudio vedeva il mio numero sul display del suo telefonino rispondeva con l’apprensione nella voce, che puntualmente deludevo. Le settimane passavano, le contrazioni non arrivavano, era l’ora di iniziare con i monitoraggi in ospedale, anche se non sapevamo bene cosa fossero. La ginecologa ci aveva congedati con un abbraccio dicendo che quella era l’ultima ecografia, a quel punto da fare rimaneva il parto.
Le amiche del corso di accompagnamento al parto avevano partorito quasi tutte e ci sentivamo un po’ così.
I sogni si affastellavano tra inquietudini e felicità, qualche doloretto e vari disagi. Nonni Lucilla e Pietro in un momento di comprensione genitoriale sono arrivati con una splendida valigia Samsonite rossa: l’idea di andare in ospedale per il viaggio più importante della mia vita senza una valigia come si deve mi stava mettendo ansia, d’altronde gli ormoni in gravidanza sono decuplicati e le emozioni amplificate in modo esponenziale, quasi incontrollabile.
Io e tuo padre ci siamo sentiti un po’ smarriti quando la dottoressa ci ha comunicato che quello era l’ultimo appuntamento pre-parto. Quando siamo andati in ospedale per le visite di rito non sapevamo bene cosa aspettarci, c’era qualcosa di strano, di insolito.
Dopo la prima visita abbiamo iniziato con i famosi monitoraggi e… che emozione, Giulia mia, quando ho sentito il tuo cuore che batteva fortissimo! Altro che meditazioni, mantra, yoga, mi è sembrato di volare e di entrare in un contatto totale con te, è stato semplicemente meraviglioso.
I giorni passavano, anche le altre amiche mamme partorivano e a me le contrazioni non arrivavano. In ospedale hanno dunque deciso di indurre il parto e ci hanno dato appuntamento per il ricovero il 31 luglio, sì, proprio il giorno del tuo compleanno e infatti quel giorno sei nata, grazie all’ostetrica che ha il nome della mamma biologica di papà Claudio, Chiara, al chirurgo Fabrizio, ad altre persone e al coraggio di tuo padre.

La felicità che ho provato quando ho sentito i tuoi vagiti e hai risposto al richiamo della mia voce, quando ti hanno appoggiata sul mio petto è indescrivibile perché è assoluta e totale. Immediatamente dopo, però, mi hanno portata in sala operatoria e lì ricordo poco o niente, papà Claudio ne sa molto più di me ma era certo che tutto sarebbe andato bene, non ha perso la speranza e ha avuto ragione: dopo qualche ora di terapia intensiva ti riabbracciavo ma stavolta per non lasciarti mai più e dopo una settimanella eravamo nuovamente a Mentana.