martedì 25 ottobre 2011

C'era una volta un gruppo


C'era una volta, in una landa meravigliosa nella provincia italiana, un gruppo di giovani che volevano esplorare il mondo. Erano cresciuti insieme, amavano andare alla scoperta di luoghi sconosciuti o semplicemente fare quattro passi nel bellissimo territorio che li aveva coccolati fin da bambini. Il tempo scorreva ma il gruppetto sembrava non aver proprio intenzione di invecchiare, erano animati da voglia di conoscere, brama di sapere e tanta onestà di sentimenti. Li univa un fortissimo amore amicale e, più di qualunque altra cosa, un incantesimo. Loro non ne sapevano niente ma un giorno aveva attraversato il bosco incantato e il Gran Consiglio dei folletti, degli gnomi, delle fate e degli abitanti del bosco incantato aveva deciso che quell'amicizia era qualcosa di tanto inusuale da risultare fragile nella sua incredibile forza di libertà. Era bello vederli insieme ed era bellissimo vedere gli sguardi attenti, innocenti, il guizzo di vita e luce che sembravano emanare. Il Gran Consiglio dei folletti, degli gnomi, delle fate e degli abitanti del bosco incantato aveva pertanto deliberato che quel gruppo di amici doveva essere incoraggiato con un incantesimo per rendere il loro amore assolutamente puro. Quel giorno, però, nel bosco incantato si erano avventurati anche i componenti di un altro gruppo, conosciuto in tutta la landa per la cattiveria e per la malignità con cui organizzava dispetti e scherzi di pessimo gusto. Non era un caso che si fossero ritrovati nello stesso luogo, infatti il gruppo malefico si era infiltrato per seguire il gruppo di amici perché avevano architettato un piano per rovinare la gita a quegli antipatici che erano sempre contenti, di che poi? di guardare la natura? di stare insieme? puah cose da pivelli, loro invece sì che erano furbi, si divertivano a camminare in ginocchio sui ceci, oppure a lanciarsi sassi e frutta marcita, a collezionare lattine arrugginite, a mangiare le gomme americane appiccicate sotto i sedili del tram, a fare a gara di scatarrata. Il Gran Consiglio dei folletti, degli gnomi, delle fate e degli abitanti del bosco incantato pensò che non valeva la pena di sprecare un incantesimo per loro e li lasciò a bocca asciutta. Gli anni passavano e il gruppo degli schifidi, questo il nome che avevano scelto e che ben si addiceva al loro comportamento, si incarogniva sempre più, finché decise di tentare un gran colpo: seguire il gruppo dell'incantesimo cercando di scinderlo e poi innestarsi nella vita di ognuno di loro per trasformarsi negli schifidi ladri di regali e, malignità delle malignità, ladri di torte e di feste. Per qualche tempo riuscirono a farla franca, spaventando a morte il gruppo incantato ma un giorno il Gran Consiglio dei folletti, degli gnomi, delle fate e degli abitanti del bosco incantato chiese l'intervento di Mago Magonzo e Maga Magonza, i quali, avendo ascoltato le nefandezze del gruppo degli schifidi decisero che era il momento di reagire, lanciarono un incantesimo congiunto che liberò per riunire il gruppo incantato, dissolse il gruppo degli schifidi che riuscirono a ritrovarsi soltanto quando riportarono le prelibatezze, le feste e i regali rubati e impararono ad amare la libertà.

 

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sabato 22 ottobre 2011

C'era una volta un giovane marchese 3


L'idea d'una nuova [...] accademia, fra le tante – si legge nel carteggio Linceo dell'epoca recentemente ricostruito con solerzia da Giuseppe Gabrieli - ch'esistevano o pullulavano in Roma agl'inizi del secolo XVII, sorse nella mente dei primi quattro Lincei o soci fondatori, come oggi diremmo, nell'estate del 1603: erano essi il romano marchese di Monticelli Federico Cesi, giovanetto non ancora diciottenne, e tre suoi, tra vecchi e recenti, amici: Francesco Stelluti da Fabriano, Anastasio De Filiis da Terni e, il solo che esercitasse per guadagnarsi la vita una professione liberale, l'olandese Giovanni Ecchio da Daventer, laureatosi medico a Perugia, stato già a servizio sanitario nei feudi romani dei Caetani e degli Orsini: tutti e tre non ancor trentenni; tutti e quattro spiriti inclini all'osservazione della natura, agli studi matematici e fisici, avidi di ricerca e di sapere, seri, liberi, profondamente religiosi. [...] Da principio la piccola accademia o compagnia, sorta e rimasta poi sempre con carattere privato e personale, cioè Cesiana, ebbe quasi forma scolastica o didattica di mutuo insegnamento. Mirando innanzi tutto a imparare, nella consapevolezza della loro ignoranza, ma più dell'ignoranza generale, e presuntuosa per giunta, da cui erano circondati [...] i quattro primi Lincei presero a insegnarsi l'un l'altro quanto ciascuno meglio sapeva, e poi soprattutto ad incoraggiarsi [...] La prima formazione spirituale di Federico Cesi ci sfugge del tutto per l'età della puerizia e l'adolescenza prima: solo sappiamo ch'egli crebbe nel contorno umbro-romano, tra Roma, Acquasparta, Cesi, Narni, Tivoli, Sant'angelo, Montecelio, San Polo, in un ambiente familiare di signorilità, in apparenza tranquillo, affettuoso e pio, per influenza personale della madre, [...] e in rapporti di stretta affinità con varie nobili famiglie di baroni romani (gli Orsini, i Caetani, i Cesarini, gli Altemps), fra recenti tradizioni di coltura e di mecenatismo umanistico-artistico, al riflesso di molte dignità civili ed ecclesiastiche, di molte prelature, vescovati, e di almeno quattro porpore cardinalizie: quelle dei fratelli Paolo Emilio e Federico di Angelo, prozii paterni [di] Federico. [Il Linceo Cesiano] – quale lo vagheggiavano e si sforzavano di attuarlo i primissimi Lincei – rappresentava l'armonica fusione della intellettualità e dell'onestà, il frutto romano, più maturo e più alto dell'Umanesimo cattolico. [...] Le figure che si profilano in primo piano accanto al Cesi [nel periodo] centrale e fondamentale della vita accademica Lincea, sono due: Giovan Battista della Porta e Galileo. Il napoletano, che quasi dall'inizio dell'Accademia, sin dal 1604, ne era stato [...] il fautore e il patrocinatore nel mondo scientifico, dedicando al Cesi e, in certo modo , alla nuova accademia, gli ultimi frutti del suo senile lavoro scientifico: continua ora, con maggior favore ed entusiasmo, ad accompagnare li giovane marchese di Monticelli nell'attuazione delle sue iniziative Lincee, vi coopera fervidamente con tutte le sue forze, con la sua autorità e prestigio, nel preparare ed organizzare in Napoli la prima colonia Lincea, senza ombra di gelosia od invidia verso il matematico pisano, il nuovo astro che sorgeva sull'orizzonte scientifico d'Italia, e che entrava a risplendere durevolmente nell'orbita personale e accademica di Federico Cesi. Il Galilei veramente fu quello che diede per primo più vivo lustro alla compagnia Lincea; e già nel primo quinquennio della sua ascrizione in essa, ne assicurò il nome e la fama tra i dotti, restando poi sempre, anche dopo il rapido tramonto dell'Accademia, fedele assertore ed esaltatore dell'idea Lincea, il Linceo per eccellenza. Furono questi dunque i due primi maggiori amici e collaboratori che il Cesi si procacciò fuori di Roma, In Roma, più vicino e più assiduo aiuto e cooperazione egli trova, già in questo primo tempo della sua matura attività accedemica [sic], in uno straniero ormai romanizzato e italianizzato: Giovanni Faber (Fabri o Fabro) di Bamberga che, diventato ben presto Cancelliere o Segretario Generale dell'Accademia sarà al Principe fino all'ultimo fidissimo collaboratore, formando sin da ora (con il Cesi, il Della Porta, e Galileo) uno dei più attivi fattori dell'azione accademica Lincea. (Giuseppe Gabrieli, a cura di, Il carteggio linceo, Accademia nazionale dei Lincei, Roma, 1996)“. Un giovanetto dalle molte risorse intellettuali e diplomatiche, insomma, che seppe muoversi agilmente tra i giganti del pensiero contemporaneo, tanto che Galileo lo descriverà quale giovane di 'una indicibile soavità e di maniere nobilissime'. Federico Cesi riuscì a riunire intorno a sé scienziati di straordinaria levatura e maestri del libero pensiero che trovarono nella tuttora prestigiosissima Accademia del Lincei un luminoso rifugio dall'oscurantismo. Il sogno del marchese di Monticelli, poi anche principe di Sant'angelo e San Polo, si concretizza inizialmente nell'intimità della sua casa e nell'anfiteatro linceo, una vallata nel cuore dei Monti Lucretili, dove i Cesiani si riunivano a discorrere liberamente di scienza, per poi divenire uno dei più solidi centri per il libero pensiero tuttora esistenti, la prestigiosa Accademia dei Lincei, “la più antica accademia scientifica del mondo”, si legge nel sito ufficiale, riconosciuta 'ente di notevole rilievo' insignita dell'Alto patronato permanente del Presidente della Repubblica italiana, con sede a Villa Farnesina, uno dei più spettacolari palazzi romani.
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venerdì 21 ottobre 2011

C'era una volta un giovane marchese 2


La chiesa cattolica quando si parla di questioni che potrebbero radicalmente cambiare l'assetto sociale del mondo su cui esercita influenza diretta o indiretta, ha sempre avuto una sensibilità particolare e una capacità straordinaria di comprenderne la portata rivoluzionaria. I pontefici che osteggiarono la libera scienza avevano, a ben guardare, intuito prima degli stessi studiosi, che quelle teorie, all'apparenza innocue speculazioni sulla natura e sul creato che non mettevano minimamente in discussione i precetti religiosi, costituivano la base, le fondamenta, di una vera e propria rivoluzione sociale e culturale. Il mondo e il modo di pensare stavano cambiando, in modo assolutamente radicale. Dire che la terra gira intorno al sole e non il contrario equivaleva a mettere in discussione l'ordine costituito. Paradossalmente, con tutta la sua scienza, Galileo non poteva immaginare la forza delle sue indagini, ma la chiesa aveva intuito, anche se non previsto, che quelle idee, e soprattutto quel modo di pensare che lui, Keplero, Newton avevano introdotto, sarebbe stata la base su cui un secolo dopo sarebbero nate le idee ispiratrici di eventi di rilevanza storica immensa, quali la rivoluzione francese. Ma questa è un'altra storia, o comunque è troppo lunga da raccontare in questo frangente. Federico Cesi era decisamente un giovanotto sveglio e capace di captare le nuove tendenze. Aveva forse compreso che l'avanguardia del pensiero, quello che di più interessante e importante stava accadendo negli anni in cui gli era capitato di vivere, era proprio la scienza. Cristoforo Colombo era stato seppellito da oltre un secolo, Marco Polo era tornato dalla Cina due secoli addietro, l'Italia non esisteva e non c'erano nobili con smanie colonialiste, tranne qualche pontefice con la tendenza ad evangelizzare terre incognite. Se nel secolo precedente la cosa più interessante e stimolante da fare era esplorare mari e mondi fino ad allora sconosciuti, nel 1600 il libero pensiero sembrava essere la vera frontiera. E il libero pensiero non ha confini geografici, sembra voler volare attraverso le pagine stampate, tra chiacchiere cortigiane e ideali da concretizzare nel Nuovo Mondo, al di là dell'oceano, dove si va anche per costruire una società più giusta e dove i francesi sono costretti a chiedere l'aiuto delle orsoline per poter parlare con fiere donne che navigano senza gli uomini nelle fredde acque del fiume Harricanaw. Mentre il mondo cambia rapidamente, il marchese di Monticelli, appena diciottenne invece di interessarsi all'arte della guerra vuole realizzare un sogno, costituire un'accademia.


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giovedì 20 ottobre 2011

C'era una volta un giovane marchese 1


C'era una volta un giovane marchese, il volto illuminato dalla volontà di sapere, dalla brama non di potere quanto di conoscere e svelare i misteri del mondo, del cielo, della vita. Un giovanotto come ce ne sono tanti, che però preferiva al rumore metallico delle spade, il concerto naturale delle montagne, alle avventure in lande sconosciute la scoperta della natura, delle scienze e della cultura. Sembra una favola ma è una storia vera e della fiaba ha anche la struttura narrativa, i cliché, i momenti topici. Sua madre era una vera nobildonna italiana. Beatrice Gaetani, figlia di Caterina Pio di Savoia e di Bonifazio Gaetani, duca di Sermoneta e pronipote di Ferdinando d'Aragona re di Napoli, era parente di Carlo Magno. Suo padre, Angelo Cesi vantava origini un po' meno prestigiose ma i matrimoni a volte sono questione delicata. I genitori, visto l'ardore del giovane marchese per la conoscenza, si impensierirono, non erano secoli in cui l'amore per la cultura fosse visto di buon occhio, una cattiva abitudine che ha radici antiche nella ricchissima cultura italiana. Più il ragazzo mostrava il desiderio di costruire dei gruppi di studio e di ricerca, più la famiglia lo osteggiava, allontanava dalla sua vista i compagni di studio, stracciava la corrispondenza con i suoi maestri di scienza e conoscenza, lo indirizzava verso località ove non vi fosse traccia di suoi compagni di avventure. In altre parole, cercarono di isolarlo il più possibile, contrastarono questa sua attitudine verso il mondo della cultura con solerzia, ma nelle favole la testardaggine vince sempre e, visto che questa storia assomiglia tanto ad una fiaba, anche per il giovane Federico Cesi, marchese di Monticelli, il lieto fine arriverà e potrà portare avanti il suo utopistico e pioneristico progetto di accademia. Federico era un ragazzo che faceva innamorare chiunque lo incontrasse, sapeva incantare con il suo ardore giovanile e sapeva ammaliare con i suoi occhi incuriositi dal mondo e meravigliati dalla vita. Ci piace pensare che il suo carisma affascinò anche Olimpia Orsini, sua moglie, e che il loro fosse un matrimonio improntato al rispetto e all'amore, per quanto si potesse vivere liberamente questo nobile sentimento nel 1600 tra le corti romane, dove, durante il corso della vita di Federico, si avvicendarono una dozzina di pontefici, tra cui il piemontese San Pio V, Sisto V, nato povero e giunto sul soglio di Pietro nonostante le umili origini, e Urbano VIII, al secolo Maffeo Barberini, ricordato per il suo mecenatismo e l'amore per l'arte ma forse soprattutto per aver processato e condannato per eresia Galileo Galilei, reo di aver espresso una delle più importanti verità scientifiche della storia, condanna ben lieve in confronto a quanto avvenne 33 anni prima, nel 1600, a Giordano Bruno, libero pensatore mandato al rogo in Campo de' Fiori. La chiesa in questi anni si oppone strenuamente alla scienza forse proprio perché a San Pietro si accorgono che c'è una vera e propria rivoluzione in atto, che avrà conseguenze inimmaginabili, la rivoluzione della scienza, del metodo di indagine e del pensiero. È proprio in questo secolo, caratterizzato dalla peste, da una trentennale guerra tra cattolici e protestanti, dallo sbarco del Mayflower e dalle tinte cupe così ben rappresentate nelle tele di Caravaggio, che si sviluppa la cosiddetta 'rivoluzione scientifica', quella che porterà alla nascita del pensiero moderno.


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mercoledì 12 ottobre 2011

Un incivolo senza importanza 4

Radicalmente geniale nel suo modo di agire e di studiare, si poneva sempre in prima persona in qualunque iniziativa sperimentale. Dopo aver conseguito il brevetto di pilota con qualche lezione, divenne un vero e proprio pioniere, esplorando i cieli di molti mondi, e suscitando rispetto da parte dei circoli aeronautici più prestigiosi del pianeta. Prima di essere richiamato in patria da Mussolini visse a lungo in America del Nord e in Inghilterra, emozionanti i telegrammi dell'ambasciata inglese a Balbo, da cui traspare un'ammirazione per la persona oltre che per la personalità che si esprime al di là del criptico linguaggio diplomatico. Certo pensare che a Londra la morte improvvisa di Guidoni avesse destato qualche perplessità sulla effettiva natura accidentale, considerati gli ottimi rapporti che aveva intrecciato a Nord della Manica e ad Ovest dell'Atlantico, o che fosse stato addirittura ipotizzabile un complotto anglo-americano per eliminare una persona che conosceva nel dettaglio le potenzialità dell'aviazione anglosassone e che avrebbe, in caso di conflitto, saputo in che modo agire e reagire contro di essa, non è forse da escludere ma la verità storica a volte è ingarbugliata allo stesso modo delle corde e cordicelle che hanno intrappolato Guidoni in quel suo volo nel vuoto. Considerato il carattere del personaggio, oltre al destino, si potrebbe pensare anche che egli, avendo presagito qualche seria complicazione, abbia voluto compiere un gesto estremo, con le ipotesi si può addirittura arrivare a pensare che sia stato 'sostituito' in quel volo mortale scomparendo dalla vita attiva per essere arruolato in attività spionistiche, ma le ipotesi di complotto sorgono immediatamente quando scompare una personalità di quel calibro, con la schiettezza, la caparbia, il coraggio, la sagacia e l'onestà intellettuale che lo contraddistinguevano. Forse la sua scomparsa è stato soltanto il segno della fine di un momento storico, quello dei pionieri e delle idee rivoluzionarie, quello del sogno europeo e del sogno americano, delle avanguardie e degli ideali di libertà. È bello immaginare che sia stato soltanto un caso e che un giorno nell'infinito vivere nel regno della signora dalla falce il pioniere Guidoni abbia incontrato i quattro aviatori partiti dall'aeroporto che portava il suo nome per trascorrere qualche attimo senza tempo a cercare di volare, forse non con ali metalliche, tra i boschi e le vallate dei Monti Lucretili.

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martedì 11 ottobre 2011

Un incivolo senza importanza 3

Era esperto, conosceva gli aerei, non aveva mai avuto un richiamo per infrazione di volo e quel giorno aveva proprio voglia di guardare le olimpiadi e tutta la girandola di eventi e curiosità. In fondo i giochi olimpici erano un po' il segno, la conferma assoluta, semmai ve ne fosse stato bisogno, che la guerra era davvero finita, che il paese camminava sulle proprie gambe. Il Beechcraft si alzò in volo dall'aereoporto di Guidonia, in realtà l'aeroporto e la cittadina si chiamavano Montecelio, e prima ancora Cornicolum ma qualche anno addietro un vero e proprio 'mito' dell'aeronautica incontrò proprio lì la signora dalla falce lanciandosi in un volo di prova di un paracadute. Forse il paracadute non si era aperto per caso, forse la fatalità aveva voluto la sua rivincita, forse si era lanciato male dall'aereo tirando il filo prima di uscire dall'abitacolo, forse il destino aveva voluto che lì si intrecciassero le vite di giovani uomini, icari di un mondo tecnologicamente evoluto. Il 'mito' dell'aeronautica era Alessandro Guidoni, uomo eclettico, spesso paragonato a Leonardo da Vinci per la sua straordinaria capacità di eccellere in qualunque disciplina. Fine conoscitore delle arti liberali era riuscito a studiare ingegneria grazie a borse di studio per meriti scolastici, vero orgoglio dei genitori e della nazione, è stato un pioniere, riconosciuto in molti paesi nel mondo per il suo carattere poco incline a compromessi e la sua straordinaria dedizione al lavoro, alla ricerca. Inviato a Washington in qualità di esperto aeronautico prima ancora che venisse formata l'aeronautica in Italia, venne richiamato da Mussolini nel Belpaese proprio per diventare figura cardine, insieme a Balbo, del nuovo corpo militare nazionale, poco prima di precipitare nel vuoto avvolto in una matassa inestricabile di corde e cordicelle. Il duce decise di chiamare Guidonia la città e l'aeroporto militare sperimentale di Montecelio, in onore del pioniere Guidoni in piena propaganda fascista. I rapporti tra Guidoni e il fascismo non sono poi tanto limpidi ma non visse abbastanza per manifestare assenso o contrarietà al regime nel modo cristallino con cui era solito esprimersi.

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lunedì 10 ottobre 2011

Un incivolo senza importanza 2

Il cielo era limpido, si poteva vedere il mare dalle montagne, all'emozione del volo si univa quella per gli eventi cittadini, sembrava quasi di sentir scorrere nelle vene quell'adrenalina che ti toglie la paura, quel brivido di felicità mista a lucida incoscienza che parte dal coccige, attraversa la spina dorsale e si spande per tutto il corpo. È una sensazione che fa sentire vivi, che smuove le profondità più recondite dell'istinto di conservazione, sembra quasi di poter ascoltare tutte le cellule e le particelle più piccole di corpo e mente, tensione assoluta niente stress, distillato di pura lucidità. Loris aveva attraversato cieli di guerra, conosceva quella sensazione e non gli piaceva, sapeva che era davvero difficile scrollarsi di dosso la voglia di sentire l'elettrica spirale di vita e sapeva anche che la senti più forte quando sei vicino alla morte. A Loris non piaceva la morte, gli piaceva vivere, gli piaceva tornare a casa e abbracciare le sue cucciolotte, gli piaceva la quotidiana felicità dell'amore, immaginare forme, animali fiabeschi e storie fantastiche guardando le nuvole del cielo in tempo di pace. Per quanto la guerra fredda potesse essere considerata tempo di pace.

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domenica 9 ottobre 2011

Un incivolo senza importanza 1

La giornata si preannunciava calda, Roma si stava risvegliando in un meraviglioso sogno di corpi e movimenti dopo tante fatiche dell'ultimo minuto per presentare la città eterna in tutto il suo splendore, il sole, nato rosso in quella mattina di fine agosto, sembrava volesse intiepidire il gelido clima della Guerra Fredda illuminando i colori della capitale. Nel nuovo quartiere olimpico si ascoltavano lingue che neanche al Vaticano quando arrivavano i pellegrini sparsi per il mondo s'erano udite, elegantissimi ragazzi di periferia si rincorrevano su vespe e lambrette per vedere gli atleti, era un'estate speciale, si respirava quella incosciente felicità da nuovo benessere economico, gli orrori della seconda guerra mondiale ormai lontani e il buio degli anni di piombo fuori dalle previsioni, i Beatles si erano esibiti per la prima volta una settimana prima ad Amburgo ma nessuno sapeva o poteva immaginare che cosa sarebbero diventati. Il cosmo e la luna non erano ancora stati attraversati dagli astronauti e le stanze dei bottoni di Washington e Mosca non collegate dal telefono rosso, tra Berlino Est e Berlino Ovest si poteva attraversare la strada e l'Europa Unita sembrava una bella utopia. Alle dieci di quella mattina le macchine fotografiche erano puntate sui giochi olimpici, cercando di cogliere qualunque movimento muscolare e diplomatico mentre Loris Barbisan, “ottimo pilota” si legge nelle note di servizio, l'esperto Elio Pizzarri, Alfio Lorenzi e Luciano Locatelli salgono sul Beechcraft C-45 MM 61684 Icaro 46 per un volo di prova effettuato dopo le revisioni routinarie del velivolo.
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