giovedì 20 ottobre 2011

C'era una volta un giovane marchese 1


C'era una volta un giovane marchese, il volto illuminato dalla volontà di sapere, dalla brama non di potere quanto di conoscere e svelare i misteri del mondo, del cielo, della vita. Un giovanotto come ce ne sono tanti, che però preferiva al rumore metallico delle spade, il concerto naturale delle montagne, alle avventure in lande sconosciute la scoperta della natura, delle scienze e della cultura. Sembra una favola ma è una storia vera e della fiaba ha anche la struttura narrativa, i cliché, i momenti topici. Sua madre era una vera nobildonna italiana. Beatrice Gaetani, figlia di Caterina Pio di Savoia e di Bonifazio Gaetani, duca di Sermoneta e pronipote di Ferdinando d'Aragona re di Napoli, era parente di Carlo Magno. Suo padre, Angelo Cesi vantava origini un po' meno prestigiose ma i matrimoni a volte sono questione delicata. I genitori, visto l'ardore del giovane marchese per la conoscenza, si impensierirono, non erano secoli in cui l'amore per la cultura fosse visto di buon occhio, una cattiva abitudine che ha radici antiche nella ricchissima cultura italiana. Più il ragazzo mostrava il desiderio di costruire dei gruppi di studio e di ricerca, più la famiglia lo osteggiava, allontanava dalla sua vista i compagni di studio, stracciava la corrispondenza con i suoi maestri di scienza e conoscenza, lo indirizzava verso località ove non vi fosse traccia di suoi compagni di avventure. In altre parole, cercarono di isolarlo il più possibile, contrastarono questa sua attitudine verso il mondo della cultura con solerzia, ma nelle favole la testardaggine vince sempre e, visto che questa storia assomiglia tanto ad una fiaba, anche per il giovane Federico Cesi, marchese di Monticelli, il lieto fine arriverà e potrà portare avanti il suo utopistico e pioneristico progetto di accademia. Federico era un ragazzo che faceva innamorare chiunque lo incontrasse, sapeva incantare con il suo ardore giovanile e sapeva ammaliare con i suoi occhi incuriositi dal mondo e meravigliati dalla vita. Ci piace pensare che il suo carisma affascinò anche Olimpia Orsini, sua moglie, e che il loro fosse un matrimonio improntato al rispetto e all'amore, per quanto si potesse vivere liberamente questo nobile sentimento nel 1600 tra le corti romane, dove, durante il corso della vita di Federico, si avvicendarono una dozzina di pontefici, tra cui il piemontese San Pio V, Sisto V, nato povero e giunto sul soglio di Pietro nonostante le umili origini, e Urbano VIII, al secolo Maffeo Barberini, ricordato per il suo mecenatismo e l'amore per l'arte ma forse soprattutto per aver processato e condannato per eresia Galileo Galilei, reo di aver espresso una delle più importanti verità scientifiche della storia, condanna ben lieve in confronto a quanto avvenne 33 anni prima, nel 1600, a Giordano Bruno, libero pensatore mandato al rogo in Campo de' Fiori. La chiesa in questi anni si oppone strenuamente alla scienza forse proprio perché a San Pietro si accorgono che c'è una vera e propria rivoluzione in atto, che avrà conseguenze inimmaginabili, la rivoluzione della scienza, del metodo di indagine e del pensiero. È proprio in questo secolo, caratterizzato dalla peste, da una trentennale guerra tra cattolici e protestanti, dallo sbarco del Mayflower e dalle tinte cupe così ben rappresentate nelle tele di Caravaggio, che si sviluppa la cosiddetta 'rivoluzione scientifica', quella che porterà alla nascita del pensiero moderno.


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