Le
avventure del Giardiniere Garibaldi e Jane Tempesta
1.
C'era una
volta e c'è ancora un meraviglioso giardino con laghetti e salici piangenti,
fiori e tante api. Il Giardiniere Garibaldi, che non si chiama proprio così ma
somiglia talmente tanto all'eroe dei due mondi da essersi guadagnato quel
prestigioso appellativo, pota le siepi per far sì che abbiano sempre una forma
aggraziata, falcia l'erba affinché il prato sia sempre ben raso, concima e
annaffia le piante cosicché siano ben rigogliose.
Un bel
giorno arrivò nel giardino una donna con una lunga treccia bionda e si
addormentò tra la capelvenere e i gigli, cullata dal suono soave del ruscello.
Quando
Garibaldi la vide ebbe la sensazione di da sempre.
La coprì
con una coperta decorata al tombolo da una ninfa con le code delle stelle
comete e la lasciò riposare. conoscerla
Le
preparò una colazione con frutti di bosco, panini, croissant, marmellate e
nettare di rosa, accese un fuoco chiedendo un fulmine ad un nembo di passaggio
e aspettò che si svegliasse.
2.
“YAWN”
sbadigliò Jane Tempesta quando il sole raggiunse una ragguardevole altezza
sopra l'orizzonte più orientale, proprio oltre una splendida quercia.
Si guardò
intorno e, vedendo tutte quelle premure e la squisita colazione si chiese se
per caso non fosse finita nel bel mezzo di una fiaba.
“Buongiorno”,
le sorrise Garibaldi porgendole un fiore e chiedendole se avesse dormito bene.
Lei si
stropicciò gli occhi.
Forse
stava sognando?
Era
Garibaldi quello che le stava porgendo del nettare di rosa?
“Buongiorno”,
ripeté il giardiniere che si affrettò ad aggiungere: “dormito bene?”
Jane
Tempesta si sentiva confusa e un po' stralunata.
Tutto le
sembrava alquanto irreale.
“Sì,
grazie ma... dove sono?“
Il
Giardiniere Garibaldi ridacchiò, “Oh beh, in un giardino direi”.
Jane era
al culmine della confusione: non era certo sua abitudine dormire all’aperto e
non ricordava di essersi recata in un campeggio. Peraltro, non vi erano tende
intorno a lei, né roulottes, camper o qualunque altro elemento che potesse far
pensare ad un camping. Sembrava davvero un giardino, e allora cosa ci faceva
lì?
3.
“Vuole
qualcosa da mangiare?”, sorrise Giuseppe Garibaldi stranamente vestito da
giardiniere.
Lei lo
aveva sempre visto ben fiero col suo poncho nei libri illustrati oppure su
cavalli di bronzo nelle piazze delle città.
E comunque,
a prescindere dal poncho o dal grembiule da giardinaggio, le pareva proprio che
fosse vissuto parecchi anni prima di quel giorno.
L’odore
di un croissant caldo e fragrante disperse per qualche istante la nebbia di
dubbi, ringraziò e divorò tutto il contenuto del cestino che le aveva portato
il giardiniere: panini, salsicce, croissant, fette biscottate, marmellate e
tante altre prelibatezze.
“Ha
cenato ieri sera?” le chiese soddisfatto di tanto appetito Garibaldi
“Mi pare
di no”, rispose Jane cominciando a ricordare qualcosa.
Le
immagini le riaffioravano alla memoria lentamente, srotolando una matassa di
onirismi che si intrecciava con la realtà. Le palpebre erano ancora bagnate
dalla rugiada. Intorno a lei tutto era meraviglioso. I raggi del sole appena
sorto si adagiavano comodamente sulle ragnatele e impreziosivano le piccole
gocce di acqua del mattino.
4.
“Mi
chiamo Jane”
Il Giardiniere
Garibaldi strinse la sua mano.
‘Io quasi
non ricordo più come mi chiamo, tutti mi chiamano Garibaldi, dicono che gli
somiglio’
Jane rise
senza pudore
GARIBALDI:
Che c’è da ridere?
JANE:
Niente di che
GARIBALDI:
Ah no?
JANE: No
è che
GARIBALDI:
Cosa?
JANE:
Pensavo di sognare ancora
GARIBALDI:
E di aver incontrato Garibaldi in persona?
JANE: Sì
GARIBALDI:
Mi spiace deluderla ma..
JANE:
Diamoci del tu, va bene?
5.
Jane e
Garibaldi stettero per qualche minuto a ridere e guardarsi di sottecchi poi
GARIBALDI:
Dobbiamo sbrigarci
JANE: Per
cosa?
GARIBALDI:
Dobbiamo togliere tutte queste cose dal prato
JANE: Oh
certo
GARIBALDI:
Non per niente ma
JANE: No
no certo, capisco capisco
GARIBALDI:
Tra un po’ arriveranno i visitatori del giardino
JANE: I
visitatori?
GARIBALDI:
Non ricordi proprio niente eh?
JANE: No,
sì, cioè
GARIBALDI:
Siamo nel Giardino di Ninfa
JANE: Di
Ninfa?
GARIBALDI:
Sì, è uno splendido giardino non lontano da Roma
JANE: E
tu sei un giardiniere?
GARIBALDI:
Sì, il responsabile del settore manutenzione, tutela e conservazione delle aree
verdi
JANE: Ah
GARIBALDI:
Dai, sbrigati, poi ti spiegherò meglio
6.
Jane
Tempesta e Giuseppe Garibaldi si rifugiarono presso un capanno segreto che
conoscevano soltanto gli addetti ai lavori, buttarono le immondizie in appositi
secchi, facendo attenzione a differenziare bene, Jane si lavò le mani e il
viso, si rassettò i capelli e uscirono, come se niente fosse, dirigendosi verso
l’ingresso principale da una via laterale per non destare attenzioni.
GARIBALDI:
Usciamo da questa parte
JANE:
Bene
GARIBALDI:
Se vuoi, aspettami lì, vicino al grande leccio
JANE: Il
leccio?
GARIBALDI:
Sì è un albero con foglie vagamente simili a quelle di un ulivo e con ghiande
JANE: Ah
ho capito
GARIBALDI:
Benissimo
JANE: E
quando arriverai?
GARIBALDI:
Tra poco
JANE:
Sicuro?
GARIBALDI:
Certo
JANE:
Grazie
GARIBALDI:
Di niente
JANE: A
dopo
7.
Jane
sgattaiolò fuori dall’entrata laterale, cercò il grande leccio.
Non aveva
grandi conoscenze botaniche ma la spiegazione di Garibaldi era stata esauriente
e lo individuò ben presto.
Da lì
poteva guardare i turisti entrare dall'ingresso principale, diligentemente in
fila, chi con cappelli di paglia, chi con zaini, chi cercava di placare la
curiosità di bambini e ragazzini cantando canzoncine orecchiabili quali, ad
esempio, Oh mia bella Gigogin.
Senza
farsi scorgere, canticchiò anche lei quelle arie tanto familiari e si rilassò.
Ripensò a
quando anche lei era bambina e un senso di protezione e tenerezza la avvolse.
8.
Garibaldi
non sapeva cosa pensare di quella giovane tanto confusa. Aveva letto da qualche
parte che di fronte a tanta beltà, magari guardando un quadro o un'opera
d'arte, le persone potevano, in alcuni casi, avere malesseri e perfino perdere
conoscenza.
Garibaldi
amava moltissimo il giardino ma avrebbe davvero potuto generare una reazione
tanto forte?
Questo
non lo poteva sapere.
Concluse
in fretta le sue brighe e le sue faccende, dunque si tolse la tuta da lavoro e
indossò i soliti abiti. Si lavò mani, barba
e viso, si pettinò i capelli e uscì.
Chissà se
Jane, aveva detto di chiamarsi così, nevvero?, lo stava aspettando oppure se
era scappata via?
9.
JANE:
Pensavo che non saresti più arrivato
GARIBALDI:
E io temevo di non trovarti
JANE:
Certo che gli somigli proprio
GARIBALDI:
a Garibaldi?
JANE: sì
GARIBALDI:
Adesso ricordi dove sei?
JANE: Sì ma
ho una gran fame
GARIBALDI:
Sei una buona forchetta
JANE: No,
è che... beh, sì
Il
giardiniere e l'affamata turista risero come bambini e si incamminarono verso
un luogo di ristoro nelle vicinanze.
10.
JANE: Chissà che penserai di me
GARIBALDI: Per il momento niente di male
JANE: Ah bene
GARIBALDI: Diciamo che impiego un po’
prima di formarmi un giudizio su una persona
JANE: E questo mi sembra alquanto
sensato
GARIBALDI: Oh non so
JANE: Sei timido?
GARIBALDI: Un po’ è che
JANE: Cosa?
GARIBALDI: Solitamente vedo spuntare
fiori o erbacce non fanciulle addormentate nel giardino, ecco
JANE: A me non capita spesso di
addormentarmi in qualche giardino
GARIBALDI: Soprassederò
JANE: Su cosa?
GARIBALDI: Sul fatto che tu abbia
definito il Giardino di Ninfa ‘qualche giardino’
JANE: Ah, scusa
GARIBALDI: Dai sto scherzando
JANE: È molto bello
GARIBALDI: È un po’ più di bello
JANE: Già
GARIBALDI: Per me è un luogo incantato
JANE: Oh, beh non posso proprio negarlo