martedì 31 maggio 2011

Il porto di Kalive 2

Un bel freccia alata per il giro intergalattico”. Jelly intanto gridava e forniva proiezioni sui candidati. Lenny Black & White si aggirava guardingo con il suo taccuino cercando di non perdere neanche un istante, una parola, un movimento, un suono, così da poter raccontare gli avvenimenti di quel giorno che si preannunciava memorabile, come aveva affermato anche nella telecronaca in diretta. Lenny il gatto arrotondava i suoi compensi radio-televisivi scrivendo anche per quattro dei maggiori giornali del porto, Il corriere di Kalive, La gazzetta del porto, La repubblica delle banane, Il messaggero di Kalive e spesso si dilettava anche con le nuove tecnologie. Gli oleandri si schierarono dalla parte di Cartesio, non tanto perché fossero sostenitori di quei fanatici gabbiani, più che altro per spirito di corpo e anche per una vera antipatia nei confronti del golden retriever.

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Il porto di Kalive 1

Un vento leggero mosse i panni alla finestra. Come in un'eco magica quelli accanto si misero a danzare seguendo il ritmo della brezza primaverile. Un fruscio d'ali di piccioni si unì al canto dei gabbiani, dando inizio ad una fantastica coreografia aerea accanto alle barche dei pescatori.

A dire il vero, in base alle bislacche, ma non troppo, teorie del levriero del molo 22, tale Cartesio, i gabbiani si divertivano a danzare tango, salsa e altri balli imparati dai marinai delle navi da crociera senza ascoltare i piccioni che pure, stando alle teorie del saggio golden retriever Einstein della pescheria al molo 12, erano dei gran viaggiatori e sapevano ballare anche meglio dei gabbiani, tanto che erano stati ingaggiati dalle amministrazioni delle grandi città per intrattenere i turisti.

Una tipica discussione da porto con Jelly il topo che come sempre si sfregava le mani per il guadagno certo che prometteva la lauta raccolta di scommesse tra i sostenitori delle teorie di Cartesio il levriero e quelli che invece erano dalla parte di Einstein il golden retriever.

Prevedibilmente, infatti, si era radunata una vera e propria folla, se tale si può definire la popolazione del porto di Kalive, cittadina ridente “Tanto per dire” esplose in un ghigno la locomotiva elettrica che stazionava lì da un tempo biblico in attesa di essere collegata al suo treno veloce.
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Treno metropolitano

Metropolitana, passaggio sotterraneo nello spazio tempo , linguaggi differenti si intrecciano a creare una trama leggera. Volti illuminati da raggi artificiali, microcosmi in movimento. Conto le fermate, non ho molto tempo, la voce sintetica da indicazioni nette, in altri paesi sposterebbero un gruppo unico di passeggeri a destra e a sinistra, qui aiutano a capire in quale direzione scattare un attimo prima dell'apertura delle porte, un po' come l'immancabile clacsonata un attimo dopo il verde. Con un salto di milleottocento anni mi trovo dal Colosseo al Palazzaccio, da Vespasiano a Giolitti. Strade risorgimentali trafficate da professionisti delle immagini, principi del foro, pellegrini e piccoli borghesi. Nella sala dei frammenti di memoria si incontrano umanità differenti, frotte o gruppetti di intellettuali stranieri si avventurano alla scoperta di immaginari che li aiutino a comprendere una realtà in cui vivono senza sapere cosa aspettarsi forse ricercano un momento di familiarità, le cene con gli amici, i film guardati sorseggiando una tisana o un bicchiere di vino italiano. Proiezioni di paesi e mondi in cui si progetta di andare e poi, trovandosi proprio lì, si cerca di ritrovare quelle emozioni nel cinema ideato da un sognatore che ha costruito il suo piccolo cosmo con i sedili di un aereo. Pellicole appesantite da polvere di stelle fabbricate nel mondo della fantasia. Il trenino verso il mare partirà tra venti minuti, meglio sbrigarsi. Un passaggio in moto, svicolamenti feroci tra ali di traffico ed eccomi alla stazione accanto alla piramide ingrigita dall'inquinamento, un souvenir del dialogo tra le genti del Mediterraneo ben precedente le torri gemelle. Rumori minimalisti, tornelli di metallo, monete nelle macchinette per l'emissione dei biglietti, bip di riconoscimento degli abbonamenti, annunci di arrivi e partenze, si innestano con espressioni di romanità, saluti urlati da un binario all'altro, informazioni sportive, veraci commenti politici. Uno zingaro arancione ha spostato lancette digitali, treccia grigia va a cercarlo per acciaccarlo con i suoi tacchi borchiati, rose rosse come lance. Il profumo inconfondibile della porchetta, rassicurante indicazione geografica. Telefonini, telecamere, buste della spesa e scatoloni si mescolano a segnali di urbanità. Giornali scritti in decine di lingue differenti chiacchierano tra loro, si guardano, si scrutano e cercano tra le righe notizie un po' originali, storie, emozioni da raccontare, frammenti di mondi convergenti. Mani febbrili inviano messaggi, brandelli di memorie si attivano, immagini di mari lontani si mescolano a parole sussurrate in microfoni connessi alla compagnia telefonica più conveniente, quella giusta per le tue esigenze. Pubblicità e suoni sintetici si inseriscono nei sogni, sempre più nitidi momenti di vissuto. Televisioni in movimento, da un momento all'altro sembra volersi materializzare una coreografia bollywoodiana. Frequenze di colori combattono campi elettromagnetici negativi o li amplificano fino a farli esplodere nello spazio etereo, in arcobaleni che verranno. Rumori e lamentele. Sciami di turisti incuriositi da palazzi e teatri millenari, colti studiosi, scolaresche si alternano sul treno, ancora due fermate prima di poter immergere i miei piedi nella sabbia.

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La noia

La noia, quella sensazione di solitudine nella testa ovattata e piena di parole che non vogliono proprio mettersi a posto da sé, immagini e ricordi che si affastellano nella mente, senza logica e soprattutto senza neanche un filo di compassione, o di interesse per il mondo e per la vita. Cioè, quella sensazione di pienezza ottusa, inattiva voglia di agire e di vivere, sonnecchiante pigrizia della ragione. Disinteresse per i più semplici piaceri della quotidianità, per lo straordinario miracolo del vivere, qualcosa che se non lo si apprezza nel giusto modo sembra voler sfuggire dalle nostre mani per andare in qualche isola che non c'è in qualche luogo dove la fantasia è ancora viva e ci fa sentire vivi, in qualche mondo dove è possibile emozionarsi e provare quel brivido, mercuriale liquido che attraversa i nervi, che ci stimola e ci fa sentire profondamente umani, partecipi del nostro universo. Appannamento dei vetri della volontà, dell'armonia, del piacere. Assolutamente puro piacere delle emozioni, delle passioni umane, mondanità, forza che ci fa ballare, cantare e ridere, amare e sperimentare la libertà interiore ed esteriore. La noia assale chiunque, in una grigia giornata invernale o in un caldo pomeriggio estivo, sentimento di non benessere e non malessere diffuso in cui a volte ci crogioliamo. Quando si riesce a scrollarla di dosso si ritrova interesse anche per le più piccole cose e ci si chiede il motivo di tanta apatia.

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Elettorato

Le elezioni amministrative non sono più quelle di don Camillo e Peppone due partiti o due ideologie contrapposte e uno spirito rivoluzionario da dopoguerra, l'Italia da ricostruire e una democrazia tutta da creare, tra modernità e tradizione, il socialismo idealizzato dei pionieri e l'acqua santa. Camminando per paesi e comuni italiani si ha la sensazione di poter comprendere i cambiamenti di quest'Italia. Cartelloni elettorali campeggiano nelle stradine di borghi medievali, rinascimentali, risorgimentali e preromani preservati da una caparbia mentalità tradizionalista o da una capacità di innovare comprendendo la fondamentale unione che caratterizza il Bel Paese, quello tra paesaggi incontaminati e costruzioni meravigliosamente monumentali spesso nella loro non monumentalità, nella povertà di abitazioni create con le pietre e decorate con la creatività sorte accanto a sfarzosi edifici di culto e nobiliari che all'interno hanno veri e propri capolavori dell'arte mondiale o talmente armoniosi nella loro semplice eleganza da essere riconosciuti quali siti Unesco. Presentano donne, politici locali di lungo corso o volti nuovi che sperano in una carriera e garanzia di futuro. I giovani delle famiglie tradizionalmente più note a livello locale non vanno a bottega ad imparare il mestiere ma sono spinti verso la carriera politica, ed è lampante che si parla di una brillante carriera, e per ottenere qualche risultato ecco facce multicolori e gruppi su web e SNTs. Poche idee e capacità di muoversi in qualunque situazione. Ma se le ideologie sono dannose, le idee no. Almeno non le idee di libertà che dovrebbero essere al centro di discorsi politici sempre più 'pensa globalmente, agisci localmente' e 'pensa localmente, agisci globalmente', improntati al rispetto della natura e dell'ambiente, a socialità reinventate grazie anche alle nuove tecnologie, a Schengen, ai viaggi di piacere in luoghi che la maggior parte dei nonni di quei volti stampati sui cartelloni non conosceva.
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Gingilli

Le nuove tecnologie hanno invaso volenti o nolenti la nostra vita quotidiana, il nostro presente è costellato di elementi tecnologicamente avanzati e capita di pensare che un nuovo gingillo tecnologico sia un po' come i giochi di bambini, ci da quella soddisfazione un po' nostalgica di sapori ed emozioni infantili. Andare in un centro commerciale di domenica e acquistare un elemento tecnologico non sarà certamente altrettanto soddisfacente di una bella passeggiata in montagna tra le frescure di maggio o andare sulla spiaggia per un po' di kyte surf ma una qualche soddisfazione, è innegabile, la proviamo lo stesso. Non la medesima di una bella discesa con la bici e il vento che soffia tra le ruote, ma quel nonsocché di sentirsi partecipi un po' più di questo mondo tecnologicamente avanzato. Guardiamo il trofeo di ricerche e richieste ad amici esperti che ne sanno più di noi con una certa felicità, cerchiamo di personalizzarlo pensando a tutte le possibili variazionii, ci gongoliamo nel guardare il nuovo gingillo e pensiamo a quanto sia assolutamente perfetto e per qualche ora dimentichiamo l'alleggerimento del portafogli. Sembriamo bambini davanti ad un regalo festivo e ci sentiamo nuovamente in connessione col mondo, quello virtuale of course.
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Natura e tecnologia

Natura, tecnologia. La forza razionale e la grandiosità del creato. Non è un discorso religioso o mistico, semplicemente una constatazione, la tecnologia e l'essere umano vincono qualche battaglia se si mettono in contrapposizione ma in assoluto la natura, nel lungo periodo, vince immancabilmente. Un picchio può fermare uno shuttle, un vulcano riesce a mandare nel caos più assoluto il traffico aereo dei cosiddetti paesi del primo mondo per un qualcosa di simile ad un lungo e articolato starnuto, un tremito superficiale della terra o del mare possono spazzare via in un sol gesto millenni di sforzi tecnologici nelle nazioni più 'tecnologiche' un ruttino degli abissi e degli oceani può scuotere le più moderne piattaforme petrolifere e spazzar via navi, sommergibili e tutto quanto l'ingegno umano sa creare. E non c'è che dire, l'umanità è molto ingegnosa, sempre lì a cercar di costruire qualcosa, strumenti per volare con ali d'acciaio o per muoversi, spesso a passo d'uomo, con ruote e motori potenti, a volte con la capacità di capire l'importanza di unire le forze. In quei casi, ma soltanto in quei casi in cui l'essere umano ha saputo ascoltare la natura, comprenderla e rispettarla profondamente, senza contrapposizioni, bensì con la capacità di giustapporre le proprie capacità, si può dire che l'essere umano si è davvero ingegnato. Rispettare la natura, ascoltarne le reali e più profonde esigenze e agire armoniosamente per riuscire ad ottenere i risultati più avanguardistici che però abbian la possibilità di durare evitando di indispettirla e farla arrabbiare troppo.

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Libertà, che parolone....

Libertà è imprescindibile condizione necessaria per vivere bene, una parola talmente personale da risultare quasi inafferrabile. Il dizionario parla di libertà da qualcosa, condizionamenti o coercizioni, ma effettivamente ognuno di noi ha dei propri condizionamenti a cui si affeziona, che ama coccolare e che ci consentono di vivere in base al sacrosanto principio del libero arbitrio. La parola in sé mette un po' paura quando si pensa di definirne i contorni, sfugge via non appena abbiamo la sensazione di averne compreso il senso più vero e profondo e somiglia straordinariamente all'amore ed è in effetti uno dei pilastri di un sentimento altrettanto indefinibile. Chiunque pensi di poterla rinchiudere in un recinto si trova a non capire a non afferrarla. È sfuggente e fondamentale, un bisogno primario della mente, del corpo e del vivere civile, della socialità, della capacità di muoversi fisicamente, con il pensiero e con la fantasia.

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lunedì 30 maggio 2011

Storie di gatti

L'umore nero, nerissimo, la sensazione di impotenza di fronte all'ineluttabile epperò probabilmente evitabile. L'ennesima lacrima sul volto sodo e morbido, irrigidito dalla tensione e dall'orrore, l'orrore della banale meschinità umana e della semplicità dei sentimenti più veri e profondi. Istinti primordiali tra la necessità della sopravvivenza, la voglia di vivere e l'amore incondizionato per altri esseri viventi. Ho visto persone della mia generazione talmente stordite dai cambiamenti tecnologici, sociali e politici da isolarsi e rimanere nel buio della ragione, luogo magicamente accogliente. Ho visto frontiere sgretolarsi quale neve al sole, idee di cittadinanza cambiare ed affermarsi tanto rapidamente da non essere comprimibili in formule legislative, ho visto paesi sconvolti dalla guerra mentre nel mio mondo si parlava e si viveva la libertà, quella predicata dalle generazioni precedenti, cercata attraverso coraggiose battaglie o sconvolgimento dei sensi e delle percezioni, nel mio mondo si sperimentava la pace, la libertà, la convivenza, l'amore, la passione, l'uguaglianza. Questioni, idee, ideali per i quali vale resistere alla tentazione della banalità, foriera di certezze dogmatiche, di mancanza di dubbi, e di sanguinose vendette. A volte basta guardare la natura, perfetta nella sua assoluta imperfezione. E a volte, per farlo, possiamo guardare fuori dalla finestra, attraverso spicchi di cielo, ascoltarne il suono o farci accompagnare da animali cosiddetti domestici.
I gatti sono gli animali in assoluto più perfetti, chi la pensa diversamente non ha capito granché nella vita. Sì, c'è chi sostiene che i cani sono i migliori amici dell'uomo, appunto, mi viene da rispondere, i gatti sanno essere accanto alle donne, non so se mi spiego. Se chi legge è un uomo, basti pensare a quando una donna è in fase premestruale, soltanto un felino sa placarne i repentini sbalzi d'umore con un semplicissimo purr purr, se chi legge è una donna, non c'è molto da spiegare, riescono persino a farsi capire dagli uomini, senza dover scodinzolare e abbaiare, non che i cani non siano perfetti, anche loro, sanno comunicare e quando si va a fare una gita in montagna sono certamente di gran compagnia, ma i gatti sono semplicemente in assoluto gli animali più perfetti. Sanno curarsi, sanno gioire, dormire, poltrire, svegliarsi all'improvviso ed essere sempre attenti, giocare e chiacchierare tra loro. Sì, i cani sono meravigliosi, ma stiamo parlando dei gatti ora. Se nel corso dei secoli avessimo davvero compreso la perfezione della natura, avremmo evitato la tentazione della banalità, la avremmo aggirata con la delicata eleganza di un gatto tra flute di cristallo, l'ennesima lacrima si sarebbe trasformata in un sorriso luminoso sul volto sodo e morbido, ingentilito dalla meraviglia e dalla felicità, l'umore nero sarebbe diventato un arcobaleno luminescente messaggero di nuove opportunità da vivere gioiosamente, con l'amore più puro, quello che fa girare il mondo per il verso giusto.

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Quad rules

Mi addormento con la sensazione che qualcosa sta per accadere, il mio corpo è un fascio di nervi pronto a scattare ben prima che gli uccellini comincino a chiacchierare per svegliare il sole. Colazione, doccia rigenerante, generosa spazzolata ai denti, indosso gli abiti più normali che ho, per passare inosservata, preparo il borsone e mi immergo nel torpore della città al suo risveglio. I netturbini sono già al lavoro, l'odore del pane nei forni si unisce al rumore delle saracinesche dei bar, non quelli per i turisti che aprono più tardi, quelli in cui puoi gustare una pasta croccante e la perfetta armonia di un cappuccino preparato da mani esperte. Saluto mentalmente gli sparuti passanti; i venditori nei mercati cominciano ad allestire i banchi con movimenti calcolati, lenti e ripetitivi. Casse di frutta e verdura pronte a colorare le piazze, qualche sveglia attiva lampadine nelle cucine, ciabattare pigro di risvegli dietro finestre ancora chiuse a proteggere i sogni. Luci azzurre e gialle si alternano al lampeggiare dei semafori spenti nelle strade vuote. L'umidità penetra nelle narici insieme alla freschezza dell'aria pulita dal mattino. Le gambe si muovono veloci in accordo con il battito del cuore. Un gruppetto di corridori insonni passa veloce col ritmo cadenzato di respiri controllati. Attraverso le strade più note, il borsone pesa sulla spalla destra e lo sposto a sinistra e viceversa. Uno scoiattolo mi guarda curioso, non è abituato a vedermi a quell'ora, i lampioni cominciano a spegnersi, segno inequivocabile del nuovo giorno in arrivo. Non c'è ronzio di computer e ventilatori, gli uffici apriranno tra qualche ora, adesso la città non appartiene agli impiegati e agli studenti, ai manager e ai commercianti, ai turisti e ai professori, è ancora un territorio su cui scrivere e agire storie di quotidianità urbane. Zigzagando e svicolando mi ritrovo in zone a me quasi sconosciute. Con calma determinazione raggiungo la postazione, alle spalle i rumori della città al risveglio, il cielo si colora di viola, rosa e azzurre plumbeo, gli uccellini cantano a voce sempre più piena in un preludio all'alba; una linea dorata all'orizzonte si unisce al giallo oro del cielo. Accelero seguendo il ritmo del mio cuore, trovo un piccolo riparo, un sorriso di sollievo delle spalle quando appoggio a terra il carico un po' pesante che mi ha portato fin lì. Lentamente scorro la linguetta nei binari della zip, assaporando il passaggio sui dentini metallici, estraggo la custodia semirigida, ne percepisco la consistenza. Le cerniere scattano in una sequenza di click clack, indosso le protezioni, il metallo lucidato per l'occasione vibra all'aria frizzante. Mi guardo intorno, via libera, pare. Un rumore mi fa sobbalzare. È uno del mio gruppo, mi tranquillizzo mentre si avvicina e mi tende la mano per un saluto di rito rielaborato su tracce newyorkesi e poi via! Finalmente libera sui miei quad scintillanti, cimelio di avventurose ricerche, mi tuffo sulla pavimentazione liscia quasi fosse indoor. L'asfalto fresco di betoniera è ora territorio quad, i bladisti coi loro schettini su ruote che si ostinano a chiamare pattini dovranno spostarsi.
'Quad rules' urlo nell'alba assaporando la vittoria per il territorio riconquistato e la lunga corsa sui miei pattini a quattro ruote non allineate.

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Femminismi

Il femminismo, parolona con tanti di quei significati da essere quasi inafferrabile. Ingombrante, difficile da gestire, definire, difficile relazionarvisi. Eppure il femminismo oggi ha una valenza diversa da quella che ha avuto per le pioniere, per le nostri madri e le generazioni precedenti, differente da quella che avrà per le generazioni future. È il senso di una ritrovata femminilità e dell'affermazione stessa dei principi basilari di libertà e di rispetto nella civile convivenza sociale. Le donne nel mondo cosiddetto occidentale contemporaneo sono abituate a studiare, a lavorare, ad avere un'affermazione sociale e civile, a voler vedere riconosciuti i propri diritti. Le donne oggi sanno cos'è la sessualità ben prima di sposarsi, a volte hanno percorso sentieri interiori alla scoperta di sé e delle proprie aspirazioni più profonde, vogliono conoscere se stesse, emozionalmente e razionalmente, ed essere rispettate per quello che sono. Ora, questa è la normalità. Non lo era per le mie antenate e il femminismo oggi è l'affermazione di concetti e idee che per qualunque donna, o qualunque uomo, cresciuta o cresciuto in ambiente cosmopolita, contemporaneo e 'occidentale', relativamente libero da condizionamenti, è 'normale', 'ovvio', ma è anche la capacità di immaginare un futuro più giusto in cui uomini e donne possano davvero vivere liberamente, esprimendo con naturalità il loro essere all'interno di società civili. Il suffragio universale è recente e non tanto universale, non scordiamolo. Le donne e gli uomini dovrebbero riaffermare proprio la non accettazione di quei segnali di accettazione d'imposizioni retrograde in nome di libertà religiose o culturali, in altre parole, no alla perversione e alle imposizioni, no al velo velato o svelato, sì a contratti equi di lavoro, sì a strutture sociali che aiutino la società a riprodursi e vivere attivamente. Ognuno di noi ha almeno un talento, coltiviamolo e creeremo un mondo a misura di libertà.
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Un sogno di libertà

A volte i sogni diventano realtà, anche nella provinciale cittadina di una provincia dell'Europa

Emir ha deciso di tentare il colpo grosso. Alto, bello, con gli occhi mobili, le mani da giocatore di basket. La vita è stata contraddittoria con lui e ne porta ancora i segni addosso, li porterà per sempre. Ha il carattere e la stoffa del vincente ed è l'orgoglio di sua madre. Lo ascolto un po' stupita in quella piovosa e grigia giornata olandese, ha l'aria trasognata, come se riuscisse a visualizzare il futuro di cui mi parla. Lo guardo, un metro e novantotto, gambe lunghe muscolose e forti, spalle larghe, sembra che gli abbiano sparato una cannonata in pieno petto, era troppo giovane per farsi ammazzare. A Srebrenica lui e suo padre si erano salutati con uno sguardo pieno di amore. E la cannonata gli era scoppiata nel petto, silenziosa, eterna, tra lo sterno e lo stomaco. Il segno è rimasto nelle ossa, nella pelle, una cicatrice emozionale per contestare il teorema di Andrej per cui l'unica cosa che farebbe più male dei sentimenti sarebbe una scheggia di granata nella pancia. Mi sono persa, lui continua a parlarmi della famiglia ideale. Deve essersi accorto che lo guardavo con aria interrogativa, non è il tipo di persona che si apre facilmente al racconto e la mia disattenzione non aveva scusanti plausibili se non che sentivo una nota di falsità nella sua voce, non era quello l'oggetto del suo discorso e stava allungando il brodo, il suo modo per testare se poteva fidarsi dell'interlocutore. Un grande affetto mi aveva scaldato il cuore la prima volta che l'avevo incontrato, ci siamo capiti immediatamente e non superiamo mai il limite del non detto. Sappiamo e tanto basta, il tacito accordo tra noi è io non chiedo tu non rispondi, stavolta, però, ho chiesto e lui ha risposto, sempre non chiedendo e non rispondendo. “Ti sei innamorato, eh?”. “Sì”. Una confessione in piena regola, d'altronde da giorni era inquieto, mangiava nervosamente e ogni volta che gli chiedevo qualcosa diventava evasivo. Orgoglioso com'era aspettava pazientemente e sapeva che prima o poi l'avrei capito. Era grande e grosso, aveva salvato la pelle sua e di altre persone anche in mezzo al fuoco incrociato con un coraggio e una capacità straordinarie sapeva affrontare pericoli e difficoltà che a chiunque sarebbero sembrati insormontabili e, come tutti, aveva una paura fottuta dei suoi sentimenti. “Comunque non era di questo che volevo parlarti”, disse riprendendo il suo piglio sicuri. Un'idea gli girava in testa da un po' e aveva deciso di raccontarmela. Eravamo lì, seduti sulla scalinata davanti al tribunale contro i crimini di guerra, intorno a noi giornalisti indaffarati a narrare orrori inenarrabili, guardie borbottanti per la nostra presenza, giuristi in toghe e parrucche con facce tetre e occhi intrisi di cinismo, reporter di guerra abituati a vendere genocidi sensazionali ad un pubblico assetato di storie commoventi, testimoni sopravvissuti a crimini contro l'umanità impauriti da quegli stessi ricordi che avrebbero inchiodato sanguinari miliziani e banalissimi gerarchi corrotti da bramosie di potere prodotti da propagande di odio e violenze inaccettabili, lobbysti di organizzazioni non governative impegnati a far rispettare trattati fondamentali, impiegati di quelle organizzazioni internazionali assorti nel loro codice di sigle per poter passare di grado il più in fretta possibile. E lui lì, in tutto quel trambusto di emozioni contrastanti a chiacchierare non della sua brillante carriera come giornalista di punta e futuro portavoce del primo ministro del suo paese, no, per Emir erano dettagli, l'insalatina verde nella sua vita riempita a forza di emozioni da dimenticare, il contorno necessario a ciò che per lui era davvero importante. Era ora di tornare in aula per il processo. Emir non accennò più al discorso e le nostre vite presero direzioni diverse. Lo avrei incontrato più volte negli anni a venire, per qualche strano motivo faceva parte della mia vita molto più di quanto si possa immaginare. Il destino aveva unito i binari delle nostre esistenze in un fredda giornata della primavera sarajevese.

Il ghiaccio quella mattina illuminava i germogli che si stiracchiavano risvegliando gli alberi e gli uccellini dl torpore invernale. Nonostante mesi di pratica non avevo ancora imparato a muovermi con agilità e, intabarrata nel mio piumino modello mi-sono-alzata-dal-letto-anche-se-non-si-vede, colbacco, sciarpona, guanti e scarponcini all condition gear con carro armato all terrain, guardavo con una punta di ammirazione meravigliata le ragazze cattoliche, ortodosse, ebree, musulmane, atee in tacchi a spillo e capelli al vento che, con ostentata disinvoltura, volteggiavano per le vie cittadine al ritmo di musiche da mercato, richiami di muezzin, suoni di campane e vociare allegro.

Attraverso Piazza della Liberazione cercando di non scivolare sulle partite di scacchi giganti con la stessa delicatezza di una palla da bowling in un negozio di swarosky mentre ragazzini che bombardano di neve fresca gli autobus gialli su cui campeggia la scritta 'Japan' vengono rincorsi a velocità supersonica da agilissimi poliziotti cittadini che però non riescono mai ad acciuffarli. Raggiungo la Dom Armjie, quell'inconfondibile brivido lungo la schiena sempre uguale a se stesso, e poi ecco il mio luogo di salvezza; la caldissima e super affollata caffetteria, libreria, casa editrice BuyBook, gioiello di civiltà austroungarica in chiave ultramoderna in cui è possibile assaporare veri cappuccini di evidente scuola italiana, non quelle imitazioni che si trovano all'estero, oltre a caffè per qualunque gusto e centrifugati rigorosamente bio. Il tutto immerso in una nube di fumo, chiacchiere nelle lingue più disparate, opere d'arte concettuali e fermenti creativi tipici di un paese in piena fase di ricostruzione.

Faccio appena in tempo a scrollarmi dalle ossa il vento gelido che cristallizza goccioline di sudore e a riprendere un aspetto civile prima di incontrare il gruppo di colleghi in cerca di storie da far rimbalzare nei vari angoli del pianeta. Mi convincono ad addentrarmi nella parte interna, si prepara un evento memorabile. Ho sempre nutrito un certo scetticismo per le zone in cui il conflitto si è manifestato nelle forme più atroci, per un misto di diffidenza, paura e rispetto della memoria. Forse anche per una certa pigrizia intellettuale o perché, in fondo, quell'atmosfera dove la voglia di vivere si percepisce a pelle è un piacere insolito, un lusso emozionale in cui mi piace avvolgermi. Stavolta le scuse che tengo pronte in queste occasioni si sciolgono come la neve che fa schiudere i germogli. Mi imbarco con la comitiva in un indimenticabile viaggio nella meraviglia della normalità in un paese in cui tutto è sopra le righe.
Ore che sembrano non passare mai tra ingarbugliate stradine di montagna col fondo ghiacciato, contornate da strapiombanti pendii e pianure ricolme di mine antiuomo tarate sul peso di un bimbo di quattro chili, ci conducono in un una piccola città che non oserei definire ridente. Le facciate dei palazzi decorate da raffiche di granate e i volti degli adulti, giovani uomini e donne cresciuti troppo in fretta, rivelano una desolante tenacia di vivere nonostante le distruzioni di vite vissute sullo sfondo di destini decisi in un altrove tanto lontano da risultare tangibile. Un vociare di ragazzini festanti distrae i miei neri pensieri color della pece e la desolazione svanisce come per incanto. Non c'è tempo di chiedersi il perché di tutta questa allegria, io e i colleghi incontrati da BuyBook veniamo quasi investiti da un'attività frenetica degna delle più affollate peak hours nel centro di New York o Londra. Operai corrono carpenterie varie, insegnanti dal perentorio tono balcanico cercano di tenere buone scalmanate scolaresche, carovane di adolescenti vestiti a festa si spostano in gruppi che farebbero gola a qualsiasi pubblicitario, intere famigliole si muovono a grappoli, politicanti e manager urlano indicazioni cercando di sovrastare il vociare convulso, camioncini improbabili affollano lo spazio sonoro con un concerto di clacson che sembra di essere a Roma quando piove e relative imprecazioni, richiami di venditori ambulanti e gruppi di musicanti klezmer e gitani. Per un attimo, quel frammento in cui posso pensare, ho la sensazione di essere stata catapulta a mia insaputa nel set di un cevapi western, nel bel mezzo di una coloratissima ballata balcanica. Una concitata guida locale inviata dalle autorità ci scorta, si fa per dire visto che lei si destreggia a velocità olimpica con tacchi vertiginosi su un terreno difficile da percorrere anche con anfibi corazzati mentre noi arranchiamo verso una costruzione in cemento armato, il luogo da cui e per li quale sembra originarsi tutta quella gran confusione.
M'illumino d'immenso alla vista di un volto conosciuto. Emir è lì, a dirigere un'orchestra di batticuori ed emozioni. Gli occhi raggianti controllano i più piccoli movimenti della massa vociante con assoluta concentrazione. Vado spedita verso di lui, mi fa cenno di aspettare e mi indica una porta a vetri, un caffè, ampio, accogliente, caldo, in cui l'aroma di dolci si mescola a raffinate note jazz. Dopo il rituale di svestizione, colbacco, piumino, guanti, sciarpone, un paio di strati di maglioni, sistemo sul tavolino il blocchetto per gli appunti, penne, matite, pacchetto di fazzolettini di carta. Sorseggio un cappuccino e cerco di capire il motivo di tanta euforia. Nel caffè ovviamente si parlotta animatamente, commenti al grande evento di cui Emir sembra essere il regista. La mia scarsa conoscenza della lingua mi preclude la comprensione di discussioni tanto partecipate, percepisco l'elettricità nell'aria ma dovrò attendere ancora l'arrivo del mio amico per capirci qualcosa in più. Quando qualcuno entra gli avventori cominciano a fare domande e ascoltano con crescente interesse sviluppi della situazione, se le notizie non risultano sufficientii un gruppetto viene mandato in esplorazione e torna con aggiornamenti soppesati e valutati dagli altri con esclamazioni, risate, raffiche di reazioni. L'intera nazione sembra essersi riversata in quel piccolo paese per assistere al grande evento.

È evidente che non si tratta di qualche commemorazione ufficiale, né tantomeno della visita di qualche personaggio istituzionale, neanche il presidente più potente del mondo potrebbe dar vita ad una tale ridda di commenti e soprattutto ad un coinvolgimento emotivo tanto forte da parte della gente. Dev'esser qualcosa di più delicato, di più importante. Continuo a sorseggiare il cappuccino ormai tiepido quando si apre un varco ed entra la star del momento tra l'ammirazione generale. Emir mi raggiunge nell'improvviso silenzio, ci abbracciamo da buoni amici e, con i quasi due metri di altezza, mi solleva in una dimostrazione tutta mediterranea di affetto e soddisfazione per la mia presenza lì quel giorno. Rispetto le formalità e tengo a freno la mia curiosità finché non si conclude l'aggiornamento sulle condizioni di salute, lavorative e sentimentali dei nostri comuni amici. Leggo gioia nei suoi occhi e questo mi infonde sicurezza, un brivido di profonda felicità attraversa il mio corpo, rendendomi partecipe di quella euforia che fa scricchiolare per un lungo momento il tacito accordo del non chiedo non rispondi. Divertito, mi guarda, comprende lo sforzo e apprezza ma decide anche di tendere la corda della mia curiosità, di titillarla un po' quasi si trattasse di un arco nell'attimo immediatamente precedente allo scoccare del dardo. “Un'idea mi girava in testa da un po'” mi dice testando le mie capacità mnemoniche, erano trascorsi alcuni anni da quel giorno sulle scalinate del tribunale contro i crimini di guerra ma neanche dopo millenni avrei potuto dimenticare l'intensità di quella sua espressione. Il suo sogno Emir non me lo aveva raccontato, io gli avevo creduto e oggi stava per svelarmelo in tutta la sua semplice meraviglia.

Quando si ha a che fare con criminali che finiranno sui libri di storia ci si accorge di una caratteristica distintiva della malvagità e degli orrori: la banalità del male. Anche se i 'cattivi' vengono disegnati come figure intriganti e un genocidio può smuovere coscienze nell'universo, il male, l'attuazione e la progettazione sadica delle più efferate atrocità è sempre, costantemente e quasi scientificamente banale, e forse è proprio la banalità di tali azioni che ci sconvolge al punto da inorridire e farci girare lo sguardo da un'altra parte. Il lampo di determinazione degli occhi del mio amico quel giorno mi fecero capire la differenza tra la banalità e la meraviglia, tra la sete di vendetta e la voglia di rivalsa, tra la cupidigia e la voglia di vivere per realizzare i propri sogni. “Sono qui”, mi mordo le labbra prima di chiedergli qual è questa idea che lo ha tenuto in attività per anni, ha fatto mobilitare la popolazione di un intero paese, la stampa internazionale, ha creato una ventata di fiducia e allegria in giovani vecchi e bambini e ci manca che davvero arrivi anche il presidente della più potente nazione del pianeta! La sfida ce l'ha nel sangue, avrei dovuto immaginare che si sarebbe alzato di scatto per lasciare che nel caffè riprendesse con tono crescente il chiacchierio. Mi rivesto della mia armatura da freddo balcanico, ovviamente mi avvio verso la costruzione in cemento armato a prova di granate, missili e quant'altro l'industria bellica è capace di immaginare. La città, perché adesso sembra proprio una città e non un piccolo paese, è una girandola multicolore. Entro e mi trovo immersa nel sogno del mio amico: una modernissima palestra da basket, un centro polifunzionale con piscina coperta e pista di pattinaggio a rotelle in cui si riversano festanti gruppi di ragazzini, alcuni di loro hanno avuto degli incontri ravvicinati con le sofisticate mine prodotte in Italia e corrono con protesi, altri si spostano in poltrone con ruote.

Con un lancio da tre punti Emir inaugura l'inizio di una nuova avventura e per la seconda volta lo ringrazio per avermi fatto comprendere la differenza tra banalità e normalità. Ora il nome di quella piccola città si troverà spesso nelle cronache sportive, probabilmente giovani campioni andranno in NBA e un giorno non lontano i più grandi giocatori del mondo potrebbero sfidarsi proprio lì, in quella piccola città dove un mio amico testardo ha voluto realizzare un sogno di libertà. E chissà che i ragazzi le cui vite sono state bruscamente e banalmente destinate ad altri mondi non stiano anche loro a fare il tifo per la squadra locale.

©2010.2021

Ispirato ad una storia vera

32

32 esagoni, 32 storie, 32 x 6 righe, un pallone e i mondiali alle porte.  
  1. Una mattina qualunque, sveglia presto, colazione abbondante per scrollarsi di dosso il torpore notturno, una doccia tonificante, vestirsi e iniziare la giornata, inforcare la bici e poi a lavoro. Era ora di preparare le colazioni per la città, o almeno, per quella parte di mondo che si riversava nel bar tutte le mattine per un cappuccino ben caldo, un dolce appena sfornato, un buon caffè, o semplicemente il tepore confortante di quel luogo. Mentre parlava con i clienti abituali in cerca di qualche attimo di familiarità routinaria e con quelli di passaggio, lì per caso o per avere qualche informazione, provava un gusto particolare nell'indovinarne i gusti e creare disegni diversi per le schiume dei cappuccini, piante, volti, cuori e a volte anche personaggi dei fumetti o dell'attualità politica. A dire il vero i caffellatte più gustosi erano quelli senza schiuma, ma quel giovedì di maggio aveva in mente soltanto dei palloni, il simbolo dei mondiali e i volti dei calciatori, che peraltro non conosceva, con un'unica eccezione, storia di quella parte di mondo. Non guardava mai le partite e non capiva bene per quale motivo avesse in mente proprio i palloni.
  2. Una mattina qualunque, sveglia presto, doccia tonificante, vestirsi e iniziare la giornata, un salto al bar per un cappuccino speciale e poi alla fermata del bus per andare al lavoro. Era ora di iniziare la nuova produzione per quegli oggetti tanto semplici che però richiedevano capacità artigiane apprese nel tempo, cui amava aggiungere una sua firma personale, un piccolo dettaglio sempre differente, una cucitura interna più marcata, o un piccolo segno sul tessuto. Quello che preferiva era utilizzare un colore diverso per fermare il filo. Cercava frammenti di colori e li teneva lì, un piccolo arcobaleno filante, i cui raggi raggiungevano luoghi e universi. Palloni cuciti a mano rimbalzavano da un campo erboso illuminato a giorno fino ai più polverosi campetti da oratorio, sulle onde dell'etere verso tubi catodici e satelliti orbitanti in forma di immagini in movimento, tra un televisore un po' più vintage e quelli di ultima generazione negli atri dei baretti di provincia e di città dove gli appassionati si riuniscono per guardare le partite di campionato, bere un bicchiere e sgranocchiare qualcosa. Quel giovedì sarebbe arrivata una comunicazione attesa da tempo, insieme, forse, alle immagini ufficiali dei mondiali.
  3. Una mattina qualunque, no, non era una mattina qualunque. Niente sveglia presto e doccia tonificante, ma occhi cerchiati da livide occhiaie, inequivocabile elemento distintivo di una notte agitata da incubi e nervosismi, che forse soltanto un buon cappuccino speciale avrebbe alleviato. Occhiaie preludio inevitabile di un mal di testa lancinante. Dopo settimane di trattative fittissime, incontri ininterrotti con personaggi di tutte le sfere, alte, basse, medie e intermedie, stava per arrivare una comunicazione attesa da tempo, che avrebbe risollevato le sorti degli artigiani tanto abili ad intrecciare fili di arcobaleni e gli avrebbe garantito quella vacanza tra gli alberi in fiore, le montagne in germoglio e il mare cristallino. Una vacanza sognata, immaginata, progettata fin nei più piccoli dettagli, con la precisione, la cura e l'impegno che profondeva nel suo lavoro. La certezza assoluta del risultato non era immaginabile e le tensioni sul volto e sulle spalle non si sarebbero sciolte, nonostante gli esercizi yogici, le meditazioni e le tecniche di rilassamento, fintanto che non fosse arrivata la comunicazione, peraltro se e soltanto se fosse arrivata insieme ai file ufficiali dei mondiali. Decisamente non era una mattina qualunque, urgeva una buona colazione.
  4. Una mattina qualunque, sveglia presto, doccia tonificante, vestirsi e iniziare la giornata, colazione continentale nel patio e poi un salto al bar per un cappuccino speciale. Una di quelle tradizioni rimaste nelle abitudini quotidiane, negli anni di onorata carriera, a volte non proprio onorata, qualche pecca c'è nella vita di chiunque in fondo, o forse no ma stabilire scale di valori è da moralisti e comunque, cosa dice il proverbio? non avere rimpianti e chi fa per se fa per tre. Provava un gusto particolare ad apprezzare la calda accoglienza di un bar diventato un punto di riferimento in quella parte di mondo, ascoltare le voci della quotidianità tra i rumori di tazze e bicchieri, l'essenza del caffè macinato di fresco e il tepore emozionale del cappuccino. Quel giovedì di maggio stava indugiando un po' più del solito per assaporare appieno il sottile piacere che avrebbe provato nel comunicare una buona nuova, prima di inviare le immagini ufficiali dei mondiali. Per quanto facessero i sostenuti quando cercavano le parole giuste da usare nella delicata operazione di convincimento, sapeva che una buona notizia apre nuovi orizzonti e fa trascorrere notti insonni durante l'attesa.
  5. Una mattina qualunque, sveglia presto, doccia tonificante, ora di vestirsi e iniziare la giornata, spremuta di agrumi, centrifuga di frutta e verdura freschissime per il pre-allenamento quotidiano, prima di una doccia defatigante, un salto al bar per un cappuccino speciale, e l'inizio della giornata in campo. Gli allenamenti sarebbero stati intensivi, i mondiali si avvicinavano e la chiamata in nazionale non era un gioco da ragazzi, c'era da essere fieri e anche un po' agitati. Le immagini delle sue destrezze in campo sarebbero rimbalzate sulle onde dell'etere verso tubi catodici e satelliti orbitanti tra un televisore un po' più vintage e quelli di ultima generazione fino ad arrivare nell'atrio dei baretti di provincia e di città dove gli appassionati si riuniscono per guardare le partite di campionato, bere un bicchiere e sgranocchiare qualcosa. Provava un gusto particolare ad immaginare i sostenitori in quella parte di mondo discutere dei suoi calci vincenti già dalla mattina. Quel giovedì aveva in mente soltanto i crocchi di aficionados intorno ad un cappuccino speciale, con la schiuma decorata o per gli intenditori veri, senza, preparato da una persona speciale che non conosce i nomi dei calciatori.
  6. Una mattina qualunque, sveglia presto, doccia tonificante, vestirsi e iniziare la giornata, un salto al bar per un cappuccino speciale e poi alla fermata del bus per la scuola. Era ora di iniziare a studiare davvero, tempo di compiti in classe, che non avrebbero dovuto oltretutto intaccare le preparazioni per le vacanze e, neanche a dirlo, per l'evento degli eventi: i mondiali. Una di quelle cose che capitano una volta nella vita, che cementano le conoscenze in amicizie profonde e durature, da ricordare minuto per minuto, con tutte le note delle canzoni stagionali che rimarranno impresse nella memoria emozionale. O almeno così sembrava a giudicare da quanto aveva visto fare agli adulti e a quello che aveva visto nei film. Per prima cosa c'era da preparare la colonna sonora, poi da stabilire con precisione assoluta un piano per le uscite serali e last but not least, a sentire gli anglofoni, concertare le ore di studio pomeridiano per riuscire a sfangarla anche questa volta, tra un compito in classe e un'esercitazione. Fondamentale poi, la preparazione delle vacanze, qualcosa tra La bella estate pavesiana e la Fiesta hemingweyana, insomma strepitosa, ovviamente dopo i mondiali.
  7. Una mattina qualunque, neanche per idea. Una giornata caratterizzata dal jet lag permanente e da uno sballottolamento amoroso, per non parlare delle terribili colazioni che aveva dovuto ingurgitare, tra salsicce vegetariane di Salisburgo, sushi di seitan crudo, uova stracotte, formaggi insipidi e brodaglia lattiginosa. Era ora di prepararsi ad una sequela di incomprensibili discorsi da tradurre, mantenendo la gutturale incomprensibilità del linguaggio, se così si può chiamare quell'insieme di versi e parole sconnesse che caratterizza la 'parlata' di calciatori e allenatori. I mondiali si avvicinavano e quel giovedì di maggio si sarebbe svolta la conferenza stampa di presentazione delle immagini ufficiali, le occhiaie risaltavano su un colorito giallognolo tendente al verde. Soltanto un cappuccino non decente o bevibile ma speciale, squisito, strepitoso, avrebbe potuto infondere la forza per continuare quella giornata. Per di più non soltanto squisito ma preparato da una persona che non conosceva i nomi dei calciatori, non sapeva i nomi delle squadre di calcio e che si trovava proprio in quell'angolo di mondo. Forse una ragione per affrontare quella giornata c'era, anche a ridosso dei mondiali, magari con un cappuccino doppio e una bella fetta di dolce appena sfornato.
  8. Una mattina qualunque, rientrando a casa dopo una notte di lavoro. L'aria frizzantina tra i rami germoglianti degli alberi in primavera, l'umidità densa di odori e pollini che sembrano voler esprimere gioia di vivere, qualche ora dopo l'albeggiare, quando la città si sveglia a nuova routine. Una camminata è l'ottimale per risvegliarsi e soprattutto per scrollarsi di dosso l'odore della notte, prima di una doccia rilassante e una sana dormita. Provava un gusto particolare a vedere le strade mutare aspetto fino a tornare verso il giorno e poi fermarsi per una colazione speciale nel bar, microcosmo di quell'angolo di mondo che sapeva infondergli un senso di benessere, soffermarsi un po' ad osservare le guarnizioni sulle schiume dei cappuccini, le varietà di torte dal rassicurante sapore dei dolci preparati artigianalmente. Quel giovedì di maggio però i preparativi per i mondiali di calcio, che certo avrebbero dato un gran daffare, si erano intrufolati persino sulle schiume dei cappuccini, preparati, com'è noto e arcinoto, da una persona che non conosce neanche i nomi dei calciatori, delle squadre di calcio e i calendari delle partite. Forse ne avrebbe capito il senso a mente fresca, più tardi.
  9. Una mattina qualunque, sveglia presto, doccia tonificante, ora di vestirsi e iniziare la giornata che si preannunciava veramente stupenda, sembrava davvero il caso di cominciarla con il lusso di una colazione spettacolare. La corsetta mattutina avrebbe potuto anche attendere a favore decisamente di un momento di pura pigrizia nel bar di quell'angolo di mondo. Provava un gusto particolare a vedere le creazioni del suo studio risplendere nei palazzi, su treni, autobus e aerei, a costituire simbologie contemporanee. Chiamarla soltanto pubblicità sarebbe stato riduttivo, comunicazione integrata, non persuasione, strategia e sinergia, comprensione e suggestioni. Parole e immagini, caleidoscopi di sensi. E in quel giovedì di maggio, dopo mesi di tentativi e proposte, le immagini ufficiali dei mondiali, dopo le modifiche delle ultime ore, sarebbero rimbalzate in tutto il mondo, già immaginava i flash, il glamour e lo stress di tutta quella girandola che stava per mettersi in moto. Stupendo luccichio di notorietà e terribile sforzo di stress che richiedeva una intensiva serie relax nella sua spa preferita con pilates, saune, aereal yoga e tutte quelle cose rilassanti. Una fatica assolutamente impossibile da affrontare, comunque, almeno non prima di uno di quei cappuccini speciali.
  10. Una mattina qualunque, sveglia presto, doccia tonificante, vestirsi e iniziare la giornata, una passeggiata per rinfrescare le idee e poi al lavoro. Quel giovedì si presentava davvero scuro, tempo incomprensibile e probabile agitazione in vista di quei piripicchioli dei mondiali, che se è pur vero che sono importanti è anche vero che sembrano impazzire durante i preparativi. C'era da montare i tubi, riportare a lucido tutta l'attrezzatura, rimodernare, aggiustare, martellare, dipingere, controllare le luminarie, rinnovare le varie componenti, pianificare nei dettagli e organizzare i nuclei di lavoro, tutto avrebbe dovuto essere perfetto almeno all'apparenza e si prevedevano all'orizzonte varie scocciature. Il lavoro non sarebbe mancato, e questa è una cosa buona, ma qualche impiccio c'era da prevederlo con certezza. Non era cosa di affrontare la giornata a cuor leggero, bisognava premunirsi e proteggersi bene. Fondamentale iniziare con una sosta rigenerante per una colazione come si deve, un cappuccino speciale al bar di quell'angolo di mondo. Forse era il latte, forse il caffè, non si capiva, ma una sosta lì era davvero qualcosa che ti rimetteva in sesto e ti faceva affrontare la giornata con un senso di forza e di pace unici.
  11. Una mattina qualunque, sveglia presto, doccia tonificante, vestirsi e iniziare la giornata, una passeggiata verso il lavoro, non ha ancora albeggiato. Gli uccelli in primavera sembrano inebriati dai profumi germoglianti e cantano melodie straordinarie. Il primo turno di mattina ha i suoi vantaggi, sembra poter vedere i fiori stiracchiarsi per sgranchire i petali e salutare il giorno che si annuncia nella meraviglia di una straordinaria gamma di colori. Quel giovedì di maggio il mattino sembrava davvero voler stupire con effetti speciali e tutte le immaginabili tonalità di grigio, nuvolose pennellate su sfondo purpureo, indaco e oro. Lievi piogge di petali bianche, rosa e glicine sembrano danzare con il rosa shocking dell'alba, i gabbiani volteggiano anche in quella parte di mondo. Era ora di prendere il bus e iniziare il giro, non c'era fretta e sapeva che al capolinea ci sarebbero stati gruppetti di commentatori esperti con quotidiani sportivi e la rassegna stampa pronta sugli imminenti mondiali, l'unica cosa a cui pensava in quel momento era il cappuccino e la colazione che avrebbe gustato di lì a qualche ora in quel bar dove il tempo sembrava familiare e non si parlava di calcio.
  12. Una mattina qualunque, sveglia presto, ben prima che la città si desti dal torpore notturno, doccia tonificante, vestirsi e iniziare la giornata, una passeggiata verso il lavoro, albeggerà più tardi, quando la fragranza del pane si spanderà nell'aria, andando a creare quell'inconfondibile alchimia del mattino. Svegliarsi presto era un po' stancante a volte, ma provava un gusto particolare ad immaginare gli odori provenienti dal suo forno mescolarsi a quelli del mondo, deliziando le narici dei mattinieri con un piacevole benessere di tradizioni che si rinnovano. Quel giovedì di maggio aveva pensato di impastare dei cazzotti di grano duro in forma di pallone e poi di decorarli con le immagini ufficiali dei mondiali. Pensava anche di produrre focacce con i colori delle nazionali, per gli studenti, che arrivavano sempre allo stesso orario, avrebbe preparato soltanto pizzette con la bandiera della nazionale, bene educarli da piccoli, mentre per i bambini pensava a frittelle zuccherate da collezionare, per gli adulti un menu speciale da ordinare. Poco prima di aprire la panetteria sarebbe andato a curiosare nel bar, tanto per ispirarsi un po', chissà che stavano escogitando! anche se era proprio un piacere ascoltare il chiacchiericcio.
  13. Una mattina qualunque? Neanche a pensarci, sveglia prestissimo, prima che la città si desti dal torpore notturno, esercizi di stretching e rilassamento ascoltando i primi notiziari, generalmente quelli di economia, poi esteri in varie lingue, doccia tonificante, vestirsi e iniziare la giornata, una passeggiata verso il bar per un cappuccino speciale e per leggere i giornali ben al riparo dal chiacchiericcio del mondo, prima di cominciare ad organizzare le interviste e i giri da fare. Quel giovedì di maggio ci sarebbe stato parecchio movimento, era nell'aria. C'erano i mondiali che premevano sull'agenda settimanale da raccontare e quella lieve emozione di essere nel centro del vortice mediatico, un luogo da cui poter osservare il mondo e comprendere l'attualità, tra commenti, luccicanti eventi, parole sconnesse e gridate, frasi sussurrate, i non detti e gli editoriali. Provava un gusto particolare a capire quello che sarebbe accaduto mentre gli occhi erano puntati sul mondo calcistico, un misto tra una specie di senso del dovere nel controllare i meccanismi della democrazia, nell'accorgersi dei granellini di sabbia inseriti negli ingranaggi quando gli sguardi erano altrove, e un disincatato divertimento per la politica, un amore che si sviluppa gradualmente.
  14. Una mattina qualunque, sveglia presto, ben prima che la città si desti dal torpore notturno, doccia tonificante, vestirsi e iniziare la giornata, una passeggiata verso il lavoro, albeggerà più tardi, quando le risme dei giornali saranno state scaricate e messe a posto, tra riviste, quaderni e penne a sfera. Quel giovedì di maggio sarebbero iniziate anche le richieste per i gadget e gli album di figurine dei mondiali. Provava un gusto particolare ad aprire gli album di figurine freschi di stampa, più dell'odore inconfondibile di carta e inchiostro dei quotidiani, che poi in fondo servono ad incartare le uova e ad accendere il camino, erano proprio gli album che destavano la sua fantasia e una nostalgia dei giochi di bambini, quando si fa a gara per riempirlo prima degli altri e lo si porta appresso, quasi un trofeo o un compagno di qualche straordinaria avventura, quelli dei mondiali, poi, sono conservati con cura per anni e quando si diventa grandi sembrano far riaffiorare finanche le note delle canzoni. Qualcosa da tenere e non leggere parole che si intrecciano nello scorrere dei mesi, che vale la pena di ricordare, come il cappuccino speciale.
  15. Una mattina qualunque, sveglia presto, quando la città si desta dal torpore notturno, doccia tonificante, vestirsi e iniziare la giornata, corsa a scuola per i bimbi, colazione veloce e attenzione particolare all'apparenza, i dettagli hanno una loro importanza, soprattutto quando si ha a che fare con il look delle persone e sono poche le cose che possono cambiare l'umore quanto una capigliatura o un taglio che non rispecchia le aspettative. Per indossare l'allegro viso sorridente è fondamentale, però, uno di quei cappuccini speciali, a volte più d'uno nell'arco del giorno. Quel giovedì di maggio stava pensando che sarebbero iniziate le richieste mondiali, pettinature, unghie, persino tinture e messe in piega, spesso proprio a ridosso delle partite più importanti. C'era da organizzare le serate con gli amici, gli snack e le bibite, essere sempre in forma, brillantemente patinati, emozioni e sentimenti veri da tenere ben al riparo. Pensieri e opinioni appena accennate con frasi superficiali e commenti di una banalità sorprendente. Provava un gusto particolare a fuggire dalla routine per qualche momento di solitudine assoluta, per ascoltare il rumore della primavera e dell'estate, o l'odore di erba appena tagliata nell'umidità dei fulminei acquazzoni.
  16. Una mattina qualunque, neanche per sogno, una mattina strepitosa di quelle mattinate che vorresti durassero una vita intera. Sentimento di assoluta felicità, sembrava che il mondo girasse per mostrarsi in tutta la sua incredibile perfezione. Il centro estetico era in piena attività, poteva quindi dedicarsi alle sue passioni più profonde e aveva potuto concedersi una vacanza strepitosa. Quel giovedì di maggio pensava a, a dire il vero non pensava, tutto sembrava essere stato progettato soltanto per la sua estasi, incredibilmente. La frenesia per i mondiali sarebbe trascorsa mentre si trovava in un luogo dove la sua unica preoccupazione sarebbe stata quale vestito indossare per sentirsi più confortevole. Borse, libri, musica e la seta ad accarezzare dolcemente la sua schiena poco prima della partenza, tra i bagagli, l'agenda, inseparabile strumento, da parte per il momento. Tra i molteplici impegni, provava un gusto particolare a dedicarsi un momento per la colazione. Aveva deciso di indugiare in una colazione ad arte a base di cappuccino speciale con una fetta di torta appena sfornata, sarebbe stato il modo più adatto per un giorno speciale, la cui straordinarietà avrebbe illuminato il suo cammino negli anni a venire.
  17. Una mattina qualunque, no, non c'era niente di normale in quel giovedì d'maggio, all'orizzonte scocciature e nervosismi, lavoro frenetico e niente calcetto. Doccia bollente, tazzona di caffè da tener sveglio un esercito, esercizi di respirazione, tecnologie alla mano, qualche passo per rinfrancar lo spirito prima di immergersi nella giornata che prevedeva atletica abilità tra uno slalom scooteristico e una connessione o qualche cavetto mancante, difettoso o altro. Provava un gusto particolare a ballare dopo il lavoro, era qualcosa di straordinariamente rilassante, che scuote via le incomprensioni e le difficoltà quotidiane e fa ritrovare energia, leggerezza, forza. I mondiali incombevano e stavano per iniziare le conferenze stampa, i collegamenti, le riprese con i macchinari più all'avanguardia, divertenti ma qualche noia c'era da immaginarla. La perfezione non è di questo mondo, forse, anche se su questo punto a volte doveva ricredersi, quando si ritrovava ad ascoltare, usmare e guardare quel momento magico poco prima dell'albeggio. Non c'era niente di normale in quel giovedì di maggio e aveva tutta l'intenzione di arrivare almeno al corso di zumba, quindi avrebbe dovuto mantenere la concentrazione, e per questo urgeva una colazione con fetta di torta appena sfornata.
  18. Una mattina qualunque, sveglia presto, doccia tonificante, vestirsi e iniziare la giornata, inforcare la bici per andare dal vivaio; c'erano da riportare le piante da sistemare e prendere quelle da portare per combinare i differenti colori e le varie sfumature. Stavano per iniziare i mondiali, tutto doveva essere perfetto, c'era da aggiustare le scritte con le piante e far sì che non vi fosse alcuna sbavatura nei colori dei fiori, c'era da pulire le potature e aggiustare le aiuole. Quel giovedì di maggio si prevedeva molto da fare, le nuvole non sembravano troppo minacciose, forse si poteva sperare nel sole o in una pioggerellina leggera, niente inzaccherature ma un buon livello di umidità per rinvigorire le piantine. Provava un gusto particolare a vedere gli sguardi meravigliati per le prodezze dei giardini delle grandi ville antiche o nelle aiole decorate, come quando da piccoli si aspetta per vedere che immagine o quale scritta comparirà senza chiedersi come faranno i fiori a camminare, ma poi c'è sempre qualche rassicurante spiegazione degli adulti che dicono che, non sono le piante a muoversi, i giardinieri li aggiustano. Sensazioni indimenticabili, quali il sapore di una buona colazione.
  19. Una mattina qualunque, sveglia presto, doccia tonificante, vestirsi e iniziare la giornata, una passeggiata per rinfrescare le idee e poi al lavoro. Il telefono non aveva ancora trillato, quindi novità rilevanti non si profilavano, ma c'era parecchio da fare, organizzare le squadre, preparare il piano e soprattutto finire di scrivere il draft report per la conferenza stampa dopo quella per le immagini ufficiali con tutte le indicazioni e le rassicurazioni d'ordine pubblico, un esercizio di pura diplomazia applicata per evidenziare alcune espressioni forse un po' esagerate e altre per placare gli animi e spiegare l'imporanza delle azioni congiunte e sicuramente ben coordinate. I cittadini avrebbero dovuto sentirsi protetti da eventuali tentativi di disturbo alla quiete che sarebbero stati sventati prontamente. Una scocciatura, senza dubbio, ma anche un modo per giustificare la presenza dei differenti reparti dell'arma e le spese ministeriali e governative, nonché le missioni all'estero e le commissioni. Provava un gusto particolare, quando era fuori servizio, ad entrare in qualche libreria ben fornita nei vicoli delle città o nelle stradine caratteristiche dei piccoli borghi e paesi, fare incetta di libri gialli. Quel giovedì di maggio era perfetto per una colazione speciale.
  20. Una mattina qualunque, sveglia presto, doccia tonificante, vestirsi e iniziare la giornata presto ché il mattino ha l'oro in bocca e c'è sempre tanto da fare. Un continuo correre dappertutto, osservare e studiare modi, gesti, comportamenti, abiti, scarpe, accessori delle varie epoche. Saper riconoscere non un decennio ma una stagione da un dettaglio, ricostruire la vita di una persona, capirne il carattere e i gusti da un semplice oggetto, con un colpo d'occhio, era una caratteristica importante per il suo lavoro. Avrebbe poi dovuto vestire di quegli ineffabili dettagli, ricostruendoli e cercandoli in giro per negozi di fiducia, persone con caratteri affatto differenti, facendo in modo di farle sentire a proprio agio. Muovendo con maestria fili reali e immaginari di pelli artificiali, aggiustando e adattando elementi all'apparenza semplici per far in modo di riuscire sempre ad ottenere un risultato perfetto, o tendente alla perfezione. Provava un gusto particolare ad ammirare statue e quadri degli artisti che rappresentano la tendenza delle società e delle persone verso l'eccelso, ascoltando musica barocca e sorseggiando una spremuta di frutta dissetante e vitaminica. Quel giovedì di maggio avrebbe indugiato qualche attimo in più per una buona colazione.
  21. Una mattina qualunque, sveglia presto, doccia tonificante, esercizi di stretching e rilassamento ascoltando i primi notiziari, generalmente quelli di economia, poi esteri in varie lingue, colazione continentale e molto nutriente, doccia tonificante, vestirsi con precisione e attenzione ai dettagli, manicure accurata, e iniziare la giornata, una passeggiata verso il bar per un cappuccino speciale. Aveva sempre pensato che fosse una buona abitudine ascoltare qualche commento sulla vita quotidiana dalle persone più diverse. Il suo lavoro apparentemente costituito da conti e bilanci, era in realtà composto da tanti elementi, la bravura non era tanto nel saper far quadrare il cerchio delle cifre, era piuttosto nel capire le vere esigenze della società, comprenderne le necessità, le aspirazioni e anche le difficoltà. Era importante saper interpretare quel che si celava tra i numeri, e quel che si celava tra i numeri era la società stessa, una capacità essenziale per riuscire ad intercettare i capitali, per far camminare i motori di un'economia in costante cambiamento, nonché ad indirizzarli nei luoghi che avrebbero creato crescita e sviluppo. Provava un gusto particolare a togliersi quella maschera seriosa e quel giovedì di maggio stava per iniziare il torneo fiabesco.
  22. Una mattina qualunque, ma neanche per idea, sveglia prima dell'alba, colazione energetica e salutista, indossare i pantaloncini e avanti con una corsetta nel verde, esercizi di stretching, aerobica, step e rilassamento, rientrare, doccia calda per riposare i muscoli, vestirsi scegliendo con cura gli abbinamenti, eleganza sportiva, casuale e raffinata, ascoltando notiziari e musica dinamica, indossare le protezioni e inforcare la moto, andare a lavoro, passando al bar per un orzo al ginseng. Quel giovedì di maggio si preannunciava complesso e non ci sarebbe stato il tempo materiale per concedersi il lusso di allentare la concentrazione neanche per qualche attimo, tutto doveva essere e apparire perfetto. Avrebbe dovuto infondere fiducia ed evidenziare una forte capacità di essere all'altezza di qualunque evenienza. Provava un gusto particolare per il virtuosismo. Nelle giornate libere non amava tanto spalmarsi su un'amaca a far niente dopo giornate di intenso lavoro, piuttosto andare in giro per città d'arte a visitare musei, gallerie, chiese, teatri per raffinatissimi spettacoli di avanguardia, di balletto o di musica classica o trascorrere ore nelle biblioteche più antiche e fornite, dove era possibile trovare innumerevoli volumi rarissimi. Non sapeva stare con le mani in mano.
  23. Una mattina qualunque, sveglia presto, stretching abbondante per scrollarsi di dosso il torpore notturno, nuotata veloce, una doccia tonificante, vestirsi e iniziare la giornata, colazione abbondante nel patio, passeggiata nel giardino, esercizi di respirazione e meditazione, e in elicottero verso il lavoro. Era ora di preparare le nuove produzioni in occasione dei mondiali e avrebbe dovuto incontrare i responsabili dei vari dipartimenti, uno più noioso dell'altro, la maggioranza persone senza qualità ma molto affidabili. Provava un gusto particolare a far arrabbiare il CdA aggirandosi tra le fila dei non dirigenti per chiedere consigli e scovare idee che riteneva geniali, mandando a gambe all'aria settimane e settimane di ingegnosi e molto elaborati piani di marketing. Aveva costruito l'industria dolciaria con le persone semplici e sapeva che se si vuole davvero avere successo è necessario imparare ad ascoltare, forse era proprio quello il segreto del suo successo. Quel giovedì di maggio aveva deciso di gustarsi la meravigliata reazione del CdA con un gesto eclatante. Aveva inteso parlare di un bar dove venivano preparati cappuccini speciali da una persona a cui non piaceva il calcio, sarebbe stato interessante chiedere un importante e decisamente qualificato parere.
  24. Una mattina qualunque, sveglia presto, stretching per scrollarsi di dosso il torpore notturno, una doccia tonificante, vestirsi mentre i bambini fanno colazione, preparare gli zainetti e iniziare la giornata, veloci verso la scuola. Chiacchierata con insegnanti e genitori, una passeggiata verso il lavoro con piccola sosta al bar per concedersi il lusso di una colazione preparata da una persona a cui non interessa nulla di calcio e calciatori. Quel giovedì di maggio sarebbe stato complicato, non tanto per le immagini dei mondiali che stavano per arrivare e che avrebbero aggiunto surplus alla normale produzione di gadget, cosa che ovviamente avrebbe comportato più lavoro e qualche ritocco al planning finanziario, sperava soltanto di non dover saltare la lezione di zumba. I mondiali non erano iniziati ed erano già antipatici. Provava un gusto particolare a smettere i panni di persona ammodo e concedersi qualche ora per sé, nell'odore di sudore, profumi e pece della sala di danza, avrebbe voluto avere il coraggio di frequentare un corso di danza contemporanea, per ritrovare il piacere della libertà dei corpi in movimento, che fanno pensare alle onde del mare e ai disegni degli stormi nei cieli autunnali.
  25. Una mattina qualunque, neanche per idea, niente sveglia presto per il semplice motivo che non s'era chiuso tutta notte, giusto il tempo di una doccia per riuscire a riordinare le idee e riprendere un'immagine presentabile, vestirsi e poi di corsa al trucco che quel giovedì di maggio ci sarebbero state le telecamere accese per la presentazione dei mondiali e le occhiaie altezza suola delle scarpe non avrebbero certamente fornito una buona impressione, soprattutto considerando che i mondiali non erano nemmeno cominciati. Eh ma che ne potevano sapere del lavoro preparativo e di tutte le scocciature, e la stampa dell'opposizione pronta a criticare tutte le mosse, come se non c'avessero intinto le dita nel giro di miliardi che spostavano eventi di quel calibro, tra assessorati, consulenti, pseudo-esperti, commentatori e quelli dell'opposizione, tanto bravi a sbraitare di questione morale e poi quando c'era da mangiare, pronti intorno alla tavola con la forchetta in mano. Provava un gusto particolare a camminare la mattina, mentre stava per albeggiare, la scorta forse non tanto ma non c'era altro momento della giornata altrettanto gradevole. Un modo per ascoltare i rumori e le voci della capitale, della nazione.
  26. Una mattina qualunque, ma quando mai, avevano cominciato a scassargli con rispetto parlando le basse sfere da giorni e con tutto il da fare che c'era sinceramente non era proprio giorno da affrontare allegramente, tra l'altro non si capiva proprio tutta sta camurria, se fosse arrivato un gruppo di terroristi internazionali ci sarebbe stato meno chiasso. E non erano neanche cominciati i mondiali, la pianificazione della strategia per l'implementazione e la prevenzione si stava rivelando una seccatura che faceva venire certi mal di testa che non si potevano neanche pensare, comunque premunirsi di analgesici sarebbe stata una buona idea. Quel giovedì di maggio stava per essere messa in bilico la sua passione per il calcio, la stabilità della sua emicrania e, cosa che avrebbe certamente richiesto un notevole sforzo di rilassamento, la lezione di zumba. Provava un gusto particolare, appena fuori dal commissariato che dirigeva, ad andare nella scuola di danza, era l'unico posto dove poteva togliersi la maschera che il lavoro imponeva per divertirsi e dimenticare delitti e orrori. Era ora di smettere di preoccuparsi per la lezione di zumba, andare a lavoro e fare il possibile per arrivare in orario.
  27. Una mattina qualunque, non scherziamo, non immaginiamo l'inimmaginabile, non sarebbe stato possibile svegliarsi stretchando il corpo con movimenti felini, massaggiare con movimenti ayurvedici mani e piedi, cospargersi di crema a base di bardana prima di affrontare un bagno aromatizzato con sali termali e olii essenziali tonificanti, asciugarsi con teli bagno in microfibra naturale, proteggere la pelle con mousse idratante oil-non-oil, vestirsi accuratamente con apparente e ricercatissima casualità, preparare il borsone e una colazione ipo-calorica, iper-nutriente, multi-vitaminica, vegetariana che la carne sviluppa tossine, e passeggiata verso lo studio di danza. Quel giovedì di maggio avrebbe decisamente preso un cappuccino e possibilmente una centrifuga fresca con pezzettino di torta gustosa e abbastanza salutista prima di recarsi alla presentazione ufficiale dei mondiali, più che altro un gesto di cortesia, visto che l'anteprima per la sua coreografia sarebbe stata presentata di lì a qualche giorno, anche se avrebbe volentieri fatto una passeggiata al mare. Comunque sempre meglio esserci o forse no. Provava un gusto particolare a portare con sé le parole della straordinaria pioniera, e osservare i movimenti del mare, ricercando nelle onde la medesima isprirazione che aveva rivoluzionato la danza.
  28. Una mattina qualunque, sveglia presto, doccia tonificante, ora di indossare il vestito rituale e iniziare la giornata, che si preannunciava piuttosto semplice, non v'erano sorprese all'orizzonte, non si prevedeva molto movimento e non c'era che dire, forse si sarebbe riusciti persino ad aggiustare quel rosone il cui restauro troppe volte era stato rimandato ora per un motivo ora per l'altro. Anzi neanche una visita improvvisa del cardinale in persona avrebbe potuto far saltare il buon proposito della mattina, era il caso di rafforzare questa convinzione snocciolando le preghiere del mattino. Provava un gusto particolare ad osservare il rosone di vetro colorato con la struttura in ferro e intarsi in lamelle di marmi pregiati, sembrava che i raggi di luce che filtravano fossero un'ispirazione e un'elevazione dello spirito. Quel giovedì di maggio, però, doveva aver pensato troppo presto. Per qualche incomprensibile mistero il disegno celeste voleva altrimenti, e non c'era molto da fare per contrastare la volontà divina quando si parlava di eventi. Seppure il cardinale non fosse arrivato all'improvviso, eventualità che forse avrebbe potuto sì rimandare di qualche ora il restauro del rosone, ma certamente non scombinare a tal punto la giornata.
  29. Una mattina qualunque, sveglia presto, colazione abbondante a base di cereali, yogurt e succo di frutta, una doccia il più veloce possibile che lavarsi sarà anche una cosa importante ma è davvero una gran seccatura, vestirsi, preparare lo zaino e iniziare la giornata, inforcare la bici e poi di corsa verso la scuola, con fermata d'obbligo all'edicola, non tanto per i fumetti e certo non per i giornali che a volte volevano far leggere a scuola beninteso, ma per sapere se era già arrivato l'album dei mondiali, aveva sentito al giornale radio la sera prima che l'indomani sarebbe stata presentata non sapeva cosa comunque qualcosa e forse avrebbe avuto il primo album della classe. Provava un gusto particolare ad aprire le buste delle figurine, quell'odore inconfondibile di carta, colla e la sorpresa di sapere quali c'erano e quali mancavano, quelle dei mondiali, poi, erano davvero, che dire, mondiali e non si sapeva neanche che colore avevano. Ci sarebbe stato ancora da aspettare, e sì al notiziario avevano detto che avrebbero presentato le immagini e che quindi stavano per arrivare, non sapeva quante copie, però e, sì, avrebbe messo un album da parte.
  30. Una mattina qualunque, sveglia presto, ben prima che la città si desti dal torpore notturno e che quei pigri degli studenti comincino a vociare per le strade intorno casa, caricare la lavatrice da accendere più tardi che se no pare di disturbare il silenzio di quando albeggia, accendere la radio per ascoltare i notiziari, anche se gli speaker sembravano sempre un attimo indietro rispetto a quanto accedeva nel mondo, o almeno a quanto accadeva davvero, aprire le finestre, una spazzata e una lavata in casa ché avere tutto pulito mette di buon umore, acqua alle piante e sistemare un po' i vasetti fuori e i fiori sul tavolo, pulire e cuocere le verdure giusto in tempo per godersi l'alba, spettacolare quel giovedì di maggio, si capiva dalle nuvole, infornare un ciambellone, doccia calda, e una sana colazione tradizionale con una spremuta di arance, un buon caffè espresso e un pezzetto di torta appena sfornata, stendere i panni, vestirsi e via. Provava un gusto particolare ad iniziare la giornata di buon ora, preparare qualcosa di buono, poi uscire per una passeggiata e un cappuccino al bar per sapere quello che accadeva nel mondo.
  31. Una mattina qualunque, no davvero, una giornata che si preannunciava strepitosa alla scoperta della città per quel viaggio pensato, immaginato, sognato da anni, sveglia presto, una doccia tonificante, vestirsi e iniziare la giornata con colazione abbondante per scrollarsi di dosso il torpore notturno, lettura incrociata di guida turistica in edizione tascabile con la cartina dei monumenti, orari e percorsi degli autobus, stradario, guida letteraria ed eno-gastronomica dei luoghi, libro di storia, quaderno, penna e matita per gli appunti sul programma del giorno, scrittura di alcune righe con le impressioni del giorno precedente poi una passeggiata tanto per perdersi nella nuova città per provare quel sentimento di novità assoluta, quel brivido di avventura mista a voglia di scoperta, per poi proseguire nel percorso. Quel giovedì di maggio la passeggiata avrebbe portato l'inconsapevole sconosciuto verso un bar dove una persona che non sa niente di calcio prepara cappuccini speciali, ma il programma richiedeva di rispettare un percorso preciso e non c'era tempo di perdersi. Provava un gusto particolare a rileggere gli appunti delle vacanze, sembrava di poter ritrovare quel senso di spaesamento, rivivere gli odori, i suoni, le luci, i sapori, le sensazioni.
  32. Una mattina qualunque, sveglia presto, colazione abbondante per scrollarsi di dosso il torpore notturno, doccia tonificante, preparare il pranzo nel thermos, indossare gli abiti da lavoro e iniziare la giornata, un salto al bar per un caffè o un cappuccino. Quel giovedì di maggio sembrava una di quelle giornate in cui la precisa pianificazione delle opere di manutenzione e riqualificazione da parte di esperti, ingegneri, architetti, ragionieri, tecnici agrari e urbanistici, estimi, stava per esprimersi nel modo più rispettoso del carattere nazionale. Si prevedeva infatti un po' di confusione per i mondiali e sarebbe stato necessario operare alcune modifiche sostanziali all'assetto viario urbano ed extraurbano che avrebbero certamente apportato delle migliorie nel futuro prossimo e nel frattempo avrebbero potuto anche portare un po' di colore in più alla già coloritissima situazione della viabilità. Qualunque persona di buon senso avrebbe svolto i lavori durante la notte o nelle prime ore del giorno, pivellini, la commissione di esperti ai lavori pubblici, che aveva previsto l'inizio e lo svolgimento dei lavori proprio in concomitanza con gli eventi che avrebbero richiesto uno sforzo ulteriore di sicurezza e di pazienza da parte dei cittadini, c'era più gusto.
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domenica 29 maggio 2011

Autobus 3

I pendolari prendono l'autobus nei giorni lavorativi in orari ben definiti, utilizzano percorsi calcolati con precisione assoluta e hanno studiato opzioni di riserva pronte all'uso nel caso di imprevisti effettivi, che non includono ovviamente le manifestazioni laiche e religiose e i grandi eventi sportivi che si avvicendano nel centro cittadino a giorni alterni con picchi di cinque o sei sul medesimo percorso della stessa linea e che sono ovviamente parte integrante della normale quotidianità.
Il pendolare si riconosce grazie alle straordinarie capacità di individuare e intercettare i sedili liberi o in procinto di liberarsi, di essere sempre fornito di qualunque giornale freepress sia presente su piazza, e in base all'armamentario di oggetti all'apparenza innocui che trasporta con sé trasformandoli all'occorrenza in veri e propri utensili di sopravvivenza urbana. Il pendolare sa captare il passeggero sprovveduto e, in fermata, è capace di scoraggiare chiunque a salire sull'autobus su cui intende viaggiare con spiegazioni, inganni, ipnosi e azioni di trasformismo. Il pendolare esperto è organizzato e coalizzato, ad ogni fermata è possibile individuarne esemplari dall'aria innocua muniti in realtà di perfide strategie di dissimulazione. Camaleontico, si mimetizza tra i neofiti, trarrebbe in inganno anche Hercule Poirot, si assottiglia nel cono d'ombra del tabellone con le indicazioni sulle linee notturne che a quell'ora neanche un turista consulterebbe, scambia messaggi sms con i pendolari delle fermate precedenti e successive in una sequenza ispirata a tam tam dei nativi americani, tanto precisa che la NASA sta cercando di studiarne il funzionamento e gli orologiai svizzeri tarano i meccanismi perfetti delle loro creazioni sul ritmo sequenziale delle vibrazioni dei telefonini, semplicemente per controllare ed eventualmente agire sul livello di affollamento della vettura. Nel caso, infatti, di un numero eccessivo di passeggeri, parte la prima raffica di sms con conseguenti azioni performative urbane, antesignane dei moderni flashmob, in cui si inscena la teatralità più profonda della società italiana e la fantasiosa inventiva della creatività capitolina.
Un fasullo sciopero improvviso dei pulitori delle vetture rigorosamente non segnalato dal notiziario, anche i neofiti hanno imparato a consultare l'apposito scioperometro prima di decidere se utilizzare gli autobus di linea, perché non organizzato a livello nazionale ma soltanto circoscrizionale indi ragion per cui è assolutamente sconsigliabile aspettare quella linea di bus che tanto non passerà in quanto in partenza dal capolinea situato nella circoscrizione del XXXII municipio aggiunto, che sì, certo che i municipi a Roma sono di meno, ma nominalmente, si sa come funziona la burocrazia, comunque quello in cui c'è lo sciopero dei pulitori e quindi da lì non partono, meglio, decisamente meglio, fare qualche metro a piedi e dirigersi verso la vicina linea di tram che porterà alla metropolitana certamente più veloce. Il pendolare attende che il neofita si sia allontanato in piena costernazione e gli occhi colmi di gratitudine per l'avvertimento che davvero a Roma non si sa mai che cosa aspettarsi, si appropinqua alla fermata dell'autobus su cui deve effettivamente salire e fa uno squilletto sul telefonino per segnalare lo scampato pericolo al collega pendolare che sta ancora osservando la tabella dei notturni.
Una manifestazione con percorso altalenante 'dove deve andare lei?' chiede il pendolare con fintissima compassione al neofita ignaro e già un po' preoccupato, 'ah e non vorrà mica prendere il 110/95???' al malcapitato si disegna un punto interrogativo sul volto, segno inequivocabile che il gancio potrebbe funzionare, 'no glielo dico perché oggi fa un percorso diverso, e infatti io non lo prendo mai perché fa un'altra strada ma oggi mi ha telefonato la suocera della cugina del fioraio che abita accanto alla portinaia dello stabile del nipote del panettiere che c'ha un cognato che lavora accanto all'ottico della maestra dei nipoti della signora Lia che ha incontrato il fruttarolo dove mi madre è andata a comprare la cicoria stammatina presto che così la serve meglio e che gli ha detto che oggi dovevo andare alla società dei telefoni a sbloccare il cellulare della figlia dell'amico del nipote del preside della scuola dove va mia nuora perché un compagnuccio gli ha diggitato non so quale codice sulla tastiera e co' ste tecnologgie moderne fanno certi macelli ogni volta ma siccome m'aveva fatto un favore con i morsetti della batteria allora mi tocca andarci a me, e prendo il 110/95 che proprio oggi per una manifestazione dei lavoratori dell'aeroplumeggiamento farà un'altra strada'. Il neofita è ormai stordito, preoccupato e allarmato per le possibili conseguenze di una variazione nel percorso del bus, la sfilza di parentele e amicizie lo ha fatto cadere nella trappola del pendolare camuffato da utilizzatore casuale di autobus e di una linea pergiunta neanche nel suo tragitto, l'aeroplumeggiamento è parola abbastanza complicata, soprattutto se 'biascicata', smozzicata tra le altre tanto da risultare non inventata bensì mal compresa, è pronto ad ascoltare con occhi e orecchie, 'eh no, guardi' puntini di sospensione per creare suspance senza perdere il livello di attenzione e credulità, disorientare con fintissima concentrazine per immaginare un percorso alternativo.... 'le conviene fare un dieci metri a piedi, prende il tranve e poi la metro che se prende questo 'ndo va? la porta da 'n'altra parte eh non j'è comodo, no je conviene de prende il tranve lì a una decina di metri e poi chiede me pare' espressione utilizzata ad arte per non tradire la profonda conoscenza dei percorsi urbani 'che forse va verso la metro ma non lo so perché non so tanto pratico cogli auti, sì je conviene chiede quando arriva alla fermata del tranve, e sì, per fortuna che m'ha 'ncontrato e j'ho chiesto 'nd'annava che sennò chissà che giro faceva che poi co 'sto traffico....buonagiornata, prego, prego, arrivederci, ma se figuri, se non s'aiutamo tra noi cittadini, eh sì a Roma se sa, buonaggiornata', quando il neofita arriverà alla fermata del tram ovviamente l'autobus in questione sarà già ripartito e il pendolare mimetizzato al sicuro nel suo percorso quotidiano.
La dilatazione dei corpi all'interno della vettura nelle prime fermate è essenziale alla riuscita dei vari piani di dissuasione e consiste nella capacità di creare una sorta di cordolo umano in punti strategici quali le portiere, il vetro anteriore vicino all'autista e il vetro posteriore per dare la sensazione della pienezza, ed è qui che il pendolare sciorina i suoi utensili di sopravvivenza urbana con composizioni artistiche di borse, giacche e cappelli che, opportunamente sistemate con maestria affinata nel tempo, accrescono l'effetto visivo modello sardine che farebbe passare la voglia di entrare nell'abitacolo anche ai turisti più determinati muniti di teste d'ariete, campioni di rugby della contea e guide multilingue per controllare i refusi, i pendolari hanno qualche anno di esperienza sulle spalle e vari centimetri di tacco in più sotto le scarpe rispetto ai forzuti e corporativi studenti.
Il pendolare docg è accessoriato con giornaletti freepress, libri da leggere in piedi, libri da leggere comodamente seduti sul loro sedile preferito, libri da leggere all'andata e libri da leggere al ritorno in caso di nervosismo o impreviste gratificazioni, completo per maglieria con ferri di varie numerazioni, gomitoli, portagomitoli da viaggio, borse a tracolla con leggio cartamodelli portatile, thermos di caffè e cappuccini caldi o freddi in base alla stagione, giacche e cappelli per il mimetismo urbano e le simulazioni scatola di sardina, trousse per trucco e parrucco, giornali acquistati non tanto in base alle preferenze politiche quanto bensì alle coordinate sedile-linea di autobus-corrimano e quindi variabili in base al percorso, bottigliette d'acqua e un minimo di due telefonini, di cui uno in dotazione dalla compagnia di trasporti al secondo abbonamento annuale e l'altro privato. Il tutto stipato in borse casuali e all'apparenza, ma attenzione che le apparenze ingannano, normali per dimensioni e forma.

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Autobus 2

Il turista accorto sa anche che è bene evitare l'ora di punta del pendolare esperto. Eh sì, i passeggeri delle oltre seimilacinquecento linee di autobus urbani a Roma, senza contare i tram, i trenini metropolitani, i treni regionali e la metro, costituiscono un vero e proprio microcosmo all'interno della città che racchiude due stati e mezzo. La prima, fondamentale distinzione è tra pendolari ed esperti e neofiti e turisti.
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Autobus 1

Vivere nelle province spesso vuol dire anche attuare una scelta ecologica o di comodità, i pendolari si spostano su autobus semivuoti o carichi di studenti, un mondo a parte, da raccontare.

Il o la conducente dell'autobus a Roma si chiama autista o, per gli affezionati alla tradizione linguistica, autiere. I o le conducenti, e sì perché in un tempo remoto si trattava di mestiere maschile e quindi non esiste un sostantivo neutrale e rispettoso dell'identità di genere e del principio di eguaglianza per definire quello che nella città eterna, si chiama per l'appunto autista, o autiere, o ancora 'capoo' con due 'o'. Capoo si utilizza generalmente per richieste in dialetto che prevedono ovviamente un comportamento dialettale, dalle fermate non segnalate alle richieste di aprire le portiere per consentire il deflusso di un blob di persone sardine o per scastrare lo zainetto dell'adolescente di turno cui ha suonato sei volte la sveglia prima di riuscire ad alzarsi dal letto grazie alle proteste del vicinato, del cane del signor Nespo, delle scampanellate della signora Lia, degli uccellini, dei galli di campagna che avevano sentito anche loro e si sono recati in bella posta sotto la finestra dell'adolescente il cui zainetto si è incastrato nella portiera mentre con balzo felino da giaguaro raggiungeva il predellino del bus che lo avrebbe condotto a scuola, scatenando la classica richiesta “capoo.. cheapri ar centro che s'è 'ncastrato 'n pischello?”. A questa richiesta solitamente segue un coro di commenti e una ridda di aneddoti “Eh ma 'sti regazzini non si svegliano mai in orario” “Eh non è come ai miei tempi quando a piedi si doveva andare o al massimo col calessino”, calessini da tempo immemore ad uso esclusivo dei turisti, c'è da precisare, ma pur di proseguire la litania tutto fa brodo. “Eh ma gli auti so' sempre pieni e poi capita che se 'ncastreno sempre 'sti regazzini”, frase bonaria preludio ad una vera e propria giaculatoria, un condensato di romanità. “Eh ma però è stato gentile a aprì che l'altro giorno un autista è partito co tutto'o zainetto de fora, nel mentre è passato un motorino col sidecar (pronuncia sidecar o saidecar) e j'ha tranciato de netto il zainetto che oltre ai libbri ce stava pure un giornaletto de fumetti zozzi che uno dei fojji è annato a fini' contro er casco de 'n pizzardone in moto che pe' fortuna che stava imbottijjato ner traffico pure lui che sennno prima je sparecchiava a faccia e poi 'o portaveno pure 'n galera che io dico ma la madre e er padre 'ndo staveno?”. Da copione a questo punto le portiere si aprono d'incanto liberando lo zainetto e l'adolescente di turno.
L'etimologia di autiere non è così ben definita, ha poco a che fare con gli autisti militari, attuale Arma dei trasporti e materiali di cui Ettore Guizzardi fu forse il più famoso e avventuroso esponente. Ho sempre pensato che fosse una parola macedonia tra cocchiere e conducente d'autobus, perché nonostante le mirabili unificazioni tariffarie, il conducente di tram continua ad essere appellato tramviere o tranviere, ovvero guidatore o conducente, per rimanere in gergo capitolino, der tranve. D'altronde gli autobus a Roma fanno pensare vagamente alle diligenze, le carrozze a cavalli che attraversavano il far west nei film con indiani e cowboys, quelli americani, però, non gli spaghetti western diretti magistralmente da Sergio Leone, con gli sguardi magnetici di Clint Eastwood e le musiche indimenticabili di Ennio Morricone. Gli assalti alla diligenza, nel caso degli autobus, variano in base all'orario.
  • La mattina, nella fascia 'scolastica', gli indiani o i banditi sono le orde di turisti fai-da-te o dei gruppi di ammutinati che hanno preferito uscire dall'albergo un'oretta prima, nonostante gli avvertimenti di, in ordine sparso:
  • guide turistiche tascabili in quindici lingue per confrontare i refusi,
  • albergatori,
  • camerieri,
  • gestori di pensioni,
  • autisti di pullman gran turismo,
  • baristi,
  • passanti,
  • conoscenti
  • e pure della signora Lia che, dopo aver svegliato il vicinato al quarto suono della sveglia del ragazzino a cui si è incastrato lo zaino e prima di annaffiare le piante che sennò quella del terrazzo di sotto capace che chiede la riunione di condominio pe' du' goccette d'acqua, si è recata personalmente in loco ad avvisare le orde di turisti che imperterriti hanno deciso di prendere il bus proprio in quella fascia oraria.
In tutte le diligenze che si rispettino esiste un servizio di sicurezza interno, niente a che vedere con quegli energumeni attrezzati di auricolari e doppiopetto che si aggirano davanti ai localini trendy o intorno alle auto blu, di politici, sottosegretari, ministri, lacchè che ogni giorno sfrecciano a sirene spiegate tra gli imbottigliamenti quotidiani e gli improperi di automobilisti, pedoni e guardie notturne appena andate a dormire, piuttosto esempi di difesa corporativistica. Gli studenti pendolari, infatti, di fronte all'assalto alla diligenza da parte delle orde di turisti, si dilatano, un po' anche per il gusto di contestare la prof di scienze che fa le interrogazioni a sorpresa. Contro qualunque legge della materia si esibiscono nel numero della fusione dei corpi che se li vedesse la prof dovrebbe chiedere la riscrittura del libro di testo; poi questo corpo unico fatto di occhialini, lettori musicali, versioni di latino scaricate da internet, sneakers, pettinature improbabili, zainetti costruiti apposta per incastrarsi fra le portiere degli auti (plurale di autobus), sogni, emozioni, testosterone, paure, illusioni, appunti copiati, e vite da scrivere, si dilata fino a strabordare. Una massa impenetrabile e tuttavia permeabile ai propri simili. Gli studenti vengono selezionati dal corpo unico, riconosciuti come parte di quell'organismo vivente e portati dalla propria parte, ovvero fatti salire sul bus nonostante l'affollamento. L'autiere, al contrario del semplice conducente, si schiera dalla parte dei 'buoni' e cerca di fare gesti inequivocabili alle orde di turisti per poi aprire lentamente le porte seguendo il ritmo del corpo unico e consentire così una maggiore libertà di movimento al comitato per la sicurezza interna. Le orde di turisti sono implacabili, devono raggiungere la località segnalata sulla guida e non si faranno certamente fermare da un gruppuscolo di mocciosi. Si preparano all'assalto con una testa d'ariete, di solito un turista particolarmente panciuto campione in carica di rugby della contea che si lancia nella mischia con l'effetto di rimbalzare miseramente dopo vari respingimenti corporativi fino all'apertura di un varco tra gli zaini, gli occhialini, le sneakers, le emozioni e i sogni, o fino alla chiusura delle portiere con la complicità dell'Autiere Denominazione di Origine Controllata e Garantita (ADOCG).
Altra tecnica di assalto è quella in cui un turista minuscolo spalleggiato da energumeni allevati ad hamburger, ormoni, patatine fritte e latte vitaminizzato, cerca di forzare il blob con azioni atte a distrarre l'attenzione dei difensori della fascia oraria scolastica. Mentre gli energumeni spingono ai lati, la testa d'ariete del caso cerca di farsi strada tra calzettoni e jeans, spesso seguendo la traiettoria di uno studente individuato nel marasma e munito di apposito lasciapassare, l'inconfondibile zainetto. Se la testa d'ariete riesce nell'intento, l'ADOCG chiude con scatto repentino le portiere lasciando a mezz'aria il malcapitato che si ritrova a svolgere l'ingrato compito di dissuadere gli scooter a passare a due centimetri dalle portiere in fase di apertura grazie al movimento frenetico a sforbiciata orizzontale delle gambe agitate fuori dal bus, mentre gli studenti utilizzano la parte superiore del turista per una partita a scacchi tra una fermata e l'altra che tanto c'è traffico e l'attesa è lunga. Ovviamente se un gruppetto di studenti dissidenti si trova a prendere il bus durante la fascia turistica può ben pensare che in fondo in fondo una passeggiatina a piedi ossigena i polmoni anche nella strada più trafficata e inquinata della città.
Al conducente, come ben specificato sul cartello apposto accanto alla cabina, non si deve parlare. Quando qualcuno chiede informazioni sul percorso, non distoglie gli occhi dalla strada, accenna un sorrisino appena percettibile allo sguardo esperto dei passeggeri navigati e si esibisce in una serie di indicazioni fuorvianti che porteranno l'incauto questuante dalla parte opposta della città. I guidatori sono una specie a parte. Abituati a risolvere all'istante problemi all'apparenza complessi, taciturni o chiacchieroni, accomodanti, scorbutici, piacioni, allegri, scordarelli, o fischiettatori, per qualche incomprensibile ragione sono felici di vivere e non si stupiscono più di niente.  Rivestissero il ruolo di consiglieri di amministrazione o di molti statisti, gran parte degli scioperi e delle manifestazioni che a giorni alterni si materializzano per le vie della capitale sarebbero aboliti per la semplice ragione che i problemi sarebbero risolti nell'arco di validità di un biglietto integrato a tempo, in un bit, ma poi forse si perderebbe un po' il gusto a camminare in una Roma tutta ordinata e pulita senza orde di turisti, blob studenteschi e organizzatissimi pendolari.

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