giovedì 27 maggio 2021

I pappagalli accaldati

 

C’era una volta e c’è ancora un bellissimo parco naturale in cui svolazzano felici uccelli di varie specie e rapaci capricciosi.

Vi sono aquile dalla coda bianca e aquile dalla testa bianca, gufi di tanti colori e dimensioni, barbagianni, falchi e poiane.

Un giorno di una insolita primavera giunse da Sud uno stormo di pappagalli multicolore.

Ve n’erano di tante specie e dimensioni ma soprattutto avevano la caratteristica decisamente poco usuale di cercare un po’ di refrigerio.

“Che caldo che fa – disse una maestosa Ara – il mio becco goccia a più non posso”.

“E meno male che non abbiamo le ghiandole sudoripare, altrimenti sai che puzza!”, faceva eco un altro psittaciforme, che è un modo più corretto per chiamare i pappagalli.

Tra tutti gli altri pennuti, l’unico che si fece coraggio fu il Grifone che non si fa specie a cibarsi di carne cruda o frollata, ossia di animali vivi o morti, e disse: “Buondì signori e signore. Cosa ci fate voi in questo luogo così poco simile al vostro habitat?”.

“Ah non ce ne parlare – rispose l’Ara che aveva l’abitudine di mettere becco su tutto e di voler sempre mettersi in mostra, spesso lamentandosi teatralmente – certi umani ci hanno utilizzato come animali da compagnia nelle fredde lande del Nord America e ora non riusciamo più ad ambientarci nelle nostre zone. Abbiamo provato ad adattarci a qualche parco pubblico ma sentiamo sempre caldo”.

“Dillo a me – rispose ancora tremante l’aquila dalla testa bianca – io ho rischiato di morire di pfame dopo essere stata allevata dagli umani e meno male che ho incontrato la mia amica cornacchia che mi ha insegnato a cacciare di nuovo altrimenti ora sarei bella e stecchita”

“Beh, benvenuti”, disse il corvo che era tutto fuorché maleducato e fu così che i pappagalli trascorsero gioiosamente la primavera e l’estate in compagnia ma quando giunse l’autunno cominciarono a sentire un gran freddo: ormai avevano ritrovato la loro libertà e si erano riadattati a vivere nella natura e fu così che decisero di seguire i loro amici migratori verso Sud e di tornare tra le foreste tropicali.

Prima di andare via, però, organizzarono una grande festa e ballarono per una notte intera fischiettando allegramente It don't mean a thing, if it ain't got that swing

lunedì 24 maggio 2021

I remi in barca da 108 a 110

 

108.

 

EGLE: Ma perché stanno fermi?

ALTEA: Forse stanno parlando

ERMANNO: Uhm

EGLE: Lui si sposta

ALTEA: No, è lei

ERMANNO: Sì, lui la sta seguendo

EGLE: Ah, scusate, questo è il segnale di Charlotte?

ALTEA: Sì, questo, vedi

ERMANNO: Tornano indietro

EGLE: Ma non c’è l’audio?

ALTEA: Ma non dicevi che eravamo troppo invadenti?

ERMANNO: Ci sarebbe pure

EGLE: E vabbè che c’entra?

ALTEA: C’entra c’entra

ERMANNO: E adesso perché lei scappa?

EGLE: Che le abbia fatto qualcosa?

ALTEA: No, è un bravo ragazzo

ERMANNO: Mai fidarsi di quelli altolocati

EGLE: Sì, è vero, pensano di poter fare tutto quello che vogliono

ALTEA: Grazie per avermi tranquillizzata

ERMANNO: E perché Pierluca non la segue?

EGLE: Charlotte sta tornando da lui

ALTEA: Si avvicinano al portone insieme

ERMANNO: Ma che fanno?

EGLA: Non hai sentito il portone? Vai ad aprire

ALTEA: Ma vengono su insieme?

ERMANNO: E che ti devo dire?

EGLA: Calma, non vi dovete preoccupare, adesso però aprite il portone

ERMANNO: Sì, certo

ALTEA: Vado io, tu stai andando in confusione

EGLA: Altea, il citofono è dall’altra parte

ALTEA: Ah sì, certo, me lo ricordo me lo ricordo come no

ERMANNO: Io preparo un caffè corretto

EGLA: Rispondi!

ALTEA: Chi è? Sì, certo tesoro, sali, Sali

EGLA: Stanno arrivando insieme?

ERMANNO: Sì

EGLA: Mettete da parte i dispositivi di tracciamento

ALTEA: Ah, già subito, sono presentabile? Come ho i capelli

ERMANNO: Sei bellissima amore mio

109.

 

ERMES: Sbrighiamoci o faremo tardi

IRINA: Andiamo a piedi?

MARIACRISTINA: Sì, dovremmo fare in tempo

GINEVRA: Io preferirei

ERMES: Hai una faccia…

IRINA: Ginevra, Layla è una artista molto talentuosa ma è anche molto più grande di te

MARIACRISTINA: Già e poi non è un po’ presto per decidere tutto della tua vita?

GINEVRA: Cioè?

ERMES: Cioè magari ti potrebbe piacere anche il caso umano AHAHAHA

IRINA: Intende David

GINEVRA: Se intendi David o qualunque altro maschio sulla faccia della Terra no

MARIACRISTINA: Layla è la prima persona di cui ti sei innamorata?

GINEVRA: Sì

ERMES: Ecco, quello che ti sta dicendo Macrì è lascia il tempo alla tua sessualità di svilupparsi liberamente, non ti costringere da subito entro recinti mentali che ti precluderebbero una felicità futura

IRINA: La felicità non è necessariamente nella famiglia tradizionale

MARIACRISTINA: Che bella frase, definisci famiglia tradizionale

GINEVRA: La famiglia è un concetto in evoluzione continua direi

ERMES: E anche tu lo sei, non pensi?

IRINA: Mi spiace dirlo ma sono d’accordo con loro. Puoi sempre sposarti e trovare la tua felicità altrove ma perché disperdere il patrimonio per un’infatuazione adolescenziale?

MARIACRISTINA: Sì, dai, non essere ipocrita.

GINEVRA: Io ipocrita?

ERMES: Bacchettona? L’amore unico e incontrovertibile, ma chi ci crede? Guardaci: io e Macrì ti sembriamo infelici?

MARIACRISTINA: Cioè, siamo fatti l’uno per l’altra ma se, per dire, mi venisse un’infatuazione per, che ne so?, Irina o te, non sarebbe certo lui ad impedirmi di esplorare territori amorosi e sensuali

ERMES: Assolutamente! E perché poi? Per vivere una vita di insoddisfazioni? Modernizzati cara, la famiglia è una cosa, la passione amorosa è un’altra

IRINA: Lo dicevano anche le trobairitz

MARIACRISTINA: Le chi?

GINEVRA: Donne che cantavano l’amor cortese nell’Alto Medioevo

MARIACRISTINA: E che dicevano?

GINEVRA: Istituivano dei tribunali d’amore in cui dibattere dell’amore

ERMES: Il più delle volte extraconiugale

IRINA: Ma sì, dai non ti scandalizzare. I matrimoni combinati hanno sempre funzionato alla perfezione e poi è meglio annoiarsi nel lusso che arrabattarsi per arrivare a fine mese

GINEVRA: Voi non capite niente dell’amore. L’amore è tutto, è il motore dell’esistenza, la quintessenza della vita. È passione, verità, assoluto! Non c’entra niente col mero calcolo

MARIACRISTINA: Oh no, certo ma io preferisco andare a fare shopping

ERMES: Con una carta piena e una persona che sappia apprezzare i dettagli

IRINA: Dai, è una questione di sfumature, niente di più.

GINEVRA: Sono allibita!

MARIACRISTINA: Va bene e allora sai che ti dico? Istituiamo una corte d’amore e discutiamone insieme come le trobairitz

ERMES: Io ci sto

IRINA: Anche io

GINEVRA: E sia

MARIACRISTINA: Il primo caso sarà Layla e Ginevra


110.

 

DAVID: Beh allora è deciso?

REBECCA: Cosa?

GREGORIO: Non mi dire che Lindoro vuol tornare ad essere il Conte di Almaviva?

DAVID: Peccato che non abbia trovato la sua Rosina

REBECCA: Tesoro, sai che io e tuo padre ti appoggiamo nelle tue decisioni ma forse iniziare con una menzogna…

GREGORIO (canticchiando): La calunnia è un venticeeeeeello

DAVID: Sì ma…

REBECCA: Amore mio, l’amore impossibile ha sempre eccitato l’immaginazione artistica ma la sincerità in un rapporto è fondamentale

GREGORIO: Che donna!

DAVID: La smetti!

GREGORIO: Ho capito ma dimmi quale altra madre o donna del tuo ambiente ti direbbe una frase del genere!

DAVID: Ma è mia madre cosa vuoi che mi dica?

GREGORIO: Ad esempio, divertiti e poi scegli una donna che non ti faccia disperdere il patrimonio?

REBECCA: Ancora con queste idee medievali?

GREGORIO: Molto moderne, credimi. Non ho ancora conosciuto una famiglia ricca che voglia imparentarsi con una povera in nome di nobili sentimenti.

DAVID: Quindi saremmo mosche bianche?

REBECCA: O ipocriti?

GREGORIO: Oh no, voi non siete ipocriti. Credete in quello che dite e agite di conseguenza. È raro, ed è bello. Forse è un lusso che pochi si concedono o si possono concedere.

DAVID: Un lusso?

REBECCA: Forse se vi fosse più libertà vi sarebbe anche più umanità e amore.

GREGORIO: Sì, certo però rimane una minoranza, una nicchia di persone. La maggioranza pensa che l’amore finisce e il diamante non arrugginisce.

DAVID: Quindi non è così assurdo che io voglia trovare una donna che non si interessi a me per la mia ricchezza ma per come sono?

REBECCA: Non lo sarebbe se non fosse che vuoi trovare una donna che ti ami sinceramente con l’inganno!

GREGORIO: Una piccola bugia innocua in fondo… divertente sarebbe se incontrassi un’altra ragazza che la pensa come te…


 

 


 

lunedì 17 maggio 2021

Storiella di Nilo, i suoi amici e il bastoncino

 

Storiella di Nilo, i suoi amici e il bastoncino

 

C’era una volta un bastoncino che sembrava quasi un cerino, tondeggiante e proprio carino. Un giorno lontano un bambino che si chiamava Nilo e che abitava nella Mezzaluna Fertile, tra il Tigri e l’Eufrate, lo usò per disegnare sul limo, proprio mentre stava saltellando da una pozzanghera all’altra, un gioco antico e molto divertente. La sua mamma stava raccogliendo i cereali che sarebbero serviti per preparare squisite focacce, una specie di pizza, ma lui non ne voleva sapere di aiutare i grandi nei campi, si annoiava terribilmente e così continuava a rotolarsi e saltellare nella fanghiglia ma quel bastoncino colpì la sua attenzione. Che cosa si può fare con un bastoncino? Oh davvero moltissime cose! Si può costruire una meridiana, un orologio, un castello, una torre ma non erano ancora state inventate oppure si può disegnare ed è quello che fece Nilo. Che meraviglia! Il bastoncino tracciava senza sforzo segni sull’argilla ed era proprio uno spasso, chiamò a raccolta i suoi amici e insieme disegnarono per ore. Nilo e i suoi amici crebbero e diventarono grandi ma non persero il gusto di disegnare sull’argilla con un bastoncino chiamato cuneus e così, pian piano, inventarono nientepopodimeno che la scrittura cuneiforme, un modo di trascrivere lettere e parole un po’ difficile da leggere perché, come l’aramaico, ha soltanto una vocale anziché cinque.

sabato 15 maggio 2021

L'anno dei divorzi da 144 a 148

 

144.

 

ANDREA: Ho proprio voglia di una bella suonata

LEONARDO: A chi lo dici

ODOACRE: Anche io mi diletto, che strumenti ci sono qui?

SILVIA: Davvero? Che bello! Io mi diverto tantissimo a suonare

ANDREA: Una band!

LEONARDO: Mica male, dai…io mi sento perso se non suono

ODOACRE: Sì, in effetti rilassa

SILVIA: E scarica le tensioni

ANDREA: A me dà la carica

LEONARDO: Poche chiacchiere che suoniamo?

ODOACRE: Quanti strumenti!

SILVIA: Io l’handpan o le percussioni

ANDREA: Io tastiera

LEONARDO: Lo so, architetto?

ODOACRE: Per favore, diamoci del tu, mi sentirei in imbarazzo…

LEONARDO: Odoacre cosa suoni?

ODOACRE: Il basso, se c’è

SILVIA: Che combinazione, tu basso e io percussione

LEONARDO: Elettrico, va bene?

ODOACRE: Perfetto

ANDREA: Comincio a portare l’ampli

LEONARDO: Grazie Andrea

ANDREA: Vado

LEONARDO: Ti seguo con la chitarra e il microfono, ci sono due bassi, scegli quello che preferisci e lì ci sono le percussioni, torniamo subito.


145.

 

GIOIA: Mi aiutate a sistemare i tavoli?

RICCARDO: Penso che dovremo unirne un po’

THEO: Se ci dici dove sono li prendiamo io e Riccardo, se lui è d’accordo

RICCARDO: Assolutamente sì

CARLA: Ma non volevamo disturb…

DOLLY: BAUUUU

ARMANDINDO: Beh, ormai siamo qui, non possiamo fare altro che dare una mano

SIMONE: E mangiare

LILLY: E bere

GIOIA: Ecco

RICCARDO: Tesoro, dimmi dove sono i tavoli

THEO: E le tovaglie

GIOIA: Vengo con voi

CARLA: Possiamo dare una mano anche noi coi tavoli

DOLLY:  BAUUUUUUUU

ARMANDINDO: Forse è meglio se aiutiamo ad apparecchiare

DOLLY (scodinzola approvando)

SIMONE: Vabbè, io intanto mi siedo sul divano, è libero

LILLY: Anch’io, non mi aspettavo tutta questa confusione e sono ancora un po’ intontita dal viaggio

GIOIA: E mi pare logico

RICCARDO: Gioia, tesoro vieni con noi

THEO: Su, mostraci dove sono i tavoli

CARLA: Le posate sono lì?

DOLLY: WOF (scodinzolando in segno di approvazione)

ARMANDINDO: Là se non ricordo male

146.

 

ANDREA: Pensi che quei due?

LEONARDO: Intanto li lascerei un po’ cuocere nel loro brodino

ANDREA: Mi sembra una buona idea

LEONARDO: Lei percussioni

ANDREA: Lui basso

LEONARDO: Che faccia ha Gioia?

ANDREA: Sembra arrabbiata

LEONARDO: Evitiamola

ANDREA: Impossibile

LEONARDO: Troviamo una via di fuga

ANDREA: Sembra furibonda

LEONARDO: Sicuramente i miei ne hanno combinata una delle loro

ANDREA: Non c’è via di scampo

LEONARDO: Oh no

ANDREA: Però con lei ci sono quei due…

LEONARDO: Theo e Riccardo

ANDREA: Eh

LEONARDO: Meno male

ANDREA: Testa bassa

LEONARDO: Facciamo finta di essere estremamente indaffarati

ANDREA: Sorridi

LEONARDO: Sorrido

ANDREA: Fai finta di niente

LEONARDO: Ci provo


 

 

147.

 

GIORGIO: Io mi chiedo come sia possibile maltrattare in quel modo una povera bestia

LUDOVICA: Dai, adesso non la fare troppo lunga

LISETTA: Ha ragione

GIORGIO: Ecco, vedi

LUDOVICA: Piuttosto occupati di tua figlia

LISETTA: L’ho appena vista passare con Theo e Riccardo

GIORGIO: Theo e chi?

LUDOVICA: E Ricky

LISETTA: Secondo me potrebbero essere una bella coppia

GIORGIO: Sembrano fatti l’uno per l’altro

LUDOVICA: Sì anche a me sembra

LISETTA: Io ne sono certa.

GIORGIO: Addirittura?

LUDOVICA: Così al primo incontro?

LISETTA: Le coppie che funzioneranno si vedono dal primo momento

GIORGIO: Questo è vero

LUDOVICA: Beh, dall’esterno magari è più facile capire

LISETTA: Ormai posso dire di avere una notevole esperienza in materia

GIORGIO: Immagino di sì

LUDOVICA: Chissà quante ne vedi!

LISETTA: E ne sento! E quei due sono perfetti insieme.

GIORGIO: Eh ma penso che l’abbiano capito anche loro

LUDOVICA: Speriamo almeno ci portino le bomboniere

GIORGIO: Coi confetti di Sulmona!

LISETTA: Buoni!

 


 

148.

 

SILVIA: Ci hanno lasciati soli direi

ODOACRE: Che serata ingarbugliata

SILVIA: Ti dispiace?

ODOACRE: Cosa?

SILVIA: Che ci abbiano lasciati soli?

ODOACRE: Oh no, anzi!

SILVIA: Bene, aiutami a scegliere le percussioni, vuoi?

ODOACRE: Con piacere, certo.

SILVIA: Sembri un po’ un pesce fuor d’acqua, rilassati non ti morderà nessuno qui

ODOACRE: Sei sicura?

SILVIA: Oh sì, non lo farebbero mai con due avvocate presenti

ODOACRE: Di che ti occupi?

SILVIA: Sono una civilista, niente di troppo truculento.

ODOACRE: Nel mio lavoro talvolta c’è bisogno di ricorrere agli avvocati

SILVIA: Eh immagino

ODOACRE: Una volta per una tettoia microscopica è scoppiato un caso tra condomini che non ti dico!

SILVIA: AHAHAH immagino a me una volta è capitato di dover sedare una lite per chi avrebbe dovuto raccogliere per primo le ciliegie di un albero enorme, che sarebbe bastato a soddisfare i bisogni di ciliegie di venti famiglie

ODOACRE: Sì che poi la frutta tipicamente matura di ora in ora…

SILVIA: Suoni da molto?

ODOACRE: Quando ero bambino avrei voluto studiare musica ma i miei genitori si sono opposti e così…

SILVIA: Come mai?

ODOACRE: Mah dicevano che con la cultura non si mangia mentre col mattone sì.

SILVIA: Vallo a dire ai grandi editori!

ODOACRE: Vero! Comunque così ho cercato di mettere l’arte nel mio mestiere

SILVIA: Già, beh, dai che stasera ci divertiremo!


 

martedì 11 maggio 2021

Ötzi e la cacciatrice

 

C'era una volta, oltre cinquemila anni fa, durante l'età del rame, dopo il paleolitico, era della pietra antica, il mesolitico, età della pietra di mezzo, e il neolitico, era della pietra levigata, un villaggio nella Val Senales, Alpi Venoste, dove viveva Ötzi.

 

Un giorno Ötzi venne chiamato mentre era nel bosco in cerca di legna e fungo esca per accendere il fuoco.

 

“Ötzi vieni, corri!”

“Che succede? Non vedi che sta raccogliendo la legna?”

“Sì ma al villaggio ti cercano tutti”

“Perché?”

“Quante storie! Vieni ti dico”

Ötzi di fronte a tanta insistenza non poté far altro che tornare al villaggio.

 

Un fulmine era caduto a poca distanza dalle abitazioni, capanne di legno, paglia, pelli e altri elementi. Non c’erano stati danni a cose o persone ma Laun, la guaritrice, si era presa un tale spavento da non riuscire più a curare nessuno e, soprattutto, ad aiutare nelle nascite, il che costituiva un grave problema anche per i villaggi vicini.

“E io che ci posso fare?”, chiese Ötzi confuso.

“Dovrai andare sui monti a raccogliere tepali di croco delle nevi”, gli spiegò un vecchio saggio.

“Tepali? Ma non si dice ‘petali’?”, domandò Ötzi perplesso.

“No: ci sono i sepali, i petali e i tepali”, gli spiegò Simi, che in fatto di piante sapeva tutto.

“E come si distinguono?”, spiò Ötzi

“I tepali sono sepali che sembrano petali e viceversa”, rispose Simi candidamente.

“”Ahh, chiarissimo!”, ironizzò Ötzi che non aveva capito un bel niente.

“Sai riconoscere un croco delle nevi?”, tagliò corto il veggio saggio.

“Sì ma…”

“Niente ma. Va’ e porta con te pirite e un buon panino”, intimò il saggio

“Va bene, va bene, vado!”

“Ricorda che chi lassa pane e cappa…” lo avvertì il saggio

“Non po’ sape’ ‘ndo ‘ncappa”, concluse Ötzi canzonandolo

“Beh, forse si dirà tra qualche anno ma… ci siamo intesi”, concluse il saggio.

 

Ötzi a malincuore riempì di paglia ben essiccata le sue babbucce-scarponi, il suo borsello di pelle di cinghiale e indossò i pantaloni di pelle sulla tunica. Scelse buone frecce, caricò l’arco in spalla e si incamminò.

 

Non era certo una brutta giornata: gli uccellini cinguettavano CIP CIP CIP, qualche daino faceva capolino ignaro del rischio di finire in forno, gli scoiattoli zompettavano BOMP BOMP.

Ötzi cacciò un bel capriolo, lo caricò in spalla e bussò alla porta…

 

… TOC TOC no, la porta vera e propria non c’era… al muro… TOC TOC non c’era neanche quello… al legno della capanna di suoi amici carissimi.

TOC TOC “Chi è?”, indagò una voce dall’interno della capanna

TOC TOC “Ötzi ma sei tu! Che bella sorpresa!”, esclamò Quaira scostando le pelli che proteggevano l’uscio dal freddo.

“Ciao, passavo di qua e…” balbettò Ötzi tenendo il capriolo con le mani

“Cos’hai sulle spalle?”, sorrise Quaira

“Vi ho portato un pensierino”, si schernì Ötzi porgendole il capriolo appena cacciato. All’epoca non c’erano le pasticcerie.

 

“Ma che gentile, grazie, non dovevi disturbarti”, disse Quaira invitandolo ad entrare

“Oh niente, è un gran piacere rivedervi, state tutti bene?”, si schernì Ötzi

“Sì, grazie, entra! Stiamo affumicando la carne di cervo, lo spezzatino è in pentola e il pane è nel forno”, disse Quaira.

“Uhm che profumino”, esclamò contento e affamato Ötzi.

“Siediti e raccontaci cosa ti porta da queste parti”, lo esortò Quaira.

Ötzi si sedette e raccontò davanti ad una bella tazza di brodo fumante cosa era accaduto a Laun.

 

“E ora eccomi qui ma io non so riconoscere un sepalo da un tepalo da un petalo”, concluse Ötzi sconsolato.

 

“Non ti preoccupare, andrà tutto bene”, lo rassicurarono i suoi amici. “Vedrai un raggio di sole coi colori dell’arcobaleno e saprai qual è il giusto tepalo”, lo rassicurò Grawand che fino a quel momento non aveva profferito parola.

 

Ötzi si rifocillò, si scaldò e si riposò, dunque salutò i suoi amici invitandoli al villaggio in estate, che non era poi così lontana visto che erano in primavera, la stagione perfetta per il fungo esca, necessario ad accendere il fuoco.

Si incamminò sulla montagna scrutando il cielo in cerca di qualche arcobaleno che potesse indicargli la via o di qualunque altro segnale che potesse aiutarlo.

Come ben sanno i montanari, la montagna va rispettata e mai sottovalutata.

 

Ötzi camminava cercando di memorizzare bene il percorso: non c’erano i segnali del C.A.I. ad indicargli il sentiero, non esisteva la bussola, non c’era l’atlante e neanche le carte topografiche, cioè del luogo, non c’erano cartelli, né internet e neanche il cannocchiale con cui Galileo Galilei aveva meravigliato il suo amico Federico Cesi, non c’era il soccorso alpino…

 

Cammina cammina, un passo dopo l’altro, trovò il luogo giusto e il croco illuminato da un raggio arcobaleno ma calò una nebbia fitta, fittissima, così densa che non si vedeva ad un palmo dal naso.

 

Nei dintorni una cacciatrice era in agguato: voleva portare al suo villaggio qualcosa di buono da mangiare. Udì un rumore, lo scricchiolio di un rametto forse, caricò l’arco e scoccò la sua freccia. THUMP “Dev’essere una preda bella grossa – pensò soddisfatta – forse un orso”.

 

Non era un orso ma Ötzi in carne e ossa! Che dispiacere. Pianse ma capì che ormai non c’era più niente da fare: non avrebbe potuto mai salvarlo, se non a costo della sua stessa vita. Si asciugò le lacrime e si avviò verso il villaggio, ripromettendosi di tornare per seppellirlo.

 

La cacciatrice giunse al suo villaggio giusto in tempo prima che si scatenasse una furiosa tempesta di neve. Una valanga sommerse Ötzi e non vi fu modo di ritrovarlo fino al 19/9/1991, cioè moltissimi anni dopo, dagli escursionisti Erika e Helmut Simon nel ghiacciaio del Similaun.

 

Mentre scalavano videro qualcosa…

“È un uomo!” “Chiamiamo il soccorso alpino!” “Presto correte!” dissero.

I soccorsi arrivarono ma si accorsero ben presto che non era questione da medici e infermieri.

“Questa è una mummia…” esclamarono sorpresi.

“Bisognerà chiamare gli archeologi”, conclusero.

 

Quando gli archeologi e le archeologhe sopraggiunsero furono più che felici: era una scoperta sensazionale.

Subito dopo, però, iniziarono a litigare:

“Ötzi è italiano”

“Ötzi è austriaco!”

“È nostro!”

“No, è nostro!”

E così dicendo si presero a palle di neve.

 

Per risolvere la diatriba scartabellarono mappe, carte, libri, consultarono codici e atti fino al Milleseicento, più o meno l’epoca dei Lanzichenecchi, di Caravaggio, di Renzo e Lucia, della Pucciarella e di Galileo Galilei.

 

Ötzi è italiano. Non gli diedero un passaporto o una carta d’identità ma gli costruirono una sepoltura più che degna seppur lontana dal canto degli uccellini nel Museo archeologico dell’Alto Adige a Bolzano.

 

 

giovedì 6 maggio 2021

Giulia Castorina

Giulia Castorina

 

C'era una volta e c'è ancora la Foresta di Tarvisio con abeti rossi, faggi, ruscelli, campanule di Zoys, wulfenie carinthiacae, vallate e montagne tra le Alpi Giulie, in Friuli Venezia Giulia. È un luogo meraviglioso e piuttosto freddo abitato da orsi, stambecchi, sciacalli dorati, galli cedroni, gufi, civette, aquile reali, ramarri, rospi, cervi, cinghiali e tanti altri animali selvatici, tra cui una famiglia di castori un po' particolare. Si potrebbe obiettare che non vi sono molti castori in Italia, almeno non ve ne sono più dopo che gli esseri umani li hanno cacciati tutti quanti per ricavarne pellicce e olio, ma questa è una famiglia di castor fiber davvero peculiare. C’è Papà Castoro, che si chiama Friuli, Mamma Castoro, che si chiama Venezia, e la Piccola Castorina che si chiama Giulia. Tutti e tre amano moltissimo l’Italia, una passione trasmessa dai loro bisnonni che venivano spesso in vacanza nel Bel Paese anche se i loro nonni e genitori avevano preferito evitare: troppo pericoloso. Un giorno freddissimo, dopo una tormenta di neve, Friuli e Venezia decisero di intraprendere il viaggio che tanto sognavano, si fecero coraggio e si incamminarono verso il confine. Dopo qualche settimana, nacque una bellissima castorina, che venne, per l’appunto, chiamata Giulia. Papà Friuli e Mamma Venezia non si erano accorti, nella grande concitazione, che erano riusciti ad attraversare il confine e che ormai si trovavano nella ricca Foresta di Tarvisio. Giulia era molto socievole e in pochi giorni fece amicizia con tutti gli animali del bosco e anche se non c’erano castori con cui giocare da quelle parti, lei non ne soffriva e si abituò a parlare tutte le lingue degli animali della foresta. Imparò dunque ad ululare, a fischiettare, a gracidare e a farsi voler bene da tutti quanti e fu così che crebbe felice e serena. Un giorno di Primavera, dopo l’Equinozio che annuncia la stagione calda, Mamma Venezia disse alla sua piccoletta: “Giulia è ora di togliere il pannolino” ma la castorina non ne voleva sapere. “Mamma – rispondeva – io sto tanto comoda così e non ci penso proprio!”. I nonni arrivarono, un po’ stanchi dopo il lungo viaggio, e quando videro Giulia Castorina urlarono di gioia. “Ma quanto è bella!” “Ma quanto è brava!” e poi chiesero increduli, in coro: “Porti ancora il pannolino????” “Sì sì – rispose Giulia – e non ho intenzione alcuna di toglierlo! Ora vado a giocare, ciao Nonni!” e così dicendo zompettò alla ricerca dei suoi amici, lasciando i nonni con un palmo di naso. I nonni lì per lì ci rimasero un po’ male, le avevano portato tanti doni e cose buone da mangiare!, ma poi scelsero un bell’albero, lo rosicchiarono ben bene coi loro forti denti, crearono un bellissimo vasetto per la loro piccoletta e lo decorarono. Quando la castorina birbantella tornò per fare merenda trovò un vasetto splendido splendente e da quel giorno imparò ad usarlo e si dimenticò del pannolino!