C'era una volta, oltre
cinquemila anni fa, durante l'età del rame, dopo il paleolitico, era della
pietra antica, il mesolitico, età della pietra di mezzo, e il neolitico, era
della pietra levigata, un villaggio nella Val Senales, Alpi Venoste, dove
viveva Ötzi.
Un giorno Ötzi
venne chiamato mentre era nel bosco in cerca di legna e fungo esca per
accendere il fuoco.
“Ötzi
vieni, corri!”
“Che succede?
Non vedi che sta raccogliendo la legna?”
“Sì ma al
villaggio ti cercano tutti”
“Perché?”
“Quante
storie! Vieni ti dico”
Ötzi
di fronte a tanta insistenza non poté far altro che tornare al villaggio.
Un fulmine
era caduto a poca distanza dalle abitazioni, capanne di legno, paglia, pelli e
altri elementi. Non c’erano stati danni a cose o persone ma Laun, la
guaritrice, si era presa un tale spavento da non riuscire più a curare nessuno
e, soprattutto, ad aiutare nelle nascite, il che costituiva un grave problema
anche per i villaggi vicini.
“E io che
ci posso fare?”, chiese Ötzi confuso.
“Dovrai
andare sui monti a raccogliere tepali di croco delle nevi”, gli spiegò un
vecchio saggio.
“Tepali? Ma
non si dice ‘petali’?”, domandò Ötzi perplesso.
“No: ci
sono i sepali, i petali e i tepali”, gli spiegò Simi, che in fatto di piante
sapeva tutto.
“E come si
distinguono?”, spiò Ötzi
“I tepali
sono sepali che sembrano petali e viceversa”, rispose Simi candidamente.
“”Ahh,
chiarissimo!”, ironizzò Ötzi che non aveva capito un bel niente.
“Sai
riconoscere un croco delle nevi?”, tagliò corto il veggio saggio.
“Sì ma…”
“Niente ma.
Va’ e porta con te pirite e un buon panino”, intimò il saggio
“Va bene, va
bene, vado!”
“Ricorda
che chi lassa pane e cappa…” lo avvertì il saggio
“Non po’
sape’ ‘ndo ‘ncappa”, concluse Ötzi canzonandolo
“Beh, forse
si dirà tra qualche anno ma… ci siamo intesi”, concluse il saggio.
Ötzi
a malincuore riempì di paglia ben essiccata le sue babbucce-scarponi, il suo borsello
di pelle di cinghiale e indossò i pantaloni di pelle sulla tunica. Scelse buone
frecce, caricò l’arco in spalla e si incamminò.
Non era
certo una brutta giornata: gli uccellini cinguettavano CIP CIP CIP, qualche daino
faceva capolino ignaro del rischio di finire in forno, gli scoiattoli
zompettavano BOMP BOMP.
Ötzi
cacciò un bel capriolo, lo caricò in spalla e bussò alla porta…
… TOC TOC
no, la porta vera e propria non c’era… al muro… TOC TOC non c’era neanche
quello… al legno della capanna di suoi amici carissimi.
TOC TOC “Chi
è?”, indagò una voce dall’interno della capanna
TOC TOC “Ötzi
ma sei tu! Che bella sorpresa!”, esclamò Quaira scostando le pelli che
proteggevano l’uscio dal freddo.
“Ciao,
passavo di qua e…” balbettò Ötzi tenendo il capriolo con le mani
“Cos’hai
sulle spalle?”, sorrise Quaira
“Vi ho
portato un pensierino”, si schernì Ötzi porgendole il capriolo appena
cacciato. All’epoca non c’erano le pasticcerie.
“Ma che gentile,
grazie, non dovevi disturbarti”, disse Quaira invitandolo ad entrare
“Oh niente,
è un gran piacere rivedervi, state tutti bene?”, si schernì Ötzi
“Sì,
grazie, entra! Stiamo affumicando la carne di cervo, lo spezzatino è in pentola
e il pane è nel forno”, disse Quaira.
“Uhm che
profumino”, esclamò contento e affamato Ötzi.
“Siediti e
raccontaci cosa ti porta da queste parti”, lo esortò Quaira.
Ötzi
si sedette e raccontò davanti ad una bella tazza di brodo fumante cosa era
accaduto a Laun.
“E ora
eccomi qui ma io non so riconoscere un sepalo da un tepalo da un petalo”,
concluse Ötzi sconsolato.
“Non ti
preoccupare, andrà tutto bene”, lo rassicurarono i suoi amici. “Vedrai un raggio
di sole coi colori dell’arcobaleno e saprai qual è il giusto tepalo”, lo rassicurò
Grawand che fino a quel momento non aveva profferito parola.
Ötzi
si rifocillò, si scaldò e si riposò, dunque salutò i suoi amici invitandoli al
villaggio in estate, che non era poi così lontana visto che erano in primavera,
la stagione perfetta per il fungo esca, necessario ad accendere il fuoco.
Si
incamminò sulla montagna scrutando il cielo in cerca di qualche arcobaleno che
potesse indicargli la via o di qualunque altro segnale che potesse aiutarlo.
Come ben
sanno i montanari, la montagna va rispettata e mai sottovalutata.
Ötzi
camminava cercando di memorizzare bene il percorso: non c’erano i segnali del
C.A.I. ad indicargli il sentiero, non esisteva la bussola, non c’era l’atlante
e neanche le carte topografiche, cioè del luogo, non c’erano cartelli, né internet
e neanche il cannocchiale con cui Galileo Galilei aveva meravigliato il suo
amico Federico Cesi, non c’era il soccorso alpino…
Cammina
cammina, un passo dopo l’altro, trovò il luogo giusto e il croco illuminato da
un raggio arcobaleno ma calò una nebbia fitta, fittissima, così densa che non
si vedeva ad un palmo dal naso.
Nei dintorni
una cacciatrice era in agguato: voleva portare al suo villaggio qualcosa di
buono da mangiare. Udì un rumore, lo scricchiolio di un rametto forse, caricò l’arco
e scoccò la sua freccia. THUMP “Dev’essere una preda bella grossa – pensò soddisfatta
– forse un orso”.
Non era un
orso ma Ötzi in carne e ossa! Che dispiacere. Pianse ma capì che ormai
non c’era più niente da fare: non avrebbe potuto mai salvarlo, se non a costo
della sua stessa vita. Si asciugò le lacrime e si avviò verso il villaggio,
ripromettendosi di tornare per seppellirlo.
La cacciatrice
giunse al suo villaggio giusto in tempo prima che si scatenasse una furiosa
tempesta di neve. Una valanga sommerse Ötzi e non vi fu modo di
ritrovarlo fino al 19/9/1991, cioè moltissimi anni dopo, dagli escursionisti
Erika e Helmut Simon nel ghiacciaio del Similaun.
Mentre
scalavano videro qualcosa…
“È un uomo!”
“Chiamiamo il soccorso alpino!” “Presto correte!” dissero.
I soccorsi
arrivarono ma si accorsero ben presto che non era questione da medici e
infermieri.
“Questa è
una mummia…” esclamarono sorpresi.
“Bisognerà
chiamare gli archeologi”, conclusero.
Quando gli
archeologi e le archeologhe sopraggiunsero furono più che felici: era una
scoperta sensazionale.
Subito dopo,
però, iniziarono a litigare:
“Ötzi
è italiano”
“Ötzi
è austriaco!”
“È nostro!”
“No, è
nostro!”
E così
dicendo si presero a palle di neve.
Per
risolvere la diatriba scartabellarono mappe, carte, libri, consultarono codici
e atti fino al Milleseicento, più o meno l’epoca dei Lanzichenecchi, di
Caravaggio, di Renzo e Lucia, della Pucciarella e di Galileo Galilei.
Ötzi
è italiano. Non gli diedero un passaporto o una carta d’identità ma gli
costruirono una sepoltura più che degna seppur lontana dal canto degli
uccellini nel Museo archeologico dell’Alto Adige a Bolzano.