martedì 22 dicembre 2020

Sette scioglilingua Nello

 

Nello affila un coltello molto bello prima di suonare il campanello

 

Gufo e Gufetto si acquattano sotto il tetto mentre Roberto ronfa gioioso sopra il letto

 

Gufetto e Gufone si arrampicano sul pennone per ammirare un aquilone

 

Guccio e Puccio sorbiscono un cappuccino sul terrazzino del vicino pucciando la briosce nella schiuma spumosa

 

Gioia gira giocosa con la gerla di giunchi piena di giuggiole gioendo della giornata gioiosa

 

Carlina cammina contenta contando i carri, le carrozze e le carrozzine mentre canta canzoni e canzoncine

 

Gigi e Gigetto gironzolano gaudenti gigionando sul girello

giovedì 17 dicembre 2020

Fatina Arancina e Fatina Melanzana

C'era una volta e c'è ancora negli Appennini laziali un bosco incantato che all'apparenza sembra normalissimo. Intorno al solstizio d'inverno i rami si mostrano nella loro essenzialità, nei giorni vicini all'equinozio di primavera si vestono di profumati fiori, durante il solstizio d'estate festeggiano le tante ore di luce con frutta prelibata e intorno all'equinozio d'autunno arrossiscono pudicamente. Vi sono alberi sempreverdi, ciclamini, funghi, ippocastani, castagni, querce, lecci, ligustri, more, tamerici e...beh tutto quello che solitamente c'è in un bosco qualunque ma non bisogna farsi ingannare dalle apparenze. A ben guardare si può scorgere di quando in quando qualche anomalia, qualche stranezza, un piccolo cappello a punta, scarpine con minuscoli campanellini, orme che non sono di lupo, di cervo, di lince né di nessun animale che solitamente abita un bosco appenninico. In quel bosco abitano infatti sirene bicaudate, cernunni, cerberi, cavalli alati, sibille, strolliche, streghi, befane, alchimisti e arabe fenici tra gli altri. Un bel giorno di fine autunno, mentre Giove e Saturno si rincorrevamo nel cielo e Orione cominciava a svegliarsi dopo il letargo estivo, giunsero nel bosco incantato Fatina Arancina e Fatina Melanzana. Avevano percorso tanti chilometri perché provenivano dalle Alpi, nel Nord, ma erano molto freddolose e avevano deciso di andare verso Sud. Le due erano amiche del cuore, taluno pensava che fossero sorelle, altri che fossero bamboline o ninnoli, giocattoletti. In realtà erano vere e proprie fatine, anche piuttosto permalose. Loro si sentivano molto grandi, enormi anche se in effetti non sono più grandi di un'unghia del mignolo di un neonato. Viaggiarono per pianure e per monti, per fiumi e per valli, scoprirono città meravigliose ma niente sembrò loro tanto bello quanto il bosco incantato negli Appennini laziali. 
"Arancina che te ne pare?"
"Melanzana mi pare proprio il luogo adatto"
"Pensi anche tu quello che penso io?"
"Sì, dovremo trovare una bella sistemazione e potremmo stabilirci qui"
"Allons-y!", disse risolutamente Melanzana.
"Rimbocchiamoci le maniche", rispose entusiasta Arancina.
E fu così che Fatina Arancina e Fatina Melanzana costruirono una bella casetta in un tronco di noce e diventarono amiche di tutti gli abitanti del bosco incantato.

martedì 15 dicembre 2020

Storielle jazz Octopus Charlie

 

Octopus Charlie

 

C’era una volta e c’è ancora un meraviglioso parco naturale in cui vivono moltissime specie animali senza disturbarsi troppo e in cui è possibile ammirare una vegetazione spettacolare. Il parco raggiunge dolcemente il mare, un lembo protetto anch’esso da una legge nazionale, dove pesci, alghe e altri esseri viventi sguazzano senza essere disturbati dagli umani. Un bel giorno arrivò nell’oasi un octopus con un carattere un po’ spigoloso. Aveva un muso sempre arrabbiato e sembrava che da un momento all’altro dovesse girarsi di scatto e schiacciare qualcuno o qualcosa con le sue poderose braccia. Era davvero molto intelligente ma gli altri pesci, i ricci e persino le spugne ritenevano prudente non avvicinarsi troppo. Pipino, un pesciolino tanto piccolo quanto coraggioso, si appropinquò all’octopus e, tremando di paura ma con voce sicura lo apostrofò: “Octopus come ti chiami?”, l’octopus si girò verso di lui, tutti quanti pensarono che per il pesciolino non ci sarebbe stato scampo… “Charlie, piacere e tu?”

“I i i i iii io mi chiamo Pipino”

“Sai suonare?”, chiese l’octopus

“Suonare?”

“Sì, suonare”

“Ma io veramente….”

“Stavo cercando un mio amico, sai, per fare una bella jam session, io suono la batteria ma qui non mi parla mai nessuno, non mi pare un habitat molto socievole, sei il primo che mi saluta dacché sono arrivato e tutti quanti scappano quando mi vedono”

“Ma tu non vuoi picchiare nessuno?”

“Oh no davvero! L’unica cosa che mi piace battere è la bacchetta sulla pelle del tamburo ben tesa” rispose Charlie l’Octopus ridendo sguaiatamente.

 

Si sentì distintamente un sospiro di sollievo in tutta l’oasi e a quel punto, ma solo allora, tutti quanti si presentarono e salutarono Charlie.

 

Dopo un po’ di tempo, quello necessario per le varie presentazioni, Charlie poté finalmente mettere le mani su delle bacchette e una batteria e cominciò a suonare così bene che non vi fu altro da fare che starlo ad ascoltare.


Molto liberamente ispirato a Charlie Antolini. 

venerdì 11 dicembre 2020

Storielle di musica. L’orsa Sibelia e la foca Fantasia

 

L’orsa Sibelia e la foca Fantasia

 

C’era una volta e c’è ancora un bellissimo lago circondato da alti alberi e da tanti altri laghi con isolotti, penisole e saune in legno dove potersi riscaldare prima di un bagno nelle gelide acque lacustri. D’inverno i laghi spesso si ghiacciano ed è divertentissimo pattinare sulla superficie dura e liscia. Durante il solstizio d’estate c’è talmente tanta luce che il sole sembra non tramontare mai,  durante il solstizio d’inverno è possibile ammirare le stelle anche di giorno perché le ore di luce sono veramente poche e soprattutto, con un po’ di fortuna, si può godere di uno spettacolo davvero eccezionale: l’aurora boreale, che taluni chiamano le luci del Nord. Un bel giorno d’estate, quando non c’è verso di riuscire a dormire, l’orsa Sibelia stava camminando allegramente alla ricerca di prelibatezze di cui fare scorta prima dell’equinozio d’autunno e ovviamente prima di andare in letargo. Era un po’ assonnata perché non dormiva da giorni interi ma era contenta. Mentre saltellava cercando di raggiungere un’arnia piena di gustoso miele PUMFETE ecco che inciampò in qualcosa di morbido e grassoccio.

“Ahia!” gridò quel qualcosa.

“Ohi ohi” disse l’orsa Sibelia che era caduta a pancia in giù e stava cercando di rialzarsi.

“Ma non si può neanche fare un riposino da queste parti?”, protestò il qualcosa che altro non era se non una foca degli anelli.

“Oh scusa, scusa tanto! Io mi chiamo Sibelia e tu?”

“Fantasia”

“Fantasia?”

“Sì, Fantasia, che c’è di strano?”

“Niente niente, mi spiace averti svegliata”

“Figurati, ti va di andare a fare un bel bagno?”

“Uhm sì ma dopo la sauna”

“Va bene”

 

L’orsa Sibelia e la foca Fantasia entrarono in una sauna di legno, si scaldarono ben bene e poi si tuffarono in acqua.

 

“BRRR che freddo”, disse l’orsa Sibelia.

“Ah che bel fresco tonificante”, esclamò contenta la foca Fantasia.

 

Le due, ormai diventate amiche, nuotarono, fecero la sauna, risero e giocarono tutta l’estate fino all’equinozio d’autunno. A quel punto l’orsa Sibelia disse alla foca Fantasia. “Cara amica io tra poco dovrò andare in letargo, mi aspetta un lungo sonno fin all’equinozio di primavera”

“Fino all’equinozio di primavera?” chiese allarmata la foca Fantasia.

“Sì, più o meno”

“Ma è un tempo lunghissimo”

“Beh, noi orsi dormiamo molto”

“Ma così perderai la parte più bella dello spettacolo”, obiettò la foca Fantasia.

“Quale spettacolo?”, domandò l’orsa Sibelia un po’ confusa.

“L’aurora boreale”, rispose la foca Fantasia.

 

L’orsa Sibelia si incuriosì al punto che quell’anno non dormì punto ma rimase a chiacchierare, ridere e giocare con la sua amica.

 

Le due ammirarono l’aurora boreale e si aiutarono a vicenda a trovare qualcosa da mangiare, si raccontarono storie intorno al fuoco, ballarono e suonarono fino all’equinozio di primavera.

 

Molto liberamente ispirata al compositore finlandese Johan Julius Christian Sibelius.

martedì 8 dicembre 2020

Il gatto dispettoso e il saggio giardiniere

C'era una volta e c'è ancora un bellissimo giardino dove un gatto dispettoso amava fare la pipì. Un giorno il giardiniere del grande giardino lo colse in flagrante e, invece di lanciargli qualche oggetto contundente, come il gatto dispettoso immaginava che avrebbe fatto, lo prese per la collottola r lo accarezzò. Il gatto dispettoso provò a divincolarsi sulle prime ma poi cominciò a fare ron ron tra le braccia del giardiniere che soltanto a quel punto gli parlò. *Gatto gatto dispettoso, se hai voglia di coccole, come chiunque, basta chiederle con gentilezza, non c'è bisogno di distruggere tutte le piante". Il gatto dispettoso fece un gran balzo e miagolando scappò via. "Cosa pensa di essere quel giardiniere? È soltanto un essere umano! Cosa ne capisce lui di sentimenti felini?". Il gatto dispettoso si sentì punto nel vivo, tra l'altro non capiva perché avesse tanti desiderio di tornare in quel giardino non per fare qualche dispetto ma...."Ahhh che vado a pensare, io sono un gatto e quel giardiniere è proprio scemotto". Trascorsero i giorni e a poco a poco il gatto dispettoso ebbe il coraggio di andare dal giardiniere, lo chiamò miagolando, il giardiniere lo salutò. "Vieni qui gatto bicio, mangia qualche croccantino e siediti qui vicino, ho proprio bisogno di abbracciare un amico sincero". Da quel giorno il gatto dispettoso e il saggio giardiniere divennero inseparabili.

Sette Filastrocche delle spezie

1.

Quando è fresca
Somiglia ad un 
Tompinambur
Un po' rossiccio
Quando è secca
Ha un colore
Giallo intenso
Macchia le dita
È la curcuma

2.

Sembra una stella
Con cinque raggi
Oppure un fiore
Con preziosi semi
Si trova nelle tisane
Nei dolcetti
Nelle caramelle
È dura e gustosa
L'anice stellato

3.

Non è una stella
Si trova facilmente
Nei pani e nei dolci
Medievali
Non può mancarer
Nelle ciambelle
Al vino o a cancello
Ha semini piccolini
L'anice

4.

Si trova in stecche
Oppure in polvere
È saporita
Dona un aroma
Inconfondibile
A cioccolata
Tisane e dolcetti
Sì usa anche
Pee carne e salati
È la cannella

5.

Va spesso a braccetto
Con la cannella
Con cui crea 
Un binomio perfetto
Fresco somiglia
Ad una mano cicciotta
Ha un sapore piccantino
Fresco e agrumato
È lo zenzero l'avevi capito

6.

Si trova spesso 
Nelle zuppe
Nel goulash
E nella cucina alpina
È un semino
Piccolino
Striato e profumato
È il cumino alpino
O kummel carvi

7.

È una bacca
Nera e blu
Piccolina 
Ma non troppo
Si usa spesso
Nell'arrosto
Sembra pepe
Ma non pizzica
È il ginepro







martedì 24 novembre 2020

La bambina impertinente

 

La bambina impertinente

 

C’era una volta e c’è ancora un bellissimo paesino arroccato sul cocuzzolo di una collina che ama definirsi montagna. Sulle carte è solitamente indicata col nome di ‘poggio’, ‘colle’ o ‘monte’ ma la collina si sentiva alta almeno quanto il Monte Everest, se non di più, beh, almeno almeno quanto il Monte Bianco o il Kilimangiaro, snella e graziosa come il Cervino e più colorata delle Dolomiti. Insomma, si può dire senza tema di smentite che la collina sul cui cocuzzolo è arroccato il paesino ha un’alta opinione di sé. E gli abitanti? Ah anche loro. La casa di ogni abitante è considerata da chi la abita la più bella, la più grande, la più lussuosa. Le scarpe e i vestiti che indossano sono più eleganti, comodi, resistenti, attuali di qualunque altro abito o calzatura mai indossata. Va da sé che ognuno di loro si sente il più bello e la più bella tra i belli e le belle, il più intelligente e la più intelligente tra gli intelligenti e le intelligenti, il più sapiente e la più sapiente tra i sapienti e le sapienti. Un giorno giunse nel paesino arroccato sulla collina che ama definirsi montagna un gruppo di turisti. Nessuno ne aveva mai visto uno tra quelle viuzze e grande fu la curiosità. Dalle finestre aperte o socchiuse occhi furtivi spiavano i movimenti del gruppetto finché la più alta autorità del paese, l’ostetrica che lavorava nel vicino ospedale, si presentò. “Buongiorno” – esclamò schiarendosi la voce. “Buongiorno”, risposero in coro i turisti poi uno di loro chiese: “Mi scusi, c’è per caso un bar da queste parti?”. “Ma certo! C’è il Gran Caffè in piazza – rispose la più alta autorità del paese – se volete posso accompagnarvi, forse siete forestieri e non conoscete le strade”. “Ah grazie ma non si incomodi, il paesino è talmente piccino che non c’è pericolo di potersi smarrire”, rispose un turista ignaro dell’effetto che le sue parole avrebbero scatenato. “PICCINO????” Chiese un gran numero di voci dalle finestre ormai spalancate sugli impertinenti forestieri. Gli unici due automobilisti che affollavano la via centrale creando un ingorgo di traffico mai visto da quelle parti scesero dalle vetture increduli. I turisti erano viaggiatori avvezzi alle stranezze dei luoghi ma non si aspettavano di certo una tal reazione. Una di loro, una bimba molto intelligente e piccina, cercò di rimediare agli errori degli adulti. “Oh, scusate cari abitanti di questo graziosissimo borgo, avete ragione, questo luogo non è piccino è il più bel borgo tra i piccini su tutto il territorio nazionale. È decisamente quello che si definisce un gioiellino perfettamente incastonato nel suo ambiente naturale e noi siamo molto onorati di poterlo visitare.”. A quelle parole gli abitanti si addolcirono e da quel giorno si accorsero che ogni luogo che si ama davvero è il posto più bello di tutti.

venerdì 20 novembre 2020

Giulia e Triziano al parco giochi

C'era una volta e c'è ancora un paesino molto bellino vicino ad un fiume e ad borgo antico davvero carino. In questo luogo pittoresco c'è un parco giochi creato ad arte con un elefante multicolore, alberi, panchine, labirinti di pietre, un bel prato, un panorama mozzafiato e una fontanella. Un giorno d'autunno, quando gli alberi si vestono e svestono di mille colori, dal rosso al marrone, dal giallo al verde, dall'ocra all'arancione arrivarono Giulia e Triziano, con una bottiglia di acqua gialla, rossa e blu. Giocarono per ore col labirinto, lanciandovi dentro le rotonde pigne degli alti pioppi, si arrampicarono con gli scoiattoli sull'elefante multicolore e si rincorsero sul prato umidiccio coperto di foglie fino a che l'elefante si mise a ridacchiare. "Voglio proprio vedere se riuscirete a passare sotto le mie zampone senza farvi male", disse l'elefante Annibale. Giulia e Triziano ci pensarono un po' e poi attraversarono un tunnel che era proprio sotto la montagna su cui poggia l'elefante. I due bimbi fecero una linguaccia all'elefante Annibale e poi si misero a giocare a cucù settete. Il sole era alto ma le ombre si allungavano sempre più era ora di una gustosa merenda davanti al fuoco con bruschetta, olio, aglio e pomodoro.

giovedì 19 novembre 2020

Un pranzo singolare e una giornata da ricordare

C'era una volta e c'è ancora un meraviglioso e antico borgo frequentato da varia umanità, tra cui mercanti, artigiani, curiosi e turisti. Nel borgo vi sono botteghe, gatti, ciottoli, baretti e un ristorante molto particolare con tante tipicità da gustare. Un giorno un bimbo di nome Bartolomeo entrò nel ristorante e chiese al ristoratore di mangiare qualcosa di buono. "Benissimo", rispose il ristoratore, " Dove ti vuoi accomodare?". "In un luogo da ricordare", disse il bimbo. "Ah c'è un posto davvero speciale", rispose il ristoratore e lo fece sedere su un bellissimo lampadario di legni, vetro e ferro battuto, era davvero una sistemazione singolare. Sul lampadario era già arrivata una bimba di nome Isabel che aveva una treccia bionda che partiva dalla fronte e due bellissimi occhi azzurri come il limpido cielo invernale. Su un lampadario poco distante chiacchieravano e cantavano Triziano e Giulia. Ve n'era poi un altro con Mariachiara, dalla schietta risata cristallina, e Violetta che non voleva giocare coi bimbi più piccoli, insomma era un ristorante piuttosto affollato. Bartolomeo ne fu molto contento, il ristoratore prendeva gli ordini dabasso e mandava su un piatto alla volta con un congegno alato di sua invenzione preparato con bucce di aglio. Tutto d'un tratto Triziano ebbe un'idea: "Giulia, vuoi ballare?", domandò "Siii", esclamò Giulia. E fu così che aprirono le danze con un bel valzer, gli altri bimbi timidamente li seguirono e tutti i lampadari cominciarono a dondolare. Giù in basso qualcuno con poca immaginazione si mise a gridare: "Si muovono i lampadari, è il terremoto, bisogna scappare!". Il ristoratore ebbe un gran daffare a rassicurare quell'avventore: "Non vi dovete preoccupare, sono soltanto i bimbi che mangiano sul lampadario, si sono messi a ballare!". Tutti alzarono gli occhi al soffitto e scoppiarono in una gran risata, poi cominciarono a danzare e infine di ritrovarono a giocare nel vicino parco giochi. Quella fu proprio una giornata da ricordare!

mercoledì 18 novembre 2020

Storielle di sport. Nettie e Dixie

 

Nettie e Dixie

 

C’era una volta e c’è ancora un paesino su un’isola a forma di pera, al di là del mare, oltre il Canale della Manica. L’isola a forma di pera, o di naso, si chiama Gran Bretagna e vi si parla la lingua inglese, c’è il London Bridge che si teme sia un po’ instabile, in quanto tende a cadere, double-decker bus, cioè autobus a due piani e autobus con le ruote che girano in tondo. In questa landa così peculiare, abitavano una pantera e una leonessa. I felini di grandi dimensioni sono animali alquanto insoliti a quelle latitudini e con quel clima piovoso ma Nettie e Dixie non avevano assolutamente paura delle difficoltà e non si curavano punto di quel che diceva la gente. Un bel giorno di primavera Nettie e Dixie si misero in testa di organizzare niente meno che una partita di pallone, o di football come si chiama da quelle parti e coinvolsero i gatti della città, dividendoli tra gatti che abitavano a Sud e gatti che abitavano nel Nord. La partita fece un gran clamore e arrivarono giornalisti da tutta la contea, molti risero, altri commentarono ‘Ma cosa pensano di fare quei felini?’ ma da quel giorno lontano nel tempo nell’isola a forma di pera o di naso si organizzano tornei di calcio felino e tutti pensano che Nettie e Dixie fossero un po’ pazzerelle per il loro tempo e molto molto divertenti e intelligenti.


Liberamente ispirato a Nettie Honeyball e Lady Florence Dixie

domenica 8 novembre 2020

Nuri e Ninnone

 

C’era una volta e c’è ancora un bellissimo borgo con una lunga storia.

È un borgo come ce ne sono tanti, con la piazza, il castello, re, imperatori, eroi e briganti e a Nuri piace tantissimo.

Quando cammina per le viuzze e le piazzette, si avvicina al Monumento, si gira di scatto tutto contento per aver incontrato un suo amico oppure strepita pensando di poter acciuffare qualche felino baffuto, si sente forte come un leone nel suo regno di pietre e torrette.

Nuri non ha molto il senso della proporzione e non si accorge di essere poco più grande di un seme di melone.

Certo non è piccolo come una mentina ma, perbacco, neanche grande come un orso, un cavallo o un alano.

A dire il vero, la colpa è anche un po’ del suo amico umano, Ninni, da tutti chiamato Ninnone perché è un omone, il più alto, forzuto e grosso del paese, anche se in realtà non molti sanno che è un piccolissimo gigante. Tutti lo temono ma chi lo conosce sa che ha un cuore d’oro, sempre incline a sorridere e a far tesoro di un’amicizia o di una parola gentile.

Nuri non capiva come si potesse aver paura di Ninnone, che è tanto premuroso!

Lui, piuttosto, dovrebbero temere, ah, sì, soprattutto se in braccio a Ninnone: da lì Nuri vede tutto dall’alto e potrebbe dare un gran pugno sul naso a quel gattone grigio oppure intrufolarsi in macelleria e divorare in un sol boccone tutti gli hamburger e rosicchiare tutti gli ossi ma… appena Ninnone lo posa a terra Nuri trema come una fogliolina spaurita finché un giorno d’autunno incontrò un pettirosso che a lui sembrava più grande di un’aquila reale.

“Cip cip ciao!”

“Bau bau ciao!”

“Perché tremi?”

“Iiiiiooo? Noooo”

“Ah beh, pensavo ti spaventasse qualcosa, comunque io sono il pettirosso Rubecola”

“Piiiiiacere io sono Nuri”

“Sono arrivato da poco, ho appena finito la mia prima migrazione”

“Ah beh, questo è molto interessante e perché ti sei spostato da dov’eri?”

“Ah era troppo freddo”

“Anch’io sono freddolosissimo”

Mentre parlavano percorsero un bel pezzo di strada insieme, Ninnone non si era accorto che Nuri se ne fosse andato a zonzo, anche perché non si allontanava mai e lui si era assentato soltanto un minuto per entrare in una bottega del borgo ad acquistare un maglioncino per il suo amico a quattro zampe.

“Beh, Nuri, ora ti saluto, devo tornare al mio nido sull’albero”

“Ci rivedremo?”

“Chissà”

“Ci siamo allontanati tanto?”

“Un po’”

“Ma io… come faccio a tornare da Ninnone?”

“Oh, non è un mio problema, ora devo andare. Cip cip ciaoooo”

 

Nuri era disperato, camminò per viuzze e piazzette, si intrufolò negli androni, incontrò il temibile gatto grigio e si appiattì contro un muro per non farsi vedere, per fortuna il felino era troppo impegnato a chiacchierare con un altro tipaccio bianco e nero per accorgersi di lui e infine ritrovò Ninnone, che continuava a chiamarlo.

 

“Nuri, dove sei stato?”

“Bau”

“Già, tu non sai parlare, ma ecco, guarda, ti ho comprato un bel maglione!”

“Arf arf”

 

Nuri non parla mai con Ninnone per non deluderlo: è convinto che i cani non abbiano tale facoltà, per cui, per compiacerlo, comunica con lui con semplici suoni ma da quel giorno non seguì più né pettirossi, né aquile e se ne andò in giro felice e contento col suo maglione nuovo fiammante.

mercoledì 4 novembre 2020

Il pettirosso e la porta alchemica

 

Il pettirosso e la porta alchemica

 

C’era una volta e c’è ancora un bellissimo parco nel bel mezzo di una città secolare dove è possibile ammirare alberi che provengono da ogni dove. La città fu fondata da Romolo, il fratello gemello di Remo, oltre 2700 anni fa e il giardino si trova al centro del Quartiere Esquilino, a Piazza Vittorio, un luogo ricco di storia e di storie da raccontare, oggigiorno conosciuto soprattutto per essere il centro interculturale di Roma. Pochi sanno che in questo luogo, dove si incrociano vie e sentieri, vi è una porta magica che può essere aperta soltanto da chi ha conoscenza di alcuni saperi. Un bel giorno, pensa un po’, un pettirosso vi si posò, recitò la formula alchemica e la porta si aprì, dando adito ad un mondo di suoni, sapori e colori.

venerdì 30 ottobre 2020

Aurora

C'era una volta e c'è ancora una casetta molto carina in una cittadina non troppo lontana e non troppo vicina alla grande città dove vive una bambina che si chiama Aurora. Aurora è molto simpatica e carina ma a volte è un po' birichina. Quando qualcosa non le va a genio, sale in terrazza e si nasconde per ore e ore. Talvolta guarda le stelle ed indovina qualche costellazione, altre si mette ad osservare quello che fa la gente d'intorno. C'è chi prepara da mangiare e chi da un balcone si mette a cantare, chi da un terrazzino suona l'inno nazionale e chi resta in finestra a chiacchierare, i gatti che provano ad acchiappare qualche mosca che svolazza incautamente e i cani che stan sovente ad abbaiare. Quando proprio non sa cosa fare, apre una tenda da campeggio o fa una capanna con lenzuola e qualche aggeggio, e si mette a giocare o a telefonare alle sue amiche vicine e lontane. Poi torna giù e si fa coccolare da chi le vuole un gran bene.

Il cavaliere e il giardiniere

C’era una volta un cavaliere che amava le buone maniere, diceva buongiorno e buonasera, grazie, prego e per favore.

Era molto amato dalla popolazione anche quando galoppava per sbaglio su qualche melone.

“Scusa”, diceva al contadino e gli dava un biscottone e un biscottino.

Un bel mattino di primavera incontrò sulla sua strada un giardiniere che amava le buone maniere. “Cortesemente – gli disse d’un tratto – le mie aiuole non calpestare”.

“Certamente, starò molto attento, non dubitare!”, rispose il cavaliere ma accidentalmente cadde da cavallo e rovinò il suo bel giardino, distruggendo il suo fiore più bello e prezioso, un tulipano nero.

“Ah che disgrazia!, che disperazione!”, disse il giardiniere che pure amava le buone maniere ma in quel momento si era scordato di chiedergli se si fosse fatto male.

“Mi dispiace”, rispose il cavaliere e volle dargli un biscottone e un biscottino.

“Grazie ma chi mi ridarà il mio tulipano?”, chiese disperato il giardiniere.

Vedendo che non c’era verso di calmarlo, il cavaliere che amava le buone maniere e non voleva sfigurare, propose “Te ne porterò uno io”.

“Facile a dirsi ma non a farsi”, rispose il giardiniere “quella era una varietà che avevo selezionato personalmente e non ve n’è uno uguale in commercio”.

“Oh mi dispiace, mi dispiace veramente, c’è qualcosa che posso fare per farmi perdonare?”

“Ah beh, se proprio ci tieni, c’è forse una cosa che potresti fare”

“Dimmi, sono tutto orecchi”

“Potresti andare sulla montagna al di là del mare, quella da cui si vede l’infinito, salire su un cirro”

“Cos’è un cirro?”, lo interruppe il cavaliere.

“Quelle nuvole che sembrano piume”, rispose il giardiniere.

“Ah ho capito, non quelle che sembrano panna montata?”

“No, quelli sono i cululonembi”

“Va bene, allora salgo su un cumulonembo?”

“No, su un cirro”

“Ah un cirro, quelli che sembrano panna montata?”

“No, quelli che sembrano piume”

“Ho capito, ho capito, attraverserò il mare, scalerò la montagna da cui si vede l’infinito e poi salirò su una nuvola a piuma”

“Un cirro, esatto”

“Ah bene bene e poi?”

“E poi lo scoprirai da te”.

Il cavaliere che amava le buone maniere salutò il giardiniere che amava le buone maniere, cavalcò fino al mare, si imbarcò su una nave, attraversò il mare, giunse di là dal mare fino ai piedi della montagna da cui si vede l’infinito, scalò la montagna da cui si vede l’infinito, non salì su una nuvola che sembrava panna montata, cioè un cumulonembo, ma salì su un cirro che sembrava una piuma, da lì osservò l’infinito e scorse un campo di tulipani, ve n’era uno di mille colori e ancor di più, si lanciò col paracadute, il cavallo e la bardatura, raggiunse una radura posta su un’altura, facendo attenzione a non calpestare neanche un fiore e chiese ad un’ape che era lì vicina. L’ape gli rispose “Bzzzzz sono troppo indaffarata, chiedi alla vespa” e la vespa gli rispose “Ecco, prendi uno di questi bulbi e portalo al giardiniere che ama le buone maniere”. Il cavaliere ringraziò, chiese un passaggio ad un’aquila reale che era lì per caso, risalì sulla nuvola che sembra una piuma, il cirro, e non il cumulonembo che sembra panna montata, scese sulla cima della montagna da cui si vede l’infinito, lo ammirò, scese, tornò verso il mare, si imbarcò su una nave, attraversò il mare e tornò dal giardiniere che amava le buone maniere con il suo destriero e tutta l’armatura.

“Ecco cosa ho per te, giardiniere”, gli disse stanco e trionfante il cavaliere.

“Grazie di cuore”, rispose il giardiniere e gli regalò un paniere magico, una cornucopia, che si riempiva come d’incanto di ogni leccornia, pesche, fragole, rabarbaro o amaranto.

Il giardiniere e il cavaliere si salutarono e da quel giorno divennero amici inseparabili.

Dopo qualche tempo nel giardino del giardiniere fiorì un tulipano con tutte le sfumature, era il più bello mai visto perché era coltivato con gentilezza, amore e buone maniere.


mercoledì 28 ottobre 2020

Sette filastrocche dei malanni più comuni

 

Filastrocche dei malanni

 

1.

 

Ahia che bua

Dopo aver mangiato

Caramelle e cioccolato

La testa mi doleva

A letto mamma mi metteva

Una mano sul pancino

Con l’altra agitava il dito

Per rimproverarmi ma poi

Tutto fuori ho vomitato

 

2.

 

Nel fango

Mi sono rotolato

Sotto la pioggia

Ho ballato

Tra le pozzanghere

Ho saltellato

Nella neve

Palle ho lanciato

E un febbrone m’è venuto

 

 

3.

 

Mamma me l’aveva detto

Papà me l’aveva ripetuto

Nonna mi aveva avvertito

Nonno mi aveva ammonito

Zia mi aveva sgridato

Zio mi aveva motteggiato

Ma io non ho ascoltato

Tra le correnti sono stato

E la tosse ho rimediato.

 

4.

 

Su un grande albero

Mi sono arrampicato

Da un ramo all’altro

Mi sono lanciato

Poi sul tetto

Son saltato

Dal comignolo

Sono caduto

E un bernoccolo m’è venuto

 

5.

 

Sulla bicicletta

Ho corso

Dal muretto

Sono saltato

Un mobiletto

Ho scalato

Sul lampadario

Mi sono dondolato

E un bel cerotto ho rimediato

 

6.

 

Nell’acqua fredda

Mi sono tuffato

Col il tubo nell’orto

Ho spruzzato d’intorno

Il maglioncino e il giubbino

Nell’erba ho gettato

Calzini e pantaloni

Nel secchio ho buttato

E un raffreddore mi sono buscato!

 

7.

 

Contro il muro ho sbattuto

Dal pouf al divano

Ho magicamente volato

Sul lavandino

Mi sono lanciato

Col comodino

Da vicino ho chiacchierato

Ghiaccio e pomata ho usato

Per lenire il dolore

martedì 27 ottobre 2020

La principessa sputacchiona e il principe stalliere

La principessa sputacchiona e il principe stalliere

 

C'era una volta e c'è ancora un meraviglioso castello nel bel mezzo della Sabina, a Nerola. In questo luogo favoloso viveva una famiglia molto particolare col re, la regina, la principessa e il principino, gli alfieri e i cavalieri, le dame e le trobaidiriz, astronomi, matematico, cuochi e chi più ne ha più ne metta. Un bel giorno arrivò nel castello un principe bellissimo col cavallo e la bardatura, con la spada e una cintura d'oro e d'argento, voleva conoscere la principessa. Lei però era già innamorata di uno stalliere. Quando vide il principe capì che tutta la sua famiglia avrebbe deciso di farli maritare ma lei non ne voleva sapere. "Come posso fare?", si chiese disperata. Lo stalliere, uditi i suoi singhiozzi, mandò due uccellini suoi amici a controllare cosa stesse accadendo. Gli uccellini tornarono da lui in un baleno e gli riferirono per filo e per segno. Lui ne fu così contento che si mise a saltellare euforico. Chiese poi ad un riccio di andare nel bosco e consultare la sibilla. Lui corse come poteva, riferì tutto alla sibilla e tornò dallo stalliere con un sacchetto di erbe sugli aculei. Lo stalliere prese il sacchetto, preparò una tisana e la portò alla principessa, di nascosto, dicendole che avrebbe dovuto berla al calar del sole. Lei bevve la tisana, poi si recò nella grande sala da pranzo dove il principe la aspettava, appena iniziò a parlare, però, anziché parole le uscirono sputacchi dalla bocca e spla e sple e spli e splo e splu....il principe andò via urlando "Io non voglio una principessa sputacchiona!" E fu così che lo stalliere divenne principe.

 


lunedì 12 ottobre 2020

Storielle di sport. Il Falco Pietro (aggiornato)

 

Il Falco Pietro

 

C’era una volta e c’è ancora uno splendido parco naturale dove coabitano più o meno pacificamente animali di terra, di acqua e d’aria.

Vi sono acute e felpate linci, ranocchie gracidanti, nibbi e passeri, che vivono in armonia o quasi.

Talvolta qualche essere umano si avventura tra i boschi e i ruscelli per fare fotografie, attività motoria all’aria aperta, o anche semplicemente birdwatching, cioè osservazione dell’avifauna.

Un bel giorno una fotografa, appostata da giorni per cercare di catturare un’immagine che facesse effetto, cominciò a scattare tantissime fotografie ma Pietro, il falco che tornava sempre indietro per appollaiarsi sul suo ramo preferito, si spaventò tantissimo e volò così velocemente che tutti gli animali del parco si fermarono ad osservarlo.

Le ranocchie smisero di gracidare, i grilli e le cicale di frinire, i gatti e le linci di giocherellare, insomma tutti quanti vollero guardare cosa stesse facendo il falco Pietro e, in brevissimo tempo, si formarono dei veri e propri club di ammiratori.

“È più veloce del tuono”, dissero in coro le ranocchie.

“Non è possibile che voli così!”, sentenziò l’invidioso nibbio.

“Io utilizzerei un cronometro”, si intromise il saggio grillo.

“Pietro, Pietro, torna indietro!” gli urlarono dabbasso le furbe volpi.

Il falco Pietro, a sentirsi chiamare in quel modo, ebbe un sussulto, rallentò e si accorse che tutto il bosco, compresi i birdwatcher e la fotografa curiosa, lo stavano chiamando.

Come una saetta scese giù e chiese: “Che succede? Perché gridate?”

“Pietro, Pietro, sei riuscito a battere ogni traguardo di velocità raggiunto dai più veloci velocisti del bosco”, gli spiegò calma la Lince Cesi.

E fu così che il falco Pietro cominciò a sfidare tutti gli animali più veloci del bosco, della foresta e del mondo intero.

 

Molto liberamente ispirato a Pietro Mennea.

Storielle di sport. Ondina e Claudia

 

Ondina e Claudia

 

C’era una volta e c’è ancora un parco con delle morbide colline e placidi fiumi, boschi e una fattoria un po’ fantasiosa in cui vivono mucche, cavalli, galline, galli, pulcini, tori, pecore, tacchini, upupe, lupi vegetariani, cani, gatti e topolini, grilli, formiche, ragni ragnolini e cicale.

Un bel giorno nella fattoria arrivarono due asinelle, Ondina e Claudia, bellissime e molto giocherellone.

Avevano sempre voglia di saltellare di qua e di là e di fare tantissime acrobazie.

Cantando ‘mi piace saltellar mi piace saltellar’ attraversavano tutti gli steccati della fattoria passando attraverso campi di zucche e cavoli, pomodori e fragole.

Talvolta si impuntavano, come proverbialmente accade ai loro simili, e cercavano di fare cose molto pericolose oppure impossibili quali, ad esempio, arrampicarsi sugli alberi, una cosa di tutta evidenza molto complicata per un asino.

Gli altri animali della fattoria provavano a farle desistere dalle loro imprese ma non c’era verso di convincerle.

“Ma volete far ridere i polli?”, ridacchiavano sotto i baffi i gatti.

“Tornatevene nella vostra stalla!”, muggivano spazientite le mucche.

“Svergognate!”, strillavano le galline nell’aia.

“Testarde e presuntuose!”, le apostrofavano signorilmente i cavalli.

“Che vi siete messe in testa?”, gridavano le lumache.

“Fanatiche!”, le rimproveravano i pavoni aprendo la coda.

Più Claudia e Ondina si sentivano criticare, maggiore diveniva la loro determinazione.

Di notte, zitte zitte e quatte quatte, quando nessuno, tranne gli animali notturni, le vedeva, si andavano ad allenare.

Provando provando, esercitandosi e riprovando, le due arrivarono in cima a due monumentali cedri del Libano e si misero a ragliare di felicità.

“HINZ HANZ che bella città che vediamo da qua”

“HINZ HANZ che meraviglia dondolare”

Tutti quanti rimasero a bocca aperta e a quel punto si misero a dire: “Hai visto come siamo bravi, noi animali di questa fattoria?” oppure “Noi siamo i migliori” o anche “Riusciamo a fare cose mai viste, noi” o peggio “Ah io l’avevo sempre detto che erano proprio speciali, d’altronde sono dei nostri mica dell’altra fattoria sull’altra collina!”

 

Molto liberamente ispirata a Trebisonda “Ondina” Valla e Claudia Testoni.

venerdì 9 ottobre 2020

Ba Be Bi Bo Bu (aggiornato)

 

C’era una volta e c’è ancora un bel parco che si chiama Macchia del Barco, in questo parco pascolano felici quattro pecorelle molto beeeeelle.

 

Una si chiama Ba e fa sempre baaaaaa

Una si chiama Be e fa sempre beeeeee

Una si chiama Bi e fa sempre biiiiiiiiiiii

Una si chiama Bo e fa sempre booooooo

 

Ba, Be, Bi e Bo erano sempre insieme e si sentivano unite come sorelle ma un giorno si accorsero che mancava qualcosa e si incamminarono nella radura boscosa.

Cammina, cammina trovarono un bell’uliveto, con tanti ulivi dalle foglie piccole e argentate, poi un pescheto, con i peschi dai rami scuri e le foglie arricciate, dunque un ciliegeto, con alberi di ciliegie dal tronco dritto e le foglie grandi.

Infine giunsero vicino ad un grande albero di noce e….

 

BUUUUUUU!

 

Le spaventò la quinta pecorella uscendo da un cespuglio.

 

“Baaaa ma Bu sei tu!”

“Beeeee beh che paura”

“Biiiiiiiii ho i brividi”

“Booooo sto tremando”

 

Era proprio Bu, che faceva sempre buuuu e si divertiva a spaventare le altre quattro pecorelle che erano un po’ scordarelle e si dimenticavano spesso di lei.

lunedì 5 ottobre 2020

Nonna Giulietta e le sue amiche 546

 

546.

 

CRESCENZIO: Silvano?

SILVANO: Crescenzio, che ci fai qui?

CRESCENZIO: Shhhh

SILVANO: Perché bisbigli?

CRESCENZIO: Shhh Luisa è qui?

SILVANO: No

CRESCENZIO: Ah

SILVANO: Vuoi una tisana?

CRESCENZIO: Una di quelle tue centrifughe

SILVANO: Si può sapere perché bisbigli?

CRESCENZIO: Ah scusa…

SILVANO: Ti posso fare un succo di melograno, non ho altro.

CRESCENZIO: Va benissimo.

SILVANO: Che succede?

CRESCENZIO: Vorrei chiederti un favore.

SILVANO: A me?

CRESCENZIO: Sì, perché che c’è di strano?

SILVANO: No no, niente, se posso, figurati.

CRESCENZIO: No, è che, io, ecco, vedi….

SILVANO: Parli come un innamorato che succede?

CRESCENZIO: Lo vedi che sei strego!?!

SILVANO: Ma perché, che ho detto?

CRESCENZIO: Mi sono innamorato.

SILVANO: Tu?

CRESCENZIO: Io.

SILVANO: Ma non eri già felicemente fidanzato?

CRESCENZIO: No.

SILVANO: No?

CRESCENZIO: Ero fidanzato infelicemente.

SILVANO: Ah.

CRESCENZIO: E ora….

SILVANO: E chi sarebbe il caro oggetto?

CRESCENZIO: Un atleta.

SILVANO: Un atleta.

CRESCENZIO: Eh, sì, un atleta che male c’è?

SILVANO: Dal tuo sguardo sembrerebbe Apollo in persona.

CRESCENZIO: Oh, no, non lo è ma…

SILVANO: Chi è?

CRESCENZIO: Questa è la sua foto, lo conosci?

SILVANO: Ti è caduto il cacio sui maccheroni:

CRESCENZIO: Perché?

SILVANO: Perché è un mio caro amico, tornato da poco in paese per ritrovare il suo equilibrio dopo una brutta storia di gelosia con un chirurgo.

CRESCENZIO: Uh poverino.

SILVANO: Potrei anche farvi incontrare casualmente ma…

CRESCENZIO: Ma?

SILVANO: Non lo so, penserò a qualcosa poi.

lunedì 28 settembre 2020

Nonna Giulietta e le sue amiche 544 e 545

 

544.

 

TANCREDI: Massenzio, che sorpresa!

MASSENZIO: Toh, come mai qui al parco?

TANCREDI: Sono venuto a fare una passeggiata

MASSENZIO: Sì, anche io

TANCREDI: Infatti

MASSENZIO: Hai saputo?

TANCREDI: Cosa?

MASSENZIO: Niente

TANCREDI: Non so di cosa parli

MASSENZIO: Ah neanche io.

TANCREDI: Cosa avrei dovuto sapere?

MASSENZIO: Che è ricominciata la stagione della caccia

TANCREDI: Della caccia?

MASSENZIO: Sì alle vecchie volpi AHAHAHAHAHA

TANCREDI: Sono iscritto alle associazioni di protezione degli animali AHAHAHAHA

MASSENZIO: Andiamo da Giulietta?

TANCREDI: Ho idea che tra poco arriverà qualche crostata…

MASSENZIO: Magari!

TANCREDI: Andiamo…

MASSENZIO: Sarà il caso di farle una telefonata?

TANCREDI: No figurati, Giulietta è una di quelle donne che sono sempre perfette

MASSENZIO: Questo è vero AHAHAHAHA


545.

 

MARCELLO: Battistotti Sassi?

LUISA: Chi è?

MARCELLO: La disturbo?

LUISA: No…

MARCELLO: Investigatore Marcello Dupunte, salve.

LUISA: Comandi!

MARCELLO: La giudice Ipazia mi ha raccontato.

LUISA: Ecco.

MARCELLO: Mi ha chiesto di incontrarla.

LUISA: Quando?

MARCELLO: Prima che lei arrivi in caserma.

LUISA: Ma…

MARCELLO: Sono qui, a due passi da lei.

LUISA: Inutile che le chieda come faccia a sapere dove mi trovi in questo momento, immagino.

MARCELLO: Beh…

LUISA: Mi dica dove.

MARCELLO: Avrebbe già dovuto capirlo, sta perdendo la prontezza di riflessi che l’ha contraddistinta in tutti questi anni.

LUISA: Signornò, signore.

MARCELLO: E allora?

LUISA: Allora ho la sensazione che non sia l’unico ad aver avuto l’idea di incontrarmi prima del mio arrivo in caserma, signore.

MARCELLO: È un mio collaboratore.

LUISA: Ecco.


lunedì 21 settembre 2020

Nonna Giulietta e le sue amiche 543

 

543.

 

GIULIETTA: Malvina, ciao, ti stavo giustappunto pensando.

MALVINA: Eh sei sempre stata un po’ telepatica!

GIULIETTA: Forse un po’.

MALVINA: Ti ho chiamata per…

GIULIETTA: Non ho notizie della Capitana.

MALVINA: No, ma figurati, mica ti ho chiamata per…

GIULIETTA: … ma certo …

MALVINA: … sì due chiacchiere…

GIULIETTA: … poi tu chiami sempre…

MALVINA: … no, vabbè, che c’entra?

GIULIETTA: Infatti.

MALVINA: Non ti stai annoiando un po’?

GIULIETTA: Ho iniziato a contare quante pecorelle intravedo nei cirrocumuli.

MALVINA: Eh…

GIULIETTA: Tu hai la tua numerosa famiglia…

MALVINA: Sì ma…

GIULIETTA: Già.

MALVINA: Quando pensi di organizzare una festicciola, una cenetta?

GIULIETTA: Tu porti la crostata?

MALVINA: Te ne preparo una mezza dozzina!

GIULIETTA: E allora dobbiamo proprio organizzarci!

MALVINA: Sapevo che mi avresti capita.