venerdì 30 ottobre 2020

Aurora

C'era una volta e c'è ancora una casetta molto carina in una cittadina non troppo lontana e non troppo vicina alla grande città dove vive una bambina che si chiama Aurora. Aurora è molto simpatica e carina ma a volte è un po' birichina. Quando qualcosa non le va a genio, sale in terrazza e si nasconde per ore e ore. Talvolta guarda le stelle ed indovina qualche costellazione, altre si mette ad osservare quello che fa la gente d'intorno. C'è chi prepara da mangiare e chi da un balcone si mette a cantare, chi da un terrazzino suona l'inno nazionale e chi resta in finestra a chiacchierare, i gatti che provano ad acchiappare qualche mosca che svolazza incautamente e i cani che stan sovente ad abbaiare. Quando proprio non sa cosa fare, apre una tenda da campeggio o fa una capanna con lenzuola e qualche aggeggio, e si mette a giocare o a telefonare alle sue amiche vicine e lontane. Poi torna giù e si fa coccolare da chi le vuole un gran bene.

Il cavaliere e il giardiniere

C’era una volta un cavaliere che amava le buone maniere, diceva buongiorno e buonasera, grazie, prego e per favore.

Era molto amato dalla popolazione anche quando galoppava per sbaglio su qualche melone.

“Scusa”, diceva al contadino e gli dava un biscottone e un biscottino.

Un bel mattino di primavera incontrò sulla sua strada un giardiniere che amava le buone maniere. “Cortesemente – gli disse d’un tratto – le mie aiuole non calpestare”.

“Certamente, starò molto attento, non dubitare!”, rispose il cavaliere ma accidentalmente cadde da cavallo e rovinò il suo bel giardino, distruggendo il suo fiore più bello e prezioso, un tulipano nero.

“Ah che disgrazia!, che disperazione!”, disse il giardiniere che pure amava le buone maniere ma in quel momento si era scordato di chiedergli se si fosse fatto male.

“Mi dispiace”, rispose il cavaliere e volle dargli un biscottone e un biscottino.

“Grazie ma chi mi ridarà il mio tulipano?”, chiese disperato il giardiniere.

Vedendo che non c’era verso di calmarlo, il cavaliere che amava le buone maniere e non voleva sfigurare, propose “Te ne porterò uno io”.

“Facile a dirsi ma non a farsi”, rispose il giardiniere “quella era una varietà che avevo selezionato personalmente e non ve n’è uno uguale in commercio”.

“Oh mi dispiace, mi dispiace veramente, c’è qualcosa che posso fare per farmi perdonare?”

“Ah beh, se proprio ci tieni, c’è forse una cosa che potresti fare”

“Dimmi, sono tutto orecchi”

“Potresti andare sulla montagna al di là del mare, quella da cui si vede l’infinito, salire su un cirro”

“Cos’è un cirro?”, lo interruppe il cavaliere.

“Quelle nuvole che sembrano piume”, rispose il giardiniere.

“Ah ho capito, non quelle che sembrano panna montata?”

“No, quelli sono i cululonembi”

“Va bene, allora salgo su un cumulonembo?”

“No, su un cirro”

“Ah un cirro, quelli che sembrano panna montata?”

“No, quelli che sembrano piume”

“Ho capito, ho capito, attraverserò il mare, scalerò la montagna da cui si vede l’infinito e poi salirò su una nuvola a piuma”

“Un cirro, esatto”

“Ah bene bene e poi?”

“E poi lo scoprirai da te”.

Il cavaliere che amava le buone maniere salutò il giardiniere che amava le buone maniere, cavalcò fino al mare, si imbarcò su una nave, attraversò il mare, giunse di là dal mare fino ai piedi della montagna da cui si vede l’infinito, scalò la montagna da cui si vede l’infinito, non salì su una nuvola che sembrava panna montata, cioè un cumulonembo, ma salì su un cirro che sembrava una piuma, da lì osservò l’infinito e scorse un campo di tulipani, ve n’era uno di mille colori e ancor di più, si lanciò col paracadute, il cavallo e la bardatura, raggiunse una radura posta su un’altura, facendo attenzione a non calpestare neanche un fiore e chiese ad un’ape che era lì vicina. L’ape gli rispose “Bzzzzz sono troppo indaffarata, chiedi alla vespa” e la vespa gli rispose “Ecco, prendi uno di questi bulbi e portalo al giardiniere che ama le buone maniere”. Il cavaliere ringraziò, chiese un passaggio ad un’aquila reale che era lì per caso, risalì sulla nuvola che sembra una piuma, il cirro, e non il cumulonembo che sembra panna montata, scese sulla cima della montagna da cui si vede l’infinito, lo ammirò, scese, tornò verso il mare, si imbarcò su una nave, attraversò il mare e tornò dal giardiniere che amava le buone maniere con il suo destriero e tutta l’armatura.

“Ecco cosa ho per te, giardiniere”, gli disse stanco e trionfante il cavaliere.

“Grazie di cuore”, rispose il giardiniere e gli regalò un paniere magico, una cornucopia, che si riempiva come d’incanto di ogni leccornia, pesche, fragole, rabarbaro o amaranto.

Il giardiniere e il cavaliere si salutarono e da quel giorno divennero amici inseparabili.

Dopo qualche tempo nel giardino del giardiniere fiorì un tulipano con tutte le sfumature, era il più bello mai visto perché era coltivato con gentilezza, amore e buone maniere.


mercoledì 28 ottobre 2020

Sette filastrocche dei malanni più comuni

 

Filastrocche dei malanni

 

1.

 

Ahia che bua

Dopo aver mangiato

Caramelle e cioccolato

La testa mi doleva

A letto mamma mi metteva

Una mano sul pancino

Con l’altra agitava il dito

Per rimproverarmi ma poi

Tutto fuori ho vomitato

 

2.

 

Nel fango

Mi sono rotolato

Sotto la pioggia

Ho ballato

Tra le pozzanghere

Ho saltellato

Nella neve

Palle ho lanciato

E un febbrone m’è venuto

 

 

3.

 

Mamma me l’aveva detto

Papà me l’aveva ripetuto

Nonna mi aveva avvertito

Nonno mi aveva ammonito

Zia mi aveva sgridato

Zio mi aveva motteggiato

Ma io non ho ascoltato

Tra le correnti sono stato

E la tosse ho rimediato.

 

4.

 

Su un grande albero

Mi sono arrampicato

Da un ramo all’altro

Mi sono lanciato

Poi sul tetto

Son saltato

Dal comignolo

Sono caduto

E un bernoccolo m’è venuto

 

5.

 

Sulla bicicletta

Ho corso

Dal muretto

Sono saltato

Un mobiletto

Ho scalato

Sul lampadario

Mi sono dondolato

E un bel cerotto ho rimediato

 

6.

 

Nell’acqua fredda

Mi sono tuffato

Col il tubo nell’orto

Ho spruzzato d’intorno

Il maglioncino e il giubbino

Nell’erba ho gettato

Calzini e pantaloni

Nel secchio ho buttato

E un raffreddore mi sono buscato!

 

7.

 

Contro il muro ho sbattuto

Dal pouf al divano

Ho magicamente volato

Sul lavandino

Mi sono lanciato

Col comodino

Da vicino ho chiacchierato

Ghiaccio e pomata ho usato

Per lenire il dolore

martedì 27 ottobre 2020

La principessa sputacchiona e il principe stalliere

La principessa sputacchiona e il principe stalliere

 

C'era una volta e c'è ancora un meraviglioso castello nel bel mezzo della Sabina, a Nerola. In questo luogo favoloso viveva una famiglia molto particolare col re, la regina, la principessa e il principino, gli alfieri e i cavalieri, le dame e le trobaidiriz, astronomi, matematico, cuochi e chi più ne ha più ne metta. Un bel giorno arrivò nel castello un principe bellissimo col cavallo e la bardatura, con la spada e una cintura d'oro e d'argento, voleva conoscere la principessa. Lei però era già innamorata di uno stalliere. Quando vide il principe capì che tutta la sua famiglia avrebbe deciso di farli maritare ma lei non ne voleva sapere. "Come posso fare?", si chiese disperata. Lo stalliere, uditi i suoi singhiozzi, mandò due uccellini suoi amici a controllare cosa stesse accadendo. Gli uccellini tornarono da lui in un baleno e gli riferirono per filo e per segno. Lui ne fu così contento che si mise a saltellare euforico. Chiese poi ad un riccio di andare nel bosco e consultare la sibilla. Lui corse come poteva, riferì tutto alla sibilla e tornò dallo stalliere con un sacchetto di erbe sugli aculei. Lo stalliere prese il sacchetto, preparò una tisana e la portò alla principessa, di nascosto, dicendole che avrebbe dovuto berla al calar del sole. Lei bevve la tisana, poi si recò nella grande sala da pranzo dove il principe la aspettava, appena iniziò a parlare, però, anziché parole le uscirono sputacchi dalla bocca e spla e sple e spli e splo e splu....il principe andò via urlando "Io non voglio una principessa sputacchiona!" E fu così che lo stalliere divenne principe.

 


lunedì 12 ottobre 2020

Storielle di sport. Il Falco Pietro (aggiornato)

 

Il Falco Pietro

 

C’era una volta e c’è ancora uno splendido parco naturale dove coabitano più o meno pacificamente animali di terra, di acqua e d’aria.

Vi sono acute e felpate linci, ranocchie gracidanti, nibbi e passeri, che vivono in armonia o quasi.

Talvolta qualche essere umano si avventura tra i boschi e i ruscelli per fare fotografie, attività motoria all’aria aperta, o anche semplicemente birdwatching, cioè osservazione dell’avifauna.

Un bel giorno una fotografa, appostata da giorni per cercare di catturare un’immagine che facesse effetto, cominciò a scattare tantissime fotografie ma Pietro, il falco che tornava sempre indietro per appollaiarsi sul suo ramo preferito, si spaventò tantissimo e volò così velocemente che tutti gli animali del parco si fermarono ad osservarlo.

Le ranocchie smisero di gracidare, i grilli e le cicale di frinire, i gatti e le linci di giocherellare, insomma tutti quanti vollero guardare cosa stesse facendo il falco Pietro e, in brevissimo tempo, si formarono dei veri e propri club di ammiratori.

“È più veloce del tuono”, dissero in coro le ranocchie.

“Non è possibile che voli così!”, sentenziò l’invidioso nibbio.

“Io utilizzerei un cronometro”, si intromise il saggio grillo.

“Pietro, Pietro, torna indietro!” gli urlarono dabbasso le furbe volpi.

Il falco Pietro, a sentirsi chiamare in quel modo, ebbe un sussulto, rallentò e si accorse che tutto il bosco, compresi i birdwatcher e la fotografa curiosa, lo stavano chiamando.

Come una saetta scese giù e chiese: “Che succede? Perché gridate?”

“Pietro, Pietro, sei riuscito a battere ogni traguardo di velocità raggiunto dai più veloci velocisti del bosco”, gli spiegò calma la Lince Cesi.

E fu così che il falco Pietro cominciò a sfidare tutti gli animali più veloci del bosco, della foresta e del mondo intero.

 

Molto liberamente ispirato a Pietro Mennea.

Storielle di sport. Ondina e Claudia

 

Ondina e Claudia

 

C’era una volta e c’è ancora un parco con delle morbide colline e placidi fiumi, boschi e una fattoria un po’ fantasiosa in cui vivono mucche, cavalli, galline, galli, pulcini, tori, pecore, tacchini, upupe, lupi vegetariani, cani, gatti e topolini, grilli, formiche, ragni ragnolini e cicale.

Un bel giorno nella fattoria arrivarono due asinelle, Ondina e Claudia, bellissime e molto giocherellone.

Avevano sempre voglia di saltellare di qua e di là e di fare tantissime acrobazie.

Cantando ‘mi piace saltellar mi piace saltellar’ attraversavano tutti gli steccati della fattoria passando attraverso campi di zucche e cavoli, pomodori e fragole.

Talvolta si impuntavano, come proverbialmente accade ai loro simili, e cercavano di fare cose molto pericolose oppure impossibili quali, ad esempio, arrampicarsi sugli alberi, una cosa di tutta evidenza molto complicata per un asino.

Gli altri animali della fattoria provavano a farle desistere dalle loro imprese ma non c’era verso di convincerle.

“Ma volete far ridere i polli?”, ridacchiavano sotto i baffi i gatti.

“Tornatevene nella vostra stalla!”, muggivano spazientite le mucche.

“Svergognate!”, strillavano le galline nell’aia.

“Testarde e presuntuose!”, le apostrofavano signorilmente i cavalli.

“Che vi siete messe in testa?”, gridavano le lumache.

“Fanatiche!”, le rimproveravano i pavoni aprendo la coda.

Più Claudia e Ondina si sentivano criticare, maggiore diveniva la loro determinazione.

Di notte, zitte zitte e quatte quatte, quando nessuno, tranne gli animali notturni, le vedeva, si andavano ad allenare.

Provando provando, esercitandosi e riprovando, le due arrivarono in cima a due monumentali cedri del Libano e si misero a ragliare di felicità.

“HINZ HANZ che bella città che vediamo da qua”

“HINZ HANZ che meraviglia dondolare”

Tutti quanti rimasero a bocca aperta e a quel punto si misero a dire: “Hai visto come siamo bravi, noi animali di questa fattoria?” oppure “Noi siamo i migliori” o anche “Riusciamo a fare cose mai viste, noi” o peggio “Ah io l’avevo sempre detto che erano proprio speciali, d’altronde sono dei nostri mica dell’altra fattoria sull’altra collina!”

 

Molto liberamente ispirata a Trebisonda “Ondina” Valla e Claudia Testoni.

venerdì 9 ottobre 2020

Ba Be Bi Bo Bu (aggiornato)

 

C’era una volta e c’è ancora un bel parco che si chiama Macchia del Barco, in questo parco pascolano felici quattro pecorelle molto beeeeelle.

 

Una si chiama Ba e fa sempre baaaaaa

Una si chiama Be e fa sempre beeeeee

Una si chiama Bi e fa sempre biiiiiiiiiiii

Una si chiama Bo e fa sempre booooooo

 

Ba, Be, Bi e Bo erano sempre insieme e si sentivano unite come sorelle ma un giorno si accorsero che mancava qualcosa e si incamminarono nella radura boscosa.

Cammina, cammina trovarono un bell’uliveto, con tanti ulivi dalle foglie piccole e argentate, poi un pescheto, con i peschi dai rami scuri e le foglie arricciate, dunque un ciliegeto, con alberi di ciliegie dal tronco dritto e le foglie grandi.

Infine giunsero vicino ad un grande albero di noce e….

 

BUUUUUUU!

 

Le spaventò la quinta pecorella uscendo da un cespuglio.

 

“Baaaa ma Bu sei tu!”

“Beeeee beh che paura”

“Biiiiiiiii ho i brividi”

“Booooo sto tremando”

 

Era proprio Bu, che faceva sempre buuuu e si divertiva a spaventare le altre quattro pecorelle che erano un po’ scordarelle e si dimenticavano spesso di lei.

lunedì 5 ottobre 2020

Nonna Giulietta e le sue amiche 546

 

546.

 

CRESCENZIO: Silvano?

SILVANO: Crescenzio, che ci fai qui?

CRESCENZIO: Shhhh

SILVANO: Perché bisbigli?

CRESCENZIO: Shhh Luisa è qui?

SILVANO: No

CRESCENZIO: Ah

SILVANO: Vuoi una tisana?

CRESCENZIO: Una di quelle tue centrifughe

SILVANO: Si può sapere perché bisbigli?

CRESCENZIO: Ah scusa…

SILVANO: Ti posso fare un succo di melograno, non ho altro.

CRESCENZIO: Va benissimo.

SILVANO: Che succede?

CRESCENZIO: Vorrei chiederti un favore.

SILVANO: A me?

CRESCENZIO: Sì, perché che c’è di strano?

SILVANO: No no, niente, se posso, figurati.

CRESCENZIO: No, è che, io, ecco, vedi….

SILVANO: Parli come un innamorato che succede?

CRESCENZIO: Lo vedi che sei strego!?!

SILVANO: Ma perché, che ho detto?

CRESCENZIO: Mi sono innamorato.

SILVANO: Tu?

CRESCENZIO: Io.

SILVANO: Ma non eri già felicemente fidanzato?

CRESCENZIO: No.

SILVANO: No?

CRESCENZIO: Ero fidanzato infelicemente.

SILVANO: Ah.

CRESCENZIO: E ora….

SILVANO: E chi sarebbe il caro oggetto?

CRESCENZIO: Un atleta.

SILVANO: Un atleta.

CRESCENZIO: Eh, sì, un atleta che male c’è?

SILVANO: Dal tuo sguardo sembrerebbe Apollo in persona.

CRESCENZIO: Oh, no, non lo è ma…

SILVANO: Chi è?

CRESCENZIO: Questa è la sua foto, lo conosci?

SILVANO: Ti è caduto il cacio sui maccheroni:

CRESCENZIO: Perché?

SILVANO: Perché è un mio caro amico, tornato da poco in paese per ritrovare il suo equilibrio dopo una brutta storia di gelosia con un chirurgo.

CRESCENZIO: Uh poverino.

SILVANO: Potrei anche farvi incontrare casualmente ma…

CRESCENZIO: Ma?

SILVANO: Non lo so, penserò a qualcosa poi.