giovedì 8 dicembre 2016

Senatori 10. Francesco Saverio Nitti, garibaldino, mazziniano, radicale (bozza)

Francesco Saverio Nitti, garibaldino, mazziniano, radicale (bozza)

Tra il castello federiciano e la cattedrale di Melfi, in una casetta dignitosa i cui muri trasudano fame di conoscenza e sete di libertà, quasi di fronte alla Via dello Scozzese e non lontano da dove oggi sono le statue con i bimbi che giocano, il 18 luglio 1868 nacque Francesco Saverio Nitti, futuro Presidente del Consiglio e più volte Ministro, degli Interni, del Tesoro, dell’Agricoltura, Industria e Commercio, esiliato durante il Ventennio e poi deputato dell’Assemblea Costituente e infine Senatore della Repubblica Italiana.
La sua vita familiare sembra un romanzo in cui le vicende personali si intrecciano fortemente con gli ideali che hanno reso possibile la Storia. Il padre, professore di matematica, ispettore di quei Monti Frumentari che fornivano le sementi ai contadini indigenti e commissario prefettizio, era un garibaldino mazziniano, aderente all’Associazione emancipatrice italiana fondata dall’Eroe dei due mondi, disciolta e dunque confluita nella Falange Sacra mazziniana. I suoi avi erano liberali. La madre una contadina.
Un’infanzia e un’adolescenza non convenzionali costellate da arresti, ufficialmente per rissa, del padre trascorse studiando per meglio comprendere quelle parole segrete sussurrate negli incontri scalcinati che hanno costituito il Risorgimento italiano. L’Europa sui libri di scuola era un continente geografico composto, a livello politico, da tanti stati e staterelli allora governati in prevalenza da re e regine ma per lui era una unione di fratellanze, una grande nazione organizzata in Stati Uniti d’Europa. Se in classe gli veniva insegnato che i sovrani sono investiti dalla grazia divina, in casa le parole profetiche di Mazzini e Garibaldi gli gridavano a gran voce che non esistono Stati e divisioni bensì persone che costituiscono l’Umanità, un unicum di differenze, e che insieme agiscono in fratellanza in una continua progressione, una tensione verso le libertà.
All’ombra del castello in cui vennero decretate le Costituzioni melfitane, in cui particolarmente importante era la divisione tra Imperatore e Papa, redatte grazie allo ‘Scozzese’ Michele Scoto e al suo amico Fibonacci, dotti alla corte di Federico II di Svevia, Francesco Saverio Nitti sviluppava quella coscienza liberale, libertaria, anticlericale che gli costò l’esilio già a partire dal 1923.  

Politicamente aderì al Partito Radicale Italiano storico, cui il successivo P.R. si ispirò grandemente, ma non vide mai realizzati gli ideali per i quali lui e i suoi avi avevano tanto lottato.  

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