Il cruccio di Pero è quello di presentare la sua fidanzata alla madre, impresa ardua non tanto per problemi di timidezze reciproche o di insanabili differenze culturali tra nazionalità differenti, bensì , come accennavo alla mia compagna di commuting transfrontaliero, per una questione di confini geografici. Eh sì perché a poche centinaia di chilometri, nel cuore orientale dell'Europa meridionale, poco più a Nord della culla greca della nostra civiltà, esistono ancora antichi cimeli di divisioni nazionali, più che frontiere, barriere permeabili soltanto se alcuni meccanismi risultano ben oliati. È ora di salutarci, le racconterò maggiori dettagli nel pomeriggio, sul treno che ci riporterà a casa. Mi dirigo verso il rimessaggio custodito di bici, la pioggerellina è lieve e verticale, non quella fastidiosa pioggia orizzontale accompagnata da potenti raffiche di vento di certe giornate invernali che a volte mi costringe a prendere il tram. Le due ruote scivolano veloci nella pista ciclabile, arrivo al tribunale internazionale e comincio la mia intensa giornata lavorativa. Incontro Pero e il gruppo di colleghi diventati amici. Lui, come molti altri suoi conterranei sta affrontando un difficile percorso di ricostruzione di vite il cui destino si è incrociato con orrori inenarrabili, che rimbalzano periodicamente nei vari angoli del pianeta in forma di notizia per fare sensazione.
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