giovedì 19 settembre 2019

Alvina l’Apina


Alvina l’Apina

C’era una volta e c’è ancora un campo di lavanda nascosto tra le colture, le colline e le vestigia di antiche culture in cui si affaccendavano le api per produrre uno squisito miele dall’aroma floreale e fruttato, propoli, cera, pappa reale e tutte le prelibatezze che si preparano in un alveare.
Durante l’inverno non c’era molto da fare, se non sistemare, aggiustare, chiacchierare, raccontarsi storie e favole ma, appena iniziava la stagione della fioritura… oh beh… inutile descriverlo, non c’è tempo neanche per respirare. Corri di qua, corri di là, vola su e giù, avanti e indietro dal campo all’alveare, e poi c’è da impollinare, raccogliere, stipare, trasformare, insomma un lavorio indicibile e una fatica, oh che fatica!
Non che sia tanto brutto, non si riesce in quei momenti a ragionare bene sui massimi sistemi, ma è davvero stancante.
Le giornate sembrano interminabili e al contempo tanto brevi da non riuscire mai a finire quello che si sta facendo, il buzz è incredibilmente frenetico e non c’è verso di, che so, fermarsi su un’amaca a godere il frescolino e il suono rilassante delle cicale: sia mai!
L’unico svago, l’unico attimo di relax è quello del bagno rinfrancante. Un giorno Alvina l’Apina decise di ribellarsi a quello stato di cose e di guadagnare dal sacrosanto e meritatissimo riposo delle altre api. Fu così che recintò le pozze di acqua più appetibili, mise un cancello con la chiave e non faceva entrare più nessuno se non dietro pagamento di lauto compenso. Le api più giovani e inesperte accettarono di buon grado il cambiamento di questa situazione ma le più esperte si arrabbiarono non poco ma non avevano abbastanza forze per contrastare quella che ritenevano essere un’angheria bella e buona. Da quelle parti viveva, chissà perché, anche Armina l’Armadilla, nota in tutto il vicinato per la saggezza e la sua disponibilità nel dispensar consigli. Le api andarono da lei che si recò da Alvina l’Apina spiegandole la situazione. Alvina l’Apina canzonò le altre api dicendo loro che erano malconce o che non avevano di che pagare l’ingresso nelle pozze e si mise a motteggiarle. Armina l’Armadilla capì la situazione e la illustrò al gran consiglio delle api, le quali si riunirono e, dopo lunga discussione, giunsero alla conclusione che le api avevano diritto di usufruire delle loro relative pozze, Alvina l’Apina si arrabbiò moltissimo e volò via verso un altro alveare ma la voce si era ormai diffusa e, ovunque andasse, la risposta era sempre la medesima: “Se hai voglia di darti da fare, bene, ma se ci vuoi sfruttare te lo puoi scordare”.

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