Alvina l’Apina
C’era una volta e c’è ancora un campo di
lavanda nascosto tra le colture, le colline e le vestigia di antiche culture in
cui si affaccendavano le api per produrre uno squisito miele dall’aroma
floreale e fruttato, propoli, cera, pappa reale e tutte le prelibatezze che si
preparano in un alveare.
Durante l’inverno non c’era molto da
fare, se non sistemare, aggiustare, chiacchierare, raccontarsi storie e favole
ma, appena iniziava la stagione della fioritura… oh beh… inutile descriverlo,
non c’è tempo neanche per respirare. Corri di qua, corri di là, vola su e giù,
avanti e indietro dal campo all’alveare, e poi c’è da impollinare, raccogliere,
stipare, trasformare, insomma un lavorio indicibile e una fatica, oh che
fatica!
Non che sia tanto brutto, non si riesce
in quei momenti a ragionare bene sui massimi sistemi, ma è davvero stancante.
Le giornate sembrano interminabili e al
contempo tanto brevi da non riuscire mai a finire quello che si sta facendo, il
buzz è incredibilmente frenetico e non c’è verso di, che so, fermarsi su un’amaca
a godere il frescolino e il suono rilassante delle cicale: sia mai!
L’unico svago, l’unico attimo di relax è
quello del bagno rinfrancante. Un giorno Alvina l’Apina decise di ribellarsi a
quello stato di cose e di guadagnare dal sacrosanto e meritatissimo riposo
delle altre api. Fu così che recintò le pozze di acqua più appetibili, mise un
cancello con la chiave e non faceva entrare più nessuno se non dietro pagamento
di lauto compenso. Le api più giovani e inesperte accettarono di buon grado il
cambiamento di questa situazione ma le più esperte si arrabbiarono non poco ma
non avevano abbastanza forze per contrastare quella che ritenevano essere un’angheria
bella e buona. Da quelle parti viveva, chissà perché, anche Armina l’Armadilla,
nota in tutto il vicinato per la saggezza e la sua disponibilità nel dispensar
consigli. Le api andarono da lei che si recò da Alvina l’Apina spiegandole la
situazione. Alvina l’Apina canzonò le altre api dicendo loro che erano malconce
o che non avevano di che pagare l’ingresso nelle pozze e si mise a motteggiarle.
Armina l’Armadilla capì la situazione e la illustrò al gran consiglio delle
api, le quali si riunirono e, dopo lunga discussione, giunsero alla conclusione
che le api avevano diritto di usufruire delle loro relative pozze, Alvina l’Apina
si arrabbiò moltissimo e volò via verso un altro alveare ma la voce si era
ormai diffusa e, ovunque andasse, la risposta era sempre la medesima: “Se hai
voglia di darti da fare, bene, ma se ci vuoi sfruttare te lo puoi scordare”.
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