Leone (fuoco)
Il Fireplace era il suo regno dove coccolare
i tanti clienti, creature fragili e indifese di cui si prendeva cura come
fossero stati suoi pargoli. Leonessa era una di quelle donne di una generosità
travolgente e altrettanto esuberante temperamento. Sapeva indovinare i gusti e
procacciare leccornie e prelibatezze adatte ad ognuno di loro. Non che si
preoccupasse se per un po’ qualche avventore mancava all’appello senza
preavviso, no, è che aveva la tendenza a tenere sotto controllo le vite altrui,
almeno quando varcavano le porte del suo locale.
Lasciava che ognuno di loro apprezzasse
in modo assoluto ciò che lei, effettivamente, faceva per loro. Qualche
malelingua aveva affermato, a suo rischio e pericolo, che Leonessa imponesse
sulle vite degli altri il suo volere in modo pressoché dittatoriale. Lei
sorrideva sorniona a tali accuse e faceva regolarmente ricredere chiunque
l’accusasse con la maestria distillata nel corso dell’evoluzione dai felini di
qualunque era geologica e latitudine geografica. Amava la nebbiolina che
avvolge tutto fino a che non decideva di andare a fare una passeggiata e allora
la giornata doveva necessariamente essere splendida con il sole ad accompagnare
e scandire ogni suo passo. Una variazione meteorologica che non rispondesse
esattamente alle sue aspettative poteva anche metterla di pessimo umore, almeno
fino alla scoperta di qualche dettaglio meraviglioso che non aveva notato prima
d’allora. Il fuoco era il suo elemento e sopportava poco e male il freddo,
sebbene in una fresca giornata di sole poteva anche tollerare temperature
abbastanza rigide. Generosa in qualunque attenzione che profondeva in ciò che
preparava per gli altri, aveva sempre qualche idea che la illuminava d’immenso
e non erano poche le volte in cui intraprendeva senza timore imprese
all’apparenza impossibili, come quella volta che aveva dato ascolto a Gemina e
Gemino per il torneo di biglie colorate, che si era ovviamente trasformato in
un successone.
Non riusciva a star ferma ma aveva
imparato a non gesticolare troppo mentre pensava, soprattutto se stava
preparando qualcosa che poteva rovesciarsi da qualche parte o addosso a
qualcuno. Vivere e amare erano sempre
state due imprescindibili passioni, non c’era niente che non le interessasse o
non suscitasse improvvise e assolute curiosità. Aveva arredato il Fireplace con
oggetti di artigianato che le davano la sensazione di qualcosa di genuino, vero
e unico. Nel suo locale permetteva che si lavorasse a maglia, che si mangiasse,
ridesse, leggesse un libro, suonasse e discutesse ma se vedeva una coppia
intenta a comunicare tramite telefonini non resisteva alla tentazione di far
loro qualche dispettuccio, così tanto per gradire. Nel suo locale le partite di
calcio erano state bandite, accettava talvolta soltanto i resoconti dettagliati degli
incontri tra squadre locali, più per le storie che si trascinavano dietro che
per l’attività agonistica. Cercava, pur lasciando un minimo margine di libertà,
di assecondare i desideri degli avventori ma poneva alcune regole che creavano
un’armonia molto difficile da trovare in altri locali. Aveva creato un’area
giochi per i bambini in cui i piccoli potevano creare sculture con la creta,
colorare e fare le capriole, potevano ridere e annoiarsi, leggere libri e
raccontare storie e sentiva una gran pena quando ne vedeva qualcuno incollato a
qualche dispositivo elettronico che rideva con aria strafottente. A volte
provava a farli giocare ma poi di solito i genitori distratti di quei bambini
si stancavano di andare al Fireplace preferendo qualche posto più chiassoso e
meno impegnativo.
Aveva ristrutturato il suo locale con
amore e dedizione, lo aveva immaginato fin nei minimi particolari e poi aveva
sfasciato i suoi progetti per poi ricrearne di nuovi. Questo suo atteggiamento
le aveva causato non poche liti col suo compagno, un uomo testardo e sincero
che l’amava, riamato, con una passione che a volte non riusciva a spiegarsi, ma
alla fine aveva ottenuto di fare le cose a modo suo e aveva avuto
ragione. Il Fireplace, oltre ad essere un luogo di ristoro, era un posto dove
ritrovar sé stessi e il senso più profondo del vivere, dove agire culturalmente
e consapevolmente. Leonessa selezionava con amore gli ingredienti e le piaceva provare
sempre qualche novità.
Quella mattina scelse un succo di rosse
arance sanguinelle siciliane con una fetta di pane antico e miele d’acacia dal
Parco nazionale e una di pane ternano con marmellata artigianale di uva rossa.
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