Una ballata celtica 2 (bozza)
Insomma, lo stufato di Samalaliliath era
proprio squisito e sul grado di cottura si poteva dire con precisione quanto
tempo mancava all’inizio della festa.
Se il Lettore fosse passato di là, anche
se non avrebbe potuto perché non avrebbe saputo come chiedere informazioni e
dove andare, ma se per caso fosse capitato di là senza sapere niente di niente
e di niente si fosse accorto avrebbe comunque potuto dire con certezza che
mancavano tre ore, diciotto minuti e quarantaquattro secondi all’inizio di
Bealtaine e non si sarebbe sbagliato, minuto più o minuto meno.
Forse il Lettore, non avvezzo alla
prelibata cucina di Samalaliliath, avrebbe potuto comprendere che la festa stava
per cominciare da un particolare che, nell’universo di senso in cui è abituato
a vivere, ragionare e ponderare gli accadimenti, forse, e dico forse, gli
sarebbe sembrato un po’, beh, ecco, strano.
“Strano?”
“Sì, beh, sai loro, con tutto il
rispetto, non sono abituati a guardare troppo oltre le apparenze e quindi
magari”
“Pensi che siano stupidi?”
“Nononononono, no. È che, forse, pensano
che non esista niente di ciò che non sono abituati a vedere e sai bene del
segreto patto”
“Quale patto?”
“Che ci fa l’occhiuto in questa
conversazione?”
“Non so che ci faccia il Lettore in
questa conversazione, né come ci si sia inserito ma adesso è qua, lo vogliamo
invitare alla festa così, magari, vedendo coi suoi propri occhi ci potrà dire
se considera ‘strano’ il particolare di cui sopra oppure no”
“Io voglio soltanto assaggiare lo
stufato di Samalaliliath”
“Per quello ci vorrà ancora del tempo,
adesso lascia che Leprechaun ti accompagni verso il mondo del fantastico, anche
se ha il suo bel daffare e così ci saprai dire”
“Oh Signur ma io ho il mio daffare, mi
ci manca soltanto questo umano curioso con tutto il dafffare che ho da fare!”
“Su Leprechaun”
“E se poi…”
“E se dovesse trovare tutto troppo
strano o volesse raccontare quello che ha visto, lo faremo svegliare nel suo
lettino e le fate gli faranno il solito incantesimo così sarà convinto di aver
fatto soltanto un bel sogno”
“Uhm”
“Comunque se state parlando di me….”
“Sì?”
“Io non sono un umano, sono un felino”
“Un felino che legge questa è bella, con
tutto il daffare che ho proprio questa dovevo sentire”
“Sì, sono un felino e gli umani mi
chiamano Felix”
“Beh, vedi Leprechaun, un felino che
parla e che legge, il compito ti sarà più facile”
“Basta che prometta solennemente di
tenere le sue unghiacce e i suoi denti aguzzi al posto loro”
“Certo, sono un felino, mica un umano,
non aggredisco chi mi accoglie”
“Ho sentito racconti da parte di
topolini che la pensano diversamente”
“Va bene, prometto solennemente”
“Uhm così va meglio, comunque”
“Sì Leprechaun, informerò la Fata del
Bosco della sua presenza e lei gli metterà un folletto nel pelo a controllare
che non si faccia venire in testa di rompere la promessa. Vado e torno.”
“Cos’è che dovrei trovare strano, ma
soprattutto, quando sarà pronto lo stufato?”
“Per lo stufato c’è ancora tempo, per
quello che dovresti o potresti trovare ‘strano’, beh ecco…”
“ohhhhhh”
“Che c’è?”
“Gli alberi!”
“Sì????”
“Si…”
“…si???”
“….si muovono!”
“Già”
“Che vuol dire ‘già’? Gli alberi non si
muovono”
“Questo lo pensi tu e quei bellicosi di umani
che bruciano intere foreste nonostante gli alberi diano loro l’ossigeno senza
il quale quegli umani inquinanti non riuscirebbero a respirare e vivere”
“Che fanno?”
“Si avvicinano alla locanda”
“Ma così finiranno tutto lo stufato”
“Ma ti sembra che gli alberi mangino lo
stufato?”
“Non lo mangiano?”
“No”
“Ah, meno male. E di che si nutrono?”
“Come di che si nutrono? Ma non ti hanno
insegnato proprio niente?”
“Ehm sai è che quel giorno non mi ero
infilato nello zaino del mio amico umano e quindi non ho seguito la lezione
perché… ecco perché”
“Lascia stare, gli alberi sono
intelligentissimi e mangiano soltanto per ghiottoneria, non hanno bisogno di
altro nutrimento che di quello che deriva loro dalla terra, dall’aria, dal
sole, dall’acqua e beh, ma questo è un segreto e non te lo svelerò”
“Ah be’ a me basta sapere che non
mangeranno tutto lo stufato”
“No, non sono ghiotti di stufato”
“Bene bene, già mi stanno simpatici”
Il primo albero che Felix il Gatto e
Leper il Leprechaun videro avvicinarsi con piglio sicuro e battagliero furono
gli Abeti, una grande famiglia molto rispettata nel bosco. Appena si accorsero
della presenza di Felix il Gatto chiesero informazioni e spiegazioni a Leper il
Leprechaun e si incuriosirono molto del modo bizzarro che aveva portato quel
peloso intruso nel villaggio segreto.
“I gatti sono molto intelligenti”
“Figurati! La ragione per cui è qui e mi
distoglie da tutto il daffare che ho da fare è che vuole assaggiare lo stufato
di Samalaliliath”
“Aha è un buongustaio questo Felix e certo
Samalaliliath deve aver superato la sua maestria quest’anno se il profumo del
suo stufato è giunto fino a questo pelosetto”
“Io non sono un pelosetto, sono un
gatto”
“Appunto, ma non perdiamoci in
chiacchiere”
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