lunedì 28 novembre 2016

Una ballata celtica 2 (bozza)

Una ballata celtica 2 (bozza)

Insomma, lo stufato di Samalaliliath era proprio squisito e sul grado di cottura si poteva dire con precisione quanto tempo mancava all’inizio della festa.
Se il Lettore fosse passato di là, anche se non avrebbe potuto perché non avrebbe saputo come chiedere informazioni e dove andare, ma se per caso fosse capitato di là senza sapere niente di niente e di niente si fosse accorto avrebbe comunque potuto dire con certezza che mancavano tre ore, diciotto minuti e quarantaquattro secondi all’inizio di Bealtaine e non si sarebbe sbagliato, minuto più o minuto meno.
Forse il Lettore, non avvezzo alla prelibata cucina di Samalaliliath, avrebbe potuto comprendere che la festa stava per cominciare da un particolare che, nell’universo di senso in cui è abituato a vivere, ragionare e ponderare gli accadimenti, forse, e dico forse, gli sarebbe sembrato un po’, beh, ecco, strano.
“Strano?”
“Sì, beh, sai loro, con tutto il rispetto, non sono abituati a guardare troppo oltre le apparenze e quindi magari”
“Pensi che siano stupidi?”
“Nononononono, no. È che, forse, pensano che non esista niente di ciò che non sono abituati a vedere e sai bene del segreto patto”
“Quale patto?”
“Che ci fa l’occhiuto in questa conversazione?”
“Non so che ci faccia il Lettore in questa conversazione, né come ci si sia inserito ma adesso è qua, lo vogliamo invitare alla festa così, magari, vedendo coi suoi propri occhi ci potrà dire se considera ‘strano’ il particolare di cui sopra oppure no”
“Io voglio soltanto assaggiare lo stufato di Samalaliliath”
“Per quello ci vorrà ancora del tempo, adesso lascia che Leprechaun ti accompagni verso il mondo del fantastico, anche se ha il suo bel daffare e così ci saprai dire”
“Oh Signur ma io ho il mio daffare, mi ci manca soltanto questo umano curioso con tutto il dafffare che ho da fare!”
“Su Leprechaun”
“E se poi…”
“E se dovesse trovare tutto troppo strano o volesse raccontare quello che ha visto, lo faremo svegliare nel suo lettino e le fate gli faranno il solito incantesimo così sarà convinto di aver fatto soltanto un bel sogno”
“Uhm”
“Comunque se state parlando di me….”
“Sì?”
“Io non sono un umano, sono un felino”
“Un felino che legge questa è bella, con tutto il daffare che ho proprio questa dovevo sentire”
“Sì, sono un felino e gli umani mi chiamano Felix”
“Beh, vedi Leprechaun, un felino che parla e che legge, il compito ti sarà più facile”
“Basta che prometta solennemente di tenere le sue unghiacce e i suoi denti aguzzi al posto loro”
“Certo, sono un felino, mica un umano, non aggredisco chi mi accoglie”
“Ho sentito racconti da parte di topolini che la pensano diversamente”
“Va bene, prometto solennemente”
“Uhm così va meglio, comunque”
“Sì Leprechaun, informerò la Fata del Bosco della sua presenza e lei gli metterà un folletto nel pelo a controllare che non si faccia venire in testa di rompere la promessa. Vado e torno.”
“Cos’è che dovrei trovare strano, ma soprattutto, quando sarà pronto lo stufato?”
“Per lo stufato c’è ancora tempo, per quello che dovresti o potresti trovare ‘strano’, beh ecco…”
“ohhhhhh”
“Che c’è?”
“Gli alberi!”
“Sì????”
“Si…”
“…si???”
“….si muovono!”
“Già”
“Che vuol dire ‘già’? Gli alberi non si muovono”
“Questo lo pensi tu e quei bellicosi di umani che bruciano intere foreste nonostante gli alberi diano loro l’ossigeno senza il quale quegli umani inquinanti non riuscirebbero a respirare e vivere”
“Che fanno?”
“Si avvicinano alla locanda”
“Ma così finiranno tutto lo stufato”
“Ma ti sembra che gli alberi mangino lo stufato?”
“Non lo mangiano?”
“No”
“Ah, meno male. E di che si nutrono?”
“Come di che si nutrono? Ma non ti hanno insegnato proprio niente?”
“Ehm sai è che quel giorno non mi ero infilato nello zaino del mio amico umano e quindi non ho seguito la lezione perché… ecco perché”
“Lascia stare, gli alberi sono intelligentissimi e mangiano soltanto per ghiottoneria, non hanno bisogno di altro nutrimento che di quello che deriva loro dalla terra, dall’aria, dal sole, dall’acqua e beh, ma questo è un segreto e non te lo svelerò”
“Ah be’ a me basta sapere che non mangeranno tutto lo stufato”
“No, non sono ghiotti di stufato”
“Bene bene, già mi stanno simpatici”
Il primo albero che Felix il Gatto e Leper il Leprechaun videro avvicinarsi con piglio sicuro e battagliero furono gli Abeti, una grande famiglia molto rispettata nel bosco. Appena si accorsero della presenza di Felix il Gatto chiesero informazioni e spiegazioni a Leper il Leprechaun e si incuriosirono molto del modo bizzarro che aveva portato quel peloso intruso nel villaggio segreto.
“I gatti sono molto intelligenti”
“Figurati! La ragione per cui è qui e mi distoglie da tutto il daffare che ho da fare è che vuole assaggiare lo stufato di Samalaliliath”
“Aha è un buongustaio questo Felix e certo Samalaliliath deve aver superato la sua maestria quest’anno se il profumo del suo stufato è giunto fino a questo pelosetto”
“Io non sono un pelosetto, sono un gatto”

“Appunto, ma non perdiamoci in chiacchiere”

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