Una ballata celtica 1. Prologo. (Bozza)
C’era una volta, non tanto tempo fa e
c’è chi afferma senza tema di smentite che ci sia ancor oggi ma soltanto per
chi ha la capacità di vedere e sentire oltre le apparenze, un segreto villaggio
celtico in un bosco ai lati della brughiera che affaccia sull’impetuoso oceano andando
incontro alle onde d’improvviso, senza dir niente alle colline che guardano
sornione il perenne abbraccio di Tir Nam Beo, la terra della vita che, come è
ben noto, è situata sotto il mare al largo delle coste irlandesi e scozzesi, e
Lochlann, la leggendaria terra abitata dai giganti.
Non si conosce con esattezza il nome di
questo villaggio.
“E certo! Vorrei proprio vedere se un
segreto villaggio può avere un nome conosciuto, se fosse noto non sarebbe
segreto!”
Il Lettore dovrà perdonare questa
interruzione da parte del folletto Leprechaun, ha un carattere un po’, come
definirlo, tutto suo e guai a contraddirlo o fargli notare che le scarpe si
cuciono in paia e non una soltanto.
“Una alla volta!”
Non gli faccia notare il Lettore che poi
dimentica di cucire l’altra, altrimenti potrebbe indispettirsi.
“Sempre a criticare ma quando c’è da
fare, eh, quando c’è da fare ognuno ha il suo bel daffare eh!”
“Possiamo continuare a raccontare del
villaggio segreto?”
“Ma se non abbiamo neanche cominciato?”
“Ecco, appunto….”
“Uhhhh torno al mio daffare che è meglio
altrimenti qua non c’è mai nessuno che si dia da fare a fare ciò che c’è da
fare”
C’era una volta,
“S’è capito!”
“Ma non eri tornato al tuo daffare?”
“C’era una volta ma se c’era una volta
chi sono io e chi siamo noi abitanti del villaggio segreto, une volte?”
“No, certo”
“Allora???”
Nel villaggio segreto il cui nome è
conosciuto, forse, soltanto dai suoi abitanti perché altrimenti si violerebbe
il vincolo di segretezza che, come ognun sa, è sacro ed è precondizione
necessaria per poter accedere ai segreti villaggi sparsi nel meraviglioso
multiversale fantastico luogo e tempo di Fate, Elfi, Folletti, Druidi….
“Leprechaun”
….Leprechaun e altri esseri talmente
favolosi da essere eterni, fervevano i preparativi per la grande festa di
Bealtaine la celebrazione della stagione calda, prima vera festività dopo il
Samhain del primo novembre che saluta il nuovo anno.
Nella locanda di Samalaliliath
“Ma chi, quel partholoniano, che ha
portato la birra?”
“Sì….”
“Mi è simpatico”
“Già”
“Che vorresti insinuare con quel
laconico ‘già’?”
“Niente….”
“Soltanto perché mi piace bere un mezzo
bicchierino la sera prima di andare a dormire..”
“Durante Samhain ti hanno ritrovato in
una botte, vestito come Diogene, soltanto di doghe….pensavano che fossi
affogato nel barile….”
“Uhhhhhh sempre a puntualizzare, si vede
che non hai il tuo daffare, io invece ora vado a fare quello che ho da fare, ho
il mio bel daffare io, che pensi? Ah”
Nella locanda di Samalaliliath l’odore
inconfondibile del luppolo si mescolava con quello di pentoloni di stufato
condito con fiori di brugo, patate e castagne che faceva venire l’acquolina in
bocca. Chiunque passasse davanti alla porticina di legno verde rallentava il
passo ascoltando i brontolii della propria più o meno affamata pancia. Il
profumo denso delle pietanze che si insaporivano tra loro durante la lenta
cottura nel grande pentolone posto sulla brace nell’enorme camino, tanto grande
che il piccolo Samalaliliath doveva salire su uno sgabello costruito
appositamente per fargli girare agevolmente lo stufato la cui notorietà aveva
travalicato i confini del villaggio segreto fino ad oltrepassare quella sottile
eppure solidissima linea di confine tra il mondo del fantastico e quello del
reale
“E che io non sarei reale?”
“Che c’entra?”
“Se il mondo del fantastico e quello del
reale sono divisi da una solidissima linea o non sono reale io o non lo è quel
muso occhiuto che sta leggendo queste parole ora”
“Sottile eppure solidissima”
“Non tergiversare, rispondi”
“Certo che lo sei ma è meglio che al
Lettore venga lasciata una via per uscire dal mondo del fantastico e ritrovare
la strada del reale, altrimenti sai che noia, con tutti quei rissosi e
belligeranti abitanti del mondo reale travasati nel mondo del fantastico?”
“Ah, beh, se la metti così io torno al
mio daffare che con tutte le cose che ho da fare mi ci mancano soltanto quegli
inquinanti, bellicosi e puzzolenti abitanti del mondo reale”
“Perché puzzolenti?”
“Perché inquinano e sono così stupidi da
buttare nei fiumi, nei mari e nelle stelle la loro arrogante boriosa incapacità
di vivere bene”
“Uhm”
“Su torna al tuo daffare che io ho da
fare il mio daffare e non ho tempo da perdere”
“Nel mondo del reale ci sono i
ciambellotti”
“Ah! E nel mondo del fantastico? C’è
molto di più di quanto si possa immaginare e molto altro e molto altro”
“Anche nel mondo del reale”
“Sì ma nel mondo del fantastico non
siamo così stupidi da distruggere tutto ciò che è bello e meraviglioso”
“Torno al mio daffare”
“Ecco, sì torna al tuo daffare che io ho
da fare il mio bel daffare qui eh”
Nessun commento:
Posta un commento