Nonna
Cirilla e le sue amiche
Nonna Priscilla.
Nonna Priscilla si era svegliata di buon
umore. Una splendida pioggerellina stava annaffiando le piante e lei si era
potuta crogiolare tra le lenzuola gustando una squisita tortina di noci di sua
invenzione mentre leggeva un interessantissimo articolo su neonati, lattanti,
divezzi e bebè. Avrebbe proprio dovuto chiamare Cirilla e parlargliene,
d’altronde cosa c’era di più divertente che prendere in giro le proprie figlie
mentre si trovavano ad affrontare i momenti più meravigliosamente complicati
della vita di qualunque mamma? Sparlare un po’ con le amiche, ovviamente.
Ci pensò e si rigirò nel letto, guardò
il telefono e non resistette alla tentazione di allungare le mani lunghe e
morbide verso il semplice mezzo di comunicazione che però aveva iniziato a
suonare di sua iniziativa. Cirilla era davvero telepatica oppure? Oppure.
“Mammaciaobuongiornochedicihaipresoilcaffè?”
“Tesoooooro che bello sentirti, scusa
non ho capito cosa mi hai chiesto: non ho ancora preso il mio
caffettino e sai…”
“Eccobenesìsìsobenissimohaidafareoggi?”
“Amore non capisco ma se vuoi ti chiamo
più tardi, oggi ho una giornata un po’ piena ma sono certa che troveremo il
tempo per prendere un bel tè caldo: ho preparato una tortina di noci che è uno
spettacolo”, l’insegnante di yoga sarebbe impressionata dalla tua capacità di
apnea, tesoro, se continui così raggiungerai i record di Maiorca.
“Mamma non dovrai incontrare Cirilla
vero?”
“Perché nel caso dovrei chiederle
qualcosa?”
“Ohmammasìsìassolutamentedevichiederlediquell’omeopatachehaconsigliatoasuafiglia.
Tortina di noci hai detto?”
“Proprio di noci, è squisita. Hai
sentito che pioggerellina, ideale per un sonnellino” questa me la sarei potuta
risparmiare, non credo che abbia dormito molto stanotte
“Unsonnellinochebellaideaquandovieni?”
“Più tardi scricciolo e ti prometto che
ti porterò il dolcetto, ah no, non lo puoi mangiare: c’è il miele e il
cioccolato, le fa venire le colichette” sei soltanto all’inizio di una
lunghissima avventura tesoro e io mi sto crogiolando nel lettone, gustando una
tortina e non ho intenzione alcuna di farmi avviluppare nelle spire del tuo
delirio da neomamma, quando sarai stremata verrò a godermi la nipotina che è
proprio uno spasso, non c’è che dire “Ti chiamo dopo, ciao stellina, ma ti
prometto che chiederò a Priscilla dell’omeopata, bacioni”. Click.
Nonna
Domitilla.
Nonna Domitilla si era svegliata con una
voglia matta di vedere la nipotina.
Si era guardata intorno, era troppo
presto.
L’ora per una bella passeggiata, forse.
Meglio qualche esercizio di Feldenkreis.
Fatto.
Aveva guardato l’orologio, non poteva
chiamare sua figlia, magari la piccola dormiva.
Avrebbe aspettato.
Con calma.
Magari un po’ di training autogeno.
Respira. Inspira. Espira. Fai entrare la
luce ed uscire le negatività. Ma quali negatività?
Calma. Respira. Inspira. Espira. Inspira
la tranquillità, espira l’agitazione. Ma quale agitazione??
Respira. Inspira. Espira. Visualizza
un’onda di energia che parte dai piedi e sale lentamente su su per le caviglie,
il polpaccio, raggiunge il ginocchio, sale verso le cosce. Che ore saranno?
Neanche al primo chakra.
Vabbè nel frattempo potrei anche leggere
qualche pagina di quel libro su allattamento, divezzamento e svezzamento.
Lo conosceva quasi a memoria ormai ma
non lo avrebbe mai detto alle sue amiche, men che mai a Cirilla, l’avrebbero
presa in giro.
Ci sarebbe stato il tempo per preparare
qualcosa di buono per la sua cucciolotta?
Altro che cucciola, adesso è una mamma,
e che mamma, sembra un’orsa.
Diventa enorme quando è con la
piccoletta.
Sono molto orgogliosa di te, vorrei
dirtelo ma non ne ho il coraggio.
Sei una forza della natura, sei
bellissima, pienamente nel tuo potere personale e hai un meraviglioso rapporto
con lei.
A volte vorrei farmi abbracciare da te
con l’intensità con cui abbracci lei.
Qualcosa di buono te l’ho insegnato
anch’io forse.
Basta ti chiamo.
“Tesoro vi ho svegliate?”
“Ciao Mamma, no, la piccoletta sta
ciucciando adesso” mi fa piacere che tu mi abbia chiamata
“Hai dormito stanotte o si è svegliata?”
mi emoziona soltanto l’idea di pensare che stai allattando
“Abbiamo dormito benissimo grazie, tu e
Papà?”
“Mi sono svegliata presto e Papà si è
alzato mi ha preparato un caffellatte di quelli che sa preparare soltanto lui,
poi si è riaddormentato, ma tra un po’ si alzerà, non so se voglia andare in
piscina”
“Fammi sapere, mi farebbe piacere farmi
coccolare un po’, a meno che tu non debba incontrare le tue amiche. Hai poi
letto qualcosa su allattamento e svezzamento?”
“Sì, siete nella fase del divezzamento e
le teorie sono effettivamente piuttosto discordanti in merito. Non so forse più
tardi potrei incontrarle.”
“Fammi il piacere, non dire a Cirilla
che ci vogliamo bene o potrebbe avere uno svenimento”
“Ma dai che non è così cattiva”
“Peggio, è pestifera”
“È una mia cara amica”
“E anche io le sono molto affezionata
ciò non toglie che sia terribile. Ora ti lascio, ci vediamo dopo va bene? Dai
un bacione a Papà, ti abbraccio forte forte forte”
“Ciao piccoletta, ci vediamo dopo”.
Nonna Camilla
Nonna Camilla sprizzava energia da tutti
i pori, non avrebbe proprio saputo come contenere la gioia, bisognava levare i
calici, cantare, ballare, saltellare per la stanza.
Non sapendo in che modo esprimere la sua
contentezza si tirò su poggiando una guancia sulla mano e guardò suo marito, il
compagno di tutta una vita, l’uomo che amava senza dubbio alcuno. Stava
dormendo.
In modo quasi fastidioso.
Era beatamente rilassato, il sonno di un
uomo felice. Sereno, senza pensieri.
Le sembrò che stesse sorridendo.
Tossicchiò.
Lui non diede segni di fastidio, anzi,
le prese la mano e la strinse tra le sue accoccolandosi in quel tenero gesto.
Imperdonabile.
Gli tirò i capelli facendo finta di
accarezzarlo.
Gorgogliò.
Gli tirò un innocente calcetto sugli
stinchi.
Si svegliò con l’aria smarrita. Lei
sorrise premurosa. Ora poteva telefonare a sua figlia.
“Buongiorno cara, tutto bene?”
“Mammina, sì, come mai a quest’ora?”
“Ti ho svegliata?”
“No: non ti facevo così mattiniera”
“La piccoletta sta bene?”
“Sì, si è addormentata da poco”
“Ha dormito stanotte?”
“No, neanche un minuto”
“Oh, tesoro, quindi non hai chiuso
occhio. Chissà da chi ha ripreso” degna nipote di nonna sua.
“Non saprei ma appena mi abituo ai suoi
ritmi di sonno li cambia. Temo di inciampare nelle occhiaie a volte. Papà?”
“Sta bene, dormiva beato, come un
angioletto fino a qualche minuto fa, ora si è svegliato e ho potuto
telefonarti.”
“Ma’?”
“Sì?”
“Incontrerai Cirilla oggi?”
“Uhm forse, perché?”
“Andrete in centro?”
“Forse, ti serve qualcosa?”
“Una maschera viso intensiva ai fanghi
del Mar Morto”
“Va bene vedrò di ricordarmene. Ora ti
bacio.”
“Ma’?”
“Sì?”
“Pensi che ci vedremo per il fine
settimana?”
“Assolutamente no tesoro, abbiamo organizzato
un week-end lungo in montagna sai con gli amici di Papà e non se ne parla
proprio. Ma se trovo la maschera te la porto oggi. Posso passare giusto per
cinque-dieci minuti. Ciao tesoro”.
“Ciao Mamma, anch’io ti voglio bene”.
Camilla si stiracchiò sbadigliando
educatamente, si alzò e iniziò i suoi rituali mattutini. Mezz’ora di aerobica,
mezz’ora di step, doccia aromatica, massaggio con oli essenziali e creme di
ultima generazione, trucco e parrucco, scarpe e vestiti. Inforcò i grandi
occhiali da sole graduati giallo ocra che mettevano in risalto i colpi di sole
triple blonde e uscì tirandosi dietro suo marito intontito dal brusco
risveglio.
Nonna Drusilla
Cirilla non gliel’avrebbe mai perdonato:
se lo avesse saputo l’avrebbe canzonata per ore come quella volta da piccole.
Si era sentita così in imbarazzo. La vendetta, qualche anno dopo, nell’aula
magna dell’università era stata soltanto un piatto freddo sciapito dal tempo ma
le era valsa sempiterna amicizia. Non ne era mai stata orgogliosa, non le era
piaciuto essere spietata con la sua amica ma lei da quel giorno imparò a
rispettarla e a temerla in qualche forma.
Forse sarebbe bastato non parlarne ma
gliel’avrebbe comunque letto negli occhi.
Suo marito la guardò, intuì le sue titubanze
e le passò il telefono.
Drusilla sorrise gioiosa.
“Amore buongiorno che dici? Tutto bene?
La piccoletta?”
“Ciao Mamma che piacere sentirti,
passate te e Papà?”
“Non lo so, passiamo io e Papà?” un
cenno affermativo “sì sì tesoro non importa l’orario no?”
“No, no. Anche se alle 10.30 ho la
passeggiata mattutina, alle 12.45 pranziamo, alle 15.00 la sessione di aerial
baby gym, alle 18.00 l’incontro al consultorio, alle 20.00 cenetta con le
amiche”
“Quindi fino alle 10 sei libera?”
“Oh sì e se veniste mi lancerei sotto la
doccia con gran piacere”
“Ti serve qualcosa?”
“Oh no non ti preoccupare”
“Davvero ti serve qualcosa?”
“No ma se insisti, potresti prendere il
gomasio per favore?”
“Il gomasio è a base di sesamo”
“Sì lo so, ah ci sarebbe anche da prendere
…“
“Amore, passiamo e ci prepari la lista”
“Grazie, bacibacibaci”
Nonno Amos
“Nonno. Io? Naaaa”
La sola idea che quell’impiastra di sua
figlia avesse potuto farlo diventare nonno senti
come suona bene la parola ‘nonno’, è piena, densa, tondeggiante, morbida lo
faceva andare in brodo di giuggiole.
Nonno Amos continuava a guardarsi allo
specchio e quello che vedeva era una persona felice, ritrovava i suoi
lineamenti, quelli di quando aveva fatto innamorare la donna con cui aveva
trascorso tutta la vita e chi l’avrebbe
mai detto che saremmo diventati nonni, eh? Tutto sembrava così ribelle, le
palpitazioni per sapere se saresti mai venuta con me, sentirti accanto e quando
mi hai detto che stavo per diventare papà… mi è girato il mondo intorno e il
cielo sembrava parte di me e ora quella scriccioletta che neanche sapeva
attaccarsi alla tetta sarebbe diventata una mamma e noi nonni…
Guardò il telefono e non resistette alla
voglia di chiamare, doveva escogitare una scusa plausibile, preferiva darsi un contegno,
non voleva far capire a quella peste di sua figlia quanto fosse oltremodo
contento.
Avrebbe chiamato il compagno, cioè il
papà della stella di nonno. Non era il padre perfetto che è sempre stato lui ma…
vabbe’.
Il telefono squillò prima che potesse
comporre il numero.
“Amos, buongiorno, sei sveglio?”
“Sì, buongiorno, dimmi” va bene che non
sei il peggiore tra gli uomini ma qui stai rischiando di battere Lapalisse, se
ti rispondo al telefono pensi che stia dormendo? Ti risulta che io sia sonnambulo?
“Avete da fare oggi?”
“Come state?”
“Bene, bene, la piccoletta ha dormito e
ha fatto la cacca, pare che sia della consistenza giusta, gli ormoni si stanno
stabilizzando e sembra che per tua figlia io sia ancora un essere degno di un
buongiorno, il che mi sembra già qualcosa”
Nonno Amos sorrise, ricordando le paure
e le difficoltà che aveva avuto quando lui era diventato padre, le critiche più
o meno silenziose di mamma e suocera con quegli occhi che ti faceva sentire un
pizzico se per caso sbagliavi a mettere il pannolino nel verso sbagliato. Ebbe
un improvviso moto di comprensione e di compassione.
Senza aver consultato la nonna promise
che sarebbero riusciti a passare per un caffè nella tarda mattinata.
Nonno Tancredi
Se esisteva la felicità, cosa di cui
dubitava non poco, quello che Nonno Tancredi provava quella mattina doveva avvicinarvisi
alquanto.
Suo figlio, l’orgoglio della sua vita
che non gli aveva mai dato motivi di preoccupazione ma insomma, era diventato
padre e lui era diventato nonno, il che sembrerebbe una logica conseguenza ma,
da che mondo è mondo, i sentimenti non sanno neanche cosa sia la logica e
tantomeno le conseguenze che da essa deriverebbero.
Il condizionale è d’obbligo, sempre,
figuriamoci in questo caso.
Ecco, ad esempio, adesso pareva proprio
che il telefono lo stesse guardando.
Aveva tutta l’intenzione di ignorarlo.
Era suo figlio a dover andare da lui, a
cercarlo, a chiamarlo.
Questo imponeva la logica, da che mondo
è mondo, e anche la buona creanza e l’educazione che gli aveva impartito senza
badare a quello che diceva la gente, guardando avanti senza mai indulgere in
qualche cosa che non fosse per il suo bene, anche quando aveva sbagliato, ma
tanto i padri sbagliano sempre.
Forse anche suo figlio adesso stava sbagliando
sempre.
Magari per una volta avrebbe potuto
chiamarlo lui.
Penserà
che mi sono rammollito e che ho voglia di vedere la nipotina e che non vedo
l’ora di abbracciarlo. Sia mai! Aveva ragione Andreotti a dire:’non ho mai
baciato mia madre, sembra che Giuda baciasse tanto e non era un sentimentale’.
Quello sì che era un politico, non questi di oggi che non sanno neanche
coniugare i verbi, d’altronde coi metodi pedagogici moderni, gli insegnanti non
ci pensano nemmeno a metterli sui ceci secchi e… magari potrei inventare una
scusa, plausibile, una comunicazione tecnica, leggermente velata di rimprovero…
“Papà buongiorno, che bello sentirti”
“Eh se non ti avessi chiamato io chissà
quando avresti ricordato di avere un padre! Comunque, come state?”
“Bene, grazie… più o meno come dieci
minuti fa quando ti ho chiamato e mi hai passato mamma perché avevi da fare?
“Non sento neanche uno strilletto”
“No, è attaccata al seno della mamma”
“Mangia?”
“Pare di sì, che fate passate?”
“No, no, ho da fare, un sacco di cose,
urgenti, importanti, poi tua madre deve vedere Cirilla e lo sai com’è mi tocca
accompagnarla e vabbe’ ciao”
“Papà?”
“Eh?”
“Anch’io ti voglio bene”
Nonno Tancredi chiuse la conversazione
con un grugnito incomprensibile, o quasi.
Nonno Geremia
Allora, la questione stava in questi
termini, era inutile tergiversare o fare giri di parole. Era diventato nonno.
Con tanto di nipote, uno scricciolo di occhioni e manine da far venire il
capogiro per la tenerezza.
Ora, che i bebè siano carini, questo è
indubbio, è risaputo, anche se insomma con quella pelle grinzosa che poi ti
fregano subito perché non te ne accorgi neanche ed ecco qui che ti cominciano a
dire “ho bisogno del mio spazio” e poi magari un giorno arrivano e ti dicono
“vorrei darti una bella notizia: sei un nonno” e magari un giorno anche “sei un
bisnonno” o un trisavolo o che ne so io. Un nonno, dico, ma ti rendi conto di
quello che mi stai dicendo? Mi stai chiamando nonno come fosse naturale ma non
pensare che lo sia soltanto perché la Natura ha deciso che i genitori in un
qualche momento della loro esistenza diventeranno, appunto, nonni. Cioè, sì sta
scritto da qualche parte, anche da parecchie parti e in teoria sarebbe anche
vero ma la pratica, la vita è tutta un’altra cosa. Questa storia che non c’è
niente di più vitale della nascita di una nuova vita, cioè, non è che non sia
giusta, lo è, non lo nego. Non c’è, inoltre, alcuna correlazione tra questo,
sì, accadimento, lieto evento?, cioè per essere lieto è lieto, e il fatto che
io abbia ripreso a fare la mia corsetta quotidiana, cioè, non è per questo che
mi sento ringiovanito come se il sangue avesse ricominciato a scorrere nelle
vene come quando ero un ragazzetto dopo aver saputo di essere nonno. È soltanto
che volevo far bella figura nel completo, sì, nei completi, nuovi che ho
ordinato dal sarto. Quanto tempo era che non entravo in una sartoria, sono
cambiate dall’ultima volta che ci ero andato, cioè, così, tanto per dare una
rinfrescata al guardaroba, sì, ecco. È inutile telefonare, cioè, tanto ha già
chiamato la ‘nonna’. La nonna, ma è una ragazzina, arrossisce ancora quando le
faccio un complimento. Proprio ieri, cioè, era un po’ che non lo facevo, forse
anni, ecco, ma quando le ho portato quel bouquet di fiori e l’ho corteggiata
come, cioè, come dovrei fare tutti i giorni, forse se mi rendessi conto di
quanto è importante per me, cioè, lo so ma magari dovrei dimostrarglielo un po’
meglio, ecco.
“Pronto?”
“Pronto sei in vivavoce ecco tesoro lo
senti Nonno Geremia?”
“Tesoro che fai strilli? E che voce che
hai”
“Ecco, adesso che hai sentito nonno
smetti di piangere?”
“Picipicipicicipicipu”
“Ha smesso, grazie, si calma quando ti
sente, ora ti saluto, devo cambiare il pannolino, a dopo, ciao”
Si calma quando mi sente, cioè, non sto
piangendo, è che mi si inumidiscono gli occhi.
Nonno Ubaldo
Nonno Ubaldo aveva preparato tutto con
estrema attenzione. I libri su allattamento, svezzamento, divezzamento. I panni
puliti e asciugati. Il ciambellone stava cuocendo nel forno, preferiva portarlo
caldo caldo, è più buono appena sfornato. Il tè verde aromatizzato al
bergamotto era pronto nel thermos. Figurati se avrebbero avuto il tempo di
preparare un tè. Aveva trovato le carote biologiche biodinamiche ma non
l’umeboshi non c’era stato verso, vabbe’ avrebbero fatto senza.
Le meditazioni mattutine lo avevano
messo di buon umore. Ammesso e non
concesso che ci sia bisogno di meditare per essere felici quando si diventa
nonni. Il solo pensiero mi rende euforico, hai voglia a dire che la libertà e
la pace interiore vanno di pari passo con l’equilibrio emotivo. Un bebè, una
vita che nasce metterebbe a soqquadro anche le emozioni del Dalai Lama altro
che! È un terremoto, un maremoto, un arcobaleno multiplo perenne.
Nonno Ubaldo aveva tutta l’intenzione di
godersi appieno la sua nonnitudine e si era organizzato alla perfezione, aveva
deciso di fare tutto quello che non era riuscito a fare quando era diventato
‘soltanto’ papà. Non si sarebbe preoccupato di niente se non di coccolare,
viziare, strapazzare di carezze quella meraviglia di nipote.
“Tesoro, buongiorno siete tutti svegli?”
“Buongiorno, che bello sentirti, sì,
stavo proprio per chiamarti, mi hai letto nel pensiero?”
“No, è che mi pareva che a quest’ora
foste svegli”
“Già, venite?”
“Tra qualche minuto, ecco, ha appena
suonato il timer”
“Il timer per cosa?”
“È una sorpresa, spero vi piacerà, a tra
pochissimo, baciotti”
Nonno Sigfrido
“Pronto? Non ti sento bene che dici?
“Sei a casa?”
“A casa?”
“Sì, siete a casa?”
“Ma che scherzi!?! C’è il motoraduno
dell’anno, ci siamo svegliati all’alba e devi vedere che spettacolo il sole
sorgeva tra le montagne, le moto filano che è una meraviglia, una favola!”
“Il motoraduno? Ma non era la settimana
scorsa?”
“Ma no, te la memoria devi averla
lasciata in attesa con un concerto di Ravel di sottofondo AhAhAh”
“Eh già non è che tutti quanti ascoltino
rock dalla mattina alla sera”
“No, tesoro anche jazz, world, blues e
progressive che è sempre la colonna sonora migliore”
“A me sembrava che foste andati al
motoraduno anche la settimana scorsa, scusa tanto eh?”
“No figurati, è l’età non ti preoccupare
AhAhAh ma se ancora non te lo ricordi te lo dico: eravamo al festival di musica
progressiva italiana. Uno spasso!”
“Ti ricordo che saresti un nonno”
“Ah ma noi ce lo ricordiamo benissimo,
anzi io e la Nonna abbiamo comprato un mini giubbetto di pelle ecologica che è
uno schianto, ha cominciato a suonare la chitarra? Dai che forse oggi passiamo,
dobbiamo incontrare quella peste di Cirilla”
“Il giubbetto di pelle no e prima di
imparare a suonare la chitarra elettrica, per tua norma e regola, dovrà
imparare a suonare il pianoforte, l’arpa, il violino e il flauto traverso!”
“Uhhhh quanto la fai lunga, dai che
veniamo a darti una mano uno di questi giorni, ti bacio ora che all’orizzonte
si vede il mare e poi dobbiamo incontrare gli altri perché stavolta abbiamo
deciso di prenotare”
“Prenotare cosa? Non avrete davvero
intenzione di arrivare fino in Polonia con le moto vero?”
“Oh sì, ma stavolta prenoteremo qualche
albergo, non ci va di dormire in tenda”
“Senti io non vorrei interferire coi
vostri programmi ma non vi pare di essere un po’ avanti con l’età per andare a
rotolarvi nel fango con una masnada di ventenni scalmanati?”
“AHAHAHA no no, non abbiamo nessuna
intenzione di perdere l’edizione di quest’anno del Przystanek Woodstock e ci
stiamo organizzando coi bikers, ciao tesoro”
“I bikers’”
“Sì, i motociclisti, lo sai, ciao ciao”
click
Nonna Martina
“Chi ben comincia è a metà dell’opera e
il mattino ha l’oro in bocca, dovresti saperlo”
“Mamma ma sono le cinque e io mi sono
appena addormentato”
“Ti eri, tesoro, ti eri, adesso la tua
cara mammina ti ha svegliato, pelandrone di casa”
“Mamma, non ho chiuso occhio stanotte”
“Ah, e perché?”
“Perché il tesoro di nonna sua”
“Ah, non cominciare ad accusare altri di
ciò che è imputabile soltanto alla proverbiale pigrizia di quelli della tua
famiglia, da parte paterna, beninteso e poi… nonna che parolona”
“Se tuo figlio è diventato padre, tu sei
diventata nonna, ti sembrerà strano ma”
“Shhhhh che mater semper certa pater
numquam”
“Mamma!”
“Eh?”
“Mi chiami alle cinque di mattina per
dirmi in latino che a tuo avviso io sarei lo zimbello della famiglia nonché un
emerito cornuto”
“Non ti ho detto che sei lo zimbello di
nessuno e poi emerito cosa che non hai neanche voluto prendere la
specializzazione in ingegneria aerospaziale come io ti avevo caldamente
suggerito”
“Mamma, sono diplomato al conservatorio,
odio volare in aereo e lavoro per una nota, arcinota e stranotissima compagnia
cinematografica, per quale motivo avrei dovuto specializzarmi in ingegneria
aerospaziale?”
“Il figlio di Cirilla l’ha fatto”
“Mamma ti chiamo dopo, ti voglio bene”
Nonna Martina si indispettì per la
risposta del figlio. Forse se fosse stato più mattiniero si sarebbe potuto
anche specializzare in odontoiatria.
Nonno Massenzio
“Che vuoi che ti dica?”
“Papà non c’era bisogno di svuotare il
negozio di puericultura”
“E mi sono fatto prendere la mano”
“Papà io capisco che tu sia felice”
“Oh, lo sono, lo sono moltissimo tesoro
non sai che gioia m’hai dato. Nonno io, ah che spasso e non sai quanto tua
madre sia contenta, pensa che l’altro giorno mi ha invitato lei a ballare, ci
crederesti?”
“A ballare? Lei?”
“Sì, ti dico. Mi ha portato un mazzo di
garofani rossi, lo sai quanto mi piacciono, e mi ha detto: ‘ora che siamo nonni
dobbiamo festeggiare, che ne dici di una cenetta romantica e poi a ballare
tutta la sera?’”
“Mamma?!?”
“Eh, sì tua madre, che poi lo sai quanto
detesti andare a ballare il venerdì, e invece voleva che ci fosse un sacco di
gente per farsi vedere in tutto il suo splendore e col vestito che ha indossato
ci mancava soltanto che non la notassero, vabbe’ certe cose non dovrei neanche
dirtele altrimenti mi sgrida”
“E tu?”
“E io cosa volevi che facessi? L’ho
portata in quel ristorantino che le piace tanto, sai, le ho comprato un
pensierino luccicoso e siamo stati a ballare tutta la sera, siamo tornati a
casa alle cinque di mattina ebbri di felicità e stanchi che non ti dico. Ma
eravamo talmente stanchi che ci siamo fatti una bella doccia calda e siamo
andati a fare una passeggiata. Abbiamo fatto colazione in quel bar, sai quello
che vi piace tanto”
“Quello che fa i croissant con la
marmellata di ribes?”
“Sì, proprio quello, abbiamo fatto una
colazione che non ti dico che poi tua madre mi sgrida e poi stavano aprendo i
negozi e siamo passati un attimo a fare due compere, così”
“Papà?”
“Eh?”
“Ti voglio bene, siete la coppia più
bella del mondo ma il castello gonfiabile con le lucine colorate in terrazzo
non lo posso tenere o rischio la denuncia per abuso edilizio…”
“Ok, forse abbiamo esagerato, dopo ti
faccio chiamare da tua madre. Ti bacio”
Nonno Marat
Nonno Marat si era svegliato molto
presto, si era pettinato i lunghi e arzigogolati baffi, aveva forse esagerato
con l’acqua di colonia 4711. La usava da molti anni e lui era sempre stato un
tradizionalista. Ligio alle regole, un uomo tutto d’un pezzo, che ispirava una
fiducia polverosa fatta di rituali e strette di mano, di sette più o meno
segrete.
Aveva concluso le abluzioni mattutine
dopo aver letto accuratamente i giornali, pedalato per venti minuti sulla
cyclette, eseguito dieci flessioni e venti sollevamenti.
Si era dunque dedicato alla lettura di
un carteggio privato di Mazzini dono della sua cara amica Cirilla.
La colazione l’avrebbe fatta al circolo
come accadeva nelle occasioni speciali.
Uscì di casa non senza essersi premurato
di scrivere un messaggio di felicitazioni ai novelli genitori che avevano
riempito di gioia il suo cuore con l’annunzio della lieta novella, anche se
avevano forse ricordato un po’ tardi di comunicarglielo.
Poche righe, calligrafiche, vergate con
pennino di platino su carta Florentia Fabriano, più adatta della sua preferita,
la Smythson, per via del nome più che altro, evocativo di un fiore che sboccia
dal seme germogliato nel ventre materno.
In strada ordinò alla fioraia due mazzi
di fiori, uno per la sua adorata consorte e uno da inviare insieme alla
missiva.
Nonna Malvina
Le lasagne erano quasi pronte, lo
spezzatino in coccio era a buon punto, forse aveva esagerato con le ciambelline,
magari sarebbero bastati soltanto cinque chili di farina ma tanto una
ciambellina in più non avrebbe fatto male. I noccetti glassati erano stati
messi nelle bustine, le crostate con la marmellata di uva fragola erano nello
stipo, le cialde ripiene nella dispensa, era ora di una buona colazione.
Ciambellone, cereali, spremute e succhi
vari erano sul tavolo, anche le scrippelle erano pronte per essere condite con
lo sciroppo d’acero ma lei preferiva una tazzona di latte con un po’ di caffè,
di quello buono che faceva arrivare direttamente dalla torrefazione, e due
fette di pane con burro d’alpeggio e marmellata di fragole, la preparava senza
zucchero da qualche tempo, con lo sciroppo d’agave, Cirilla le aveva detto che
faceva bene a tantissime cose e poi le piaceva sperimentare qualche nuovo
ingrediente di quando in quando.
“Malvina buongiorno” sbadigliò suo
genero con il volto stropicciato dalla mancanza di sonno
“Buongiorno, che cosa prepariamo al
paparino per colazione?”
“Hai fatto la crostata con la marmellata
di uva fragola?”
“Sì”
“Malvina, sei la suocera che chiunque
sogna di avere, lo sai vero?”
“Tieni, te la metto su un vassoio così
porti qualcosina alla puerpera, che avrà fame anche lei, il nonno è in campagna
ma se quando si svegliano lo chiami lo fai contento, ora tieni, vai e buona
colazione”
Nonna Malvina non amava troppo
telefonare, preferiva avere tutte le persone importanti della sua vita riunite
sotto lo stesso tetto, a distanza ravvicinata.
Nonno Caboto e Nonna Colomba
Nonno Caboto e Nonna Colomba erano
inseparabili tranne quando andavano ad espletare le funzioni fisiologiche in bagno
e in poche altre rarissime occasioni. Avevano ristrutturato casa così da poter
posizionare due lavandini uno accanto all’altro. La doccia era un loro cruccio,
la facevano a turno ma stavano lavorando sulla soluzione del problema.
Quella mattina si erano svegliati di
ottimo umore: se diventare nonni era bellissimo, divenire nonni di due
splendidi gemelli era una gioia infinita.
Avevano inoltre la sensazione che
finalmente qualcuno li avrebbe profondamente compresi e capiti davvero, chissà
che bello doveva essere stato vivere nell’utero insieme al proprio gemello!
“Tesoro, ciao siamo noi, ti mettiamo in
vivavoce così ti sentiamo meglio”
“Buongiorno, che fate, passate?”
“Ci stavamo proprio pensando, ci vediamo
dopo, vi vogliamo bene!”
Nonno Caboto e Nonna Colomba parlavano
sempre al plurale e adesso ne avrebbero avuto ben donde.
Nonna Cirilla
“Nonna a chi?”
Cirilla si guardò allo specchio, il
vestito attillato metteva in risalto le caviglie modellate da anni di yoga,
stretching, camminate, massaggi e discipline olistiche varie. Una sciarpa di
vaporosa seta evidenziava il sorriso luminoso, accogliente e sensuale, coprendo
quei segni del tempo che ne aumentavano il fascino di nonna attraente.
Donna. Donna. Donna, non Nonna, non bisogna
confondere le consonanti.
Guardò il telefono, avrebbe dovuto
chiarire questa storia.
Lo rigirò quasi lasciandosi andare alla
tentazione di lanciarlo lontano da sé.
No, la questione doveva essere risolta.
“Tesoro, stellina mia è la tua mamma”.
“Ciao che bello sentirti, hai intenzione
di passare con papà? Sai che ha fatto la piccoletta? Ha fatto la cacca tutta
verde e… Mamma puoi aspettare un attimo in linea per favore?”
“Ecco vedi, sì posso aspettare un
attimo” verde? Ah beh, se continui a mangiare tutte quelle verdure…
“Ti metto in vivavoce? Scusa un attimo
eh”
“No, tesoro in vivavoce no” ci manca
soltanto la vomitata in diretta…
“Ma’ mi senti bene? Ti è rivenuta
l’otite?”
“Sì, tesoro, no tesoro” l’otite mi era
venuta facendo rafting su un fiume gelato ma non te l’ho detto per non farti
spaventare altrimenti sai quanto avresti brontolato.
“Ah, meno male, ci sono delle terme
fenomenali per le otiti sai?”
“Grazie ci penserò” magari mentre
prenoto una settimana di windsurf sul Mar Cantabrico o nel Nord della Sardegna.
“Ecco la piccoletta della mamma e
guarda, aspetta bruscolina della mamma aspetta che mamma riesce a toglierti la
caccola… eh che grande che era, sembra quella di un adulto, ma quanto le fanno
grandi le caccole i neonati? Eh? Lo chiediamo alla nonna? Nonna!”
“Tesoro di nonna bicipicibitibitipibu”
non inizieremo una disquisizione sulle dimensioni delle caccole di un neonato,
no… ma potrebbe sempre cadere la linea da un momento all’altro.
“Ecco l’amore di mamma e di papà e di
nonna e di nonno e degli zii”
“Stellina? Ti avrei chiamata perché
vorrei”
“Allora che fate, passate te e Papà?”
“Dovrei andare in piscina prima sai se
Papà non va in piscina poi…” tanto lo so che svicolerai adesso e io potrò
andarmene tranquilla e beata a prendere il sole in terrazza.
“Va be’ va be’ non ti preoccupare” che
ti importa se la tua nipotina ha iniziato l’esplorazione della nuova attività
ludico-sportiva anche detta ‘il lancio dal fasciatoio con sforbiciata e triplo
carpiato avvitato’ e per cambiarle il pannolino servirebbe un’unità di crisi
della Farnesina, tanto va tutto bene.
“Ah be’ se non ci vuoi non ti
preoccupare” t’ho fregata un’altra volta ma questa storia della nonna va
chiarita, mi toccherà venire almeno a prendere un caffè e fingere interesse per
questioni dirimenti, come le chiami tu, come se fossi l’unica madre sulla
faccia della terra…
“Non ti ho detto questo, comunque se hai
voglia di venire a vedere tua nipote, a me fa piacere incontrarti” e mi farebbe
anche piuttosto comodo, così anche soltanto per dedicare cinque minuti alla
manicure o al pedicure.
“Sei tu che non vuoi mai che la prenda
in braccio” con questo dovrei riuscire a sfangarmela e rimanere beatamente e
bellamente in panciolle per tutta la mattinata, per il pomeriggio si vedrà.
“Mah veramente è lei che non vuole
venire in braccio a te, io non vado contro la sua volontà”, tanto per capirci.
Se non ti va di fare la nonna potresti anche dirmelo ma almeno abbi il coraggio
delle tue prese di posizione.
“Tesoro, ti vorrei comunque far notare
che non è più una neonata e neanche una lattante: è una divezza, l’ho letto su
una rivista”
L’ora del tè.
“Carissime e carissimi. Vi ringrazio per
essere venuti tutti quanti, anche se so perfettamente che le vostre figlie e i
vostri figli hanno cercato di invischiarvi in qualche attività con i nipotini.
Il motivo per cui vi ho invitate e invitati, oltre al piacere immenso che provo
quando sono in vostra compagnia, è che è ora di dare una risposta forte al
recente accadimento che si è verificato nella nostra placida cittadella.”
All’appello non mancava nessuno e tutti
quanti si guardarono intorno con l’aria smarrita di chi riemerge alla realtà
dopo mesi di pannolini, cacche e dettagli tecnici sugli ultimi modelli di
passeggino.
“Bene, vedo che i vostri pargoli vi
hanno completamente riempito gli spazi mentali. Comunque, non trovo accettabile
che vi sia stata una morte violenta nella nostra piccola comunità di persone
notoriamente pacifiche e civili, seppur con qualche deroga”
Gli sguardi vagarono colpevoli fissandosi
di quando in quando verso le scarpe o il pavimento.
“Che Tonio e Tonia siano stati così
barbaramente uccisi è inaccettabile”
Alcuni tra loro sembrarono riemergere da
una nuotata in apnea.
“Benché non fossero particolarmente
abili come ristoratori questo non mi pare un buon movente. Noi non possiamo
esimerci dal cercare di capire il reale motivo di tale gesto deprecabile. Le
indagini ufficiali sono arenate per cui dovremo occuparci noi, in quanto nonni,
di investigare sull’accaduto. Dovremo creare un coordinamento e organizzarci al
meglio, così da non destare sospetti tra le forze dell’ordine. Se il
maresciallo sapesse che stiamo portando avanti tali ricerche farebbe una solfa”
Nonna Cirilla e le sue amiche. Monte
Catillo.
Il nome del gruppo sarebbe stato
‘Associazione Culturale Monte Catillo’. Non avrebbe destato sospetti perché
faceva inevitabilmente pensare a qualcosa per la promozione del territorio e i
soci erano degli insospettabili nonnetti.
Ognuno di loro avrebbe scelto un nome in
codice, che variava da Cinciallegra a Ghiandaia, da Istrice a Cervo, da
Corbezzolo ad Asfodelo e avrebbero comunicato tramite una serie di fogli
illustrativi sui relativi animali e piante della Riserva naturale Monte Catillo
o, in caso di esiti incerti, su quelli della Villa Borghese di Nettuno.
Cirilla aveva pensato proprio a tutto:
aveva già preparato lo statuto e i documenti necessari, aveva programmato una
serie di conferenze in biblioteca e di passeggiate culturali.
“L’idea è quella di costituire un gruppo
di ispirazione lincea”, concluse dopo aver esposto a grandi linee ciò che
intendeva fare.
“Che intendi per lincea, Cirilla?”,
chiese Nonna Martina interpretando la curiosità generale.
“Beh, non lontano da qui, a San Polo de’
Cavalieri, proprio all’interno del Parco Monti Lucretili aveva la residenza
Federico Cesi, il fondatore e ideatore dell’Accademia de’ Lincei. Lui, come ben
sapete, era un carissimo amico di Galileo Galilei, lo protesse dalle
intromissioni papaline più volte peraltro, seppur fosse un giovinetto. Cesi e i
suoi amici passeggiavano sovente nei sentieri del Parco, seguendo le orme di
Lucrezio e Orazio, alla scoperta delle evidenze scientifiche. Ecco, noi dovremo
avere lo sguardo della lince, come loro, e lo spirito di esplorazione che
avevano all’epoca, ma lo utilizzeremo per scoprire chi ha trucidato Tonia e
Tonio”.
Si discusse a lungo poi Nonna Priscilla,
che non era particolarmente contenta di dover scarpinare sui Preappennini,
propose di organizzare prevalentemente qualche pranzo, cena e buffet
conviviale.
“Se cucini tu certamente sì, io posso
portare giusto qualche ciambellone e biscotto”, rispose ridendo Nonno Ubaldo.
“Cioè, come dovremmo regolarci col
Maresciallo? Cioè tanto per sapere”, domandò Nonno Geremia.
“Lo inviteremo alle conferenze e ci
comporteremo da nonni, tanto non verrà mai, soprattutto a fare le scampagnate”,
rimbeccò Nonna Camilla.
L’assemblea si sciolse e tutti quanti
rimasero d’accordo che avrebbero cercato di agire con discrezione con la scusa
degli incontri naturalistico-culturali.
Nonna Cirilla e le sue amiche. Il
maresciallo.
Come da programma, Nonna Cirilla invitò
i soci fondatori e un gruppo di persone che certamente non sarebbero potute
venire o per impegni presi precedentemente o per semplice idiosincrasia alle
attività sociali all’aria aperta.
Nella lista degli invitati pro forma
figurava ovviamente il nome del Maresciallo della locale stazione di
Carabinieri.
Per puro scrupolo andò a controllare i
dati anagrafici, non era inusuale che il vero nome fosse diverso da quello con
cui una persona era conosciuta da tutti e per lei le formalità andavano
rispettate nel modo più scrupoloso possibile.
Controllò sul sito, tutto corrispondeva
alle sue conoscenze. Chiamò la stazione per un’ulteriore conferma.
“Pronto, buongiorno. Sono la Referente
per il Protocollo dell’Associazione Monte Catillo e vorrei inviare al
comandante della stazione un invito a partecipare ad un evento sociale che
stiamo organizzando. Vorrei, se non le crea troppo incomodo altrimenti posso
richiamare più tardi, avere conferma del nome, cognome e grado per non
commettere sgradevoli errori di galateo. Ho già controllato sul sito ma sa,
sono una persona molto scrupolosa”
“Buongiorno, ha fatto benissimo a
chiamare: non abbiamo fatto in tempo ad aggiornare il sito internet ma il
comandante è stato trasferito ad Alghero per motivi di servizio e familiari e
proprio stamane è arrivato chi lo sostituirà”
“Ah, benissimo, sono stata previdente ed
è il signor?”
“Signora direi. Capitana e, mi raccomando,
ci tiene ad essere chiamata Signora Capitana oppure Dottoressa Capitana, perché
è pure laureata”
“Acciderbolina, da quello che intuisco è
una donna di carattere”
“Altrimenti non farebbe l’ufficiale,
forse. Signora ora mi scusi, posso fare altro per lei?”
“Sì, mi dovrebbe dire nome e cognome, se
non le è di troppo disturbo”
“No, no, ci mancherebbe. Rosa staccato
Lia Montmasson scritto monte senza la ‘e’ e masson tutto attaccato”
“Mi scusi. È sicuro di quello che ha
detto?”
“Sì perché?”
“No, niente, grazie.”
Quando Cirilla riappese il ricevitore
ebbe un fremito.
22.
“Cirilla calmati adesso e ricomincia
tutto dapprincipio”
“Drusilla te l’ho detto: hanno messo una
garibaldina mazziniana a dirigere la stazione di Carabinieri.”
“Ma come fai a sapere che è mazziniana e
garibaldina, magari è soltanto femminista!”
“Con quel cognome?”
“Può essere una coincidenza,
un’omonimia”
“E tanto che è una coincidenza le
mettono come nome Rosa staccato Lia, ci credo proprio guarda!”
“È un dato piuttosto curioso”
“Ah beh”
“Cirilla ma di che ti preoccupi?”
“Magari è anche discendente di qualche giardiniera”
“E anche se fosse?”
“Che vuol dire anche se fosse?”
“Poniamo il caso che provenga da una
famiglia di mazziniani e giardiniere, che problema ci sarebbe?”
“Ah no, figurati, nessuno”
“Io penso che potrebbe diventare una
nostra buona amica”
“Tu vedi il buono ovunque e il tuo
bicchiere è sempre mezzo pieno!”
“Dai Cirilla non la prendere male,
secondo me è una buona notizia”
“Drusilla sei sei…”
“…la tua migliore amica”
“Insensibile!”
“Cirilla?”
“Eeeee?”
“Anche io ti voglio bene”
“Sei impossibile e mi è scoppiato anche
un gran mal di testa”
“Un antidolorifico per quello potrebbe
aiutarti”
“Va be’, Drusilla ti chiamo dopo. Ciao”
“Ti abbraccio”
“Ummmmm”
Click.
23.
La notizia che il Maresciallo era in
realtà la Capitana si diffuse con una velocità degna di un gruppo di amici, e
nonni, alquanto dediti alla chiacchiera paesana.
Il telefono di Nonna Cirilla non la
smetteva di squillare, pareva un centralino. Le sembrava più che ovvio che il
primo evento dell’associazione Monte Catillo sarebbe stato piuttosto affollato
per cui si mise l’anima in pace e decise di organizzarlo con tutti i crismi.
Istituì un comitato organizzatore, una
segreteria, un ufficio sponsorizzazioni, una direzione artistica, un gruppo di
cucina e un servizio di logistica.
Ognuno avrebbe avuto il suo compito.
Onde evitare risposte negative, affibbiò
le responsabilità a ciascuno chiamando nel momento immediatamente precedente
l’orario in cui si sarebbero certamente recati da figli e nipoti, ideale per
ottenere un sì senza troppe difficoltà, con tutto quello che c’era da portare e
preparare per i pargoli, figurarsi.
“Cirilla, carissima ti devo parlare,
come stai? La prole tutti bene’”
“Massenzio, che piacere, stavo giusto
per chiamarti… sì tutti bene e voi?”
“Una favola. Senti, stavo pensando, per
quella storia dell’evento…”
“Un attimo Massenzio, mia figlia mi
chiama… tesoro, sì, hai trovato occupato perché sto parlando con Massenzio… ah
è una cosa veloce… Massenzio puoi aspettare un attimo in linea per favore? Dice
che è una cosa veloce”
“Sì dicono sempre così ahahahaha,
comunque non ti preoccupare che ho l’abbonamento superbig”
“Grazie… dimmi stellina… no non so
se…tesoro gliene hai parlato?... anche tu con questa storia? Ah ma allora… Sì,
pare sia proprio una donna, io non l’ho ancora vista…no… va bene tesoro, passo
in negozio e ti chiamo.. baci”
“Sei stata velocissima complimenti
ahahahahah”
“Che mi volevi dire?”
“Sai questa storia della festa, avevo
pensato…”
“Scusa Massenzio, è di nuovo lei. Sì
tesoro mi hai appena chiamata e sto ancora al telefono con Massenzio. Ho capito
vado in… ah devo passare anche in erboristeria, va bene ti chiamo tra un po’..
no, va bene ti chiamo subito, baci. Massenzio? Sei ancora in linea? Dimmi ché
devo uscire”
“Sì sì va bene, dicevo che ho prenotato
un castello gonfiabile con i pellicani rosa, è uno schianto ne sarai
felicissima, ora ti saluto che devi andare”
“Massenzio no i pellicani rosa no”
“Ah va bene allora c’è la volpe e il
cervo”
“Meglio”
“Bene, ciao!”
Il castello gonfiabile era davvero
troppo, sua figlia le aveva fatto perdere la concentrazione, caspita l’aveva
proprio fregata, e con la sua stessa tecnica.
24.
“Ma’?”
“Sì amore, dimmi”
“Cirilla non ti avrà mica messo in mezzo
a questa storia dell’associazione vero?”
“Perché me lo chiedi?”
“Perché me la immagino: ‘Domitilla,
carissima, avrei in mente di costituire un’associazione e sarei onorata della
tua presenza’, e poi cercherà di tiranneggiarti come al suo solito”
“Non è così terribile dai”
“Anche peggio. Piuttosto, siamo andate a
fare una passeggiatina e abbiamo visto indovina indovinello”
“Non so, qualcuno che conosco?”
“No, qualcuna e quando lo racconterai a
Cirilla potrebbe avere un colpo di invidia per non essere stata la prima a conoscere
i dettagli della storia”
“Ma non mi dire? La Capitana?”
“Mamma, in che ‘associazione’ ha
intenzione di coinvolgerti la tua amica?”
“Ma niente tesoro te l’ho detto è una
semplice, innocua associazione di vecchietti che amano il Monte Catillo e ne
vogliono divulgare la bellezza. Insomma racconta”
“Sì ma poi racconterai tu.”
“Va bene va bene, dai su che mi voglio
spupazzare un po’ la piccoletta”
“Siamo uscite, no?”
“Uhm per fare la passeggiata, lo hai già
detto”
“Ecco e ad un certo punto ho visto una
FIAT”
“Non si chiama più FIAT ma FCA”
“Vabbe’ tanto sempre una FIAT era. Vuoi
che continui il racconto?”
“Sì, sì dimmi”
“Bene, insomma, un’utilitaria a GPL blu
elettrico guidata da una donna tra i quaranta e i cinquanta anni, in forma,
capelli di media lunghezza, e sai quelle boccettine di profumo per auto che si
appendono allo specchietto retrovisore?”
“Sì, quelli con le essenze naturali”
“Eh, brava, quelli. Ha parcheggiato
davanti alla caserma, nel posto riservato, e, quando è scesa, le hanno fatto il
saluto militare.”
“Questa è una notizia, adesso ti saluto
amore che devo fare una telefonata”
“Ma’?”
“Sì?”
“Non farti impelagare da quella peste in
qualcosa che non vorresti che io facessi”
“Va bene va bene baci”
25.
Tonio Tonini e Tonia Tonietti in Tonini erano
stati ritrovati, dopo qualche ricerca, nella loro osteria, un ristorantino nel
centro storico come ce ne sono tanti, dove venivano serviti principalmente
piatti della tradizione locale.
Non erano mai stati insigniti di alcun
premio, non avevano ottenuto stelle o forchette e il loro locale non era mai
entrato in qualche guida prestigiosa ma tiravano avanti.
Avevano iniziato con un camion-bar
facendo i panini allo stadio, poi si erano spostati nei luoghi di
villeggiatura. Vicino ai monumenti non si erano mai avventurati, lì c’era tutto
un codice di comportamento cui avrebbero dovuto attenersi e non volevano avere difficoltà
inutili.
A dire il vero si erano sempre tenuti
ben lontani da luoghi e persone che, si capiva subito, avevano soltanto voglia
di cercare un pretesto per litigare e creare qualche difficoltà.
Mettendo qualche soldino da parte erano
riusciti a rilevare una vecchia cantina, avevano trasferito la licenza del
camion bar e avevano aperto un’osteriola senza infamia e senza lode.
L’avevano ristrutturata alla buona
spendendo quattrini soltanto per mettere a normagli impianti ma per il resto si
erano, come si suol dire, arrangiati.
Il loro cruccio più grande, ciò che li
aveva sempre intristiti e aveva reso pesante il vivere era stata la mancanza di
un pargoletto a rallegrare la loro esistenza. Non che non potessero per qualche
motivo particolare, piuttosto non avevano mai avuto il coraggio di diventare
genitori.
Una volta c’era il problema della
licenza, un’altra quella di cambiare il camion e gli anni erano trascorsi senza
neanche lasciar loro il tempo di decidere, pensare, valutare, soppesare e
trovare il momento giusto.
Non avevano mai neanche deciso di
adottare un cagnolino, un gatto, un canarino o un pesce rosso, non ne avevano
il tempo.
E si erano ritrovati in quel paesello
dove non avevano parenti cui badare, amici di cui occuparsi, vicini che si
impicciassero.
Un posto ideale per loro.
I Carabinieri erano stati allarmati
dall’impiegata della discoteca comunale che si trovava a pochi passi. Amava
recarsi in quell’osteria, non le facevano mai domande indiscrete e lei poteva
mangiare un boccone mentre leggeva il giornale senza intrusioni.
Quando erano entrati li avevano trovati
seduti ad un tavolo con le teste vicine.
26.
Il fatto che Cirilla tendesse sempre ad
esagerare un po’ con le descrizioni non toglieva nulla alla gravità di quello
che era ormai per l’opinione comune un efferato duplice omicidio.
La Dottoressa Capitana Rosa Lia
Montmasson era stata spedita nel tranquillissimo paesello quasi in licenza
premio. La sua carriera era stata impeccabile, dopo essersi distinta sia in
patria che in missioni speciali all’estero aveva espresso, più o meno
velatamente, il desiderio di un po’ di tranquillità, di una vita un po’ più
normale di quella che aveva vissuto fino a quel momento.
Orari decenti, possibilità di mangiare
come si conviene a chi non abbia completamente perso il lume della propria
italianità, godersi una passeggiata tra le amenità locali, assaporare la
dolcezza di un weekend senza pensieri, potersi dedicare finalmente a quelle
piccole gioie, a quelle occupazioni che aveva, per un motivo o per l’altro,
tralasciato per motivi lavorativi.
I suoi superiori erano restii a privarsi
di un elemento tanto valido e affidabile, con un senso del dovere e del lavoro
da vera stacanovista. Inoltre, Rosa Lia Montmasson era una tra gli ufficiali
più specializzati nell’Arma e in molti avevano pensato che avrebbe potuto
arrivare ai vertici.
Alla fine avevano ceduto e le avevano
concesso un periodo in una delle cittadine meno problematiche dell’hinterland
romano.
L’aria era buona, il panorama gradevole,
c’erano parchi e riserve naturali tutt’intorno, i cittadini erano piuttosto
longevi e soprattutto non c’era mai stato né un omicidio né qualcosa di
veramente pericoloso.
I carabinieri erano visti, tutt’al più,
come il numero da chiamare nel caso di sconfinamenti di vacche e cinghiali
oppure per chiedere informazioni dettagliate su eventuali allerte meteo.
Una vacanza in paradiso.
La prima cosa che aveva fatto era stata
di fare una lunga passeggiata sulla pista ciclopedonale e arrivare a piedi
nella locale stazione dei Carabinieri.
La telefonata era giunta come un fulmine
a ciel sereno. Il volto del suo sottoposto non lasciava adito ad alcun dubbio:
il weekend al Parco Nazionale sarebbe saltato.
Due persone erano state trovate senza
vita nella loro osteria. Il messaggio le era stato recapitato direttamente
sulla scrivania, come da disposizioni.
Non si sapeva nemmeno se si trattasse di
un omicidio ma bisognava aprire l’indagine.
Rosa Lia Montmasson cancellò la
prenotazione alberghiera, respirò profondamente e si immerse nella nebbia fitta
della vita di due persone senza storia.
27.
Ci sarebbe stato bisogno di raccogliere
informazioni in un paese in cui chiunque non avesse un soprannome da generazioni
era considerato un extraterrestre più che un forestiero. A maggior ragione se
si parlava di qualunque esponente delle forze dell’ordine.
Non che lo Stato non fosse presente, era
piuttosto considerato qualcosa di esterno alla vita quotidiana, un’entità di
cui si sentiva parlare nei notiziari o a scuola nelle recite di fine anno e che
ciucciava una gran quantità di denari faticosamente guadagnati per il solito
magna magna.
Rosa Lia Montmasson decise di
approfittare dell’invito di Cirilla per chiederle informazioni: una persona che
si premurava di invitare il comandante della locale stazione ad un evento
cultural mondano e si accertava anche della correttezza di nome e cognome forse
avrebbe potuto fare al caso suo.
La chiamò senza por tempo in mezzo.
“Buongiorno, ho ricevuto il suo invito
sono Rosa Lia Montmasson”
“Oh che piacere sentirla”
“Vorrei porle alcune domande, potremmo
vederci oggi?”
“Stavo proprio sistemando le tartine per
la riunione odierna, sa per l’organizzazione dell’evento vuole partecipare
anche lei?”
“Molto volentieri grazie”
“Ah benissimo, dunque a dopo”
Cirilla attaccò il telefono e sembrò
molto confusa.
Inviò un messaggio agli altri nonni e
nonne avvertendo della presenza della Capitana.
28.
“Andrò subito al dunque. Mi risulta che
stiate portando avanti delle indagini ufficiose su quello che ritenete essere
un efferato delitto”
“Ma guardi noi veramente siamo soltanto
un gruppo di persone, diciamo un po’ âgé, e siamo tutti impegnati coi nostri
nipotini carissimi ma troviamo comunque il tempo di occuparci della promozione
del nostro amatissimo territorio. Di indagini non sappiamo proprio nulla e
tantomeno di efferati delitti”
“Bene, mi fa piacere, allora posso
togliere il disturbo”
“Oh ma nessun disturbo, anzi, se vuole
far merenda con noi…”
“Guardi con molto piacere ma devo dare
uno sguardo a questa autopsia e non vorrei trovare dettagli raccapriccianti”
“Ha detto autopsia? Ma no,
assolutamente, anzi se la vuole guardare con noi, che dice?”
“Dico, carissima…”
“Cirilla, mi chiami semplicemente
Cirilla”
“Carissima Cirilla che ha appena
confermato i miei sospetti”
“In che senso, scusi?”
“Nel senso che non avevo la più pallida
idea che lei stesse effettivamente cercando di portare avanti delle indagini
ufficiose, né tantomeno che fosse stata lei o qualcuno della sua cerchia a
diffondere la notizia, falsa e tendenziosa, del delitto”
“Ma Tonia e Tonio?”
“Tonio Tonini e Tonia Tonietti in Tonini
sono stati trovati nella loro osteria, dopo qualche ora di ricerca.”
“Nell’osteria o poverini e chi?”
“Chi li ha trovati? O chi ha procurato
l’allarme?”
“No, intendo come è accaduto l’orrendo
fatto?”
“Signora Cirilla carissima non mi faccia
ripetere le parole che sto per dirle, sono confidenziali”
“Mi dica mi dica sono tutt’orecchi”
“Ne è sicura?”
“Sì sì mi dica”
“Bene”
“Allora?”
“Le risulta che i morti camminino?”
“No perché lei pensa che siano stati
uccisi in un luogo e trasferiti poi nell’osteria per mandare un messaggio?”
“Signora Cirilla”
“Cirilla Cirilla s’immagini”
“Tonio Tonini e Tonia Tonietti in Tonini
sono stati trovati nell’osteria….addormentati perché eccessivamente stanchi”
“In che senso?”
“Nel senso che ho appena dovuto
annullare le prenotazioni per il mio primo weekend libero dopo anni di intenso
lavoro e ora, se non le dispiace, vorrei che lei e le sue amiche, i suoi amici,
parenti e nipoti la smetteste di occuparvi di delitti inesistenti e continuaste
ad interessarvi di pannolini, passeggini e pappette. E anche di tartine, sono
ottime, complimenti”
Così dicendo sorrise e uscì lasciando
Cirilla con un palmo di naso.
29.
Nonna Cirilla aveva accusato il colpo ma
aveva fatto finta di niente, come nella migliore tradizione della sua vita
talvolta tediosa al punto da doverla ‘condire’ con qualche dettaglio un po’
fantasioso. Aveva una tale abilità nel credere in ciò che raccontava che,
spesso e volentieri, le sue stramberie divenivano verità e realtà condivisa.
D’altronde non era colpa sua se Tonio e
Tonia si erano addormentati lasciando adito a chissà quali maldicenze, comunque
stavolta non avrebbe certamente scomodato la Capitana. Le indagini le avrebbe
portate avanti da sé, con l’aiuto di qualche amico fidato.
Non volendo rivolgersi a Massenzio, che
pure avrebbe potuto fornirle una sponda adeguata, più per paura che volesse
riprendere quel discorso sui pellicani rosa che altro, decise di chiamare Amos.
Da quando era diventato nonno non
riusciva più a contenere la felicità e mostrava le foto a chiunque incontrasse,
neanche fossero stati santini miracolosi. Cercava di darsi un contegno ma si
vedeva lontano un miglio che era andato in tilt.
“Amos carissimo, hai da fare oggi?”
“Eh, Cirilla ciao come mai questa
telefonata?”
“Ma niente, volevo sapere come state te
e famiglia”
“Oh, io, beh, ma sai le solite cose,
appena ci incontriamo ti faccio vedere le nuove foto”
“Con piacere Amos ma dovrei parlarti,
hai da fare oggi?”
“A che ora? Perché… sai…”
“So, anch’io sono una nonna e ti capisco
perfettamente e… proprio per questo motivo credo sia importante parlare”
“Ma perché che è successo?”
“Te ne parlo a voce”
“Va bene, il tempo di passare in
farmacia e vengo”
“A dopo”
“A subito”
30.
Domitilla non si era sentita bene. La
notte precedente l’aveva trascorsa in bianco tra nausee e improvvisi conati, si
era rannicchiata tra le coperte e aveva cercato di far passare i giramenti di
testa, le era sembrato di stare su una nave in tempesta con un forte mal di
mare, anche se lei non ne aveva mai sofferto. Il soffitto non voleva smetterla
di ondeggiare, non c’erano appigli e poi era riuscita ad espellere tutto quello
che aveva mangiato durante il giorno.
Era stato un colpo improvviso, secco e
aveva avuto la netta sensazione di aver provato una forte empatia con qualcosa
che doveva essere accaduto da qualche parte, nel mondo.
Non aveva chiamato né il genero né la
figlia, figurarsi, l’ultima volta l’avevano presa in giro per giorni e avevano
cominciato a pensare che avesse qualche problema. L’avevano osservata nelle
azioni più semplici per vedere se vi fosse qualche segno di distrazione e lei
un po’ si era divertita a far credere loro che fosse svampita. Ma non era
capace di dire bugie e di mentire a lungo, anche soltanto per tenere il punto,
quindi si era scoperta quasi subito e loro si erano beccati una sonora strigliata,
senza lancio di ciabatte o palette, beninteso.
Non poteva farci niente se era
telepatica, non era mica una malattia. Andava bene a tutti quanti quando
riusciva ad indovinare regali e prelibatezze ma poi quando c’era qualcosa di
più serio…
Doveva necessariamente essere accaduto
qualcosa quella notte, ne era certa, per cui aveva deciso di andare a trovare
Cirilla.
Per la strada incontrò Amos che stava
andando nella stessa direzione.
“Ciao Amos, che piacere, dove vai tanto
di fretta?”
“Ciao Domitilla, Cirilla ha chiamato
anche te?”
“Per cosa?”
“Mi ha detto che me ne avrebbe parlato a
voce ma sembrava molto preoccupata”
“Dev’essere una questione importante…”
“Penso di sì”
“Lo immaginavo, andiamo, ti accompagno”
“Hai avuto una delle tue empatie?”
“Sì, stanotte”
“Forse Cirilla ci svelerà l’arcano”
“Sbrighiamoci però perché altrimenti chi
li sente…”
“Uh, lascia perdere, stanno sempre a
telefonare ‘e dove vai?’, ‘ma è freddo’, ‘ma è caldo’… e gliel’ho insegnato io
che era caldo, freddo e”
“E a mettere la maglia di lana o il
cappello, si sentono grandi da quando sono diventati genitori”
“Sembra ieri che non riuscivano neanche
a gattonare e oggi ci fanno le prediche”
“A chi lo dici! Ma poi, sarò libera di
andare dove mi pare, quando mi pare?”
“Ti contano i minuti, ‘e ma dove sei
stato?’, ‘e ma quanto ci hai messo per tornare?’ ma saranno strafattacci miei?”
“Però che bello eh?”
“Vuoi vedere le ultime foto?”
“A me non le fa fare, dice che poi le
mando a parenti e amici”
“Che assurdità! Tu ce l’hai il nuovo sistema
di messaggistica multimediale?”
“Sì e ogni tanto le faccio le foto di
straforo, le vuoi vedere”
“Se se ne accorgessero!”
Amos e Domitilla arrivarono da Cirilla
ridendo con la felicità infantile che caratterizza i compagni di marachelle.
31.
“Domitilla che piacere”
“Ciao Cirilla dovevo proprio venire e ho
incontrato Amos per la strada che stava venendo qui”
“Avete fatto proprio bene”
“Ha avuto un’altra delle sue empatie”
“Oh no, davvero?”
“Sì, sono stata male tutta la notte, un
mal di stomaco che non ti dico”
“Anche le vertigini?”
“Mi girava tutto intorno”
“Cirilla sai se è accaduto qualcosa?”
“Eh sì, dev’essere proprio così”
Cirilla offrì un tè caldo con
biscottini, pizzette fatte in casa e una macedonia di frutta con yogurt greco,
i tre mangiarono e finalmente si occuparono di quello che li impensieriva.
“Io non ho niente contro gli immigrati,
mio nonno è emigrato in Argentina, figurarsi ma”
“Cirilla, hai ragione e per scappare
dalle loro terre qualche problema debbono pure averlo però, be’ insomma, è
un’altra cultura”, aggiunse Amos con l’aria di chi la sa lunga
“Io non capisco mai che cucinano, dice
che friggono le banane”, aggiunse Domitilla che pare avesse chiesto ad una sua
amica che era stata in Niger e le aveva raccontato di aver mangiato un piatto a
base di banane fritte, aveva detto che erano squisite ma lei si fidava poco,
poteva tollerare l’amatriciana rossa ma oltre non intendeva avventurarsi.
“Io le ho assaggiate, sono buone e mica
tanto dolci sai?”, rispose Amos
32.
Dopo aver lungamente disquisito di
immigrazione e cibo Cirilla pensò che fosse arrivato il momento per esternare
le sue preoccupazioni.
“Non ho potuto fare a meno di
parlarvene”, concluse solennemente
“Ciò spiegherebbe il motivo della mia
nausea empatica di stanotte”
“Potrebbe, comunque queste azioni non
possono essere tollerate oltre, bisogna intervenire con cautela, hai ragione
Cirilla”
“Sì con questa Capitana non si riesce a
parlare”, affermò con stizza Cirilla
“È sembrata un po’ scostante anche a me
a dire il vero”, confermò Amos
“Secondo me perché non ha figli”,
insinuò Domitilla
“Ah beh…”, Cirilla aveva sottolineato
quest’ultima affermazione con un gesto eloquente e Domitilla si morse la lingua
ricordando le parole della figlia. Non avrebbe dovuto dirle che si vogliono
bene.
“Comunque sia, penso sia prudente agire
con circospezione, per non sollevare un polverone più che altro”, sospirò Amos
pensando, in fondo, che una Capitana doveva essere una gran seccatura.
Se quello che aveva riferito Cirilla era
vero c’era di che preoccuparsi.
Un nipote scansafatiche che prende a
palate uno zio per motivi veniali fino alle estreme conseguenze era davvero
troppo, va bene la tolleranza ma se avevano questi usi barbarici avrebbero ben
potuto evitare di attraversare il Mediterraneo.
33.
“Mamma, dove sei?”
“Amore sono un attimo da Cirilla”
“Mamma!”
“Stavamo giusto parlando di quel
fattaccio sai”
“MAMMA!”
“Eh?”
“Un altro attacco empatico?”
“Sì tesoro come lo hai capito”
“Empatia”
“Anche tu?”
“Mamma, non le avrai detto che ci
vogliamo bene vero?”
“Non mi pare”
“Glielo hai detto”
“Uhm forse”
“Forse?”
“Forse”
“Mamma?”
“Eh, dimmi, dai che”
“Che cosa hai mangiato ieri sera?”
“Oh tesoro non me ne parlare che l’ho
rivisto per tutta la notte”
“Cioè?”
“Ma niente tesoro, ho fatto un piattino
di rigatoni alla pajata, due fagioli con le cotiche, un po’ troppo pepe devo
dire ma sai papà, coda alla vaccinara, due broccoli fritti, un carciofetto alla
giudia e un paio di panonte, la cicorietta ripassata e basta perché?”
“Niente dolce?”
“Le fragole con la doppia panna, ma poi
ho preso il digestivo”
“La genziana o il centerbe?”
“Il genepì, dici che potrebbe aver
influito quello?”
“Infatti, non sei abituata ai gusti di
montagna”
“No, ma non credo perché Cirilla mi
stava giusto raccontando di quei nigeriani sai quelli che abitano dietro all’ex
abbazia?”
“Sì?”
“Pare che il nipote abbia preso a palate
lo zio per motivi veniali”
“Caspita e Cirilla ti ha anche detto
quale pala avrebbe utilizzato?”
“No ma se vuoi glielo chiedo; che differenza
fa?”
“Fa la differenza che li conosco, vanno
a scuola col figlio della fioraia”
“Ma davvero? Oh santa pace”
“Sì e stamattina li ho visti andare a
scuola e il nipote brandiva la terribile arma”
“Ah ma allora sono proprio barbari! Ma
scusa come faceva lo zio a camminare se è stato ucciso?”
“L’arma in questione è una paletta da
spiaggia e il nipote frequenta la prima elementare”
“Oh e allora l’empatia?”
“Dev’essere stato il genepì, adesso per
favore saluta la peste e vieni a spupazzare un po’ tua nipote”
34.
La Capitana si era svegliata di ottimo
umore. Aveva dormito otto ore filate, senza la minima interruzione, un sonno
tranquillo e placido, non corredato da incubi, sogni sgradevoli e ancor più
snervanti telefonate nel cuore della notte per qualche retata o peggio.
La passeggiata mattutina e l’allenamento
ginnico serale l’avevano aiutata a sudar via tutte le tossine, si era anche
concessa un bagno caldo con oli aromatici e i Genesis in sottofondo.
Una vera pacchia.
Aveva preparato e gustato in santa pace
una lauta colazione a base di frutta fresca, yogurt biologico di malga,
estratto di sedano, zenzero e carote, caffè verde.
Si era comodamente dedicata alla
toilette mattutina ed era uscita per recarsi in caserma. Non se la sentiva
ancora di andare a lavoro a piedi, i sensi ancora allertati dall’abitudine.
Nello stereo la voce ferma e risoluta la aiutava a concentrarsi e focalizzare
le sue energie sul presente. Un brivido leggero di pura contentezza le
attraversò la schiena.
Quando si era arruolata pensava di amare
la disciplina, l’azione. Voleva dimostrare a sé stessa e agli altri, al mondo
intero, di essere una tosta, coraggiosa e molto più forte degli uomini,
consapevole della forza evocativa del suo nome.
Le ci erano voluti parecchi anni per capire
che la vera forza è nella costruzione quotidiana della pace e nel frattempo era
diventata talmente brava da essere impiegata in missioni sempre più orrende e
difficili fino al momento in cui aveva detto basta.
I suoi superiori le avevano chiesto che
premio avrebbe voluto, immaginando che avrebbe chiesto di essere trasferita nei
servizi, il coronamento di una carriera, avanzamenti di grado e stipendio, una
vita in azioni tumultuose. Le avevano anche fatto intuire una qualche remota
possibilità di entrare all’ESA, il suo desiderio più grande sin da quando era
in fasce.
Li aveva spiazzati.
Aveva ringraziato, commossa, si era
sincerata di poter chiedere ciò che davvero voleva e si era lanciata in un
discorso sull’importanza del suo lavoro.
Loro avevano gongolato alle sue parole e
trasecolato alla richiesta, semplice, di essere inviata in un luogo dove non
accadeva mai niente, un posto tranquillo dove la preoccupazione maggiore fossero
le previsioni meteorologiche.
Avevano dovuto accontentarla.
35.
"Cirilla?"
"Priscilla carissima, dimmi"
"Ho saputo della Capitana"
"Oh, sì, l'abbiamo anche
incontrata"
"Davvero? Che tipo è?"
"Ma guarda non saprei esattamente
come descriverla"
"Beh, una che intraprende la vita
militare e"
"E viene qui, insomma dai"
"Ma infatti aveva insospettito
anche me. Pensi che l'abbiano spedita qui per qualche punizione?"
"Non saprei, non si può dire che
sia un'evoluzione proprio normale di una carriera ma magari ha incontrato
qualche forma di discriminazione"
"Col cognome che porta?"
"Potrebbe essere un'omonimia"
"Uhuh. Come ti è sembrata?"
"Se ti devo proprio dire... senza
infamia e senza lode. Aspettiamo di vederla in azione"
"In azione? Perché è successo
qualcos'altro?"
"Ah non hai saputo?"
"No dimmi tutto"
"Hai presente il bell'Antonio?"
"Quello che diceva di aver portato
in viaggio di nozze l'amante e invece era con la famiglia della moglie al gran
completo e pare che lei gli abbia preferito metà dell'equipaggio?"
"Ma non esagerare, soltanto il
marconista e il comandante"
"E anche un cuoco se non ricordo
male"
"No, era il dottore di bordo"
"Che perfida, magari erano pure
andati all'università insieme"
"Eh ma comunque lui s'è rifatto
poi"
"Sì, le sopracciglia..."
"Anche quelle"
"Mbe' che è successo?"
"Lo sapremo presto e la Capitana
stavolta avrà un bel daffare"
"Cirilla, quasi dimenticavo, ora
devo uscire, poi mi racconterai. Potresti darmi il numero dell'omeopata?"
36.
Se Priscilla non era rimasta con lei al
telefono con una notizia tanto sensazionale, qualcosa le stava decisamente
sfuggendo di mano.
Questa storia di nipoti, pannolini e
cacchette aveva fatto rimbambire i suoi amici.
Bisognava in qualche modo porre rimedio.
Avrebbe dovuto escogitare qualcosa.
Sì, ma cosa?
Il bell’Antonio, così soprannominato in
onore del personaggio dell’omonimo libro di Vitaliano Brancati, era un miles
gloriosus, uno che amava vantarsi di conquiste e amori e che aveva preferito
indossare il famigerato cappello a sonagli piuttosto che disconoscere la
figliolanza. Non si poteva dire che gli somigliassero e dalla madre non avevano
ripreso pressoché niente, se non forse il carattere. Erano fotocopie, cloni di
quei rispettivi, ignari, sperava per lo meno, padri effettivi. La festa del
Papà, il giorno di San Giuseppe, lo metteva irrimediabilmente di pessimo umore.
Le zeppole erano il suo dolce più inviso, non ne voleva neanche sentire
l’odore. In paese aveva costruito abilmente una immeritata fama di dongiovanni
e Cirilla non aveva resistito a saperne di più. Si era ingegnata così da far
incuriosire una sua lontana conoscente, donna piuttosto estranea alle
chiacchiere paesane, forestiera con il gusto della provocazione e una certa
voglia di sperimentare cose, e uomini, nuove con buona pace del suo consorte
che la riteneva una morigeratissima donna tutta casa e chiesa, talmente
impegnata nelle pratiche spirituali da assentarsi costantemente per qualche
ritiro in conventi e monasteri di cui, effettivamente, conosceva i segreti
essendo laureata e specializzata in storia dell’arte medievale. A suo dire il
bell’Antonio era esattamente un vantone, uno che, tecnicamente, non avrebbe
potuto mai cornificare la moglie, seppur fosse un ‘uomo polipo’ come lo aveva
definito la sua amica. Viscido, tentacolare, mollemente sgradevole,
vigliacchetto.
I manifesti delle onoranze funebri non
erano ancora apparsi ma Cirilla aveva avuto la notizia da fonte certa e tutte
le sirene che si erano sentite nella notte non lasciavano dubbio alcuno.
Era stata tentata di chiamare un suo
amico giornalista di cronaca nera ma, dopo il liscebusso della Capitana, aveva
preferito aspettare l’evolversi degli eventi.
37.
Forse aveva osato troppo sfidando il suo
fato fino a quel punto ma non aveva proprio resistito alla tentazione di
entrare nel negozio di articoli da giardino e acquistare l’occorrente per
coltivare l’orticello.
Gli addetti dell’agricola l’avevano
guardata in tralice pensando che forse volesse qualche informazione che non
avevano. Con un cenno impercettibile fu il fratello più scaltro ad occuparsi di
lei.
“Buongiorno Signora Capitana, che onore,
cosa possiamo fare per lei?”
“Buongiorno, non sapevo di essere già
conosciuta in paese”
“Beh, sa, una Capitana non è una cosa
che si veda tutti i giorni, poi ha un nome che da queste parti vuol dire ancora
qualcosa”
“Per me vuol dire molto, sono molto
affezionata alla mia ava”
“A maggior ragione sono lieto di averla
qui, come posso servirla?”
“La ringrazio. Vorrei coltivare un orto
ma non ho molta dimestichezza, potrebbe indicarmi gli attrezzi necessari?”
“Deve fare trattorare il terreno e per
quello, se vuole, possiamo pensarci noi. Poi dovrà acquistare zappa, guanti,
tubo, telo e piantine per iniziare. Le serviranno anche delle forbici per la
scacchiatura e una prima potatura, canne, eventualmente la rete, concime,
laccetti di metallo ricoperti di plastica e raffia. Stivali o zoccoloni di
gomma. Le consiglio anche questo libro che potrà aiutarla a scoprire i
rudimenti dell’orticoltura.”
“Va bene, grazie”
“Allora, per trattorare ci pensiamo
noi?”
“Sì, grazie, le scrivo qui l’indirizzo e
il numero di telefono. Se non le rispondo può chiamare in caserma, aspetti che
cerco il numero in rubrica”
“Il numero della caserma ce l’ho”
“Ah beh, sì, non ci avevo pensato”
“Signora Capitana?”
“Mi dica… aspetti un attimo, devo
rispondere al telefono. Pronto? Mi dica…. Ah…. Va bene…. Ma non è come l’altra
volta?... Uhm vediamo, lei intanto segua la procedura d’ufficio… Sì, arrivo”
38.
Tornando in caserma, la Capitana aveva
trovato i suoi sottoposti intenti a studiare i manuali d’ordinanza.
Era più che evidente che non volevano
sbagliare la procedura ma non l’avevano mai messa in pratica e quelli che
ricordavano un passato in un qualche altrove in cui ciò era accaduto temevano
che l’iter fosse cambiato.
Aveva faticato non poco a trattenere il
sorriso sghembo che le stava affiorando tra le guance: l’avevano davvero
mandata in un posto in cui non succedeva, o meglio, non era mai capitato niente
che potesse essere considerato parte della sua vita precedente.
Più che una caserma sembrava una biblioteca
in cui un gruppo di studenti intenti a prepararsi per qualche esame stessero
scartabellando manuali e tomi, cercando di confrontare i risultati delle loro
ricerche.
Salutò e chiese al brigadiere di
chiamarle l’appuntato più giovane senza lasciargli il tempo di trovare una
spiegazione plausibile alla mancata, fino a quel momento, apertura della
pratica burocratica.
Il ragazzo entrò alquanto intimidito nel
suo ufficio.
Si guardò intorno sperando che
l’uniforme fosse a posto, cercò di ricordare i vari passaggi per un saluto
perfetto, non ricordava se avrebbe dovuto sorridere oppure no. Nel dubbio,
atteggiò la bocca ad una specie di ghigno, come aveva visto fare a Marlon
Brando nei film che guardava con suo nonno.
“Comodo, comodo. Sa utilizzare un
computer?”, domanda retorica con, sperava, risposta affermativa, ad occhio e
croce doveva essere uno di quelli che vengono definiti ‘nativi digitali’.
“Signorsì Signora Capitana”
“Bene, allora mi scarichi, per cortesia,
i modelli che trova su questa pagina e me li porti compilati e controllati dal
brigadiere. Vada”
“Signorsì Signora Capitana”
L’appuntato uscì dalla stanza senza
riuscire a trattenere un sorriso radioso, tra le dita stringeva il prezioso
foglietto con i moduli da scaricare e compilare per seguire la procedura nel
modo corretto.
Le teste impegnate a scartabellare libri
e codici respirarono vedendo che brandiva il prezioso pizzino.
39.
“Sigfrido carissimo, che gioia vederti.
Sei stanziale o sei stato catturato da qualche nipotastro anche tu?”
“Ciao Cirilla, veramente sono venuto a
prendere un nipotastro, come lo chiami tu”
“Ah sì? Tua figlia ti lascia prendere
con te un pargolo?”
“Cirilla, perdi colpi avrai mica bisogno
di una revisione? AHAHAHA”
“Ma figurati, no è che non so se hai
saputo chi è arrivato in paese”
“No, chi è arrivato?”
“Rosa Lia Montmasson”
“Cirilla va bene che siamo nonni ma non
sono Matusalemme. Tuoni d’Amburgo, è vissuta nel 1800 e qualcosa”
“E dev’essere una qualche nipote o
pronipote anche lei… scusa ma quale nipote devi prendere e per quale motivo?”
“Lo scavezzacollo. La madre vuole dargli
un’aggiustatina e ha deciso di spedirlo in collegio. Gli ho promesso che
l’avrei salvato e lo porto in viaggio con me, roba di pochi giorni e così la
piccoletta potrà godere della presenza della nonna visto che ce l’hanno chiesto
espressamente. Altrimenti poi sai che noia… rischierebbero di rovinarci
l’estate AHAHAH”
“Che vuol dire che lo porti in viaggio
con te?”
“Vuol dire che ho comprato il casco, la
tuta protettiva per lui e lo porto a fare un viaggetto on the road. Magari si
svaga un po’ e abbassa la cresta”
“È così tragica?”
“E non è ancora adolescente. Dimmi di
questa Montmasson”
“Ma niente, sai, pensa di sapere tutto
lei e allora io non la chiamo nemmeno”
“Per cosa la dovresti chiamare?”
“Sai il Bell’Antonio?”
“Be’? La moglie è incinta di nuovo?”
“No, ormai… dev’essergli capitato
qualcosa di terribile”
“Vuoi che m’informi?”
“Magari”
“Aspetta faccio un paio di telefonate.
C’è un posto tranquillo?”
“Sì, di là, io intanto ti preparo una
birretta e un paio di wurstel vegani”
40.
I moduli erano stati correttamente
scaricati e compilati, come richiesto dalla Capitana. Il brigadiere mandò
l’appuntato a consegnarli brevi manu all’autorità competente per la firma.
Lei ringraziò facendo ben attenzione a
rimanere assorta tra alcuni incartamenti con aria pensosa per evitare di
esplodere in un radioso e soddisfatto sorriso di serena felicità.
Quanto aveva odiato quelle scartoffie
nella sua vita precedente! Pile e pile di moduli da compilare che non servivano
ad altro, pensava, che a creare quei vizi di forma in cui si incuneavano i
bravi avvocati per tirare fuori i delinquenti che se ne potevano permettere la
consulenza.
Con gli anni aveva dovuto imparare ad
utilizzare un linguaggio criptico, lasciando adito alle interpretazioni più
disparate, in base a quanto in alto arrivavano le parcelle e le spintarelle, e
dunque a quale mole di seccature avrebbe dovuto affrontare dopo averli
‘assicurati alla giustizia’. La quale giustizia, però, non sempre rispettava il
sacro principio di eguaglianza sancito, inter alia, dall’articolo tre della
Costituzione della Repubblica italiana e così le era accaduto di dover smussare
le parole fino a far diventare le frasi delle biglie in cui fosse possibile riscontrare
vizi di forma soltanto nel caso di patente malafede da parte di qualche giudice
o ministro.
Ora le sembravano oggetti di rara
bellezza burocratica in cui era possibile far scivolare le sue biglie come in
una pista ben costruita con la sabbia compatta.
Le venne in mente il mare, avrebbe
ripreso il corso di vela, forse.
Controllò gli incartamenti, corresse
alcune imperfezioni, richiamò l’appuntato per consegnarglieli e chiedere di
convocare una riunione operativa. L’appuntato scattò sull’attenti e nel giro di
pochi istanti tutta la caserma tranne chi era di turno in portineria si
precipitò nel suo ufficio con la curiosità per qualcosa di sensazionale.
“Chi conosceva il de cuius?”
“Signora Capitana, il de cuius era
piuttosto conosciuto in paese”
“Bene, questa è una riunione operativa
informale, quindi non stileremo un verbale ma dovremo essere il più possibile
pronti ad esaminare qualunque possibilità. Non deve essere tralasciato neanche
il più piccolo particolare, ciò che sembrerebbe insignificante e poi dovremo
aspettare i risultati da parte dell’istituto di medicina legale, prima di poter
asserire che è un caso di nostra competenza.”
Iniziò a parlare il brigadiere, poi
seguirono tutti gli altri, in ordine di grado, dunque la Capitana decise che avrebbe
fatto una passeggiata per raccogliere le idee, disse, ma in realtà aveva altre
intenzioni. Salutò, uscì e chiamò Cirilla.
“Signora Capitana, quale onore”
“Buongiorno, è libera? Può offrirmi un
caffè?”
“Ora? Sì, qui c’è un mio caro amico cui
stavo giusto preparando uno snack a base di birra e wurstel vegani”
“Wurstel vegani ha detto?”
“Sì sono gustosi”
“Posso sfacciatamente invitarmi? Ho un certo
appetito”
“La aspetto”. Cirilla posò il telefono
gongolando di pura soddisfazione e felicità, i wurstel erano quasi pronti,
aggiunse un paio di focaccelle e qualche sfizietto.
41.
La Capitana arrivò con un tempismo
perfetto, Cirilla aveva appena finito di preparare e Sigfrido di telefonare.
“Buongiorno Signora Capitana, a cosa
devo questo onore?”
“Buongiorno, mi chiami Rosa Lia, vorrei,
se non sono inopportuna, porle alcune domande su una persona che pare abbia
trascorso una nottata piuttosto movimentata”
“E lei mi chiami Cirilla, lui è il mio
amico Sigfrido, nonno motociclista”
“Piacere, ho visto la moto qui fuori,
niente male”
“Piacere, se ne intende?”
“Ho un passato da motociclista, tra le
altre cose”
“Viaggi o corse?”
“Corse”
“Io sono un viaggiatore, adesso mi sto
preparando per un viaggio con mio nipote, non vedo l’ora”
“Quanti anni ha?”
“Il nipote? Adesso si dice ‘tween ager’,
è in piena fase preadolescenziale”
“E ha già bisogno di essere portato in
viaggio dal nonno?”
“Tende ad alzare la cresta un po’
troppo, la madre vorrebbe mandarlo al collegio militare prima che prenda una
brutta strada”
“Fa bene a portarlo in viaggio, crescerà
e capirà, le piace la musica?”
“Alquanto”
“Lo porti anche ad un concerto, non se
lo scorderà mai. Mia nonna fece lo stesso con me: è il ricordo più intenso
della mia gioventù”
“Possiamo fare qualcosa per lei, Rosa
Lia?”
“Sì Cirilla, vorrei sapere che cosa ha
scoperto sulla persona che ha avuto una notte movimentata”
“Non saprei di chi parla”
“Oh sì che lo sa Cirilla, la mia è una
conversazione molto informale, mi aveva promesso wurstel vegani o sbaglio?”
“Non sbaglia. Non so se stia parlando
del Bell’Antonio”
“È alquanto probabile che quello fosse
il suo soprannome, vedo che ci capiamo alla perfezione. Sono squisiti.”
“Grazie. Ne stavamo casualmente parlando
con Sigfrido che ha appena effettuato alcune telefonate a suoi amici bikers per
informazioni su… “
“Sul prossimo motoraduno, Cirilla. Cosa
ha saputo Sigfrido?”
“Pare che non sia successo niente”
“Lo sospettavo. Chi avrebbe avuto
interesse ad inscenare un atto di deliberata violenza?”
“Forse proprio lui”, Cirilla aveva mormorato
“Perché Cirilla?”
“Ecco, lui aveva la fama di dongiovanni
e teneva molto a questa sua notorietà ma pare che non fosse vero niente o
meglio non era tecnicamente possibile che lo fosse, mentre la moglie taceva e
agiva, non so se mi spiego”
“Benissimo”
“Negli ultimi tempi, mi ha detto un mio
amico biker che lavora in un ospedale ma non le dico quale, che ha un altro
amico che ha un’amica, vabbe’ insomma per farla breve, pare che fosse molto
malato e che avesse chiesto aiuto a quelli lì che in casi estremi ti danno
qualche pillolina e via.”
“E perché avrebbe inscenato il
massacro?”
“Per impressionare la moglie!” risposero
in coro Cirilla e Sigfrido.
“E il paese in che modo si comporterà”,
chiese quasi senza pensarci
“Si indignerà, tutti quanti metteranno
l’abito elegante riposto nell’armadio per una buona occasione e rispetteremo le
ultime volontà del Bell’Antonio”, rispose metallicamente Cirilla.
Rosa Lia Montmasson ringraziò, salutò e
uscì pensando a come avrebbe dovuto modellare le sue biglie di parole nel
rapporto da stilare dopo l’esame autoptico.
42.
Più che camminare si poteva avere
l’impressione che Ubaldo stesse trotterellando per la gran gioia, al seguito
aveva un trolley e un carrellino per la spesa con le ruote. Aveva deciso di
dare ascolto ai suoi bioritmi preferendo una sana passeggiata ad un tragitto,
seppur breve, in automobile. La sua amatissima compagna aveva da fare quella
mattina. Non che non condividesse con lui la gioia assoluta di essere nonni ma
era sempre stata uno spirito libero, poco incline ad occuparsi di questioni,
diciamo così, casalinghe. Su questo, e su moltissimi altri punti, avevano
trovato un accordo perfetto: uno tra i libri preferiti da Ubaldo era La scienza in cucina e l’arte di mangiar
bene di Pellegrino Artusi e aveva una vera e propria passione per i lavori
manuali, dal ricamo alla maglia. Adesso è considerato normale per un uomo avere
questo tipo di interessi ma quando era più giovane aveva dovuto lottare contro
non pochi pregiudizi.
“Ubaldo, carissimo!”
“Domitilla, che piacere”
“Dall’odore di ciambellone appena fatto
non mi è difficile indovinare dove stai andando”
“Li coccolo un po’…sai com’è, adesso ho
un po’ più di tempo e”
“Anch’io li vizio spudoratamente. Posso
venire con te così mi presenti questa meraviglia di nipote?”
“Sì, saranno felicissimi di vederti.”
“Ubaldo, per caso sai niente della nuova
Capitana?”
“Ah, è già arrivata?”
“Ehm sì…”
“Rosa Lia Montmasson?”
“Sì, proprio lei, la conosci?”
“Più che altro conosco bene la sua famiglia.
È ancora attaccata alla gonnella di sua nonna?”
“La nonna?”
“Oh sì, suo padre, anche sua madre a
dire il vero, si lamentavano sempre perché a quanto pare dava soltanto ascolto
a lei. Una di quelle donne piccole e caparbie che tendono ad imporre la loro
volontà a suon di occhiatacce e parole di comprensione. Le ha inculcato un
eccessivo senso del dovere, o almeno così mi dicevano, e lei non ha saputo, più
di tanto, godersi la vita.”
“Ma pensa te… senti c’è un gruppo di
meditazione il prossimo weekend. Ti va di venire?”
“Con piacere anche se sinceramente mi
sento al centro del mio potere personale”
“A chi lo dici! Ho provato a fare un po’
di training autogeno e non sono arrivata neanche al primo chakra per la voglia
di vedere quegli impiastri”
43.
Drusilla era riuscita a passare
dall’impegnatissima figlia e finanche, miracolosamente, a farla rilassare al
punto da annullare molti degli impegni che si era prefissata per dimostrare
all’universo intero, e soprattutto a sé stessa, di essere forte e non aver bisogno
di niente e nessuno. Diventare madri è quanto di più naturale esista ma è bene
tenere il passo con la modernità, essere sempre pronte ad agire nel modo più
giusto e perfetto.
Le aveva accarezzato dolcemente il collo
come soltanto lei sapeva fare, l’aveva abbracciata stando attenta a tutte le
prescrizioni e premure filiali, si era occupata di lei fino a farla
addormentare con tanto di bebè al seno.
Si era anche occupata di abbassare le
suonerie telefoniche e di prepararle qualcosa di buono. Aveva chiesto al marito
di andare a comprare qualcosa, le aveva stampigliato un bacio sulla fronte
senza svegliarla ed era uscita lasciandole un biglietto di buona giornata con
tanti fiorellini, cuoricini e animaletti vari.
“Ciao piccolotte
Siamo usciti, dormivate così bene
Nel forno c’è una sorpresa per te e in
frigo un po’ di spesa
Chiama quando ti svegli se ti serve
qualcosa
Bacioni bacioni Smack smack
Mamma e Papà”
Ora potevano anche andare a fare una
passeggiata.
44.
Malvina non aveva davvero tempo da
sprecare ma una bella chiacchierata con Cirilla non se la sarebbe persa per
niente al mondo, soprattutto dopo i recenti accadimenti e l’arrivo in paese
della Capitana. Senza indugio, dopo aver preparato tutto il preparabile e
qualcosa in più, tra cui una squisita crostata con la marmellata di lamponi e
la pasta di nocciole dai Monti Cimini, abilmente caricata nel suo cestino di
vimini intrecciato a mano protetto da un centrino di merletto della sua prozia,
inforcò la bici e si avviò verso la casa della sua amica.
Lungo il percorso incontrò Drusilla,
notoriamente una golosona.
“Malvina ciao, che spettacolo questo
centrino”
“Ciao Drusilla, sapessi che c’è dentro!”
“La tua crostata con la marmellata di
quei lamponi che abbiamo raccolto l’estate scorsa sui Cimini?”
“Ci ho aggiunto anche la pasta di
nocciole cimine”
“…”
“Sto andando da Cirilla, vuoi venire con
me?”
“Se mi fai assaggiare quella
prelibatezza, assolutamente sì”
“Sai niente di questa nuova Capitana?”
“Da quello che ho capito sembra una
persona in gamba, ma parliamo di cose serie: la famiglia?”
“Stiamo tutti bene, sai tutti sotto lo
stesso tetto, come piace a me. li vizio, li coccolo ma per lo meno non mi
angustio. Se hanno mangiato o non hanno mangiato, se sono tornati a casa o
meno. E non sto tutto il giorno al telefono. I nipoti invece di guardarli in
foto li guardo dal vivo”
“Io sono appena uscita, le ho lasciate
addormentate”
“Sei riuscita a far addormentare tua
figlia? E come hai fatto?”
“Segreti di mamma e adesso pure di
nonna”
Drusilla e Malvina scoppiarono in una
risata che le fece tornare bambine.
45.
Camilla si soffermò a guardare gli
annunci funebri, un’abitudine che aveva sin da piccola, non le era mai sembrata
macabra, era quasi un istinto per lei, chissà perché.
Stavolta ebbe un sussulto. Conosceva il
volto sul manifesto, lo aveva visto sorridere nel centro medico dove soleva
andare a fare i check-up durante i mesi della prevenzione.
Il dottor Esculapio Ciudada scherzava
sempre, la battuta pronta, la prendeva in giro dicendole che lei stava sempre
bene perché non saltava neanche un controllo generale. Camilla rispondeva
lusingata che in realtà era l’attività fisica, cercando di condire
l’affermazione con un po’ di malizia che rasentava la scaramanzia e un velato
rimprovero nei confronti del marito: doveva pensare lei a tutto, anche a
prendere appuntamento per le sue visite, lui altrimenti non si sarebbe
minimamente interessato allo stato della sua salute. La faccia sorridente le
diceva che se le persone fossero state tutte tanto previdenti lui avrebbe
potuto andare in vacanza molto più spesso, poi alzava il dito, l’indice, e
aggiungeva che ascoltare le mogli è sempre bene, tanto loro hanno ragione per
definizione.
Era una specie di canovaccio da commedia
dell’arte, ripetuto con qualche variante tutte le volte che si recavano lì.
Vedere quell’esposizione semicircolare
di denti perfettamente allineati e talmente bianchi da evocare inevitabilmente
le pubblicità di dentifrici incorniciata da una doppia riga nera e accompagnata
da parole che invitavano ai funerali, sinceramente le sembrò fuori luogo.
Per quale motivo una persona tanto
salutista, sportiva e attenta al proprio benessere aveva interrotto il
gradevole scorrere della propria vita, che si sarebbe potuta definire di
modesto successo, tanto presto? Doveva esserci qualche spiegazione.
Era certa che si sottoponesse
regolarmente ai controlli periodici e i suoi sessantacinque-settanta anni se li
portava piuttosto bene.
Questa storia doveva essere chiarita.
Ne avrebbe parlato con Priscilla.
46.
“Priscilla carissima, ciao, hai da fare
oggi?”
“Camilla, ciao, veramente sono un po’
presa da questioni familiari.”
“Tutti bene?”
“Oh sì, voi?”
“Sì, grazie, le solite questioni
nonnesche.”
“Uh, sono terribili, non me ne parlare”
“E dai che è anche una gran
soddisfazione”
“Sì sì per carità non lo nego ma…”
“… sono altre generazioni”
“No ma che c’entra, io capisco benissimo
le esigenze delle persone giovani e anche giovanissime e poi non siamo mica
antiquate. Tra l’altro il mio corpo è un orologio svizzero, lo controllo
periodicamente e…”
“Ecco, anch’io, vedi, ho appena finito
gli screening del mese della salute della donna.”
“Dove l’hai fatto?”
“Al centro Salute e Benessere, lo
conosci?”
“Anche io vado sempre lì. Sono cordiali,
accurati e molto veloci nelle risposte”
“Conosci il dottor Esculapio Ciudada?”
“Sì, è tanto carino, sorride sempre”
“Ho letto il suo nome sui manifesti
funebri”
“Ma non è un po’ troppo giovane per
essere morto?”
“Già e mi sembrava una persona
particolarmente attenta alla sua salute”
“Uhm, faccio un giro di telefonate, che
ne dici di prendere un estratto di frutta nel nuovo bar nella piazzetta vecchia
nel pomeriggio, verso le sei?”
“A dopo”
47.
“Geremia carissimo, che mi dici di
bello?”
“Cirilla, che sorpresa. Tutto bene,
grazie. Beh, che sono diventato nonno lo sai”
“Un’emozione enorme eh?”
“Indescrivibile, anche per te è la
stessa cosa?”
“Scherzi? Essere nonni è splendido”
“Già, mi sento ringiovanito. Pensa che
sono andato a fare le analisi. Quando mi hanno visto al Salute e Benessere mi
hanno pure preso in giro, dicevano che dovevo diventare nonno per andare a
farmi le analisi. Ma secondo me avevano voglia di rivedermi. Mi hanno chiesto
di vedere le foto, ce ne ho giusto una presa in ospedale, dice che con questi
telefonini che sono connessi, ma che ne so. Mo’ me la faccio stampare e me la
porto in giro con tutta la cornice.”
“Eh sì fanno un sacco di storie i
genitori di oggi”
“Uh e non devi dare i bacetti e non devi
toccarli sul viso, hanno ragione però.”
“Geremia tu lo conosci Esculapio
Ciudada?”
“Sì Cirilla e se pensi che non sia
deceduto di morte naturale potresti anche averne ben donde”
“Ah”
“Era in forte contrasto con la
parentela”
“Il fratello e la sorella?”
“Già.”
“Sulla gestione del centro medico?”
“Eh sì. Lui era un pezzo di pane, anche
quando lavoravo lì, se avevo un problema mica andavo da loro, parlavo sempre
con lui e una soluzione si trovava.”
“Cosa pensi potrebbe essere accaduto?”
“Non lo so Cirilla, ma i dissapori tra
loro erano molto forti e mentre lui teneva a noi, quegli altri due, quando
lavoravo lì, erano interessati soltanto alla borsa firmata, all’orologio d’oro,
insomma sai com’è”
“E pensi che…?”
“Cirilla, io non penso niente. Tanto
l’autopsia l’hanno fatta internamente e il funerale lo fanno dopo due, anziché
tre, giorni e pace all’anima sua.”
“Ma se ci fossero degli elementi per
iniziare un’indagine forse”
“Cirilla, non ti mettere strane idee in
testa. È andata lì anche la Capitana, hai presente?”
“Be’?”
“Be’ pare che abbia capito tutto ma,
siccome non è una sprovveduta ha pure compreso che avrebbe dovuto far buon viso
a cattivo gioco, ora ti saluto ché i miei doveri di nonno mi chiamano”
“Ciao Geremia.”
48.
Nonno Caboto e Nonna Colomba avevano
proprio voglia di fare una bella passeggiata.
Erano andati in edicola ad acquistare il
giornale, quello con l’inserto, poi si erano incamminati verso il loro bar
preferito.
Andavano lì da tanti anni, sempre con
l’intento di fare colazione. I cornetti erano buoni e soprattutto facevano le
ciambelle espresse, glassate, farcite o semplici con vari tipi di zucchero.
Insomma c’era l’imbarazzo della scelta.
Chiesero un frullato di fragole e banane
e uno di pesca e lampone, una ciambella con i mirtilli rossi e un’altra con le
amarene e crema chantilly.
“Una grattugiata di cioccolato amaro su
amarena e una di bianco sui mirtilli?” chiese il barista indovinandone i gusti.
I due annuirono all’unisono, contenti di
essere stati capiti in quel momento di deroga a qualunque dieta. Solitamente
erano abbastanza attenti al mangiare, controllavano la provenienza, coltivavano
l’orto, si rifornivano da macellaio e ortolano di fiducia e quando decidevano
di gustare qualche golosità non badavano alle calorie.
Lucio Sergio Catilinario era sempre
contento di vederli, gli facevano tenerezza e con loro osava sperimentare gusti
nuovi, abbinamenti insoliti che lo inorgoglivano. Due clienti così erano
perfetti per il suo bar e rispettava appieno il loro bisogno di coccolarsi con
qualcosa di buono, di quando in quando.
Presentò i frullati, li aveva fatti nei
bicchieri per i clienti affezionati, con un disegno che si poteva vedere
soltanto avvicinandoli, cosa che mandò in brodo di giuggiole i due, e tagliò le
ciambelle in quattro, incastrandole e alternandole a formare un fiore.
Ringraziarono, sorrisero
soddisfattissimi e trascorsero un’oretta a leggere, e commentare, il giornale.
49.
Nonno Caboto ebbe uno strano
presentimento, guardò Nonna Colomba negli occhi, le accarezzò la mano e chiese
a Lucio Sergio Catilinario se ci fosse qualcosa che lo preoccupasse.
Il barista sorrise e chiese loro di
tornare la sera, dopo l’aperitivo. Aveva una gran voglia di parlare e sapeva
che loro non avrebbero mai spifferato ad alcuno quello che gli appesantiva
l’umore da qualche tempo.
Non avrebbe mai avuto il coraggio di
parlarne con sua moglie, Emilia Orestilla, donna dal carattere all’apparenza
mite ma in realtà spesso agitata da sentimenti alquanto oscuri.
Li salutò con una inconsueta placidità
nello sguardo.
Loro uscirono soddisfatti e con la
sensazione di aver avuto una buona idea quella mattina.
Trascorsero la giornata occupandosi
gaiamente di nipoti e questioni familiari.
Erano piuttosto indecisi su un paio di
completini che avrebbero voluto acquistare per i nipotini, dovevano affrontare
il ben noto dilemma gemellare: sarebbe stato meglio un motivo diverso, la
stessa fantasia con colori diversi oppure con gli stessi colori?
Non avevano intenzione alcuna di recarsi
al centro commerciale, c’era troppa confusione, per cui optarono per il centro
città.
Pensarono che sarebbe stato piuttosto
caotico, dunque ne approfittarono per andare a fare una gita in una cittadella
a neanche un’oretta di macchina dove avrebbero trovato facilmente parcheggio,
varietà di negozi e forse avrebbero anche fatto in tempo a fare un bagnetto
alle terme.
50.
Le ore nel bar erano volate. Lucio
Sergio Catilinario sorrideva come non faceva più da molto tempo e aveva
allietato la clientela con lazzi e battute.
Tutto sembrava filare liscio quel
giorno.
A dire il vero capitava spesso che ciò
accadesse quando c’erano di mezzo Nonno Caboto e Nonna Colomba. Avevano la
capacità innata di far stare bene le persone e ovunque si recassero si creava,
quasi per magia, una specie di armonia difficile da descrivere. Probabilmente
si amavano a tal punto da effondere amore e serenità anche agli altri.
Era quasi giunta l’ora di chiusura.
Aveva avvertito Emilia Orestilla all’ora di pranzo dicendole che forse avrebbe
fatto un po’ più tardi del previsto, non avrebbe dovuto preoccuparsi se non
fosse tornato all’ora di cena.
Nonno Caboto e Nonna Colomba si
presentarono all’ora dell’aperitivo, calcolata in base all’usuale orario di
chiusura del bar: ognuno mangia all’ora che preferisce e di conseguenza
l’aperitivo può essere un tempo variabile nell’arco della giornata.
Lucio Sergio Catilinario li salutò
appena li vide arrivare, chiese loro informazioni sui nipotini e si mise a
chiacchierare delle difficoltà nel gestire i gemelli.
“Uno è già un grande impegno”
“Sì ma deve vedere che gioia”, rispose
Nonna Colomba
“Lucio, Cos’è che la preoccupa?”, chiese
a bruciapelo Nonno Caboto
“Ecco, vedete, beh a voi non si può
proprio nascondere niente. Il fatto è che Marco Tullio Arpino da qualche tempo
snobba il mio locale e questo mi porta via parecchia clientela. Ha addirittura
portato due autobus di turisti nel bar di fronte e continua a consigliare di
andare da loro anziché venire da me. Pare che stia mettendo in giro delle voci
su di me, anche se sono menzognere, in paese si fa presto a far breccia nel
cuore del pregiudizio e allora basta una parola storta, magari detta in un
momento di rabbia, accompagnata da una costruzione ben architettata di
menzogne, e mi fanno passare da ‘mostro’ cattivo. Io per questo la notte non
dormo più”
“Ha provato a parlarne con Emilia
Orestilla?”, chiese Nonno Caboto
“Lei che dice?”, incalzò Nonna Colomba
come se la risposta fosse ovvia
“Ecco, no. Non me la sento proprio di
parlare con lei. Io capisco che per voi potrebbe sembrare assurdo…”
I due annuirono con gli occhi spalancati
“…ma il fatto è che non siamo tutti
quanti uguali. Voi vi amate molto ma non dovete pensare che sia la stessa cosa
per chiunque”
“Cosa le fa credere che Marco Tullio
Arpino stia cercando di metterle i bastoni tra le ruote?”, chiese Nonna Colomba
“Mi sono giunte voci e poi il bar è
vuoto da qualche tempo”
“Come possiamo aiutarla?” chiese Nonno
Caboto che era sì preoccupato per ciò che angustiava il barista ma stava anche
pensando alla cena, visto che il suo stomaco stava brontolando alquanto.
“Potreste provare a parlare con lui e
sapere se è vero che si sta comportando in questo modo e perché?”
“Va bene, faremo il possibile” risposero
in coro, quindi salutarono il barista e uscirono tutti e tre.
51.
Mentre ragionavano sul da farsi Nonno
Caboto e Nonna Colomba si erano avveduti che ormai era tardi per preparare un
buon pasto e decisero di provare un nuovo, si fa per dire, ristorantino aperto
nel centro storico. Cirilla gliene aveva parlato bene e volevano provarlo da
parecchio tempo.
Camminando si erano imbattuti nella
Capitana che quella sera non aveva voglia di cucinare e voleva mangiare in un
ristorantino carino. Non era sola, come l’avevano sempre vista tutti quanti,
bensì in compagnia. La salutarono e si presentarono forse lei non ricordava: si
erano incontrati durante una riunione dell’Associazione Monte Catillo.
“Mi ricordo di voi invece, sarà una
deformazione professionale ma non scordo facilmente unn volto e voi sembrate
due persone piuttosto particolari. Vi amate molto?”
“Oh sì e ci rispettiamo molto. Cerchiamo
di coccolarci il più possibile.”, rispose Nonna Colomba
“Penso di poter parlare liberamente con
voi. Possiamo sederci allo stesso tavolo?”
“Con piacere”, rispose Nonno Caboto
Si accomodarono, ordinarono cibo e vino
e saltarono i convenevoli.
“Andrò subito al dunque: conoscete Marco
Tullio Arpino? Si occupa di gruppi di turisti e simili attività”
I due annuirono
“Mi è giunta voce che da qualche tempo
starebbe estorcendo denari a commercianti, esercenti, albergatori, gestori di
agriturismi della zona con la promessa, fasulla, di lauti guadagni.”
Nonno Caboto e Nonna Colomba si
guardarono, chiesero alla Capitana di seguirli immantinente e corsero verso il
loro bar preferito.
Giunsero giusto in tempo: Marco Tullio
Arpino e Lucio Sergio Catilinario stavano ridendo e si stavano spartendo
l’illecito bottino ottenuto dalle estorsioni.
52.
L’incombenza di incontrare Cirilla era
per Nonno Tancredi qualcosa di ineluttabile e gradita quanto stare in ginocchio
sui ceci secchi, dopo qualche minuto cominciava a smaniare, guardava
nervosamente l’orologio, sbuffava, tossicchiava ed era anche arrivato a fingere
di starnutire sonoramente pur di attirare l’attenzione di sua moglie, che
invece la trovava adorabile e non capiva per quale motivo si ostinasse a non
volerne apprezzare le molteplici qualità.
Quello, però, doveva proprio essere il
suo giorno sfortunato perché oltre a Cirilla, la cui presenza sarebbe bastata a
rovinargli l’intera settimana, c’era anche Nonna Martina, che non perse
l’occasione di tormentarlo un po’ appena sua moglie, con una scusa, si
allontanò con Cirilla per chiacchierare con lei privatamente.
“Tancredi carissimo, che piacere vederti
qui”
“Martina, piacere mio, vivissimo”
“Come va con la marmaglia?”
“La marmaglia?”
“Sì, la famigliola”
“Ah, tutti bene grazie, voi?”
“Ah tutto bene, questi genitori d’oggi
sono un po’ pigri ma insomma”
“Eh, che ci vuoi fare, è un’altra
tempra”
Nonna Martina era evidentemente nervosa
e poco propensa alla solita conversazione, in altra occasione non avrebbe
certamente lasciato cadere lì una frase del genere ma si sarebbe lanciata in un
elogio delle doti di suo figlio, un vero genio quando raccontava le sue gesta ad
altri e un cretino quando gli si rivolgeva direttamente, per spronarlo
s’intende.
“Carissimi, sono così felice che siate
qui, evidentemente siete riusciti ad evitare le pressanti richieste di figli e
nipotini. Spero che i sandwich e il tè freddo siano di vostro gradimento… per
caso conoscete Carlo Dimi e Mimì Velente?”
Nonna Martina rovesciò il contenuto del
suo bicchiere sul centrino ad uncinetto e balbettò qualcosa di incomprensibile.
Tancredi non perse tempo, ben conoscendo
le attività ‘collaterali’ di quei due palestrati, per stuzzicarla.
“Martina, che succede? Hai forse qualche
conto in sospeso con loro?”
“Chi io? No ma che vai a pensare, è che”
“Giochi ancora a poker Martina?”, chiese
quasi distrattamente Cirilla
53.
Carlo Dimi, talvolta chiamato Didimmi
per una balbuzie che si evidenziava quando si emozionava - anche se non si era mai ben capito cosa lo
emozionasse, talvolta una canzone melodica, altre il pianto di un gattino e
altre ancora qualche stortura nel modo in cui erano posizionati gli attrezzi
nella sua palestra preferita – era un ginnasta appassionato con un senso della
giustizia un po’ personalizzato, per utilizzare un eufemismo. Aveva una sua
morale, anche rigida, e un suo codice etico non necessariamente condiviso dalle
altre persone con cui si relazionava per un motivo o per l’altro.
Mimì Velente sapeva impressionare e non
voleva mai far del male alla gente. Capitava, era capitato ma non di frequente.
Aveva infatti trovato il modo di non utilizzare mai metodi che interferivano
con i suoi bioritmi e i suoi esercizi quotidiani di respirazione e meditazione
per trovare la pace interiore. Convintamente vegano e antispecista,
ambientalista e pacifista era esperto di arti marziali e tecniche di
rilassamento.
Nonna Martina amava giocare a carte, era
socia e assidua frequentatrice del locale club del poker, non rinunciava mai
neanche ad una riunione e spesso perdeva somme anche ingenti di denaro durante
le partite presso il circolo, peraltro alquanto prestigioso, fondato, tra gli
altri, anche da un suo lontanissimo parente che aveva preso parte alle lotte
irredentiste durante il Risorgimento ed era stato un campione di palla col
bracciale.
Nonno Tancredi infierì: “Martina
raccontaci, siamo tuoi amici fidati, puoi parlare con noi, non devi sentirti in
imbarazzo”
“Ha ragione Tancredi, orsù Martina dicci”
“Diciamo che li ho incontrati di recente
e non è stato particolarmente piacevole”, rispose nervosamente.
Mentre conversavano più o meno amabilmente,
il telefono di Nonna Cirilla squillò.
54.
“Salve Signora Capitana, posso fare
qualcosa per lei?”
“Signora Cirilla..”
“Cirilla Cirilla”
“E allora lei mi chiami Rosa Lia”
“Va bene, se preferisce, Rosa Lia”
“Ecco, Cirilla, ha per caso preparato
una merenda delle sue?”
“Giusto qualche sandwich, vuol passare?”
“Grazie, con piacere”
“A tra poco”
“A subito, sono proprio sotto al suo
portone, anzi se mi fa la cortesia di aprire il portone non debbo neanche
suonare il campanello”
“Ah, è già qui, va benissimo le apro
subito, ci sono alcuni amici, spero non le dispiaccia”
“Se non disturbo”
“Assolutamente, le apro subito”
“Grazie”
“Carissimi amici, sta arrivando la
Capitana, Rosa Lia Montmasson”
Nonna Martina guardò Nonno Tancredi con
aria smarrita, poi sorseggiò lentamente l’acqua che Cirilla le aveva portato
dopo aver asciugato il tavolino e strizzato il centrino.
55.
“Salve carissima Cirilla, spero di non
aver disturbato”
“No, si figuri, sono qui con alcuni miei
amici”
“Ormai conosco i suoi amici, tutte
persone ammodo e sinceramente mi sento sempre bene quando esco da questa casa.
Posso chiederle se per caso ha preparato un po’ di quello squisito tè freddo?”
“Certo lo porto subito”
“Signora Martina, del club del poker se
non sbaglio”
“La signora Rosa Lia Montmasson se non
erro”
“Già, sono contenta di trovarla qui e se
non sono inopportuna vorrei porle alcune domande, curiosità ben s’intende,
niente che possa in alcun modo essere utilizzato in un’indagine o in un’aula di
tribunale”
Nonno Tancredi smise di sorridere
dispettoso e cominciò a preoccuparsi. Era in pensione ormai ma non poté
esimersi dall’intervenire in sua difesa.
“Mi scusi se mi intrometto ma fino a
qualche anno fa ero colonnello, poi all’approssimarsi della pensione mi hanno
promosso generale, sa, com’è d’uso, di prassi. Per quale motivo e seguendo
quale procedura, o in base a quale ordine e mandato lei entra in una casa
privata per chiedere informazioni e/o porre delle domande a chicchessia?”
Rosa Lia Montmasson si mise sull’attenti
in saluto militare ma Nonno Tancredi le fece cenno di rilassarsi.
“Generale, vede, sarò più che schietta.
Pare che la signora Martina abbia mandato all’ospedale due tra i più temuti
riscossori di denari della zona, Carlo Dimi e Mimì Velente, spesso saliti agli
onori della cronaca locale per le loro capacità persuasive corredate da anni di
allenamento tra palestre e centri di arti marziali. Loro, ovviamente, non hanno
alcuna intenzione di denunciarla, perderebbero ogni credibilità, ma io volevo
semplicemente sapere in che modo era riuscita a metterli al tappeto”
“Io veramente non ho fatto niente, non è
colpa mia se sono inciampati su un monopattino. Avrebbero potuto immaginare che
nella rispettabile casa di una nonna qualche giocattolo sparso sul pavimento
c’è… è normale. Che abbiano anche incidentalmente battuto la testa contro il
pestello in marmo e legno della mia trisavola è del tutto casuale e il fatto
che abbiano poi incontrato lo spigolo del tagliere in ghisa, è dura sa, anche
quando è arroventata dalla tisaniera, è del tutto accidentale. Non pensa?”
“Come le dicevo, Generale mi dica se
sbaglio, io penso che questi sandwich sono ottimi e il tè è semplicemente
squisito”
“Uh i sandwich di Cirilla sono famosi
anche oltre i confini del paese e il tè freddo così dissetante lo sa fare
soltanto lei”
“È un mix che acquisto in erboristeria,
ne volete un altro po’?”
56.
Nonna Cirilla quel giorno avrebbe dovuto
fare la nonna e basta. Questo le creava non pochi problemi oltre al fatto che
le faceva, a dir poco, venire le vertigini.
Aveva provato a tirarsi su con un po’ di
caffè verde e ginseng ma non aveva funzionato molto. Si era guardata intorno,
aveva rassettato la casa, peraltro pulitissima, preparato quello che avrebbe
dovuto portare, effettuato respirazioni e meditazioni, indossato un sorriso
gaudente e stava proprio per uscire di casa quando squillò il telefono.
Lo guardò con sospetto ma, appena visto
il numero rispose e la sua giornata prese una piega diversa, molto più
divertente.
“Marat carissimo, buongiorno, che
piacere”
“Cirilla cara, come ha fatto ad
indovinare?”
“È comparso il numero sul display ma la
stavo pensando”
“Oh davvero? Che combinazione… con
queste nuove tecnologie mi raccapezzo poco, sono un progressista
tradizionalista.”
“Già, come sta la sua ormai numerosa
famiglia’”
“Ah, ha saputo?”
“Sì, le mie più sincere congratulazioni”
“Oh è così bello essere nonni che non si
riesce nemmeno a capacitarsene, ma anche lei ho saputo”
“Eh, sì, mi accingevo proprio a”
“L’ho disturbata ordunque?”
“No, no, anzi, come le dicevo la stavo
giustappunto pensando. Mi dica mi dica”
“Ecco, la chiamavo perché mi è giunta
notizia di un fatto alquanto increscioso”
“Ah, se vuole possiamo incontrarci nel
caffè del teatro”
“Con molto piacere, se non le è
d’incomodo”
“No, no, se preferisce possiamo
incontrarci prima di pranzo o prima di cena, verso l’ora dell’aperitivo”
“All’ora dell’aperitivo di pranzo va
benissimo”
“A tra poco”
57.
“Mamma dimmi che stai arrivando”
“Tesoro caro, no!”
“Mamma perché?”
“Tesoro stavo per chiamarti, dobbiamo
rimandare a dopo pranzo, nel tardo pomeriggio”
“Tardo quanto’”
“Tardo ma non troppo, non ti preoccupare
tesoro”
“Mamma, hai saputo quello che è
successo?”
“Uhmm”
“Ah non lo sai ancora, bene, se potessi
passare da me prima dell’aperitivo potrei parlartene”
“Tesoro guarda posso passare giusto
cinque minuti poi non mi dire che non ti voglio vedere”
“Oh ma hai detto che nel pomeriggio
saresti stata libera”
“Tesoro mi sarei potuta liberare con
maggior agio ma se per te è così importante, passo subito”
“No, ma figurati puoi anche passare
dopo, tanto quel che è successo è successo”
“Arrivo”
“Mamma?”
“Sì?”
“Potresti portarmi del pane?”
“Per te?”
“Sì”
“No, ti fa ingrassare e devi tornare in
forma dopo il parto”
58.
Il caffè del teatro era uno di quei
luoghi in cui il tempo sembrava essersi fermato a sorseggiare qualcosa di buono.
Sedie di legno scuro, comode e resistenti, tavolini in ferro e ceramiche
decorate a mano, indistruttibili, biscottiere di cristallo con dolci preparati
ad arte, caramelle variopinte, lampadari in vetro di Murano e lampade in
alabastro di Volterra, una selezione di giornali appesi con una stecca di
legno.
Luogo perfetto per Marat che lo
frequentava appena ne aveva l’occasione.
“Cirilla, carissima, che piacere”
“Marat, il piacere è mio”
“Cosa posso offrirle?”
“Un pastisse andrà benissimo”
“Bene, io prenderò un kyr royale”
“Marat, mi dica”
“Ecco, è accaduto qualcosa di davvero
terribile”
“Non so se stiamo parlando dello stesso
accadimento ma penso che lei abbia ragione”
“Ah, dunque ha già saputo?”
“Più che altro, mi è giunta qualche
voce”
“Non le si può nascondere niente, bene,
così non avremo bisogno di preamboli”
“Una persona tanto ammodo”
“Sì, però mi pareva di aver capito che
si fosse allontanato dai suoi fratelli spirituali”
“Già, un momento di confusione”
“Comprensibile ma”
“Beh pare che ciò abbia influito anche
sulla sua posizione lavorativa”
“Sì, certo ma”
“Capisco le sue preoccupazioni, dovremo
agire con circospezione”
“Ha conosciuto la Capitana Rosa Lia
Montmasson?”
“Ecco, appunto”
“Comprendo”
59.
Stava per uscire dalla caserma quando le
arrivò la telefonata che tanto aspettava. Si accordò per il pomeriggio stesso.
Salutò, diede disposizioni di non essere disturbata se non per motivi
importanti e si diresse quasi saltellando di contentezza verso il luogo
dell’appuntamento.
“Buongiorno”
“Buongiorno, è molto puntuale”
“Se posso”
“Beh, certo”
“Allora, possiamo procedere?”
“Guardi, mi sono permesso di venire a
fare un sopralluogo qualche giorno prima, sa qui in paese sappiamo un po’ tutto
di tutti”
“Esattamente quello che cercavo, un
luogo tranquillo dove la gente si saluta quando si incontra per la strada”
“Ha avuto un passato difficile?”
“Un po’ movimentato”
“Capisco, comunque qui era come avevo
immaginato, meno male che sono venuto a fare il sopralluogo prima”
“Mi dica”
“C’è l’erba alta un metro, prima di
fresare debbo tagliarla.”
“Ah”
“Ho portato il decespugliatore”
“Grazie”
“Ma l’acqua da dove la prende?”
“L’acqua?”
“Sì, per annaffiare”
“Nel pozzo”
“Posso dare un’occhiata?”
“Guardi, è lì”
“Come immaginavo”
“È grave?”
“No, dovrebbe mettere la pompa o almeno
una carrucola a motore”
“E quanto mi verrebbe a costare?”
“posso darle un consiglio?”
“Dica”
“Invece di fare l’orto si metta a
coltivar fiori che ahi voglia a comprare cassette di frutta e verdura!”
“No, ma guardi, io vorrei proprio
coltivare l’orto, ci tengo”
“Va bene, le faccio un preventivo però
intanto le dico che abbiamo una splendida selezione di fiori. Intanto che
faccio? Taglio l’erba e freso? Io taglierei solo l’erba”
“Tanto che c’è fresi pure”
“Va bene comunque anche se decidesse di
mettere i fiori una bella fresata non fa certo male”
“Mi scusi, devo rispondere al telefono
adesso”
“Non si preoccupi, faccia con comodo, io
intanto taglio l’erba”
“Pronto? Avevo detto.. Sì, capisco… Va
bene… Arrivo.”
“Tutto bene? Se vuole torno un’altra
volta”
“Devo tornare in caserma. Pare ci sia
stata una scazzottata in un bar, ne sa niente?”
“Se è quello che penso io non si deve
preoccupare di niente. Due bulletti che non sanno come dare il tormento alla
gente e se la prendono con le brave persone”
“Mi faccia capire meglio”
“Ma niente, scaramucce”
“E allora perché ci avrebbero chiamati?”
“Chi vi ha chiamati?”
“Non lo so”
“Scommettiamo che immagino che tra poco
riceverà un’altra telefonata?”
60.
“Cirilla! Buon pomeriggio, non mi vorrà
mica invitare ad un’altra delle sue merende spettacolari?”
“Se vuole, avrei appena preparato uno
sformatino delizioso. Ha cinque minuti?”
“Guardi, al telefono sicuramente sì,
potrebbe accennarmi qualcosa?”
“Beh, è una questione alquanto delicata”
“Non si preoccupi, può parlare
liberamente, la mia è una linea crittata”
“Che vuol dire?”
“Che le conversazioni non possono essere
registrate, a meno che non vi sia un’espressa richiesta di un giudice”
“Ah, ecco, vede, io e il mio amico
Marat”
“Che nome particolare”
“Oh, è particolarmente adatto alla
persona, sa?”
“Curioso”
“Le dicevo. È accaduta una disgrazia”
“Prima di continuare, ha chiamato lei la
Caserma?”
“Oh, no, non mi permetterei mai. Perché
qualcuno l’ha già informata?”
“Sa, i nostri servizi sono molto
efficienti”
“Impressionante”
“Nevvero?”
“Comunque, le dicevo, è accaduto un
fatto quanto mai sconveniente”
“Sta per caso parlando di Emmanuele
Ruggine?”
“Ha già saputo?”
“Cirilla, lei non aveva nipotini,
pannolini e biberon di cui occuparsi?”
“Non la volevo certo disturbare, pensavo
di fare cosa gradita fornendole qualche informazione riservata”
“Oggi è una bella giornata, mi dica la
verità, si stava annoiando”
“Comunque l’invito per lo sfornato è
ancora valido”
“Grazie, più tardi”
“A dopo allora”
“A dopo”
61.
“Ho la sensazione che avrei vinto la
scommessa”
“Quindi pensa che l’orto sia un’idea
balzana?”
“Insomma.”
“Chi è Emmanuele Ruggine?”
“Un brav’uomo, prima era molto
religioso, poi si è allontanato dai suoi fratelli, credo si chiamino così tra
loro, e non ha capito che le persone non si aiutano sempre tra loro”
“Debiti?”
“Forse qualche decina di euro, robetta
il fatto è che alcune persone non hanno molto da fare nella vita e rompono
l’anima a chiunque”
“Crede che sporgerà denuncia?”
“No, ma sarebbe bello se ogni tanto
qualche bulletto capisse come ci si comporta”
“Va bene, li torchierò un po’. Domani,
adesso vediamo di capire come sta il pozzo”
“Può darsi che stia meglio di quello che
sembra.”
“Lei dice?”
“Non lo so, può essere”
“Intesi”
“Allora finisco e torno dopodomani?”
“A dopodomani”
62.
Massenzio aveva deciso di dare ascolto a
Cirilla, una volta tanto.
I fenicotteri rosa in effetti gli
ricordavano la Sardegna. Bella isola, splendida, mare meraviglioso, certe
barche da perderci la testa ma non gli piaceva andare lì. Si sentiva sempre un
po’ smarrito in quell’immensità di bellezze naturali, gli mancava fare a gara
per accaparrarsi l’ombrellone in prima fila, le spiagge attrezzate per
qualunque possibile e immaginabile attività on the beach e le serate a ballare
con gli amici.
A lui piaceva Riccione, poteva, quando
aveva voglia di stare dove c’era poca gente, andare a Ponza.
Anche stare in quei villaggi vacanza con
la formula all inclusive non era poi tanto male ma dopo un po’ si annoiava,
voleva ritrovare il suo vicino d’ombrellone e vedere chi aveva il gonfiabile
più innovativo.
Una volta Nicolò Matteo Pluto Mediceo l’aveva
fregato, c’era rimasto così male!
Aveva sottovalutato i led water
resistant e la nave pirata col pappagallo parlante era sfuggita al suo
scandaglio di siti e negozi dedicati. L’anno successivo aveva reagito con la
flotta completa: Nina, Pinta e Santa Maria con tanto di equipaggio.
Ci venivano dalle spiagge vicine a
guardarle mica no.
Facevano finta di niente, poi si
fermavano a prendere un caffè o un gelato al Lido Strabilia e guardavano di
sottecchi.
Eh sì, un po’ di sfida aggiungeva sale
alla salsedine e le vacanze senza il suo vicino d’ombrellone per Massenzio
erano un po’ sciape.
Da un paio d’anni, però, Nicolò Matteo
era un po’ distratto e questo toglieva gusto alla ‘competizione’. Prima di
immergersi nella ricerca del gonfiabile decise di chiamarlo.
Dopo qualche squillo sentì la sua voce
inconfondibile, non poteva rispondere in quel momento, l’avrebbe certamente
richiamato.
63.
Dopo una settimana, Nicolò Matteo non
aveva richiamato e Massenzio s’era alquanto preoccupato più che piccato. Poteva
trascorrere un giorno senza che si richiamassero, due al massimo ma sette
proprio no. Doveva essere accaduto qualcosa. Chiamò a casa, niente. Telefonò
alla moglie, niente di niente.
Si sentiva come una fiera in gabbia.
Nicolò Matteo Pluto Mediceo era un
direttore di una banca piccola ma dignitosa. Da qualche anno era diventata di
tutto rispetto grazie alla presenza di una importante comunità asiatica sul
territorio. Prima aveva aperto il conto una famiglia, poi erano seguite le
altre e, insomma, non si poteva lamentare.
Gli aveva raccontato che stava cercando
di recuperare alcune case di proprietà e non riusciva a venire a capo di
un’intricatissima questione che comprendeva alcuni membri influenti di una
ricca famiglia cittadina.
Massenzio gli aveva detto la sua e lui
si era rabbuiato.
Da come gli aveva narrato la storia,
sembrava che un gruppetto di imbroglioni e delinquenti avesse raggirato una
coppia di genitori molto ricchi che, per ragioni a lui sconosciute, avevano
affidato la gestione dell’ingentissimo patrimonio della figlia, una ragazzina
ormai adulta, lasciatole in eredità dai bisnonni ad uno studio legale
tributario dal nome altisonante e piuttosto noto. Il patrimonio sarebbe servito
a farla vivere in modo dignitoso ma lui conosceva i suoi conti e aveva notato
che viveva con un budget ben al di sotto del livello minimo di sopravvivenza.
Era anche diventata madre, si arrabattava, trovava sempre il modo ma lui non
riusciva quasi a guardarla negli occhi quando la vedeva arrivare con quei
quattro spicci che molto faticosamente metteva da parte.
Si era incazzamattito su questa vicenda
e più vi si addentrava più trovava una cupa viscosità che lo disgustava e gli
stava rovinando anche il piacere di sfidare il suo vicino d’ombrellone.
64.
“Buongiorno, che mi dice del pozzo?”
“Buongiorno, le ho montato la pompa”
“Quanto le devo?”
“Il costo del materiale”
“E la mano d’opera?”
“Mi paga la fresatura, il taglio
dell’erba e una mezza giornata di lavoro da bracciante”
“Ma lei non è un bracciante”
“Lo so”
“Grazie”
“Di niente però deve sbrigarsi con le
piantine o passerà la stagione”
“Me le porta lei?”
“Non so cosa vuole mettere”
“Va bene, passo io all’agricola così
posso sceglierle”
“A presto”
“A dopo”
65.
Erano trascorse due settimane.
Non poteva andare dai Carabinieri e dire
che il suo amico non l’aveva richiamato, avrebbe fatto la figura del fesso. Gli
avrebbero chiesto se volesse fare una denuncia di scomparsa, ma lui non era un
parente e il telefonino squillava, non era spento.
Ne parlò con Malvina, era certo che lei
avrebbe saputo cosa fare. Era l’esatto opposto di lui, ideale per cercare di
capire un altro punto di vista, tante volte gli fosse sfuggito.
Lei ne approfittò per chiedergli di
aiutarla a portare certe piante col suo pick-up.
Arrivarono all’agricola con le facce
scure, Massenzio le aveva raccontato tutto per filo e per segno e lei s’era
incupita.
I loro umori si rasserenarono appena
videro la FCA di Rosa Lia Montmasson parcheggiata all’esterno dell’agricola:
avrebbero potuto chiederle consiglio, fino a quel momento era sembrata una che
capiva, quando voleva capire.
66.
“Signora Capitana, che sorpresa, anche
lei è una giardiniera?”
“Qualche mia antenata certamente sì, io
mi diletto. Se non sbaglio ci siamo incontrati dalla signora Cirilla, lei è il
signor Massenzio e signora suppongo?”
“Suppone male, io sono Malvina, siamo
amici”
“Ah mi scusi”
“Niente si figuri, ha esperienza di
piante?”
“No, non molto ma sto cercando di farmi
consigliare”
“Ah, eh beh…piano piano si impara
tutto”, la frase di Malvina era farcita di maliziosi sguardi che non sfuggirono
a Silvano Fiacre che intervenne prontamente a togliere la Capitana d’impaccio
“Malvina, come posso aiutarti?”
“Silvano, senti, sono pronte quelle
piante? Massenzio qui ha il pick up e le possiamo caricare, anzi guarda, vengo
un attimo nel retrobottega con te. Massenzio non ti dispiace, vero?”
“No, no, anzi se non le è d’incomodo
vorrei proprio chiedere alla Signora Capitana un consiglio”
67.
“Silvano ma che t’è saltato in mente?”
“Malvina non ti capisco”
“Mi capisci, mi capisci”
“Malvina che ti serve?”
“Silvano quella è una capitana, viene da
chissà quale famiglia e ha alle spalle una vita tormentata”
“I frutti di drago te li ho trovati ma
qui secondo me non pigliano”
“Tu non ti preoccupare, che secondo te
non avrebbe preso neanche l’ananas e ti ho portato pure la mostarda coll’ananas
che non sarebbe venuto.”
“Va bene va bene”
“Silvano, stammi a sentire, quella mo’
sta qui, tranquilla, ma non pensare che ci vorrà restare a lungo, le piace
l’azione, me l’ha detto Ubaldo”
“Ubaldo?”
“Eh, Ubaldo, conosce la nonna della
Montmasson”
“E che ti ha detto?
“Mi ha detto che te la devi togliere
dalla testa”
“Non mi sono messo proprio niente in
testa”
“Silvano io t’ho tenuto in braccio
quando eri uno scricciolo, hai bevuto il latte dal mio seno insieme a mio
figlio, t’ho nutrito di pane e marmellata ché tua madre sennò t’avrebbe dato le
merendine e a me non le racconti ‘ste scemenze. Io te l’ho detto, ma quanto
pensi che resisterà in paese quella?”
“E magari troverà qualche buon motivo
per rimanere!”
“E saresti tu ‘sto buon motivo?”
“Ma figurati, magari le piace la vita di
paese più di quanto immaginiamo”
“Però vacci piano e non ti innamorare
perché altrimenti ti faccio assaggiare la mia cucchiarella se ci rimani male…
ma che dico, te sei già cotto e stracotto”
“Malvina, t’ho trovato pure i lamponi
che mi avevi chiesto”
“Va bene va bene, dopo passa che ti
preparo una torta che se non si innamora con quella puoi pure lasciarla
perdere”
“Grazie, allora che faccio, li carico
sul pick-up?”
“Sì e aggiungi pure un paio di zappette”
“Sei un angelo Mavina”
“No, che gli angeli stanno in cielo e a
me volare non piace punto”
68.
“Che t’ha detto?”
“Dice che ho fatto bene a parlargliene”
“E farà qualcosa?”
“Mi ha chiesto il numero, il nome,
l’indirizzo, insomma tutto quello che potevo darle”
“E?”
“Mi ha detto che mi richiamerà appena
saprà qualcosa”
“Massenzio?”
“Dimmi Malvina”
“Secondo te a Rosa Lia Montmasson piacciono
le nocciole cimine?”
“Mi sembra più da frutta, ma tu prepara
una crostata quattro stagioni così stai a posto”
“Che è mo’ ‘sta novità?”
“Uguale alla pizza, la fai con quattro
gusti e dividi i sapori con la pasta frolla”
“Mi sembra gustosa”
“Visto che ti ho dato l’idea potresti
anche farne due”
“Va bene va bene, passa tra cinque sei
ore che te la preparo”
“Con le nocciole, i lamponi, la ricotta
e le visciole?”
“L’uva fragola?”
“Al posto di?”
“Ricotta, non ce l’ho fresca come dico
io”
“Va bene”
“A dopo”
69.
“Signor Massenzio?”
“Signora Capitana, sì, mi dica, mi
chiami Massenzio però”
“Senta, non vorrei allarmarla ma ha
fatto bene a parlarmi del suo amico”
“Ah, perché che è successo?”
“Posso parlare liberamente?”
“Vuole che ci incontriamo da qualche
parte?”
“Se fosse possibile preferirei parlarne
al telefono, la mia è una linea crittata”
“WOW”
“Mi deve scusare ma ho da fare e più
tardi devono venire a sistemare il pozzo”
“Silvano?”
“Sì perché?”
“No, niente è che”
“Che?”
“Gli siamo molto affezionati tutti
quanti, è una persona in gamba, completamente diverso da me, sa? Ma è in gamba,
non è troppo loquace ma è una persona onesta”
“Lo conosce da molto?”
“Da prima che nascesse”
“Bene”
“Scusi, a volte divago.. mi stava
parlando di Nicolò Matteo Pluto Mediceo”
“Ecco vede, la questione è un po’ più
complessa di come me l’ha raccontata”
“Gli è successo qualcosa?”
“Sì e no”
“Cioè?”
“Si è interessato di questioni
complicate e non credo che lo potrà più contattare, né che vi sfiderete più con
i gonfiabili in spiaggia”
“Come sa che ci sfidavamo con i
gonfiabili? Io non l’ho detto”
“È il mio mestiere”
“Lo sa fare bene?”
“Così dicono”
“Ah”
“Già”
“È vivo?”
“Sì e sta bene ma di più non posso
dirle, anche perché non so e non posso saperne molto di più, sta aiutando un
gruppo speciale dell’arma”
“La
ringrazio”
“Di niente”
“Mi scusi, posso farle una domanda che
non c’entra niente?”
“Mi dica”
“Secondo lei le nocciole cimine con
l’uva fragola stanno bene?”
“Non le ho mai assaggiate ma io vado
matta sia per le nocciole che per l’uva fragola, per cui forse sì”
“Grazie”
70.
“Drusilla, ciao, che è successo
stamattina hai deciso di buttarmi giù dal letto?”
“Ciao Cirilla, sapevo che l’avresti
dimenticato”
“Cosa scusa?”
“Hai organizzato una passeggiata e hai
dato appuntamento a tutti quanti alle 7.30 in piazza”
“O santa pace e adesso che ore sono?”
“Le sei, sei ancora in tempo”
“Drusilla, ti adoro”
“Lo so. Comunque, avremo di che parlare”
“Viene anche la Capitana?”
“Insieme a Silvano”
“Noooo”
“Sì”
“Ti metto in vivavoce mentre mi preparo.
Racconta racconta”
“Pare che la torta di Malvina abbia
fatto un certo effetto”
“La torta di Malvina è divina ahahaaha.
Dimmi dimmi”
“Ma niente, sai, lui le ha aggiustato il
pozzo, lei andava all’agricola ad ogni pie’ sospinto e Massenzio ha avuto
l’intuizione”
“Massenzio che ci faceva all’agricola
scusa?”
“Era andato ad accompagnare Malvina che
doveva caricare alcuni attrezzi sul pick-up”
“Ah ecco, beh?”
“Beh, fatto sta che hanno prenotato per partecipare
alla passeggiata”
“Silvano odia camminare”
“E si vede che ha cambiato idea”
“Non mi dire, e tu pensi che?”
“Che la crostata di Malvina sia stata
galeotta”
“Voglio sapere tutto”
“Lo immaginavo, sono passata a
prenderti”
“E dove sei adesso?”
“Per strada, ho appena comprato i
cornetti per la colazione, sbrigati”
“Ti voglio bene”
“Anch’io, baci”
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