sabato 26 maggio 2018

Nonna Cirilla e le sue amiche * titolo provvisorio * bozza 1 filato da 1 a 70 completo


Nonna Cirilla e le sue amiche

Nonna Priscilla.

Nonna Priscilla si era svegliata di buon umore. Una splendida pioggerellina stava annaffiando le piante e lei si era potuta crogiolare tra le lenzuola gustando una squisita tortina di noci di sua invenzione mentre leggeva un interessantissimo articolo su neonati, lattanti, divezzi e bebè. Avrebbe proprio dovuto chiamare Cirilla e parlargliene, d’altronde cosa c’era di più divertente che prendere in giro le proprie figlie mentre si trovavano ad affrontare i momenti più meravigliosamente complicati della vita di qualunque mamma? Sparlare un po’ con le amiche, ovviamente.

Ci pensò e si rigirò nel letto, guardò il telefono e non resistette alla tentazione di allungare le mani lunghe e morbide verso il semplice mezzo di comunicazione che però aveva iniziato a suonare di sua iniziativa. Cirilla era davvero telepatica oppure? Oppure.

“Mammaciaobuongiornochedicihaipresoilcaffè?”

“Tesoooooro che bello sentirti, scusa non ho capito cosa mi hai chiesto: non ho ancora preso il mio
caffettino e sai…”

“Eccobenesìsìsobenissimohaidafareoggi?”

“Amore non capisco ma se vuoi ti chiamo più tardi, oggi ho una giornata un po’ piena ma sono certa che troveremo il tempo per prendere un bel tè caldo: ho preparato una tortina di noci che è uno spettacolo”, l’insegnante di yoga sarebbe impressionata dalla tua capacità di apnea, tesoro, se continui così raggiungerai i record di Maiorca.

“Mamma non dovrai incontrare Cirilla vero?”

“Perché nel caso dovrei chiederle qualcosa?”

“Ohmammasìsìassolutamentedevichiederlediquell’omeopatachehaconsigliatoasuafiglia. Tortina di noci hai detto?”

“Proprio di noci, è squisita. Hai sentito che pioggerellina, ideale per un sonnellino” questa me la sarei potuta risparmiare, non credo che abbia dormito molto stanotte

“Unsonnellinochebellaideaquandovieni?”

“Più tardi scricciolo e ti prometto che ti porterò il dolcetto, ah no, non lo puoi mangiare: c’è il miele e il cioccolato, le fa venire le colichette” sei soltanto all’inizio di una lunghissima avventura tesoro e io mi sto crogiolando nel lettone, gustando una tortina e non ho intenzione alcuna di farmi avviluppare nelle spire del tuo delirio da neomamma, quando sarai stremata verrò a godermi la nipotina che è proprio uno spasso, non c’è che dire “Ti chiamo dopo, ciao stellina, ma ti prometto che chiederò a Priscilla dell’omeopata, bacioni”. Click.


Nonna Domitilla.

Nonna Domitilla si era svegliata con una voglia matta di vedere la nipotina.
Si era guardata intorno, era troppo presto.
L’ora per una bella passeggiata, forse.
Meglio qualche esercizio di Feldenkreis.

Fatto.

Aveva guardato l’orologio, non poteva chiamare sua figlia, magari la piccola dormiva.
Avrebbe aspettato.
Con calma.
Magari un po’ di training autogeno.
Respira. Inspira. Espira. Fai entrare la luce ed uscire le negatività. Ma quali negatività?
Calma. Respira. Inspira. Espira. Inspira la tranquillità, espira l’agitazione. Ma quale agitazione??
Respira. Inspira. Espira. Visualizza un’onda di energia che parte dai piedi e sale lentamente su su per le caviglie, il polpaccio, raggiunge il ginocchio, sale verso le cosce. Che ore saranno?
Neanche al primo chakra.
Vabbè nel frattempo potrei anche leggere qualche pagina di quel libro su allattamento, divezzamento e svezzamento.

Lo conosceva quasi a memoria ormai ma non lo avrebbe mai detto alle sue amiche, men che mai a Cirilla, l’avrebbero presa in giro.
Ci sarebbe stato il tempo per preparare qualcosa di buono per la sua cucciolotta?
Altro che cucciola, adesso è una mamma, e che mamma, sembra un’orsa.
Diventa enorme quando è con la piccoletta.
Sono molto orgogliosa di te, vorrei dirtelo ma non ne ho il coraggio.
Sei una forza della natura, sei bellissima, pienamente nel tuo potere personale e hai un meraviglioso rapporto con lei.
A volte vorrei farmi abbracciare da te con l’intensità con cui abbracci lei.
Qualcosa di buono te l’ho insegnato anch’io forse.
Basta ti chiamo.

“Tesoro vi ho svegliate?”
“Ciao Mamma, no, la piccoletta sta ciucciando adesso” mi fa piacere che tu mi abbia chiamata
“Hai dormito stanotte o si è svegliata?” mi emoziona soltanto l’idea di pensare che stai allattando
“Abbiamo dormito benissimo grazie, tu e Papà?”
“Mi sono svegliata presto e Papà si è alzato mi ha preparato un caffellatte di quelli che sa preparare soltanto lui, poi si è riaddormentato, ma tra un po’ si alzerà, non so se voglia andare in piscina”
“Fammi sapere, mi farebbe piacere farmi coccolare un po’, a meno che tu non debba incontrare le tue amiche. Hai poi letto qualcosa su allattamento e svezzamento?”
“Sì, siete nella fase del divezzamento e le teorie sono effettivamente piuttosto discordanti in merito. Non so forse più tardi potrei incontrarle.”
“Fammi il piacere, non dire a Cirilla che ci vogliamo bene o potrebbe avere uno svenimento”
“Ma dai che non è così cattiva”
“Peggio, è pestifera”
“È una mia cara amica”
“E anche io le sono molto affezionata ciò non toglie che sia terribile. Ora ti lascio, ci vediamo dopo va bene? Dai un bacione a Papà, ti abbraccio forte forte forte”
“Ciao piccoletta, ci vediamo dopo”.


Nonna Camilla

Nonna Camilla sprizzava energia da tutti i pori, non avrebbe proprio saputo come contenere la gioia, bisognava levare i calici, cantare, ballare, saltellare per la stanza.
Non sapendo in che modo esprimere la sua contentezza si tirò su poggiando una guancia sulla mano e guardò suo marito, il compagno di tutta una vita, l’uomo che amava senza dubbio alcuno. Stava dormendo.
In modo quasi fastidioso.
Era beatamente rilassato, il sonno di un uomo felice. Sereno, senza pensieri.
Le sembrò che stesse sorridendo.
Tossicchiò.
Lui non diede segni di fastidio, anzi, le prese la mano e la strinse tra le sue accoccolandosi in quel tenero gesto.
Imperdonabile.
Gli tirò i capelli facendo finta di accarezzarlo.
Gorgogliò.
Gli tirò un innocente calcetto sugli stinchi.
Si svegliò con l’aria smarrita. Lei sorrise premurosa. Ora poteva telefonare a sua figlia.

“Buongiorno cara, tutto bene?”
“Mammina, sì, come mai a quest’ora?”
“Ti ho svegliata?”
“No: non ti facevo così mattiniera”
“La piccoletta sta bene?”
“Sì, si è addormentata da poco”
“Ha dormito stanotte?”
“No, neanche un minuto”
“Oh, tesoro, quindi non hai chiuso occhio. Chissà da chi ha ripreso” degna nipote di nonna sua.
“Non saprei ma appena mi abituo ai suoi ritmi di sonno li cambia. Temo di inciampare nelle occhiaie a volte. Papà?”
“Sta bene, dormiva beato, come un angioletto fino a qualche minuto fa, ora si è svegliato e ho potuto telefonarti.”
“Ma’?”
“Sì?”
“Incontrerai Cirilla oggi?”
“Uhm forse, perché?”
“Andrete in centro?”
“Forse, ti serve qualcosa?”
“Una maschera viso intensiva ai fanghi del Mar Morto”
“Va bene vedrò di ricordarmene. Ora ti bacio.”
“Ma’?”
“Sì?”
“Pensi che ci vedremo per il fine settimana?”
“Assolutamente no tesoro, abbiamo organizzato un week-end lungo in montagna sai con gli amici di Papà e non se ne parla proprio. Ma se trovo la maschera te la porto oggi. Posso passare giusto per cinque-dieci minuti. Ciao tesoro”.
“Ciao Mamma, anch’io ti voglio bene”.

Camilla si stiracchiò sbadigliando educatamente, si alzò e iniziò i suoi rituali mattutini. Mezz’ora di aerobica, mezz’ora di step, doccia aromatica, massaggio con oli essenziali e creme di ultima generazione, trucco e parrucco, scarpe e vestiti. Inforcò i grandi occhiali da sole graduati giallo ocra che mettevano in risalto i colpi di sole triple blonde e uscì tirandosi dietro suo marito intontito dal brusco risveglio.


Nonna Drusilla

Cirilla non gliel’avrebbe mai perdonato: se lo avesse saputo l’avrebbe canzonata per ore come quella volta da piccole. Si era sentita così in imbarazzo. La vendetta, qualche anno dopo, nell’aula magna dell’università era stata soltanto un piatto freddo sciapito dal tempo ma le era valsa sempiterna amicizia. Non ne era mai stata orgogliosa, non le era piaciuto essere spietata con la sua amica ma lei da quel giorno imparò a rispettarla e a temerla in qualche forma.
Forse sarebbe bastato non parlarne ma gliel’avrebbe comunque letto negli occhi.
Suo marito la guardò, intuì le sue titubanze e le passò il telefono.
Drusilla sorrise gioiosa.

“Amore buongiorno che dici? Tutto bene? La piccoletta?”
“Ciao Mamma che piacere sentirti, passate te e Papà?”
“Non lo so, passiamo io e Papà?” un cenno affermativo “sì sì tesoro non importa l’orario no?”
“No, no. Anche se alle 10.30 ho la passeggiata mattutina, alle 12.45 pranziamo, alle 15.00 la sessione di aerial baby gym, alle 18.00 l’incontro al consultorio, alle 20.00 cenetta con le amiche”
“Quindi fino alle 10 sei libera?”
“Oh sì e se veniste mi lancerei sotto la doccia con gran piacere”
“Ti serve qualcosa?”
“Oh no non ti preoccupare”
“Davvero ti serve qualcosa?”
“No ma se insisti, potresti prendere il gomasio per favore?”
“Il gomasio è a base di sesamo”
“Sì lo so, ah ci sarebbe anche da prendere …“
“Amore, passiamo e ci prepari la lista”
“Grazie, bacibacibaci”


Nonno Amos

“Nonno. Io? Naaaa”

La sola idea che quell’impiastra di sua figlia avesse potuto farlo diventare nonno senti come suona bene la parola ‘nonno’, è piena, densa, tondeggiante, morbida lo faceva andare in brodo di giuggiole.
Nonno Amos continuava a guardarsi allo specchio e quello che vedeva era una persona felice, ritrovava i suoi lineamenti, quelli di quando aveva fatto innamorare la donna con cui aveva trascorso tutta la vita e chi l’avrebbe mai detto che saremmo diventati nonni, eh? Tutto sembrava così ribelle, le palpitazioni per sapere se saresti mai venuta con me, sentirti accanto e quando mi hai detto che stavo per diventare papà… mi è girato il mondo intorno e il cielo sembrava parte di me e ora quella scriccioletta che neanche sapeva attaccarsi alla tetta sarebbe diventata una mamma e noi nonni…

Guardò il telefono e non resistette alla voglia di chiamare, doveva escogitare una scusa plausibile, preferiva darsi un contegno, non voleva far capire a quella peste di sua figlia quanto fosse oltremodo contento.

Avrebbe chiamato il compagno, cioè il papà della stella di nonno. Non era il padre perfetto che è sempre stato lui ma… vabbe’.

Il telefono squillò prima che potesse comporre il numero.

“Amos, buongiorno, sei sveglio?”
“Sì, buongiorno, dimmi” va bene che non sei il peggiore tra gli uomini ma qui stai rischiando di battere Lapalisse, se ti rispondo al telefono pensi che stia dormendo? Ti risulta che io sia sonnambulo?
“Avete da fare oggi?”
“Come state?”
“Bene, bene, la piccoletta ha dormito e ha fatto la cacca, pare che sia della consistenza giusta, gli ormoni si stanno stabilizzando e sembra che per tua figlia io sia ancora un essere degno di un buongiorno, il che mi sembra già qualcosa”
Nonno Amos sorrise, ricordando le paure e le difficoltà che aveva avuto quando lui era diventato padre, le critiche più o meno silenziose di mamma e suocera con quegli occhi che ti faceva sentire un pizzico se per caso sbagliavi a mettere il pannolino nel verso sbagliato. Ebbe un improvviso moto di comprensione e di compassione.
Senza aver consultato la nonna promise che sarebbero riusciti a passare per un caffè nella tarda mattinata.


Nonno Tancredi

Se esisteva la felicità, cosa di cui dubitava non poco, quello che Nonno Tancredi provava quella mattina doveva avvicinarvisi alquanto.
Suo figlio, l’orgoglio della sua vita che non gli aveva mai dato motivi di preoccupazione ma insomma, era diventato padre e lui era diventato nonno, il che sembrerebbe una logica conseguenza ma, da che mondo è mondo, i sentimenti non sanno neanche cosa sia la logica e tantomeno le conseguenze che da essa deriverebbero.
Il condizionale è d’obbligo, sempre, figuriamoci in questo caso.
Ecco, ad esempio, adesso pareva proprio che il telefono lo stesse guardando.
Aveva tutta l’intenzione di ignorarlo.
Era suo figlio a dover andare da lui, a cercarlo, a chiamarlo.
Questo imponeva la logica, da che mondo è mondo, e anche la buona creanza e l’educazione che gli aveva impartito senza badare a quello che diceva la gente, guardando avanti senza mai indulgere in qualche cosa che non fosse per il suo bene, anche quando aveva sbagliato, ma tanto i padri sbagliano sempre.
Forse anche suo figlio adesso stava sbagliando sempre.
Magari per una volta avrebbe potuto chiamarlo lui.
Penserà che mi sono rammollito e che ho voglia di vedere la nipotina e che non vedo l’ora di abbracciarlo. Sia mai! Aveva ragione Andreotti a dire:’non ho mai baciato mia madre, sembra che Giuda baciasse tanto e non era un sentimentale’. Quello sì che era un politico, non questi di oggi che non sanno neanche coniugare i verbi, d’altronde coi metodi pedagogici moderni, gli insegnanti non ci pensano nemmeno a metterli sui ceci secchi e… magari potrei inventare una scusa, plausibile, una comunicazione tecnica, leggermente velata di rimprovero…

“Papà buongiorno, che bello sentirti”
“Eh se non ti avessi chiamato io chissà quando avresti ricordato di avere un padre! Comunque, come state?”
“Bene, grazie… più o meno come dieci minuti fa quando ti ho chiamato e mi hai passato mamma perché avevi da fare?
“Non sento neanche uno strilletto”
“No, è attaccata al seno della mamma”
“Mangia?”
“Pare di sì, che fate passate?”
“No, no, ho da fare, un sacco di cose, urgenti, importanti, poi tua madre deve vedere Cirilla e lo sai com’è mi tocca accompagnarla e vabbe’ ciao”
“Papà?”
“Eh?”
“Anch’io ti voglio bene”

Nonno Tancredi chiuse la conversazione con un grugnito incomprensibile, o quasi.


Nonno Geremia

Allora, la questione stava in questi termini, era inutile tergiversare o fare giri di parole. Era diventato nonno. Con tanto di nipote, uno scricciolo di occhioni e manine da far venire il capogiro per la tenerezza.

Ora, che i bebè siano carini, questo è indubbio, è risaputo, anche se insomma con quella pelle grinzosa che poi ti fregano subito perché non te ne accorgi neanche ed ecco qui che ti cominciano a dire “ho bisogno del mio spazio” e poi magari un giorno arrivano e ti dicono “vorrei darti una bella notizia: sei un nonno” e magari un giorno anche “sei un bisnonno” o un trisavolo o che ne so io. Un nonno, dico, ma ti rendi conto di quello che mi stai dicendo? Mi stai chiamando nonno come fosse naturale ma non pensare che lo sia soltanto perché la Natura ha deciso che i genitori in un qualche momento della loro esistenza diventeranno, appunto, nonni. Cioè, sì sta scritto da qualche parte, anche da parecchie parti e in teoria sarebbe anche vero ma la pratica, la vita è tutta un’altra cosa. Questa storia che non c’è niente di più vitale della nascita di una nuova vita, cioè, non è che non sia giusta, lo è, non lo nego. Non c’è, inoltre, alcuna correlazione tra questo, sì, accadimento, lieto evento?, cioè per essere lieto è lieto, e il fatto che io abbia ripreso a fare la mia corsetta quotidiana, cioè, non è per questo che mi sento ringiovanito come se il sangue avesse ricominciato a scorrere nelle vene come quando ero un ragazzetto dopo aver saputo di essere nonno. È soltanto che volevo far bella figura nel completo, sì, nei completi, nuovi che ho ordinato dal sarto. Quanto tempo era che non entravo in una sartoria, sono cambiate dall’ultima volta che ci ero andato, cioè, così, tanto per dare una rinfrescata al guardaroba, sì, ecco. È inutile telefonare, cioè, tanto ha già chiamato la ‘nonna’. La nonna, ma è una ragazzina, arrossisce ancora quando le faccio un complimento. Proprio ieri, cioè, era un po’ che non lo facevo, forse anni, ecco, ma quando le ho portato quel bouquet di fiori e l’ho corteggiata come, cioè, come dovrei fare tutti i giorni, forse se mi rendessi conto di quanto è importante per me, cioè, lo so ma magari dovrei dimostrarglielo un po’ meglio, ecco.

“Pronto?”
“Pronto sei in vivavoce ecco tesoro lo senti Nonno Geremia?”
“Tesoro che fai strilli? E che voce che hai”
“Ecco, adesso che hai sentito nonno smetti di piangere?”
“Picipicipicicipicipu”
“Ha smesso, grazie, si calma quando ti sente, ora ti saluto, devo cambiare il pannolino, a dopo, ciao”

Si calma quando mi sente, cioè, non sto piangendo, è che mi si inumidiscono gli occhi.


Nonno Ubaldo

Nonno Ubaldo aveva preparato tutto con estrema attenzione. I libri su allattamento, svezzamento, divezzamento. I panni puliti e asciugati. Il ciambellone stava cuocendo nel forno, preferiva portarlo caldo caldo, è più buono appena sfornato. Il tè verde aromatizzato al bergamotto era pronto nel thermos. Figurati se avrebbero avuto il tempo di preparare un tè. Aveva trovato le carote biologiche biodinamiche ma non l’umeboshi non c’era stato verso, vabbe’ avrebbero fatto senza.

Le meditazioni mattutine lo avevano messo di buon umore. Ammesso e non concesso che ci sia bisogno di meditare per essere felici quando si diventa nonni. Il solo pensiero mi rende euforico, hai voglia a dire che la libertà e la pace interiore vanno di pari passo con l’equilibrio emotivo. Un bebè, una vita che nasce metterebbe a soqquadro anche le emozioni del Dalai Lama altro che! È un terremoto, un maremoto, un arcobaleno multiplo perenne.

Nonno Ubaldo aveva tutta l’intenzione di godersi appieno la sua nonnitudine e si era organizzato alla perfezione, aveva deciso di fare tutto quello che non era riuscito a fare quando era diventato ‘soltanto’ papà. Non si sarebbe preoccupato di niente se non di coccolare, viziare, strapazzare di carezze quella meraviglia di nipote.

“Tesoro, buongiorno siete tutti svegli?”
“Buongiorno, che bello sentirti, sì, stavo proprio per chiamarti, mi hai letto nel pensiero?”
“No, è che mi pareva che a quest’ora foste svegli”
“Già, venite?”
“Tra qualche minuto, ecco, ha appena suonato il timer”
“Il timer per cosa?”
“È una sorpresa, spero vi piacerà, a tra pochissimo, baciotti”




Nonno Sigfrido

“Pronto? Non ti sento bene che dici?
“Sei a casa?”
“A casa?”
“Sì, siete a casa?”
“Ma che scherzi!?! C’è il motoraduno dell’anno, ci siamo svegliati all’alba e devi vedere che spettacolo il sole sorgeva tra le montagne, le moto filano che è una meraviglia, una favola!”
“Il motoraduno? Ma non era la settimana scorsa?”
“Ma no, te la memoria devi averla lasciata in attesa con un concerto di Ravel di sottofondo AhAhAh”
“Eh già non è che tutti quanti ascoltino rock dalla mattina alla sera”
“No, tesoro anche jazz, world, blues e progressive che è sempre la colonna sonora migliore”
“A me sembrava che foste andati al motoraduno anche la settimana scorsa, scusa tanto eh?”
“No figurati, è l’età non ti preoccupare AhAhAh ma se ancora non te lo ricordi te lo dico: eravamo al festival di musica progressiva italiana. Uno spasso!”
“Ti ricordo che saresti un nonno”
“Ah ma noi ce lo ricordiamo benissimo, anzi io e la Nonna abbiamo comprato un mini giubbetto di pelle ecologica che è uno schianto, ha cominciato a suonare la chitarra? Dai che forse oggi passiamo, dobbiamo incontrare quella peste di Cirilla”
“Il giubbetto di pelle no e prima di imparare a suonare la chitarra elettrica, per tua norma e regola, dovrà imparare a suonare il pianoforte, l’arpa, il violino e il flauto traverso!”
“Uhhhh quanto la fai lunga, dai che veniamo a darti una mano uno di questi giorni, ti bacio ora che all’orizzonte si vede il mare e poi dobbiamo incontrare gli altri perché stavolta abbiamo deciso di prenotare”
“Prenotare cosa? Non avrete davvero intenzione di arrivare fino in Polonia con le moto vero?”
“Oh sì, ma stavolta prenoteremo qualche albergo, non ci va di dormire in tenda”
“Senti io non vorrei interferire coi vostri programmi ma non vi pare di essere un po’ avanti con l’età per andare a rotolarvi nel fango con una masnada di ventenni scalmanati?”
“AHAHAHA no no, non abbiamo nessuna intenzione di perdere l’edizione di quest’anno del Przystanek Woodstock e ci stiamo organizzando coi bikers, ciao tesoro”
“I bikers’”
“Sì, i motociclisti, lo sai, ciao ciao” click


Nonna Martina

“Chi ben comincia è a metà dell’opera e il mattino ha l’oro in bocca, dovresti saperlo”
“Mamma ma sono le cinque e io mi sono appena addormentato”
“Ti eri, tesoro, ti eri, adesso la tua cara mammina ti ha svegliato, pelandrone di casa”
“Mamma, non ho chiuso occhio stanotte”
“Ah, e perché?”
“Perché il tesoro di nonna sua”
“Ah, non cominciare ad accusare altri di ciò che è imputabile soltanto alla proverbiale pigrizia di quelli della tua famiglia, da parte paterna, beninteso e poi… nonna che parolona”
“Se tuo figlio è diventato padre, tu sei diventata nonna, ti sembrerà strano ma”
“Shhhhh che mater semper certa pater numquam”
“Mamma!”
“Eh?”
“Mi chiami alle cinque di mattina per dirmi in latino che a tuo avviso io sarei lo zimbello della famiglia nonché un emerito cornuto”
“Non ti ho detto che sei lo zimbello di nessuno e poi emerito cosa che non hai neanche voluto prendere la specializzazione in ingegneria aerospaziale come io ti avevo caldamente suggerito”
“Mamma, sono diplomato al conservatorio, odio volare in aereo e lavoro per una nota, arcinota e stranotissima compagnia cinematografica, per quale motivo avrei dovuto specializzarmi in ingegneria aerospaziale?”
“Il figlio di Cirilla l’ha fatto”
“Mamma ti chiamo dopo, ti voglio bene”

Nonna Martina si indispettì per la risposta del figlio. Forse se fosse stato più mattiniero si sarebbe potuto anche specializzare in odontoiatria.


Nonno Massenzio

“Che vuoi che ti dica?”
“Papà non c’era bisogno di svuotare il negozio di puericultura”
“E mi sono fatto prendere la mano”
“Papà io capisco che tu sia felice”
“Oh, lo sono, lo sono moltissimo tesoro non sai che gioia m’hai dato. Nonno io, ah che spasso e non sai quanto tua madre sia contenta, pensa che l’altro giorno mi ha invitato lei a ballare, ci crederesti?”
“A ballare? Lei?”
“Sì, ti dico. Mi ha portato un mazzo di garofani rossi, lo sai quanto mi piacciono, e mi ha detto: ‘ora che siamo nonni dobbiamo festeggiare, che ne dici di una cenetta romantica e poi a ballare tutta la sera?’”
“Mamma?!?”
“Eh, sì tua madre, che poi lo sai quanto detesti andare a ballare il venerdì, e invece voleva che ci fosse un sacco di gente per farsi vedere in tutto il suo splendore e col vestito che ha indossato ci mancava soltanto che non la notassero, vabbe’ certe cose non dovrei neanche dirtele altrimenti mi sgrida”
“E tu?”
“E io cosa volevi che facessi? L’ho portata in quel ristorantino che le piace tanto, sai, le ho comprato un pensierino luccicoso e siamo stati a ballare tutta la sera, siamo tornati a casa alle cinque di mattina ebbri di felicità e stanchi che non ti dico. Ma eravamo talmente stanchi che ci siamo fatti una bella doccia calda e siamo andati a fare una passeggiata. Abbiamo fatto colazione in quel bar, sai quello che vi piace tanto”
“Quello che fa i croissant con la marmellata di ribes?”
“Sì, proprio quello, abbiamo fatto una colazione che non ti dico che poi tua madre mi sgrida e poi stavano aprendo i negozi e siamo passati un attimo a fare due compere, così”
“Papà?”
“Eh?”
“Ti voglio bene, siete la coppia più bella del mondo ma il castello gonfiabile con le lucine colorate in terrazzo non lo posso tenere o rischio la denuncia per abuso edilizio…”
“Ok, forse abbiamo esagerato, dopo ti faccio chiamare da tua madre. Ti bacio”


Nonno Marat

Nonno Marat si era svegliato molto presto, si era pettinato i lunghi e arzigogolati baffi, aveva forse esagerato con l’acqua di colonia 4711. La usava da molti anni e lui era sempre stato un tradizionalista. Ligio alle regole, un uomo tutto d’un pezzo, che ispirava una fiducia polverosa fatta di rituali e strette di mano, di sette più o meno segrete.
Aveva concluso le abluzioni mattutine dopo aver letto accuratamente i giornali, pedalato per venti minuti sulla cyclette, eseguito dieci flessioni e venti sollevamenti.
Si era dunque dedicato alla lettura di un carteggio privato di Mazzini dono della sua cara amica Cirilla.
La colazione l’avrebbe fatta al circolo come accadeva nelle occasioni speciali.
Uscì di casa non senza essersi premurato di scrivere un messaggio di felicitazioni ai novelli genitori che avevano riempito di gioia il suo cuore con l’annunzio della lieta novella, anche se avevano forse ricordato un po’ tardi di comunicarglielo.
Poche righe, calligrafiche, vergate con pennino di platino su carta Florentia Fabriano, più adatta della sua preferita, la Smythson, per via del nome più che altro, evocativo di un fiore che sboccia dal seme germogliato nel ventre materno.
In strada ordinò alla fioraia due mazzi di fiori, uno per la sua adorata consorte e uno da inviare insieme alla missiva.


Nonna Malvina

Le lasagne erano quasi pronte, lo spezzatino in coccio era a buon punto, forse aveva esagerato con le ciambelline, magari sarebbero bastati soltanto cinque chili di farina ma tanto una ciambellina in più non avrebbe fatto male. I noccetti glassati erano stati messi nelle bustine, le crostate con la marmellata di uva fragola erano nello stipo, le cialde ripiene nella dispensa, era ora di una buona colazione.
Ciambellone, cereali, spremute e succhi vari erano sul tavolo, anche le scrippelle erano pronte per essere condite con lo sciroppo d’acero ma lei preferiva una tazzona di latte con un po’ di caffè, di quello buono che faceva arrivare direttamente dalla torrefazione, e due fette di pane con burro d’alpeggio e marmellata di fragole, la preparava senza zucchero da qualche tempo, con lo sciroppo d’agave, Cirilla le aveva detto che faceva bene a tantissime cose e poi le piaceva sperimentare qualche nuovo ingrediente di quando in quando.
“Malvina buongiorno” sbadigliò suo genero con il volto stropicciato dalla mancanza di sonno
“Buongiorno, che cosa prepariamo al paparino per colazione?”
“Hai fatto la crostata con la marmellata di uva fragola?”
“Sì”
“Malvina, sei la suocera che chiunque sogna di avere, lo sai vero?”
“Tieni, te la metto su un vassoio così porti qualcosina alla puerpera, che avrà fame anche lei, il nonno è in campagna ma se quando si svegliano lo chiami lo fai contento, ora tieni, vai e buona colazione”

Nonna Malvina non amava troppo telefonare, preferiva avere tutte le persone importanti della sua vita riunite sotto lo stesso tetto, a distanza ravvicinata.


Nonno Caboto e Nonna Colomba

Nonno Caboto e Nonna Colomba erano inseparabili tranne quando andavano ad espletare le funzioni fisiologiche in bagno e in poche altre rarissime occasioni. Avevano ristrutturato casa così da poter posizionare due lavandini uno accanto all’altro. La doccia era un loro cruccio, la facevano a turno ma stavano lavorando sulla soluzione del problema.
Quella mattina si erano svegliati di ottimo umore: se diventare nonni era bellissimo, divenire nonni di due splendidi gemelli era una gioia infinita.
Avevano inoltre la sensazione che finalmente qualcuno li avrebbe profondamente compresi e capiti davvero, chissà che bello doveva essere stato vivere nell’utero insieme al proprio gemello!

“Tesoro, ciao siamo noi, ti mettiamo in vivavoce così ti sentiamo meglio”
“Buongiorno, che fate, passate?”
“Ci stavamo proprio pensando, ci vediamo dopo, vi vogliamo bene!”

Nonno Caboto e Nonna Colomba parlavano sempre al plurale e adesso ne avrebbero avuto ben donde.


Nonna Cirilla

“Nonna a chi?”
Cirilla si guardò allo specchio, il vestito attillato metteva in risalto le caviglie modellate da anni di yoga, stretching, camminate, massaggi e discipline olistiche varie. Una sciarpa di vaporosa seta evidenziava il sorriso luminoso, accogliente e sensuale, coprendo quei segni del tempo che ne aumentavano il fascino di nonna attraente.
Donna. Donna. Donna, non Nonna, non bisogna confondere le consonanti.
Guardò il telefono, avrebbe dovuto chiarire questa storia.
Lo rigirò quasi lasciandosi andare alla tentazione di lanciarlo lontano da sé.
No, la questione doveva essere risolta.
“Tesoro, stellina mia è la tua mamma”.
“Ciao che bello sentirti, hai intenzione di passare con papà? Sai che ha fatto la piccoletta? Ha fatto la cacca tutta verde e… Mamma puoi aspettare un attimo in linea per favore?”
“Ecco vedi, sì posso aspettare un attimo” verde? Ah beh, se continui a mangiare tutte quelle verdure…
“Ti metto in vivavoce? Scusa un attimo eh”
“No, tesoro in vivavoce no” ci manca soltanto la vomitata in diretta…
“Ma’ mi senti bene? Ti è rivenuta l’otite?”
“Sì, tesoro, no tesoro” l’otite mi era venuta facendo rafting su un fiume gelato ma non te l’ho detto per non farti spaventare altrimenti sai quanto avresti brontolato.
“Ah, meno male, ci sono delle terme fenomenali per le otiti sai?”
“Grazie ci penserò” magari mentre prenoto una settimana di windsurf sul Mar Cantabrico o nel Nord della Sardegna.
“Ecco la piccoletta della mamma e guarda, aspetta bruscolina della mamma aspetta che mamma riesce a toglierti la caccola… eh che grande che era, sembra quella di un adulto, ma quanto le fanno grandi le caccole i neonati? Eh? Lo chiediamo alla nonna? Nonna!”
“Tesoro di nonna bicipicibitibitipibu” non inizieremo una disquisizione sulle dimensioni delle caccole di un neonato, no… ma potrebbe sempre cadere la linea da un momento all’altro.
“Ecco l’amore di mamma e di papà e di nonna e di nonno e degli zii”
“Stellina? Ti avrei chiamata perché vorrei”
“Allora che fate, passate te e Papà?”
“Dovrei andare in piscina prima sai se Papà non va in piscina poi…” tanto lo so che svicolerai adesso e io potrò andarmene tranquilla e beata a prendere il sole in terrazza.
“Va be’ va be’ non ti preoccupare” che ti importa se la tua nipotina ha iniziato l’esplorazione della nuova attività ludico-sportiva anche detta ‘il lancio dal fasciatoio con sforbiciata e triplo carpiato avvitato’ e per cambiarle il pannolino servirebbe un’unità di crisi della Farnesina, tanto va tutto bene.
“Ah be’ se non ci vuoi non ti preoccupare” t’ho fregata un’altra volta ma questa storia della nonna va chiarita, mi toccherà venire almeno a prendere un caffè e fingere interesse per questioni dirimenti, come le chiami tu, come se fossi l’unica madre sulla faccia della terra…
“Non ti ho detto questo, comunque se hai voglia di venire a vedere tua nipote, a me fa piacere incontrarti” e mi farebbe anche piuttosto comodo, così anche soltanto per dedicare cinque minuti alla manicure o al pedicure.
“Sei tu che non vuoi mai che la prenda in braccio” con questo dovrei riuscire a sfangarmela e rimanere beatamente e bellamente in panciolle per tutta la mattinata, per il pomeriggio si vedrà.
“Mah veramente è lei che non vuole venire in braccio a te, io non vado contro la sua volontà”, tanto per capirci. Se non ti va di fare la nonna potresti anche dirmelo ma almeno abbi il coraggio delle tue prese di posizione.
“Tesoro, ti vorrei comunque far notare che non è più una neonata e neanche una lattante: è una divezza, l’ho letto su una rivista”


L’ora del tè.

“Carissime e carissimi. Vi ringrazio per essere venuti tutti quanti, anche se so perfettamente che le vostre figlie e i vostri figli hanno cercato di invischiarvi in qualche attività con i nipotini. Il motivo per cui vi ho invitate e invitati, oltre al piacere immenso che provo quando sono in vostra compagnia, è che è ora di dare una risposta forte al recente accadimento che si è verificato nella nostra placida cittadella.”

All’appello non mancava nessuno e tutti quanti si guardarono intorno con l’aria smarrita di chi riemerge alla realtà dopo mesi di pannolini, cacche e dettagli tecnici sugli ultimi modelli di passeggino.

“Bene, vedo che i vostri pargoli vi hanno completamente riempito gli spazi mentali. Comunque, non trovo accettabile che vi sia stata una morte violenta nella nostra piccola comunità di persone notoriamente pacifiche e civili, seppur con qualche deroga”

Gli sguardi vagarono colpevoli fissandosi di quando in quando verso le scarpe o il pavimento.

“Che Tonio e Tonia siano stati così barbaramente uccisi è inaccettabile”

Alcuni tra loro sembrarono riemergere da una nuotata in apnea.

“Benché non fossero particolarmente abili come ristoratori questo non mi pare un buon movente. Noi non possiamo esimerci dal cercare di capire il reale motivo di tale gesto deprecabile. Le indagini ufficiali sono arenate per cui dovremo occuparci noi, in quanto nonni, di investigare sull’accaduto. Dovremo creare un coordinamento e organizzarci al meglio, così da non destare sospetti tra le forze dell’ordine. Se il maresciallo sapesse che stiamo portando avanti tali ricerche farebbe una solfa”


Nonna Cirilla e le sue amiche. Monte Catillo.

Il nome del gruppo sarebbe stato ‘Associazione Culturale Monte Catillo’. Non avrebbe destato sospetti perché faceva inevitabilmente pensare a qualcosa per la promozione del territorio e i soci erano degli insospettabili nonnetti.

Ognuno di loro avrebbe scelto un nome in codice, che variava da Cinciallegra a Ghiandaia, da Istrice a Cervo, da Corbezzolo ad Asfodelo e avrebbero comunicato tramite una serie di fogli illustrativi sui relativi animali e piante della Riserva naturale Monte Catillo o, in caso di esiti incerti, su quelli della Villa Borghese di Nettuno.

Cirilla aveva pensato proprio a tutto: aveva già preparato lo statuto e i documenti necessari, aveva programmato una serie di conferenze in biblioteca e di passeggiate culturali.

“L’idea è quella di costituire un gruppo di ispirazione lincea”, concluse dopo aver esposto a grandi linee ciò che intendeva fare.
“Che intendi per lincea, Cirilla?”, chiese Nonna Martina interpretando la curiosità generale.
“Beh, non lontano da qui, a San Polo de’ Cavalieri, proprio all’interno del Parco Monti Lucretili aveva la residenza Federico Cesi, il fondatore e ideatore dell’Accademia de’ Lincei. Lui, come ben sapete, era un carissimo amico di Galileo Galilei, lo protesse dalle intromissioni papaline più volte peraltro, seppur fosse un giovinetto. Cesi e i suoi amici passeggiavano sovente nei sentieri del Parco, seguendo le orme di Lucrezio e Orazio, alla scoperta delle evidenze scientifiche. Ecco, noi dovremo avere lo sguardo della lince, come loro, e lo spirito di esplorazione che avevano all’epoca, ma lo utilizzeremo per scoprire chi ha trucidato Tonia e Tonio”.

Si discusse a lungo poi Nonna Priscilla, che non era particolarmente contenta di dover scarpinare sui Preappennini, propose di organizzare prevalentemente qualche pranzo, cena e buffet conviviale.

“Se cucini tu certamente sì, io posso portare giusto qualche ciambellone e biscotto”, rispose ridendo Nonno Ubaldo.

“Cioè, come dovremmo regolarci col Maresciallo? Cioè tanto per sapere”, domandò Nonno Geremia.
“Lo inviteremo alle conferenze e ci comporteremo da nonni, tanto non verrà mai, soprattutto a fare le scampagnate”, rimbeccò Nonna Camilla.

L’assemblea si sciolse e tutti quanti rimasero d’accordo che avrebbero cercato di agire con discrezione con la scusa degli incontri naturalistico-culturali.


Nonna Cirilla e le sue amiche. Il maresciallo.

Come da programma, Nonna Cirilla invitò i soci fondatori e un gruppo di persone che certamente non sarebbero potute venire o per impegni presi precedentemente o per semplice idiosincrasia alle attività sociali all’aria aperta.
Nella lista degli invitati pro forma figurava ovviamente il nome del Maresciallo della locale stazione di Carabinieri.
Per puro scrupolo andò a controllare i dati anagrafici, non era inusuale che il vero nome fosse diverso da quello con cui una persona era conosciuta da tutti e per lei le formalità andavano rispettate nel modo più scrupoloso possibile.
Controllò sul sito, tutto corrispondeva alle sue conoscenze. Chiamò la stazione per un’ulteriore conferma.

“Pronto, buongiorno. Sono la Referente per il Protocollo dell’Associazione Monte Catillo e vorrei inviare al comandante della stazione un invito a partecipare ad un evento sociale che stiamo organizzando. Vorrei, se non le crea troppo incomodo altrimenti posso richiamare più tardi, avere conferma del nome, cognome e grado per non commettere sgradevoli errori di galateo. Ho già controllato sul sito ma sa, sono una persona molto scrupolosa”
“Buongiorno, ha fatto benissimo a chiamare: non abbiamo fatto in tempo ad aggiornare il sito internet ma il comandante è stato trasferito ad Alghero per motivi di servizio e familiari e proprio stamane è arrivato chi lo sostituirà”
“Ah, benissimo, sono stata previdente ed è il signor?”
“Signora direi. Capitana e, mi raccomando, ci tiene ad essere chiamata Signora Capitana oppure Dottoressa Capitana, perché è pure laureata”
“Acciderbolina, da quello che intuisco è una donna di carattere”
“Altrimenti non farebbe l’ufficiale, forse. Signora ora mi scusi, posso fare altro per lei?”
“Sì, mi dovrebbe dire nome e cognome, se non le è di troppo disturbo”
“No, no, ci mancherebbe. Rosa staccato Lia Montmasson scritto monte senza la ‘e’ e masson tutto attaccato”
“Mi scusi. È sicuro di quello che ha detto?”
“Sì perché?”
“No, niente, grazie.”

Quando Cirilla riappese il ricevitore ebbe un fremito.


22.

“Cirilla calmati adesso e ricomincia tutto dapprincipio”
“Drusilla te l’ho detto: hanno messo una garibaldina mazziniana a dirigere la stazione di Carabinieri.”
“Ma come fai a sapere che è mazziniana e garibaldina, magari è soltanto femminista!”
“Con quel cognome?”
“Può essere una coincidenza, un’omonimia”
“E tanto che è una coincidenza le mettono come nome Rosa staccato Lia, ci credo proprio guarda!”
“È un dato piuttosto curioso”
“Ah beh”
“Cirilla ma di che ti preoccupi?”
“Magari è anche discendente di qualche giardiniera”
“E anche se fosse?”
“Che vuol dire anche se fosse?”
“Poniamo il caso che provenga da una famiglia di mazziniani e giardiniere, che problema ci sarebbe?”
“Ah no, figurati, nessuno”
“Io penso che potrebbe diventare una nostra buona amica”
“Tu vedi il buono ovunque e il tuo bicchiere è sempre mezzo pieno!”
“Dai Cirilla non la prendere male, secondo me è una buona notizia”
“Drusilla sei sei…”
“…la tua migliore amica”
“Insensibile!”
“Cirilla?”
“Eeeee?”
“Anche io ti voglio bene”
“Sei impossibile e mi è scoppiato anche un gran mal di testa”
“Un antidolorifico per quello potrebbe aiutarti”
“Va be’, Drusilla ti chiamo dopo. Ciao”
“Ti abbraccio”
“Ummmmm”
Click.


23.

La notizia che il Maresciallo era in realtà la Capitana si diffuse con una velocità degna di un gruppo di amici, e nonni, alquanto dediti alla chiacchiera paesana.
Il telefono di Nonna Cirilla non la smetteva di squillare, pareva un centralino. Le sembrava più che ovvio che il primo evento dell’associazione Monte Catillo sarebbe stato piuttosto affollato per cui si mise l’anima in pace e decise di organizzarlo con tutti i crismi.
Istituì un comitato organizzatore, una segreteria, un ufficio sponsorizzazioni, una direzione artistica, un gruppo di cucina e un servizio di logistica.
Ognuno avrebbe avuto il suo compito.
Onde evitare risposte negative, affibbiò le responsabilità a ciascuno chiamando nel momento immediatamente precedente l’orario in cui si sarebbero certamente recati da figli e nipoti, ideale per ottenere un sì senza troppe difficoltà, con tutto quello che c’era da portare e preparare per i pargoli, figurarsi.

“Cirilla, carissima ti devo parlare, come stai? La prole tutti bene’”
“Massenzio, che piacere, stavo giusto per chiamarti… sì tutti bene e voi?”
“Una favola. Senti, stavo pensando, per quella storia dell’evento…”
“Un attimo Massenzio, mia figlia mi chiama… tesoro, sì, hai trovato occupato perché sto parlando con Massenzio… ah è una cosa veloce… Massenzio puoi aspettare un attimo in linea per favore? Dice che è una cosa veloce”
“Sì dicono sempre così ahahahaha, comunque non ti preoccupare che ho l’abbonamento superbig”
“Grazie… dimmi stellina… no non so se…tesoro gliene hai parlato?... anche tu con questa storia? Ah ma allora… Sì, pare sia proprio una donna, io non l’ho ancora vista…no… va bene tesoro, passo in negozio e ti chiamo.. baci”
“Sei stata velocissima complimenti ahahahahah”
“Che mi volevi dire?”
“Sai questa storia della festa, avevo pensato…”
“Scusa Massenzio, è di nuovo lei. Sì tesoro mi hai appena chiamata e sto ancora al telefono con Massenzio. Ho capito vado in… ah devo passare anche in erboristeria, va bene ti chiamo tra un po’.. no, va bene ti chiamo subito, baci. Massenzio? Sei ancora in linea? Dimmi ché devo uscire”
“Sì sì va bene, dicevo che ho prenotato un castello gonfiabile con i pellicani rosa, è uno schianto ne sarai felicissima, ora ti saluto che devi andare”
“Massenzio no i pellicani rosa no”
“Ah va bene allora c’è la volpe e il cervo”
“Meglio”
“Bene, ciao!”

Il castello gonfiabile era davvero troppo, sua figlia le aveva fatto perdere la concentrazione, caspita l’aveva proprio fregata, e con la sua stessa tecnica.


24.

“Ma’?”
“Sì amore, dimmi”
“Cirilla non ti avrà mica messo in mezzo a questa storia dell’associazione vero?”
“Perché me lo chiedi?”
“Perché me la immagino: ‘Domitilla, carissima, avrei in mente di costituire un’associazione e sarei onorata della tua presenza’, e poi cercherà di tiranneggiarti come al suo solito”
“Non è così terribile dai”
“Anche peggio. Piuttosto, siamo andate a fare una passeggiatina e abbiamo visto indovina indovinello”
“Non so, qualcuno che conosco?”
“No, qualcuna e quando lo racconterai a Cirilla potrebbe avere un colpo di invidia per non essere stata la prima a conoscere i dettagli della storia”
“Ma non mi dire? La Capitana?”
“Mamma, in che ‘associazione’ ha intenzione di coinvolgerti la tua amica?”
“Ma niente tesoro te l’ho detto è una semplice, innocua associazione di vecchietti che amano il Monte Catillo e ne vogliono divulgare la bellezza. Insomma racconta”
“Sì ma poi racconterai tu.”
“Va bene va bene, dai su che mi voglio spupazzare un po’ la piccoletta”
“Siamo uscite, no?”
“Uhm per fare la passeggiata, lo hai già detto”
“Ecco e ad un certo punto ho visto una FIAT”
“Non si chiama più FIAT ma FCA”
“Vabbe’ tanto sempre una FIAT era. Vuoi che continui il racconto?”
“Sì, sì dimmi”
“Bene, insomma, un’utilitaria a GPL blu elettrico guidata da una donna tra i quaranta e i cinquanta anni, in forma, capelli di media lunghezza, e sai quelle boccettine di profumo per auto che si appendono allo specchietto retrovisore?”
“Sì, quelli con le essenze naturali”
“Eh, brava, quelli. Ha parcheggiato davanti alla caserma, nel posto riservato, e, quando è scesa, le hanno fatto il saluto militare.”
“Questa è una notizia, adesso ti saluto amore che devo fare una telefonata”
“Ma’?”
“Sì?”
“Non farti impelagare da quella peste in qualcosa che non vorresti che io facessi”
“Va bene va bene baci”


25.

Tonio Tonini e Tonia Tonietti in Tonini erano stati ritrovati, dopo qualche ricerca, nella loro osteria, un ristorantino nel centro storico come ce ne sono tanti, dove venivano serviti principalmente piatti della tradizione locale.
Non erano mai stati insigniti di alcun premio, non avevano ottenuto stelle o forchette e il loro locale non era mai entrato in qualche guida prestigiosa ma tiravano avanti.
Avevano iniziato con un camion-bar facendo i panini allo stadio, poi si erano spostati nei luoghi di villeggiatura. Vicino ai monumenti non si erano mai avventurati, lì c’era tutto un codice di comportamento cui avrebbero dovuto attenersi e non volevano avere difficoltà inutili.
A dire il vero si erano sempre tenuti ben lontani da luoghi e persone che, si capiva subito, avevano soltanto voglia di cercare un pretesto per litigare e creare qualche difficoltà.
Mettendo qualche soldino da parte erano riusciti a rilevare una vecchia cantina, avevano trasferito la licenza del camion bar e avevano aperto un’osteriola senza infamia e senza lode.
L’avevano ristrutturata alla buona spendendo quattrini soltanto per mettere a normagli impianti ma per il resto si erano, come si suol dire, arrangiati.
Il loro cruccio più grande, ciò che li aveva sempre intristiti e aveva reso pesante il vivere era stata la mancanza di un pargoletto a rallegrare la loro esistenza. Non che non potessero per qualche motivo particolare, piuttosto non avevano mai avuto il coraggio di diventare genitori.
Una volta c’era il problema della licenza, un’altra quella di cambiare il camion e gli anni erano trascorsi senza neanche lasciar loro il tempo di decidere, pensare, valutare, soppesare e trovare il momento giusto.
Non avevano mai neanche deciso di adottare un cagnolino, un gatto, un canarino o un pesce rosso, non ne avevano il tempo.
E si erano ritrovati in quel paesello dove non avevano parenti cui badare, amici di cui occuparsi, vicini che si impicciassero.
Un posto ideale per loro.
I Carabinieri erano stati allarmati dall’impiegata della discoteca comunale che si trovava a pochi passi. Amava recarsi in quell’osteria, non le facevano mai domande indiscrete e lei poteva mangiare un boccone mentre leggeva il giornale senza intrusioni.
Quando erano entrati li avevano trovati seduti ad un tavolo con le teste vicine.
26.

Il fatto che Cirilla tendesse sempre ad esagerare un po’ con le descrizioni non toglieva nulla alla gravità di quello che era ormai per l’opinione comune un efferato duplice omicidio.
La Dottoressa Capitana Rosa Lia Montmasson era stata spedita nel tranquillissimo paesello quasi in licenza premio. La sua carriera era stata impeccabile, dopo essersi distinta sia in patria che in missioni speciali all’estero aveva espresso, più o meno velatamente, il desiderio di un po’ di tranquillità, di una vita un po’ più normale di quella che aveva vissuto fino a quel momento.
Orari decenti, possibilità di mangiare come si conviene a chi non abbia completamente perso il lume della propria italianità, godersi una passeggiata tra le amenità locali, assaporare la dolcezza di un weekend senza pensieri, potersi dedicare finalmente a quelle piccole gioie, a quelle occupazioni che aveva, per un motivo o per l’altro, tralasciato per motivi lavorativi.
I suoi superiori erano restii a privarsi di un elemento tanto valido e affidabile, con un senso del dovere e del lavoro da vera stacanovista. Inoltre, Rosa Lia Montmasson era una tra gli ufficiali più specializzati nell’Arma e in molti avevano pensato che avrebbe potuto arrivare ai vertici.
Alla fine avevano ceduto e le avevano concesso un periodo in una delle cittadine meno problematiche dell’hinterland romano.
L’aria era buona, il panorama gradevole, c’erano parchi e riserve naturali tutt’intorno, i cittadini erano piuttosto longevi e soprattutto non c’era mai stato né un omicidio né qualcosa di veramente pericoloso.
I carabinieri erano visti, tutt’al più, come il numero da chiamare nel caso di sconfinamenti di vacche e cinghiali oppure per chiedere informazioni dettagliate su eventuali allerte meteo.
Una vacanza in paradiso.
La prima cosa che aveva fatto era stata di fare una lunga passeggiata sulla pista ciclopedonale e arrivare a piedi nella locale stazione dei Carabinieri.
La telefonata era giunta come un fulmine a ciel sereno. Il volto del suo sottoposto non lasciava adito ad alcun dubbio: il weekend al Parco Nazionale sarebbe saltato.
Due persone erano state trovate senza vita nella loro osteria. Il messaggio le era stato recapitato direttamente sulla scrivania, come da disposizioni.
Non si sapeva nemmeno se si trattasse di un omicidio ma bisognava aprire l’indagine.
Rosa Lia Montmasson cancellò la prenotazione alberghiera, respirò profondamente e si immerse nella nebbia fitta della vita di due persone senza storia.
27.

Ci sarebbe stato bisogno di raccogliere informazioni in un paese in cui chiunque non avesse un soprannome da generazioni era considerato un extraterrestre più che un forestiero. A maggior ragione se si parlava di qualunque esponente delle forze dell’ordine.
Non che lo Stato non fosse presente, era piuttosto considerato qualcosa di esterno alla vita quotidiana, un’entità di cui si sentiva parlare nei notiziari o a scuola nelle recite di fine anno e che ciucciava una gran quantità di denari faticosamente guadagnati per il solito magna magna.
Rosa Lia Montmasson decise di approfittare dell’invito di Cirilla per chiederle informazioni: una persona che si premurava di invitare il comandante della locale stazione ad un evento cultural mondano e si accertava anche della correttezza di nome e cognome forse avrebbe potuto fare al caso suo.
La chiamò senza por tempo in mezzo.

“Buongiorno, ho ricevuto il suo invito sono Rosa Lia Montmasson”
“Oh che piacere sentirla”
“Vorrei porle alcune domande, potremmo vederci oggi?”
“Stavo proprio sistemando le tartine per la riunione odierna, sa per l’organizzazione dell’evento vuole partecipare anche lei?”
“Molto volentieri grazie”
“Ah benissimo, dunque a dopo”

Cirilla attaccò il telefono e sembrò molto confusa.
Inviò un messaggio agli altri nonni e nonne avvertendo della presenza della Capitana.


28.

“Andrò subito al dunque. Mi risulta che stiate portando avanti delle indagini ufficiose su quello che ritenete essere un efferato delitto”
“Ma guardi noi veramente siamo soltanto un gruppo di persone, diciamo un po’ âgé, e siamo tutti impegnati coi nostri nipotini carissimi ma troviamo comunque il tempo di occuparci della promozione del nostro amatissimo territorio. Di indagini non sappiamo proprio nulla e tantomeno di efferati delitti”
“Bene, mi fa piacere, allora posso togliere il disturbo”
“Oh ma nessun disturbo, anzi, se vuole far merenda con noi…”
“Guardi con molto piacere ma devo dare uno sguardo a questa autopsia e non vorrei trovare dettagli raccapriccianti”
“Ha detto autopsia? Ma no, assolutamente, anzi se la vuole guardare con noi, che dice?”
“Dico, carissima…”
“Cirilla, mi chiami semplicemente Cirilla”
“Carissima Cirilla che ha appena confermato i miei sospetti”
“In che senso, scusi?”
“Nel senso che non avevo la più pallida idea che lei stesse effettivamente cercando di portare avanti delle indagini ufficiose, né tantomeno che fosse stata lei o qualcuno della sua cerchia a diffondere la notizia, falsa e tendenziosa, del delitto”
“Ma Tonia e Tonio?”
“Tonio Tonini e Tonia Tonietti in Tonini sono stati trovati nella loro osteria, dopo qualche ora di ricerca.”
“Nell’osteria o poverini e chi?”
“Chi li ha trovati? O chi ha procurato l’allarme?”
“No, intendo come è accaduto l’orrendo fatto?”
“Signora Cirilla carissima non mi faccia ripetere le parole che sto per dirle, sono confidenziali”
“Mi dica mi dica sono tutt’orecchi”
“Ne è sicura?”
“Sì sì mi dica”
“Bene”
“Allora?”
“Le risulta che i morti camminino?”
“No perché lei pensa che siano stati uccisi in un luogo e trasferiti poi nell’osteria per mandare un messaggio?”
“Signora Cirilla”
“Cirilla Cirilla s’immagini”
“Tonio Tonini e Tonia Tonietti in Tonini sono stati trovati nell’osteria….addormentati perché eccessivamente stanchi”
“In che senso?”
“Nel senso che ho appena dovuto annullare le prenotazioni per il mio primo weekend libero dopo anni di intenso lavoro e ora, se non le dispiace, vorrei che lei e le sue amiche, i suoi amici, parenti e nipoti la smetteste di occuparvi di delitti inesistenti e continuaste ad interessarvi di pannolini, passeggini e pappette. E anche di tartine, sono ottime, complimenti”

Così dicendo sorrise e uscì lasciando Cirilla con un palmo di naso.


29.

Nonna Cirilla aveva accusato il colpo ma aveva fatto finta di niente, come nella migliore tradizione della sua vita talvolta tediosa al punto da doverla ‘condire’ con qualche dettaglio un po’ fantasioso. Aveva una tale abilità nel credere in ciò che raccontava che, spesso e volentieri, le sue stramberie divenivano verità e realtà condivisa.
D’altronde non era colpa sua se Tonio e Tonia si erano addormentati lasciando adito a chissà quali maldicenze, comunque stavolta non avrebbe certamente scomodato la Capitana. Le indagini le avrebbe portate avanti da sé, con l’aiuto di qualche amico fidato.
Non volendo rivolgersi a Massenzio, che pure avrebbe potuto fornirle una sponda adeguata, più per paura che volesse riprendere quel discorso sui pellicani rosa che altro, decise di chiamare Amos.
Da quando era diventato nonno non riusciva più a contenere la felicità e mostrava le foto a chiunque incontrasse, neanche fossero stati santini miracolosi. Cercava di darsi un contegno ma si vedeva lontano un miglio che era andato in tilt.

“Amos carissimo, hai da fare oggi?”
“Eh, Cirilla ciao come mai questa telefonata?”
“Ma niente, volevo sapere come state te e famiglia”
“Oh, io, beh, ma sai le solite cose, appena ci incontriamo ti faccio vedere le nuove foto”
“Con piacere Amos ma dovrei parlarti, hai da fare oggi?”
“A che ora? Perché… sai…”
“So, anch’io sono una nonna e ti capisco perfettamente e… proprio per questo motivo credo sia importante parlare”
“Ma perché che è successo?”
“Te ne parlo a voce”
“Va bene, il tempo di passare in farmacia e vengo”
“A dopo”
“A subito”


30.

Domitilla non si era sentita bene. La notte precedente l’aveva trascorsa in bianco tra nausee e improvvisi conati, si era rannicchiata tra le coperte e aveva cercato di far passare i giramenti di testa, le era sembrato di stare su una nave in tempesta con un forte mal di mare, anche se lei non ne aveva mai sofferto. Il soffitto non voleva smetterla di ondeggiare, non c’erano appigli e poi era riuscita ad espellere tutto quello che aveva mangiato durante il giorno.
Era stato un colpo improvviso, secco e aveva avuto la netta sensazione di aver provato una forte empatia con qualcosa che doveva essere accaduto da qualche parte, nel mondo.
Non aveva chiamato né il genero né la figlia, figurarsi, l’ultima volta l’avevano presa in giro per giorni e avevano cominciato a pensare che avesse qualche problema. L’avevano osservata nelle azioni più semplici per vedere se vi fosse qualche segno di distrazione e lei un po’ si era divertita a far credere loro che fosse svampita. Ma non era capace di dire bugie e di mentire a lungo, anche soltanto per tenere il punto, quindi si era scoperta quasi subito e loro si erano beccati una sonora strigliata, senza lancio di ciabatte o palette, beninteso.
Non poteva farci niente se era telepatica, non era mica una malattia. Andava bene a tutti quanti quando riusciva ad indovinare regali e prelibatezze ma poi quando c’era qualcosa di più serio…
Doveva necessariamente essere accaduto qualcosa quella notte, ne era certa, per cui aveva deciso di andare a trovare Cirilla.
Per la strada incontrò Amos che stava andando nella stessa direzione.

“Ciao Amos, che piacere, dove vai tanto di fretta?”
“Ciao Domitilla, Cirilla ha chiamato anche te?”
“Per cosa?”
“Mi ha detto che me ne avrebbe parlato a voce ma sembrava molto preoccupata”
“Dev’essere una questione importante…”
“Penso di sì”
“Lo immaginavo, andiamo, ti accompagno”
“Hai avuto una delle tue empatie?”
“Sì, stanotte”
“Forse Cirilla ci svelerà l’arcano”
“Sbrighiamoci però perché altrimenti chi li sente…”
“Uh, lascia perdere, stanno sempre a telefonare ‘e dove vai?’, ‘ma è freddo’, ‘ma è caldo’… e gliel’ho insegnato io che era caldo, freddo e”
“E a mettere la maglia di lana o il cappello, si sentono grandi da quando sono diventati genitori”
“Sembra ieri che non riuscivano neanche a gattonare e oggi ci fanno le prediche”
“A chi lo dici! Ma poi, sarò libera di andare dove mi pare, quando mi pare?”
“Ti contano i minuti, ‘e ma dove sei stato?’, ‘e ma quanto ci hai messo per tornare?’ ma saranno strafattacci miei?”
“Però che bello eh?”
“Vuoi vedere le ultime foto?”
“A me non le fa fare, dice che poi le mando a parenti e amici”
“Che assurdità! Tu ce l’hai il nuovo sistema di messaggistica multimediale?”
“Sì e ogni tanto le faccio le foto di straforo, le vuoi vedere”
“Se se ne accorgessero!”

Amos e Domitilla arrivarono da Cirilla ridendo con la felicità infantile che caratterizza i compagni di marachelle.



31.

“Domitilla che piacere”
“Ciao Cirilla dovevo proprio venire e ho incontrato Amos per la strada che stava venendo qui”
“Avete fatto proprio bene”
“Ha avuto un’altra delle sue empatie”
“Oh no, davvero?”
“Sì, sono stata male tutta la notte, un mal di stomaco che non ti dico”
“Anche le vertigini?”
“Mi girava tutto intorno”
“Cirilla sai se è accaduto qualcosa?”
“Eh sì, dev’essere proprio così”

Cirilla offrì un tè caldo con biscottini, pizzette fatte in casa e una macedonia di frutta con yogurt greco, i tre mangiarono e finalmente si occuparono di quello che li impensieriva.

“Io non ho niente contro gli immigrati, mio nonno è emigrato in Argentina, figurarsi ma”
“Cirilla, hai ragione e per scappare dalle loro terre qualche problema debbono pure averlo però, be’ insomma, è un’altra cultura”, aggiunse Amos con l’aria di chi la sa lunga
“Io non capisco mai che cucinano, dice che friggono le banane”, aggiunse Domitilla che pare avesse chiesto ad una sua amica che era stata in Niger e le aveva raccontato di aver mangiato un piatto a base di banane fritte, aveva detto che erano squisite ma lei si fidava poco, poteva tollerare l’amatriciana rossa ma oltre non intendeva avventurarsi.
“Io le ho assaggiate, sono buone e mica tanto dolci sai?”, rispose Amos



32.

Dopo aver lungamente disquisito di immigrazione e cibo Cirilla pensò che fosse arrivato il momento per esternare le sue preoccupazioni.

“Non ho potuto fare a meno di parlarvene”, concluse solennemente
“Ciò spiegherebbe il motivo della mia nausea empatica di stanotte”
“Potrebbe, comunque queste azioni non possono essere tollerate oltre, bisogna intervenire con cautela, hai ragione Cirilla”
“Sì con questa Capitana non si riesce a parlare”, affermò con stizza Cirilla
“È sembrata un po’ scostante anche a me a dire il vero”, confermò Amos
“Secondo me perché non ha figli”, insinuò Domitilla
“Ah beh…”, Cirilla aveva sottolineato quest’ultima affermazione con un gesto eloquente e Domitilla si morse la lingua ricordando le parole della figlia. Non avrebbe dovuto dirle che si vogliono bene.
“Comunque sia, penso sia prudente agire con circospezione, per non sollevare un polverone più che altro”, sospirò Amos pensando, in fondo, che una Capitana doveva essere una gran seccatura.

Se quello che aveva riferito Cirilla era vero c’era di che preoccuparsi.

Un nipote scansafatiche che prende a palate uno zio per motivi veniali fino alle estreme conseguenze era davvero troppo, va bene la tolleranza ma se avevano questi usi barbarici avrebbero ben potuto evitare di attraversare il Mediterraneo.



33.

“Mamma, dove sei?”
“Amore sono un attimo da Cirilla”
“Mamma!”
“Stavamo giusto parlando di quel fattaccio sai”
“MAMMA!”
“Eh?”
“Un altro attacco empatico?”
“Sì tesoro come lo hai capito”
“Empatia”
“Anche tu?”
“Mamma, non le avrai detto che ci vogliamo bene vero?”
“Non mi pare”
“Glielo hai detto”
“Uhm forse”
“Forse?”
“Forse”
“Mamma?”
“Eh, dimmi, dai che”
“Che cosa hai mangiato ieri sera?”
“Oh tesoro non me ne parlare che l’ho rivisto per tutta la notte”
“Cioè?”
“Ma niente tesoro, ho fatto un piattino di rigatoni alla pajata, due fagioli con le cotiche, un po’ troppo pepe devo dire ma sai papà, coda alla vaccinara, due broccoli fritti, un carciofetto alla giudia e un paio di panonte, la cicorietta ripassata e basta perché?”
“Niente dolce?”
“Le fragole con la doppia panna, ma poi ho preso il digestivo”
“La genziana o il centerbe?”
“Il genepì, dici che potrebbe aver influito quello?”
“Infatti, non sei abituata ai gusti di montagna”
“No, ma non credo perché Cirilla mi stava giusto raccontando di quei nigeriani sai quelli che abitano dietro all’ex abbazia?”
“Sì?”
“Pare che il nipote abbia preso a palate lo zio per motivi veniali”
“Caspita e Cirilla ti ha anche detto quale pala avrebbe utilizzato?”
“No ma se vuoi glielo chiedo; che differenza fa?”
“Fa la differenza che li conosco, vanno a scuola col figlio della fioraia”
“Ma davvero? Oh santa pace”
“Sì e stamattina li ho visti andare a scuola e il nipote brandiva la terribile arma”
“Ah ma allora sono proprio barbari! Ma scusa come faceva lo zio a camminare se è stato ucciso?”
“L’arma in questione è una paletta da spiaggia e il nipote frequenta la prima elementare”
“Oh e allora l’empatia?”
“Dev’essere stato il genepì, adesso per favore saluta la peste e vieni a spupazzare un po’ tua nipote”


34.

La Capitana si era svegliata di ottimo umore. Aveva dormito otto ore filate, senza la minima interruzione, un sonno tranquillo e placido, non corredato da incubi, sogni sgradevoli e ancor più snervanti telefonate nel cuore della notte per qualche retata o peggio.
La passeggiata mattutina e l’allenamento ginnico serale l’avevano aiutata a sudar via tutte le tossine, si era anche concessa un bagno caldo con oli aromatici e i Genesis in sottofondo.
Una vera pacchia.
Aveva preparato e gustato in santa pace una lauta colazione a base di frutta fresca, yogurt biologico di malga, estratto di sedano, zenzero e carote, caffè verde.
Si era comodamente dedicata alla toilette mattutina ed era uscita per recarsi in caserma. Non se la sentiva ancora di andare a lavoro a piedi, i sensi ancora allertati dall’abitudine. Nello stereo la voce ferma e risoluta la aiutava a concentrarsi e focalizzare le sue energie sul presente. Un brivido leggero di pura contentezza le attraversò la schiena.
Quando si era arruolata pensava di amare la disciplina, l’azione. Voleva dimostrare a sé stessa e agli altri, al mondo intero, di essere una tosta, coraggiosa e molto più forte degli uomini, consapevole della forza evocativa del suo nome.
Le ci erano voluti parecchi anni per capire che la vera forza è nella costruzione quotidiana della pace e nel frattempo era diventata talmente brava da essere impiegata in missioni sempre più orrende e difficili fino al momento in cui aveva detto basta.
I suoi superiori le avevano chiesto che premio avrebbe voluto, immaginando che avrebbe chiesto di essere trasferita nei servizi, il coronamento di una carriera, avanzamenti di grado e stipendio, una vita in azioni tumultuose. Le avevano anche fatto intuire una qualche remota possibilità di entrare all’ESA, il suo desiderio più grande sin da quando era in fasce.
Li aveva spiazzati.
Aveva ringraziato, commossa, si era sincerata di poter chiedere ciò che davvero voleva e si era lanciata in un discorso sull’importanza del suo lavoro.
Loro avevano gongolato alle sue parole e trasecolato alla richiesta, semplice, di essere inviata in un luogo dove non accadeva mai niente, un posto tranquillo dove la preoccupazione maggiore fossero le previsioni meteorologiche.
Avevano dovuto accontentarla. 


35.

"Cirilla?"
"Priscilla carissima, dimmi"
"Ho saputo della Capitana"
"Oh, sì, l'abbiamo anche incontrata"
"Davvero? Che tipo è?"
"Ma guarda non saprei esattamente come descriverla"
"Beh, una che intraprende la vita militare e"
"E viene qui, insomma dai"
"Ma infatti aveva insospettito anche me. Pensi che l'abbiano spedita qui per qualche punizione?"
"Non saprei, non si può dire che sia un'evoluzione proprio normale di una carriera ma magari ha incontrato qualche forma di discriminazione"
"Col cognome che porta?"
"Potrebbe essere un'omonimia"
"Uhuh. Come ti è sembrata?"
"Se ti devo proprio dire... senza infamia e senza lode. Aspettiamo di vederla in azione"
"In azione? Perché è successo qualcos'altro?"
"Ah non hai saputo?"
"No dimmi tutto"
"Hai presente il bell'Antonio?"
"Quello che diceva di aver portato in viaggio di nozze l'amante e invece era con la famiglia della moglie al gran completo e pare che lei gli abbia preferito metà dell'equipaggio?"
"Ma non esagerare, soltanto il marconista e il comandante"
"E anche un cuoco se non ricordo male"
"No, era il dottore di bordo"
"Che perfida, magari erano pure andati all'università insieme"
"Eh ma comunque lui s'è rifatto poi"
"Sì, le sopracciglia..."
"Anche quelle"
"Mbe' che è successo?"
"Lo sapremo presto e la Capitana stavolta avrà un bel daffare"
"Cirilla, quasi dimenticavo, ora devo uscire, poi mi racconterai. Potresti darmi il numero dell'omeopata?"


36.

Se Priscilla non era rimasta con lei al telefono con una notizia tanto sensazionale, qualcosa le stava decisamente sfuggendo di mano.
Questa storia di nipoti, pannolini e cacchette aveva fatto rimbambire i suoi amici.
Bisognava in qualche modo porre rimedio.
Avrebbe dovuto escogitare qualcosa.
Sì, ma cosa?
Il bell’Antonio, così soprannominato in onore del personaggio dell’omonimo libro di Vitaliano Brancati, era un miles gloriosus, uno che amava vantarsi di conquiste e amori e che aveva preferito indossare il famigerato cappello a sonagli piuttosto che disconoscere la figliolanza. Non si poteva dire che gli somigliassero e dalla madre non avevano ripreso pressoché niente, se non forse il carattere. Erano fotocopie, cloni di quei rispettivi, ignari, sperava per lo meno, padri effettivi. La festa del Papà, il giorno di San Giuseppe, lo metteva irrimediabilmente di pessimo umore. Le zeppole erano il suo dolce più inviso, non ne voleva neanche sentire l’odore. In paese aveva costruito abilmente una immeritata fama di dongiovanni e Cirilla non aveva resistito a saperne di più. Si era ingegnata così da far incuriosire una sua lontana conoscente, donna piuttosto estranea alle chiacchiere paesane, forestiera con il gusto della provocazione e una certa voglia di sperimentare cose, e uomini, nuove con buona pace del suo consorte che la riteneva una morigeratissima donna tutta casa e chiesa, talmente impegnata nelle pratiche spirituali da assentarsi costantemente per qualche ritiro in conventi e monasteri di cui, effettivamente, conosceva i segreti essendo laureata e specializzata in storia dell’arte medievale. A suo dire il bell’Antonio era esattamente un vantone, uno che, tecnicamente, non avrebbe potuto mai cornificare la moglie, seppur fosse un ‘uomo polipo’ come lo aveva definito la sua amica. Viscido, tentacolare, mollemente sgradevole, vigliacchetto.
I manifesti delle onoranze funebri non erano ancora apparsi ma Cirilla aveva avuto la notizia da fonte certa e tutte le sirene che si erano sentite nella notte non lasciavano dubbio alcuno.
Era stata tentata di chiamare un suo amico giornalista di cronaca nera ma, dopo il liscebusso della Capitana, aveva preferito aspettare l’evolversi degli eventi.


37.

Forse aveva osato troppo sfidando il suo fato fino a quel punto ma non aveva proprio resistito alla tentazione di entrare nel negozio di articoli da giardino e acquistare l’occorrente per coltivare l’orticello.
Gli addetti dell’agricola l’avevano guardata in tralice pensando che forse volesse qualche informazione che non avevano. Con un cenno impercettibile fu il fratello più scaltro ad occuparsi di lei.
“Buongiorno Signora Capitana, che onore, cosa possiamo fare per lei?”
“Buongiorno, non sapevo di essere già conosciuta in paese”
“Beh, sa, una Capitana non è una cosa che si veda tutti i giorni, poi ha un nome che da queste parti vuol dire ancora qualcosa”
“Per me vuol dire molto, sono molto affezionata alla mia ava”
“A maggior ragione sono lieto di averla qui, come posso servirla?”
“La ringrazio. Vorrei coltivare un orto ma non ho molta dimestichezza, potrebbe indicarmi gli attrezzi necessari?”
“Deve fare trattorare il terreno e per quello, se vuole, possiamo pensarci noi. Poi dovrà acquistare zappa, guanti, tubo, telo e piantine per iniziare. Le serviranno anche delle forbici per la scacchiatura e una prima potatura, canne, eventualmente la rete, concime, laccetti di metallo ricoperti di plastica e raffia. Stivali o zoccoloni di gomma. Le consiglio anche questo libro che potrà aiutarla a scoprire i rudimenti dell’orticoltura.”
“Va bene, grazie”
“Allora, per trattorare ci pensiamo noi?”
“Sì, grazie, le scrivo qui l’indirizzo e il numero di telefono. Se non le rispondo può chiamare in caserma, aspetti che cerco il numero in rubrica”
“Il numero della caserma ce l’ho”
“Ah beh, sì, non ci avevo pensato”
“Signora Capitana?”
“Mi dica… aspetti un attimo, devo rispondere al telefono. Pronto? Mi dica…. Ah…. Va bene…. Ma non è come l’altra volta?... Uhm vediamo, lei intanto segua la procedura d’ufficio… Sì, arrivo”
38.

Tornando in caserma, la Capitana aveva trovato i suoi sottoposti intenti a studiare i manuali d’ordinanza.
Era più che evidente che non volevano sbagliare la procedura ma non l’avevano mai messa in pratica e quelli che ricordavano un passato in un qualche altrove in cui ciò era accaduto temevano che l’iter fosse cambiato.
Aveva faticato non poco a trattenere il sorriso sghembo che le stava affiorando tra le guance: l’avevano davvero mandata in un posto in cui non succedeva, o meglio, non era mai capitato niente che potesse essere considerato parte della sua vita precedente.
Più che una caserma sembrava una biblioteca in cui un gruppo di studenti intenti a prepararsi per qualche esame stessero scartabellando manuali e tomi, cercando di confrontare i risultati delle loro ricerche.
Salutò e chiese al brigadiere di chiamarle l’appuntato più giovane senza lasciargli il tempo di trovare una spiegazione plausibile alla mancata, fino a quel momento, apertura della pratica burocratica.
Il ragazzo entrò alquanto intimidito nel suo ufficio.
Si guardò intorno sperando che l’uniforme fosse a posto, cercò di ricordare i vari passaggi per un saluto perfetto, non ricordava se avrebbe dovuto sorridere oppure no. Nel dubbio, atteggiò la bocca ad una specie di ghigno, come aveva visto fare a Marlon Brando nei film che guardava con suo nonno.

“Comodo, comodo. Sa utilizzare un computer?”, domanda retorica con, sperava, risposta affermativa, ad occhio e croce doveva essere uno di quelli che vengono definiti ‘nativi digitali’.
“Signorsì Signora Capitana”
“Bene, allora mi scarichi, per cortesia, i modelli che trova su questa pagina e me li porti compilati e controllati dal brigadiere. Vada”
“Signorsì Signora Capitana”
L’appuntato uscì dalla stanza senza riuscire a trattenere un sorriso radioso, tra le dita stringeva il prezioso foglietto con i moduli da scaricare e compilare per seguire la procedura nel modo corretto.
Le teste impegnate a scartabellare libri e codici respirarono vedendo che brandiva il prezioso pizzino.


39.

“Sigfrido carissimo, che gioia vederti. Sei stanziale o sei stato catturato da qualche nipotastro anche tu?”
“Ciao Cirilla, veramente sono venuto a prendere un nipotastro, come lo chiami tu”
“Ah sì? Tua figlia ti lascia prendere con te un pargolo?”
“Cirilla, perdi colpi avrai mica bisogno di una revisione? AHAHAHA”
“Ma figurati, no è che non so se hai saputo chi è arrivato in paese”
“No, chi è arrivato?”
“Rosa Lia Montmasson”
“Cirilla va bene che siamo nonni ma non sono Matusalemme. Tuoni d’Amburgo, è vissuta nel 1800 e qualcosa”
“E dev’essere una qualche nipote o pronipote anche lei… scusa ma quale nipote devi prendere e per quale motivo?”
“Lo scavezzacollo. La madre vuole dargli un’aggiustatina e ha deciso di spedirlo in collegio. Gli ho promesso che l’avrei salvato e lo porto in viaggio con me, roba di pochi giorni e così la piccoletta potrà godere della presenza della nonna visto che ce l’hanno chiesto espressamente. Altrimenti poi sai che noia… rischierebbero di rovinarci l’estate AHAHAH”
“Che vuol dire che lo porti in viaggio con te?”
“Vuol dire che ho comprato il casco, la tuta protettiva per lui e lo porto a fare un viaggetto on the road. Magari si svaga un po’ e abbassa la cresta”
“È così tragica?”
“E non è ancora adolescente. Dimmi di questa Montmasson”
“Ma niente, sai, pensa di sapere tutto lei e allora io non la chiamo nemmeno”
“Per cosa la dovresti chiamare?”
“Sai il Bell’Antonio?”
“Be’? La moglie è incinta di nuovo?”
“No, ormai… dev’essergli capitato qualcosa di terribile”
“Vuoi che m’informi?”
“Magari”
“Aspetta faccio un paio di telefonate. C’è un posto tranquillo?”
“Sì, di là, io intanto ti preparo una birretta e un paio di wurstel vegani”


40.

I moduli erano stati correttamente scaricati e compilati, come richiesto dalla Capitana. Il brigadiere mandò l’appuntato a consegnarli brevi manu all’autorità competente per la firma.
Lei ringraziò facendo ben attenzione a rimanere assorta tra alcuni incartamenti con aria pensosa per evitare di esplodere in un radioso e soddisfatto sorriso di serena felicità.
Quanto aveva odiato quelle scartoffie nella sua vita precedente! Pile e pile di moduli da compilare che non servivano ad altro, pensava, che a creare quei vizi di forma in cui si incuneavano i bravi avvocati per tirare fuori i delinquenti che se ne potevano permettere la consulenza.
Con gli anni aveva dovuto imparare ad utilizzare un linguaggio criptico, lasciando adito alle interpretazioni più disparate, in base a quanto in alto arrivavano le parcelle e le spintarelle, e dunque a quale mole di seccature avrebbe dovuto affrontare dopo averli ‘assicurati alla giustizia’. La quale giustizia, però, non sempre rispettava il sacro principio di eguaglianza sancito, inter alia, dall’articolo tre della Costituzione della Repubblica italiana e così le era accaduto di dover smussare le parole fino a far diventare le frasi delle biglie in cui fosse possibile riscontrare vizi di forma soltanto nel caso di patente malafede da parte di qualche giudice o ministro.
Ora le sembravano oggetti di rara bellezza burocratica in cui era possibile far scivolare le sue biglie come in una pista ben costruita con la sabbia compatta.
Le venne in mente il mare, avrebbe ripreso il corso di vela, forse.
Controllò gli incartamenti, corresse alcune imperfezioni, richiamò l’appuntato per consegnarglieli e chiedere di convocare una riunione operativa. L’appuntato scattò sull’attenti e nel giro di pochi istanti tutta la caserma tranne chi era di turno in portineria si precipitò nel suo ufficio con la curiosità per qualcosa di sensazionale.
“Chi conosceva il de cuius?”
“Signora Capitana, il de cuius era piuttosto conosciuto in paese”
“Bene, questa è una riunione operativa informale, quindi non stileremo un verbale ma dovremo essere il più possibile pronti ad esaminare qualunque possibilità. Non deve essere tralasciato neanche il più piccolo particolare, ciò che sembrerebbe insignificante e poi dovremo aspettare i risultati da parte dell’istituto di medicina legale, prima di poter asserire che è un caso di nostra competenza.”
Iniziò a parlare il brigadiere, poi seguirono tutti gli altri, in ordine di grado, dunque la Capitana decise che avrebbe fatto una passeggiata per raccogliere le idee, disse, ma in realtà aveva altre intenzioni. Salutò, uscì e chiamò Cirilla.

“Signora Capitana, quale onore”
“Buongiorno, è libera? Può offrirmi un caffè?”
“Ora? Sì, qui c’è un mio caro amico cui stavo giusto preparando uno snack a base di birra e wurstel vegani”
“Wurstel vegani ha detto?”
“Sì sono gustosi”
“Posso sfacciatamente invitarmi? Ho un certo appetito”
“La aspetto”. Cirilla posò il telefono gongolando di pura soddisfazione e felicità, i wurstel erano quasi pronti, aggiunse un paio di focaccelle e qualche sfizietto.


41.

La Capitana arrivò con un tempismo perfetto, Cirilla aveva appena finito di preparare e Sigfrido di telefonare.

“Buongiorno Signora Capitana, a cosa devo questo onore?”
“Buongiorno, mi chiami Rosa Lia, vorrei, se non sono inopportuna, porle alcune domande su una persona che pare abbia trascorso una nottata piuttosto movimentata”
“E lei mi chiami Cirilla, lui è il mio amico Sigfrido, nonno motociclista”
“Piacere, ho visto la moto qui fuori, niente male”
“Piacere, se ne intende?”
“Ho un passato da motociclista, tra le altre cose”
“Viaggi o corse?”
“Corse”
“Io sono un viaggiatore, adesso mi sto preparando per un viaggio con mio nipote, non vedo l’ora”
“Quanti anni ha?”
“Il nipote? Adesso si dice ‘tween ager’, è in piena fase preadolescenziale”
“E ha già bisogno di essere portato in viaggio dal nonno?”
“Tende ad alzare la cresta un po’ troppo, la madre vorrebbe mandarlo al collegio militare prima che prenda una brutta strada”
“Fa bene a portarlo in viaggio, crescerà e capirà, le piace la musica?”
“Alquanto”
“Lo porti anche ad un concerto, non se lo scorderà mai. Mia nonna fece lo stesso con me: è il ricordo più intenso della mia gioventù”
“Possiamo fare qualcosa per lei, Rosa Lia?”
“Sì Cirilla, vorrei sapere che cosa ha scoperto sulla persona che ha avuto una notte movimentata”
“Non saprei di chi parla”
“Oh sì che lo sa Cirilla, la mia è una conversazione molto informale, mi aveva promesso wurstel vegani o sbaglio?”
“Non sbaglia. Non so se stia parlando del Bell’Antonio”
“È alquanto probabile che quello fosse il suo soprannome, vedo che ci capiamo alla perfezione. Sono squisiti.”
“Grazie. Ne stavamo casualmente parlando con Sigfrido che ha appena effettuato alcune telefonate a suoi amici bikers per informazioni su… “
“Sul prossimo motoraduno, Cirilla. Cosa ha saputo Sigfrido?”
“Pare che non sia successo niente”
“Lo sospettavo. Chi avrebbe avuto interesse ad inscenare un atto di deliberata violenza?”
“Forse proprio lui”, Cirilla aveva mormorato
“Perché Cirilla?”
“Ecco, lui aveva la fama di dongiovanni e teneva molto a questa sua notorietà ma pare che non fosse vero niente o meglio non era tecnicamente possibile che lo fosse, mentre la moglie taceva e agiva, non so se mi spiego”
“Benissimo”
“Negli ultimi tempi, mi ha detto un mio amico biker che lavora in un ospedale ma non le dico quale, che ha un altro amico che ha un’amica, vabbe’ insomma per farla breve, pare che fosse molto malato e che avesse chiesto aiuto a quelli lì che in casi estremi ti danno qualche pillolina e via.”
“E perché avrebbe inscenato il massacro?”
“Per impressionare la moglie!” risposero in coro Cirilla e Sigfrido.
“E il paese in che modo si comporterà”, chiese quasi senza pensarci
“Si indignerà, tutti quanti metteranno l’abito elegante riposto nell’armadio per una buona occasione e rispetteremo le ultime volontà del Bell’Antonio”, rispose metallicamente Cirilla.

Rosa Lia Montmasson ringraziò, salutò e uscì pensando a come avrebbe dovuto modellare le sue biglie di parole nel rapporto da stilare dopo l’esame autoptico.


42.

Più che camminare si poteva avere l’impressione che Ubaldo stesse trotterellando per la gran gioia, al seguito aveva un trolley e un carrellino per la spesa con le ruote. Aveva deciso di dare ascolto ai suoi bioritmi preferendo una sana passeggiata ad un tragitto, seppur breve, in automobile. La sua amatissima compagna aveva da fare quella mattina. Non che non condividesse con lui la gioia assoluta di essere nonni ma era sempre stata uno spirito libero, poco incline ad occuparsi di questioni, diciamo così, casalinghe. Su questo, e su moltissimi altri punti, avevano trovato un accordo perfetto: uno tra i libri preferiti da Ubaldo era La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene di Pellegrino Artusi e aveva una vera e propria passione per i lavori manuali, dal ricamo alla maglia. Adesso è considerato normale per un uomo avere questo tipo di interessi ma quando era più giovane aveva dovuto lottare contro non pochi pregiudizi.
“Ubaldo, carissimo!”
“Domitilla, che piacere”
“Dall’odore di ciambellone appena fatto non mi è difficile indovinare dove stai andando”
“Li coccolo un po’…sai com’è, adesso ho un po’ più di tempo e”
“Anch’io li vizio spudoratamente. Posso venire con te così mi presenti questa meraviglia di nipote?”
“Sì, saranno felicissimi di vederti.”
“Ubaldo, per caso sai niente della nuova Capitana?”
“Ah, è già arrivata?”
“Ehm sì…”
“Rosa Lia Montmasson?”
“Sì, proprio lei, la conosci?”
“Più che altro conosco bene la sua famiglia. È ancora attaccata alla gonnella di sua nonna?”
“La nonna?”
“Oh sì, suo padre, anche sua madre a dire il vero, si lamentavano sempre perché a quanto pare dava soltanto ascolto a lei. Una di quelle donne piccole e caparbie che tendono ad imporre la loro volontà a suon di occhiatacce e parole di comprensione. Le ha inculcato un eccessivo senso del dovere, o almeno così mi dicevano, e lei non ha saputo, più di tanto, godersi la vita.”
“Ma pensa te… senti c’è un gruppo di meditazione il prossimo weekend. Ti va di venire?”
“Con piacere anche se sinceramente mi sento al centro del mio potere personale”
“A chi lo dici! Ho provato a fare un po’ di training autogeno e non sono arrivata neanche al primo chakra per la voglia di vedere quegli impiastri”


43.

Drusilla era riuscita a passare dall’impegnatissima figlia e finanche, miracolosamente, a farla rilassare al punto da annullare molti degli impegni che si era prefissata per dimostrare all’universo intero, e soprattutto a sé stessa, di essere forte e non aver bisogno di niente e nessuno. Diventare madri è quanto di più naturale esista ma è bene tenere il passo con la modernità, essere sempre pronte ad agire nel modo più giusto e perfetto.
Le aveva accarezzato dolcemente il collo come soltanto lei sapeva fare, l’aveva abbracciata stando attenta a tutte le prescrizioni e premure filiali, si era occupata di lei fino a farla addormentare con tanto di bebè al seno.
Si era anche occupata di abbassare le suonerie telefoniche e di prepararle qualcosa di buono. Aveva chiesto al marito di andare a comprare qualcosa, le aveva stampigliato un bacio sulla fronte senza svegliarla ed era uscita lasciandole un biglietto di buona giornata con tanti fiorellini, cuoricini e animaletti vari.
“Ciao piccolotte
Siamo usciti, dormivate così bene
Nel forno c’è una sorpresa per te e in frigo un po’ di spesa
Chiama quando ti svegli se ti serve qualcosa
Bacioni bacioni Smack smack
Mamma e Papà”

Ora potevano anche andare a fare una passeggiata.


44.

Malvina non aveva davvero tempo da sprecare ma una bella chiacchierata con Cirilla non se la sarebbe persa per niente al mondo, soprattutto dopo i recenti accadimenti e l’arrivo in paese della Capitana. Senza indugio, dopo aver preparato tutto il preparabile e qualcosa in più, tra cui una squisita crostata con la marmellata di lamponi e la pasta di nocciole dai Monti Cimini, abilmente caricata nel suo cestino di vimini intrecciato a mano protetto da un centrino di merletto della sua prozia, inforcò la bici e si avviò verso la casa della sua amica.
Lungo il percorso incontrò Drusilla, notoriamente una golosona.

“Malvina ciao, che spettacolo questo centrino”
“Ciao Drusilla, sapessi che c’è dentro!”
“La tua crostata con la marmellata di quei lamponi che abbiamo raccolto l’estate scorsa sui Cimini?”
“Ci ho aggiunto anche la pasta di nocciole cimine”
“…”
“Sto andando da Cirilla, vuoi venire con me?”
“Se mi fai assaggiare quella prelibatezza, assolutamente sì”
“Sai niente di questa nuova Capitana?”
“Da quello che ho capito sembra una persona in gamba, ma parliamo di cose serie: la famiglia?”
“Stiamo tutti bene, sai tutti sotto lo stesso tetto, come piace a me. li vizio, li coccolo ma per lo meno non mi angustio. Se hanno mangiato o non hanno mangiato, se sono tornati a casa o meno. E non sto tutto il giorno al telefono. I nipoti invece di guardarli in foto li guardo dal vivo”
“Io sono appena uscita, le ho lasciate addormentate”
“Sei riuscita a far addormentare tua figlia? E come hai fatto?”
“Segreti di mamma e adesso pure di nonna”

Drusilla e Malvina scoppiarono in una risata che le fece tornare bambine.


45.

Camilla si soffermò a guardare gli annunci funebri, un’abitudine che aveva sin da piccola, non le era mai sembrata macabra, era quasi un istinto per lei, chissà perché.
Stavolta ebbe un sussulto. Conosceva il volto sul manifesto, lo aveva visto sorridere nel centro medico dove soleva andare a fare i check-up durante i mesi della prevenzione.
Il dottor Esculapio Ciudada scherzava sempre, la battuta pronta, la prendeva in giro dicendole che lei stava sempre bene perché non saltava neanche un controllo generale. Camilla rispondeva lusingata che in realtà era l’attività fisica, cercando di condire l’affermazione con un po’ di malizia che rasentava la scaramanzia e un velato rimprovero nei confronti del marito: doveva pensare lei a tutto, anche a prendere appuntamento per le sue visite, lui altrimenti non si sarebbe minimamente interessato allo stato della sua salute. La faccia sorridente le diceva che se le persone fossero state tutte tanto previdenti lui avrebbe potuto andare in vacanza molto più spesso, poi alzava il dito, l’indice, e aggiungeva che ascoltare le mogli è sempre bene, tanto loro hanno ragione per definizione.
Era una specie di canovaccio da commedia dell’arte, ripetuto con qualche variante tutte le volte che si recavano lì.
Vedere quell’esposizione semicircolare di denti perfettamente allineati e talmente bianchi da evocare inevitabilmente le pubblicità di dentifrici incorniciata da una doppia riga nera e accompagnata da parole che invitavano ai funerali, sinceramente le sembrò fuori luogo.
Per quale motivo una persona tanto salutista, sportiva e attenta al proprio benessere aveva interrotto il gradevole scorrere della propria vita, che si sarebbe potuta definire di modesto successo, tanto presto? Doveva esserci qualche spiegazione.
Era certa che si sottoponesse regolarmente ai controlli periodici e i suoi sessantacinque-settanta anni se li portava piuttosto bene.
Questa storia doveva essere chiarita.
Ne avrebbe parlato con Priscilla.  



46.

“Priscilla carissima, ciao, hai da fare oggi?”
“Camilla, ciao, veramente sono un po’ presa da questioni familiari.”
“Tutti bene?”
“Oh sì, voi?”
“Sì, grazie, le solite questioni nonnesche.”
“Uh, sono terribili, non me ne parlare”
“E dai che è anche una gran soddisfazione”
“Sì sì per carità non lo nego ma…”
“… sono altre generazioni”
“No ma che c’entra, io capisco benissimo le esigenze delle persone giovani e anche giovanissime e poi non siamo mica antiquate. Tra l’altro il mio corpo è un orologio svizzero, lo controllo periodicamente e…”
“Ecco, anch’io, vedi, ho appena finito gli screening del mese della salute della donna.”
“Dove l’hai fatto?”
“Al centro Salute e Benessere, lo conosci?”
“Anche io vado sempre lì. Sono cordiali, accurati e molto veloci nelle risposte”
“Conosci il dottor Esculapio Ciudada?”
“Sì, è tanto carino, sorride sempre”
“Ho letto il suo nome sui manifesti funebri”
“Ma non è un po’ troppo giovane per essere morto?”
“Già e mi sembrava una persona particolarmente attenta alla sua salute”
“Uhm, faccio un giro di telefonate, che ne dici di prendere un estratto di frutta nel nuovo bar nella piazzetta vecchia nel pomeriggio, verso le sei?”
“A dopo”


47.

“Geremia carissimo, che mi dici di bello?”
“Cirilla, che sorpresa. Tutto bene, grazie. Beh, che sono diventato nonno lo sai”
“Un’emozione enorme eh?”
“Indescrivibile, anche per te è la stessa cosa?”
“Scherzi? Essere nonni è splendido”
“Già, mi sento ringiovanito. Pensa che sono andato a fare le analisi. Quando mi hanno visto al Salute e Benessere mi hanno pure preso in giro, dicevano che dovevo diventare nonno per andare a farmi le analisi. Ma secondo me avevano voglia di rivedermi. Mi hanno chiesto di vedere le foto, ce ne ho giusto una presa in ospedale, dice che con questi telefonini che sono connessi, ma che ne so. Mo’ me la faccio stampare e me la porto in giro con tutta la cornice.”
“Eh sì fanno un sacco di storie i genitori di oggi”
“Uh e non devi dare i bacetti e non devi toccarli sul viso, hanno ragione però.”
“Geremia tu lo conosci Esculapio Ciudada?”
“Sì Cirilla e se pensi che non sia deceduto di morte naturale potresti anche averne ben donde”
“Ah”
“Era in forte contrasto con la parentela”
“Il fratello e la sorella?”
“Già.”
“Sulla gestione del centro medico?”
“Eh sì. Lui era un pezzo di pane, anche quando lavoravo lì, se avevo un problema mica andavo da loro, parlavo sempre con lui e una soluzione si trovava.”
“Cosa pensi potrebbe essere accaduto?”
“Non lo so Cirilla, ma i dissapori tra loro erano molto forti e mentre lui teneva a noi, quegli altri due, quando lavoravo lì, erano interessati soltanto alla borsa firmata, all’orologio d’oro, insomma sai com’è”
“E pensi che…?”
“Cirilla, io non penso niente. Tanto l’autopsia l’hanno fatta internamente e il funerale lo fanno dopo due, anziché tre, giorni e pace all’anima sua.”
“Ma se ci fossero degli elementi per iniziare un’indagine forse”
“Cirilla, non ti mettere strane idee in testa. È andata lì anche la Capitana, hai presente?”
“Be’?”
“Be’ pare che abbia capito tutto ma, siccome non è una sprovveduta ha pure compreso che avrebbe dovuto far buon viso a cattivo gioco, ora ti saluto ché i miei doveri di nonno mi chiamano”
“Ciao Geremia.”


48.

Nonno Caboto e Nonna Colomba avevano proprio voglia di fare una bella passeggiata.
Erano andati in edicola ad acquistare il giornale, quello con l’inserto, poi si erano incamminati verso il loro bar preferito.
Andavano lì da tanti anni, sempre con l’intento di fare colazione. I cornetti erano buoni e soprattutto facevano le ciambelle espresse, glassate, farcite o semplici con vari tipi di zucchero. Insomma c’era l’imbarazzo della scelta.
Chiesero un frullato di fragole e banane e uno di pesca e lampone, una ciambella con i mirtilli rossi e un’altra con le amarene e crema chantilly.
“Una grattugiata di cioccolato amaro su amarena e una di bianco sui mirtilli?” chiese il barista indovinandone i gusti.
I due annuirono all’unisono, contenti di essere stati capiti in quel momento di deroga a qualunque dieta. Solitamente erano abbastanza attenti al mangiare, controllavano la provenienza, coltivavano l’orto, si rifornivano da macellaio e ortolano di fiducia e quando decidevano di gustare qualche golosità non badavano alle calorie.
Lucio Sergio Catilinario era sempre contento di vederli, gli facevano tenerezza e con loro osava sperimentare gusti nuovi, abbinamenti insoliti che lo inorgoglivano. Due clienti così erano perfetti per il suo bar e rispettava appieno il loro bisogno di coccolarsi con qualcosa di buono, di quando in quando.
Presentò i frullati, li aveva fatti nei bicchieri per i clienti affezionati, con un disegno che si poteva vedere soltanto avvicinandoli, cosa che mandò in brodo di giuggiole i due, e tagliò le ciambelle in quattro, incastrandole e alternandole a formare un fiore.
Ringraziarono, sorrisero soddisfattissimi e trascorsero un’oretta a leggere, e commentare, il giornale.


49.

Nonno Caboto ebbe uno strano presentimento, guardò Nonna Colomba negli occhi, le accarezzò la mano e chiese a Lucio Sergio Catilinario se ci fosse qualcosa che lo preoccupasse.
Il barista sorrise e chiese loro di tornare la sera, dopo l’aperitivo. Aveva una gran voglia di parlare e sapeva che loro non avrebbero mai spifferato ad alcuno quello che gli appesantiva l’umore da qualche tempo.
Non avrebbe mai avuto il coraggio di parlarne con sua moglie, Emilia Orestilla, donna dal carattere all’apparenza mite ma in realtà spesso agitata da sentimenti alquanto oscuri.
Li salutò con una inconsueta placidità nello sguardo.
Loro uscirono soddisfatti e con la sensazione di aver avuto una buona idea quella mattina.
Trascorsero la giornata occupandosi gaiamente di nipoti e questioni familiari.
Erano piuttosto indecisi su un paio di completini che avrebbero voluto acquistare per i nipotini, dovevano affrontare il ben noto dilemma gemellare: sarebbe stato meglio un motivo diverso, la stessa fantasia con colori diversi oppure con gli stessi colori?
Non avevano intenzione alcuna di recarsi al centro commerciale, c’era troppa confusione, per cui optarono per il centro città.
Pensarono che sarebbe stato piuttosto caotico, dunque ne approfittarono per andare a fare una gita in una cittadella a neanche un’oretta di macchina dove avrebbero trovato facilmente parcheggio, varietà di negozi e forse avrebbero anche fatto in tempo a fare un bagnetto alle terme.


50.

Le ore nel bar erano volate. Lucio Sergio Catilinario sorrideva come non faceva più da molto tempo e aveva allietato la clientela con lazzi e battute.
Tutto sembrava filare liscio quel giorno.
A dire il vero capitava spesso che ciò accadesse quando c’erano di mezzo Nonno Caboto e Nonna Colomba. Avevano la capacità innata di far stare bene le persone e ovunque si recassero si creava, quasi per magia, una specie di armonia difficile da descrivere. Probabilmente si amavano a tal punto da effondere amore e serenità anche agli altri.
Era quasi giunta l’ora di chiusura. Aveva avvertito Emilia Orestilla all’ora di pranzo dicendole che forse avrebbe fatto un po’ più tardi del previsto, non avrebbe dovuto preoccuparsi se non fosse tornato all’ora di cena.
Nonno Caboto e Nonna Colomba si presentarono all’ora dell’aperitivo, calcolata in base all’usuale orario di chiusura del bar: ognuno mangia all’ora che preferisce e di conseguenza l’aperitivo può essere un tempo variabile nell’arco della giornata.
Lucio Sergio Catilinario li salutò appena li vide arrivare, chiese loro informazioni sui nipotini e si mise a chiacchierare delle difficoltà nel gestire i gemelli.
“Uno è già un grande impegno”
“Sì ma deve vedere che gioia”, rispose Nonna Colomba
“Lucio, Cos’è che la preoccupa?”, chiese a bruciapelo Nonno Caboto
“Ecco, vedete, beh a voi non si può proprio nascondere niente. Il fatto è che Marco Tullio Arpino da qualche tempo snobba il mio locale e questo mi porta via parecchia clientela. Ha addirittura portato due autobus di turisti nel bar di fronte e continua a consigliare di andare da loro anziché venire da me. Pare che stia mettendo in giro delle voci su di me, anche se sono menzognere, in paese si fa presto a far breccia nel cuore del pregiudizio e allora basta una parola storta, magari detta in un momento di rabbia, accompagnata da una costruzione ben architettata di menzogne, e mi fanno passare da ‘mostro’ cattivo. Io per questo la notte non dormo più”
“Ha provato a parlarne con Emilia Orestilla?”, chiese Nonno Caboto
“Lei che dice?”, incalzò Nonna Colomba come se la risposta fosse ovvia
“Ecco, no. Non me la sento proprio di parlare con lei. Io capisco che per voi potrebbe sembrare assurdo…”
I due annuirono con gli occhi spalancati
“…ma il fatto è che non siamo tutti quanti uguali. Voi vi amate molto ma non dovete pensare che sia la stessa cosa per chiunque”
“Cosa le fa credere che Marco Tullio Arpino stia cercando di metterle i bastoni tra le ruote?”, chiese Nonna Colomba
“Mi sono giunte voci e poi il bar è vuoto da qualche tempo”
“Come possiamo aiutarla?” chiese Nonno Caboto che era sì preoccupato per ciò che angustiava il barista ma stava anche pensando alla cena, visto che il suo stomaco stava brontolando alquanto.
“Potreste provare a parlare con lui e sapere se è vero che si sta comportando in questo modo e perché?”
“Va bene, faremo il possibile” risposero in coro, quindi salutarono il barista e uscirono tutti e tre.


51.

Mentre ragionavano sul da farsi Nonno Caboto e Nonna Colomba si erano avveduti che ormai era tardi per preparare un buon pasto e decisero di provare un nuovo, si fa per dire, ristorantino aperto nel centro storico. Cirilla gliene aveva parlato bene e volevano provarlo da parecchio tempo.

Camminando si erano imbattuti nella Capitana che quella sera non aveva voglia di cucinare e voleva mangiare in un ristorantino carino. Non era sola, come l’avevano sempre vista tutti quanti, bensì in compagnia. La salutarono e si presentarono forse lei non ricordava: si erano incontrati durante una riunione dell’Associazione Monte Catillo.
“Mi ricordo di voi invece, sarà una deformazione professionale ma non scordo facilmente unn volto e voi sembrate due persone piuttosto particolari. Vi amate molto?”
“Oh sì e ci rispettiamo molto. Cerchiamo di coccolarci il più possibile.”, rispose Nonna Colomba
“Penso di poter parlare liberamente con voi. Possiamo sederci allo stesso tavolo?”
“Con piacere”, rispose Nonno Caboto
Si accomodarono, ordinarono cibo e vino e saltarono i convenevoli.
“Andrò subito al dunque: conoscete Marco Tullio Arpino? Si occupa di gruppi di turisti e simili attività”
I due annuirono
“Mi è giunta voce che da qualche tempo starebbe estorcendo denari a commercianti, esercenti, albergatori, gestori di agriturismi della zona con la promessa, fasulla, di lauti guadagni.”
Nonno Caboto e Nonna Colomba si guardarono, chiesero alla Capitana di seguirli immantinente e corsero verso il loro bar preferito.
Giunsero giusto in tempo: Marco Tullio Arpino e Lucio Sergio Catilinario stavano ridendo e si stavano spartendo l’illecito bottino ottenuto dalle estorsioni.




52.

L’incombenza di incontrare Cirilla era per Nonno Tancredi qualcosa di ineluttabile e gradita quanto stare in ginocchio sui ceci secchi, dopo qualche minuto cominciava a smaniare, guardava nervosamente l’orologio, sbuffava, tossicchiava ed era anche arrivato a fingere di starnutire sonoramente pur di attirare l’attenzione di sua moglie, che invece la trovava adorabile e non capiva per quale motivo si ostinasse a non volerne apprezzare le molteplici qualità.
Quello, però, doveva proprio essere il suo giorno sfortunato perché oltre a Cirilla, la cui presenza sarebbe bastata a rovinargli l’intera settimana, c’era anche Nonna Martina, che non perse l’occasione di tormentarlo un po’ appena sua moglie, con una scusa, si allontanò con Cirilla per chiacchierare con lei privatamente.

“Tancredi carissimo, che piacere vederti qui”
“Martina, piacere mio, vivissimo”
“Come va con la marmaglia?”
“La marmaglia?”
“Sì, la famigliola”
“Ah, tutti bene grazie, voi?”
“Ah tutto bene, questi genitori d’oggi sono un po’ pigri ma insomma”
“Eh, che ci vuoi fare, è un’altra tempra”

Nonna Martina era evidentemente nervosa e poco propensa alla solita conversazione, in altra occasione non avrebbe certamente lasciato cadere lì una frase del genere ma si sarebbe lanciata in un elogio delle doti di suo figlio, un vero genio quando raccontava le sue gesta ad altri e un cretino quando gli si rivolgeva direttamente, per spronarlo s’intende.

“Carissimi, sono così felice che siate qui, evidentemente siete riusciti ad evitare le pressanti richieste di figli e nipotini. Spero che i sandwich e il tè freddo siano di vostro gradimento… per caso conoscete Carlo Dimi e Mimì Velente?”
Nonna Martina rovesciò il contenuto del suo bicchiere sul centrino ad uncinetto e balbettò qualcosa di incomprensibile.
Tancredi non perse tempo, ben conoscendo le attività ‘collaterali’ di quei due palestrati, per stuzzicarla.
“Martina, che succede? Hai forse qualche conto in sospeso con loro?”
“Chi io? No ma che vai a pensare, è che”
“Giochi ancora a poker Martina?”, chiese quasi distrattamente Cirilla


53.

Carlo Dimi, talvolta chiamato Didimmi per una balbuzie che si evidenziava quando si emozionava -  anche se non si era mai ben capito cosa lo emozionasse, talvolta una canzone melodica, altre il pianto di un gattino e altre ancora qualche stortura nel modo in cui erano posizionati gli attrezzi nella sua palestra preferita – era un ginnasta appassionato con un senso della giustizia un po’ personalizzato, per utilizzare un eufemismo. Aveva una sua morale, anche rigida, e un suo codice etico non necessariamente condiviso dalle altre persone con cui si relazionava per un motivo o per l’altro.
Mimì Velente sapeva impressionare e non voleva mai far del male alla gente. Capitava, era capitato ma non di frequente. Aveva infatti trovato il modo di non utilizzare mai metodi che interferivano con i suoi bioritmi e i suoi esercizi quotidiani di respirazione e meditazione per trovare la pace interiore. Convintamente vegano e antispecista, ambientalista e pacifista era esperto di arti marziali e tecniche di rilassamento.
Nonna Martina amava giocare a carte, era socia e assidua frequentatrice del locale club del poker, non rinunciava mai neanche ad una riunione e spesso perdeva somme anche ingenti di denaro durante le partite presso il circolo, peraltro alquanto prestigioso, fondato, tra gli altri, anche da un suo lontanissimo parente che aveva preso parte alle lotte irredentiste durante il Risorgimento ed era stato un campione di palla col bracciale.
Nonno Tancredi infierì: “Martina raccontaci, siamo tuoi amici fidati, puoi parlare con noi, non devi sentirti in imbarazzo”
“Ha ragione Tancredi, orsù Martina dicci”
“Diciamo che li ho incontrati di recente e non è stato particolarmente piacevole”, rispose nervosamente.
Mentre conversavano più o meno amabilmente, il telefono di Nonna Cirilla squillò.


54.

“Salve Signora Capitana, posso fare qualcosa per lei?”
“Signora Cirilla..”
“Cirilla Cirilla”
“E allora lei mi chiami Rosa Lia”
“Va bene, se preferisce, Rosa Lia”
“Ecco, Cirilla, ha per caso preparato una merenda delle sue?”
“Giusto qualche sandwich, vuol passare?”
“Grazie, con piacere”
“A tra poco”
“A subito, sono proprio sotto al suo portone, anzi se mi fa la cortesia di aprire il portone non debbo neanche suonare il campanello”
“Ah, è già qui, va benissimo le apro subito, ci sono alcuni amici, spero non le dispiaccia”
“Se non disturbo”
“Assolutamente, le apro subito”
“Grazie”
“Carissimi amici, sta arrivando la Capitana, Rosa Lia Montmasson”

Nonna Martina guardò Nonno Tancredi con aria smarrita, poi sorseggiò lentamente l’acqua che Cirilla le aveva portato dopo aver asciugato il tavolino e strizzato il centrino.


55.

“Salve carissima Cirilla, spero di non aver disturbato”
“No, si figuri, sono qui con alcuni miei amici”
“Ormai conosco i suoi amici, tutte persone ammodo e sinceramente mi sento sempre bene quando esco da questa casa. Posso chiederle se per caso ha preparato un po’ di quello squisito tè freddo?”
“Certo lo porto subito”
“Signora Martina, del club del poker se non sbaglio”
“La signora Rosa Lia Montmasson se non erro”
“Già, sono contenta di trovarla qui e se non sono inopportuna vorrei porle alcune domande, curiosità ben s’intende, niente che possa in alcun modo essere utilizzato in un’indagine o in un’aula di tribunale”
Nonno Tancredi smise di sorridere dispettoso e cominciò a preoccuparsi. Era in pensione ormai ma non poté esimersi dall’intervenire in sua difesa.
“Mi scusi se mi intrometto ma fino a qualche anno fa ero colonnello, poi all’approssimarsi della pensione mi hanno promosso generale, sa, com’è d’uso, di prassi. Per quale motivo e seguendo quale procedura, o in base a quale ordine e mandato lei entra in una casa privata per chiedere informazioni e/o porre delle domande a chicchessia?”
Rosa Lia Montmasson si mise sull’attenti in saluto militare ma Nonno Tancredi le fece cenno di rilassarsi.
“Generale, vede, sarò più che schietta. Pare che la signora Martina abbia mandato all’ospedale due tra i più temuti riscossori di denari della zona, Carlo Dimi e Mimì Velente, spesso saliti agli onori della cronaca locale per le loro capacità persuasive corredate da anni di allenamento tra palestre e centri di arti marziali. Loro, ovviamente, non hanno alcuna intenzione di denunciarla, perderebbero ogni credibilità, ma io volevo semplicemente sapere in che modo era riuscita a metterli al tappeto”
“Io veramente non ho fatto niente, non è colpa mia se sono inciampati su un monopattino. Avrebbero potuto immaginare che nella rispettabile casa di una nonna qualche giocattolo sparso sul pavimento c’è… è normale. Che abbiano anche incidentalmente battuto la testa contro il pestello in marmo e legno della mia trisavola è del tutto casuale e il fatto che abbiano poi incontrato lo spigolo del tagliere in ghisa, è dura sa, anche quando è arroventata dalla tisaniera, è del tutto accidentale. Non pensa?”
“Come le dicevo, Generale mi dica se sbaglio, io penso che questi sandwich sono ottimi e il tè è semplicemente squisito”
“Uh i sandwich di Cirilla sono famosi anche oltre i confini del paese e il tè freddo così dissetante lo sa fare soltanto lei”
“È un mix che acquisto in erboristeria, ne volete un altro po’?”


56.

Nonna Cirilla quel giorno avrebbe dovuto fare la nonna e basta. Questo le creava non pochi problemi oltre al fatto che le faceva, a dir poco, venire le vertigini.
Aveva provato a tirarsi su con un po’ di caffè verde e ginseng ma non aveva funzionato molto. Si era guardata intorno, aveva rassettato la casa, peraltro pulitissima, preparato quello che avrebbe dovuto portare, effettuato respirazioni e meditazioni, indossato un sorriso gaudente e stava proprio per uscire di casa quando squillò il telefono.
Lo guardò con sospetto ma, appena visto il numero rispose e la sua giornata prese una piega diversa, molto più divertente.
“Marat carissimo, buongiorno, che piacere”
“Cirilla cara, come ha fatto ad indovinare?”
“È comparso il numero sul display ma la stavo pensando”
“Oh davvero? Che combinazione… con queste nuove tecnologie mi raccapezzo poco, sono un progressista tradizionalista.”
“Già, come sta la sua ormai numerosa famiglia’”
“Ah, ha saputo?”
“Sì, le mie più sincere congratulazioni”
“Oh è così bello essere nonni che non si riesce nemmeno a capacitarsene, ma anche lei ho saputo”
“Eh, sì, mi accingevo proprio a”
“L’ho disturbata ordunque?”
“No, no, anzi, come le dicevo la stavo giustappunto pensando. Mi dica mi dica”
“Ecco, la chiamavo perché mi è giunta notizia di un fatto alquanto increscioso”
“Ah, se vuole possiamo incontrarci nel caffè del teatro”
“Con molto piacere, se non le è d’incomodo”
“No, no, se preferisce possiamo incontrarci prima di pranzo o prima di cena, verso l’ora dell’aperitivo”
“All’ora dell’aperitivo di pranzo va benissimo”
“A tra poco”
57.

“Mamma dimmi che stai arrivando”
“Tesoro caro, no!”
“Mamma perché?”
“Tesoro stavo per chiamarti, dobbiamo rimandare a dopo pranzo, nel tardo pomeriggio”
“Tardo quanto’”
“Tardo ma non troppo, non ti preoccupare tesoro”
“Mamma, hai saputo quello che è successo?”
“Uhmm”
“Ah non lo sai ancora, bene, se potessi passare da me prima dell’aperitivo potrei parlartene”
“Tesoro guarda posso passare giusto cinque minuti poi non mi dire che non ti voglio vedere”
“Oh ma hai detto che nel pomeriggio saresti stata libera”
“Tesoro mi sarei potuta liberare con maggior agio ma se per te è così importante, passo subito”
“No, ma figurati puoi anche passare dopo, tanto quel che è successo è successo”
“Arrivo”
“Mamma?”
“Sì?”
“Potresti portarmi del pane?”
“Per te?”
“Sì”
“No, ti fa ingrassare e devi tornare in forma dopo il parto”


58.

Il caffè del teatro era uno di quei luoghi in cui il tempo sembrava essersi fermato a sorseggiare qualcosa di buono. Sedie di legno scuro, comode e resistenti, tavolini in ferro e ceramiche decorate a mano, indistruttibili, biscottiere di cristallo con dolci preparati ad arte, caramelle variopinte, lampadari in vetro di Murano e lampade in alabastro di Volterra, una selezione di giornali appesi con una stecca di legno.
Luogo perfetto per Marat che lo frequentava appena ne aveva l’occasione.

“Cirilla, carissima, che piacere”
“Marat, il piacere è mio”
“Cosa posso offrirle?”
“Un pastisse andrà benissimo”
“Bene, io prenderò un kyr royale”
“Marat, mi dica”
“Ecco, è accaduto qualcosa di davvero terribile”
“Non so se stiamo parlando dello stesso accadimento ma penso che lei abbia ragione”
“Ah, dunque ha già saputo?”
“Più che altro, mi è giunta qualche voce”
“Non le si può nascondere niente, bene, così non avremo bisogno di preamboli”
“Una persona tanto ammodo”
“Sì, però mi pareva di aver capito che si fosse allontanato dai suoi fratelli spirituali”
“Già, un momento di confusione”
“Comprensibile ma”
“Beh pare che ciò abbia influito anche sulla sua posizione lavorativa”
“Sì, certo ma”
“Capisco le sue preoccupazioni, dovremo agire con circospezione”
“Ha conosciuto la Capitana Rosa Lia Montmasson?”
“Ecco, appunto”
“Comprendo”


59.

Stava per uscire dalla caserma quando le arrivò la telefonata che tanto aspettava. Si accordò per il pomeriggio stesso. Salutò, diede disposizioni di non essere disturbata se non per motivi importanti e si diresse quasi saltellando di contentezza verso il luogo dell’appuntamento.

“Buongiorno”
“Buongiorno, è molto puntuale”
“Se posso”
“Beh, certo”
“Allora, possiamo procedere?”
“Guardi, mi sono permesso di venire a fare un sopralluogo qualche giorno prima, sa qui in paese sappiamo un po’ tutto di tutti”
“Esattamente quello che cercavo, un luogo tranquillo dove la gente si saluta quando si incontra per la strada”
“Ha avuto un passato difficile?”
“Un po’ movimentato”
“Capisco, comunque qui era come avevo immaginato, meno male che sono venuto a fare il sopralluogo prima”
“Mi dica”
“C’è l’erba alta un metro, prima di fresare debbo tagliarla.”
“Ah”
“Ho portato il decespugliatore”
“Grazie”
“Ma l’acqua da dove la prende?”
“L’acqua?”
“Sì, per annaffiare”
“Nel pozzo”
“Posso dare un’occhiata?”
“Guardi, è lì”
“Come immaginavo”
“È grave?”
“No, dovrebbe mettere la pompa o almeno una carrucola a motore”
“E quanto mi verrebbe a costare?”
“posso darle un consiglio?”
“Dica”
“Invece di fare l’orto si metta a coltivar fiori che ahi voglia a comprare cassette di frutta e verdura!”
“No, ma guardi, io vorrei proprio coltivare l’orto, ci tengo”
“Va bene, le faccio un preventivo però intanto le dico che abbiamo una splendida selezione di fiori. Intanto che faccio? Taglio l’erba e freso? Io taglierei solo l’erba”
“Tanto che c’è fresi pure”
“Va bene comunque anche se decidesse di mettere i fiori una bella fresata non fa certo male”
“Mi scusi, devo rispondere al telefono adesso”
“Non si preoccupi, faccia con comodo, io intanto taglio l’erba”
“Pronto? Avevo detto.. Sì, capisco… Va bene… Arrivo.”
“Tutto bene? Se vuole torno un’altra volta”
“Devo tornare in caserma. Pare ci sia stata una scazzottata in un bar, ne sa niente?”
“Se è quello che penso io non si deve preoccupare di niente. Due bulletti che non sanno come dare il tormento alla gente e se la prendono con le brave persone”
“Mi faccia capire meglio”
“Ma niente, scaramucce”
“E allora perché ci avrebbero chiamati?”
“Chi vi ha chiamati?”
“Non lo so”
“Scommettiamo che immagino che tra poco riceverà un’altra telefonata?”
60.

“Cirilla! Buon pomeriggio, non mi vorrà mica invitare ad un’altra delle sue merende spettacolari?”
“Se vuole, avrei appena preparato uno sformatino delizioso. Ha cinque minuti?”
“Guardi, al telefono sicuramente sì, potrebbe accennarmi qualcosa?”
“Beh, è una questione alquanto delicata”
“Non si preoccupi, può parlare liberamente, la mia è una linea crittata”
“Che vuol dire?”
“Che le conversazioni non possono essere registrate, a meno che non vi sia un’espressa richiesta di un giudice”
“Ah, ecco, vede, io e il mio amico Marat”
“Che nome particolare”
“Oh, è particolarmente adatto alla persona, sa?”
“Curioso”
“Le dicevo. È accaduta una disgrazia”
“Prima di continuare, ha chiamato lei la Caserma?”
“Oh, no, non mi permetterei mai. Perché qualcuno l’ha già informata?”
“Sa, i nostri servizi sono molto efficienti”
“Impressionante”
“Nevvero?”
“Comunque, le dicevo, è accaduto un fatto quanto mai sconveniente”
“Sta per caso parlando di Emmanuele Ruggine?”
“Ha già saputo?”
“Cirilla, lei non aveva nipotini, pannolini e biberon di cui occuparsi?”
“Non la volevo certo disturbare, pensavo di fare cosa gradita fornendole qualche informazione riservata”
“Oggi è una bella giornata, mi dica la verità, si stava annoiando”
“Comunque l’invito per lo sfornato è ancora valido”
“Grazie, più tardi”
“A dopo allora”
“A dopo”


61.

“Ho la sensazione che avrei vinto la scommessa”
“Quindi pensa che l’orto sia un’idea balzana?”
“Insomma.”
“Chi è Emmanuele Ruggine?”
“Un brav’uomo, prima era molto religioso, poi si è allontanato dai suoi fratelli, credo si chiamino così tra loro, e non ha capito che le persone non si aiutano sempre tra loro”
“Debiti?”
“Forse qualche decina di euro, robetta il fatto è che alcune persone non hanno molto da fare nella vita e rompono l’anima a chiunque”
“Crede che sporgerà denuncia?”
“No, ma sarebbe bello se ogni tanto qualche bulletto capisse come ci si comporta”
“Va bene, li torchierò un po’. Domani, adesso vediamo di capire come sta il pozzo”
“Può darsi che stia meglio di quello che sembra.”
“Lei dice?”
“Non lo so, può essere”
“Intesi”
“Allora finisco e torno dopodomani?”
“A dopodomani”


62.

Massenzio aveva deciso di dare ascolto a Cirilla, una volta tanto.
I fenicotteri rosa in effetti gli ricordavano la Sardegna. Bella isola, splendida, mare meraviglioso, certe barche da perderci la testa ma non gli piaceva andare lì. Si sentiva sempre un po’ smarrito in quell’immensità di bellezze naturali, gli mancava fare a gara per accaparrarsi l’ombrellone in prima fila, le spiagge attrezzate per qualunque possibile e immaginabile attività on the beach e le serate a ballare con gli amici.
A lui piaceva Riccione, poteva, quando aveva voglia di stare dove c’era poca gente, andare a Ponza.
Anche stare in quei villaggi vacanza con la formula all inclusive non era poi tanto male ma dopo un po’ si annoiava, voleva ritrovare il suo vicino d’ombrellone e vedere chi aveva il gonfiabile più innovativo.
Una volta Nicolò Matteo Pluto Mediceo l’aveva fregato, c’era rimasto così male!
Aveva sottovalutato i led water resistant e la nave pirata col pappagallo parlante era sfuggita al suo scandaglio di siti e negozi dedicati. L’anno successivo aveva reagito con la flotta completa: Nina, Pinta e Santa Maria con tanto di equipaggio.
Ci venivano dalle spiagge vicine a guardarle mica no.
Facevano finta di niente, poi si fermavano a prendere un caffè o un gelato al Lido Strabilia e guardavano di sottecchi.
Eh sì, un po’ di sfida aggiungeva sale alla salsedine e le vacanze senza il suo vicino d’ombrellone per Massenzio erano un po’ sciape.
Da un paio d’anni, però, Nicolò Matteo era un po’ distratto e questo toglieva gusto alla ‘competizione’. Prima di immergersi nella ricerca del gonfiabile decise di chiamarlo.
Dopo qualche squillo sentì la sua voce inconfondibile, non poteva rispondere in quel momento, l’avrebbe certamente richiamato.


63.

Dopo una settimana, Nicolò Matteo non aveva richiamato e Massenzio s’era alquanto preoccupato più che piccato. Poteva trascorrere un giorno senza che si richiamassero, due al massimo ma sette proprio no. Doveva essere accaduto qualcosa. Chiamò a casa, niente. Telefonò alla moglie, niente di niente.
Si sentiva come una fiera in gabbia.
Nicolò Matteo Pluto Mediceo era un direttore di una banca piccola ma dignitosa. Da qualche anno era diventata di tutto rispetto grazie alla presenza di una importante comunità asiatica sul territorio. Prima aveva aperto il conto una famiglia, poi erano seguite le altre e, insomma, non si poteva lamentare.
Gli aveva raccontato che stava cercando di recuperare alcune case di proprietà e non riusciva a venire a capo di un’intricatissima questione che comprendeva alcuni membri influenti di una ricca famiglia cittadina.
Massenzio gli aveva detto la sua e lui si era rabbuiato.
Da come gli aveva narrato la storia, sembrava che un gruppetto di imbroglioni e delinquenti avesse raggirato una coppia di genitori molto ricchi che, per ragioni a lui sconosciute, avevano affidato la gestione dell’ingentissimo patrimonio della figlia, una ragazzina ormai adulta, lasciatole in eredità dai bisnonni ad uno studio legale tributario dal nome altisonante e piuttosto noto. Il patrimonio sarebbe servito a farla vivere in modo dignitoso ma lui conosceva i suoi conti e aveva notato che viveva con un budget ben al di sotto del livello minimo di sopravvivenza. Era anche diventata madre, si arrabattava, trovava sempre il modo ma lui non riusciva quasi a guardarla negli occhi quando la vedeva arrivare con quei quattro spicci che molto faticosamente metteva da parte.
Si era incazzamattito su questa vicenda e più vi si addentrava più trovava una cupa viscosità che lo disgustava e gli stava rovinando anche il piacere di sfidare il suo vicino d’ombrellone.


64.

“Buongiorno, che mi dice del pozzo?”
“Buongiorno, le ho montato la pompa”
“Quanto le devo?”
“Il costo del materiale”
“E la mano d’opera?”
“Mi paga la fresatura, il taglio dell’erba e una mezza giornata di lavoro da bracciante”
“Ma lei non è un bracciante”
“Lo so”
“Grazie”
“Di niente però deve sbrigarsi con le piantine o passerà la stagione”
“Me le porta lei?”
“Non so cosa vuole mettere”
“Va bene, passo io all’agricola così posso sceglierle”
“A presto”
“A dopo”


65.

Erano trascorse due settimane.
Non poteva andare dai Carabinieri e dire che il suo amico non l’aveva richiamato, avrebbe fatto la figura del fesso. Gli avrebbero chiesto se volesse fare una denuncia di scomparsa, ma lui non era un parente e il telefonino squillava, non era spento.
Ne parlò con Malvina, era certo che lei avrebbe saputo cosa fare. Era l’esatto opposto di lui, ideale per cercare di capire un altro punto di vista, tante volte gli fosse sfuggito.
Lei ne approfittò per chiedergli di aiutarla a portare certe piante col suo pick-up.
Arrivarono all’agricola con le facce scure, Massenzio le aveva raccontato tutto per filo e per segno e lei s’era incupita.
I loro umori si rasserenarono appena videro la FCA di Rosa Lia Montmasson parcheggiata all’esterno dell’agricola: avrebbero potuto chiederle consiglio, fino a quel momento era sembrata una che capiva, quando voleva capire. 


66.

“Signora Capitana, che sorpresa, anche lei è una giardiniera?”
“Qualche mia antenata certamente sì, io mi diletto. Se non sbaglio ci siamo incontrati dalla signora Cirilla, lei è il signor Massenzio e signora suppongo?”
“Suppone male, io sono Malvina, siamo amici”
“Ah mi scusi”
“Niente si figuri, ha esperienza di piante?”
“No, non molto ma sto cercando di farmi consigliare”
“Ah, eh beh…piano piano si impara tutto”, la frase di Malvina era farcita di maliziosi sguardi che non sfuggirono a Silvano Fiacre che intervenne prontamente a togliere la Capitana d’impaccio
“Malvina, come posso aiutarti?”
“Silvano, senti, sono pronte quelle piante? Massenzio qui ha il pick up e le possiamo caricare, anzi guarda, vengo un attimo nel retrobottega con te. Massenzio non ti dispiace, vero?”
“No, no, anzi se non le è d’incomodo vorrei proprio chiedere alla Signora Capitana un consiglio”


67.

“Silvano ma che t’è saltato in mente?”
“Malvina non ti capisco”
“Mi capisci, mi capisci”
“Malvina che ti serve?”
“Silvano quella è una capitana, viene da chissà quale famiglia e ha alle spalle una vita tormentata”
“I frutti di drago te li ho trovati ma qui secondo me non pigliano”
“Tu non ti preoccupare, che secondo te non avrebbe preso neanche l’ananas e ti ho portato pure la mostarda coll’ananas che non sarebbe venuto.”
“Va bene va bene”
“Silvano, stammi a sentire, quella mo’ sta qui, tranquilla, ma non pensare che ci vorrà restare a lungo, le piace l’azione, me l’ha detto Ubaldo”
“Ubaldo?”
“Eh, Ubaldo, conosce la nonna della Montmasson”
“E che ti ha detto?
“Mi ha detto che te la devi togliere dalla testa”
“Non mi sono messo proprio niente in testa”
“Silvano io t’ho tenuto in braccio quando eri uno scricciolo, hai bevuto il latte dal mio seno insieme a mio figlio, t’ho nutrito di pane e marmellata ché tua madre sennò t’avrebbe dato le merendine e a me non le racconti ‘ste scemenze. Io te l’ho detto, ma quanto pensi che resisterà in paese quella?”
“E magari troverà qualche buon motivo per rimanere!”
“E saresti tu ‘sto buon motivo?”
“Ma figurati, magari le piace la vita di paese più di quanto immaginiamo”
“Però vacci piano e non ti innamorare perché altrimenti ti faccio assaggiare la mia cucchiarella se ci rimani male… ma che dico, te sei già cotto e stracotto”
“Malvina, t’ho trovato pure i lamponi che mi avevi chiesto”
“Va bene va bene, dopo passa che ti preparo una torta che se non si innamora con quella puoi pure lasciarla perdere”
“Grazie, allora che faccio, li carico sul pick-up?”
“Sì e aggiungi pure un paio di zappette”
“Sei un angelo Mavina”
“No, che gli angeli stanno in cielo e a me volare non piace punto”


68.

“Che t’ha detto?”
“Dice che ho fatto bene a parlargliene”
“E farà qualcosa?”
“Mi ha chiesto il numero, il nome, l’indirizzo, insomma tutto quello che potevo darle”
“E?”
“Mi ha detto che mi richiamerà appena saprà qualcosa”
“Massenzio?”
“Dimmi Malvina”
“Secondo te a Rosa Lia Montmasson piacciono le nocciole cimine?”
“Mi sembra più da frutta, ma tu prepara una crostata quattro stagioni così stai a posto”
“Che è mo’ ‘sta novità?”
“Uguale alla pizza, la fai con quattro gusti e dividi i sapori con la pasta frolla”
“Mi sembra gustosa”
“Visto che ti ho dato l’idea potresti anche farne due”
“Va bene va bene, passa tra cinque sei ore che te la preparo”
“Con le nocciole, i lamponi, la ricotta e le visciole?”
“L’uva fragola?”
“Al posto di?”
“Ricotta, non ce l’ho fresca come dico io”
“Va bene”
“A dopo”


69.

“Signor Massenzio?”
“Signora Capitana, sì, mi dica, mi chiami Massenzio però”
“Senta, non vorrei allarmarla ma ha fatto bene a parlarmi del suo amico”
“Ah, perché che è successo?”
“Posso parlare liberamente?”
“Vuole che ci incontriamo da qualche parte?”
“Se fosse possibile preferirei parlarne al telefono, la mia è una linea crittata”
“WOW”
“Mi deve scusare ma ho da fare e più tardi devono venire a sistemare il pozzo”
“Silvano?”
“Sì perché?”
“No, niente è che”
“Che?”
“Gli siamo molto affezionati tutti quanti, è una persona in gamba, completamente diverso da me, sa? Ma è in gamba, non è troppo loquace ma è una persona onesta”
“Lo conosce da molto?”
“Da prima che nascesse”
“Bene”
“Scusi, a volte divago.. mi stava parlando di Nicolò Matteo Pluto Mediceo”
“Ecco vede, la questione è un po’ più complessa di come me l’ha raccontata”
“Gli è successo qualcosa?”
“Sì e no”
“Cioè?”
“Si è interessato di questioni complicate e non credo che lo potrà più contattare, né che vi sfiderete più con i gonfiabili in spiaggia”
“Come sa che ci sfidavamo con i gonfiabili? Io non l’ho detto”
“È il mio mestiere”
“Lo sa fare bene?”
“Così dicono”
“Ah”
“Già”
“È vivo?”
“Sì e sta bene ma di più non posso dirle, anche perché non so e non posso saperne molto di più, sta aiutando un gruppo speciale dell’arma”
 “La ringrazio”
“Di niente”
“Mi scusi, posso farle una domanda che non c’entra niente?”
“Mi dica”
“Secondo lei le nocciole cimine con l’uva fragola stanno bene?”
“Non le ho mai assaggiate ma io vado matta sia per le nocciole che per l’uva fragola, per cui forse sì”
“Grazie”


70.

“Drusilla, ciao, che è successo stamattina hai deciso di buttarmi giù dal letto?”
“Ciao Cirilla, sapevo che l’avresti dimenticato”
“Cosa scusa?”
“Hai organizzato una passeggiata e hai dato appuntamento a tutti quanti alle 7.30 in piazza”
“O santa pace e adesso che ore sono?”
“Le sei, sei ancora in tempo”
“Drusilla, ti adoro”
“Lo so. Comunque, avremo di che parlare”
“Viene anche la Capitana?”
“Insieme a Silvano”
“Noooo”
“Sì”
“Ti metto in vivavoce mentre mi preparo. Racconta racconta”
“Pare che la torta di Malvina abbia fatto un certo effetto”
“La torta di Malvina è divina ahahaaha. Dimmi dimmi”
“Ma niente, sai, lui le ha aggiustato il pozzo, lei andava all’agricola ad ogni pie’ sospinto e Massenzio ha avuto l’intuizione”
“Massenzio che ci faceva all’agricola scusa?”
“Era andato ad accompagnare Malvina che doveva caricare alcuni attrezzi sul pick-up”
“Ah ecco, beh?”
“Beh, fatto sta che hanno prenotato per partecipare alla passeggiata”
“Silvano odia camminare”
“E si vede che ha cambiato idea”
“Non mi dire, e tu pensi che?”
“Che la crostata di Malvina sia stata galeotta”
“Voglio sapere tutto”
“Lo immaginavo, sono passata a prenderti”
“E dove sei adesso?”
“Per strada, ho appena comprato i cornetti per la colazione, sbrigati”
“Ti voglio bene”
“Anch’io, baci”


Nessun commento:

Posta un commento