Ochetta Paperetta e Leprotta Conigliotta
Ochetta Paperetta e Leprotta Conigliotta
erano amiche da moltissimi anni, talmente tanti che non riuscivano a ricordare
il giorno in cui si erano conosciute.
A ben guardare non avrebbero saputo dire
nemmeno se si fossero incontrate: a loro sembrava di essere sempre state
insieme.
Capitava spesso di vederle ridere
ripensando a questo o quel momento, talvolta litigavano anche ma poi facevano
pace con la repentinità con cui il sole torna a splendere dopo un temporale estivo.
Durante una di queste litigate Ochetta Paperetta accusò Leprotta Conigliotta di
non volerle bene punto e di avere la memoria corta.
Leprotta Conigliotta si arrabbiò
alquanto e le urlò che non le avrebbe mai più parlato.
Passavano i giorni e tra le due non
tornava il sereno.
Trascorse alcune settimane, nel
villaggio si cominciò a vociferare, le chiacchiere iniziarono a serpeggiare e
qualcheduno principiò a preoccuparsi.
In molti si chiesero cosa fare, fu
istituita una commissione e venne decretato l’inizio di una missione con
l’intento di scoprire perché quelle due avessero smesso di interloquire e
cercare di capire se si potesse agire per farle riappacificare.
Si decise di chiedere aiuto ai Cip Cip,
gli uccellini colorati con le ali a pois che se ne stavano tutto il giorno
appollaiati tra le nuvole e i rami di ulivo e al posto della coda avevano un
cuoricino. Dopo varie discussioni e un chiacchiericcio che durò un tempo
difficile da definire ma che sembrò lunghissimo, si giunse alla conclusione che
sarebbe stato opportuno recarsi nel Bosco degli Alberi Gocciolosi.
“Ah, io questa volta non ci vado neanche
se mi portate un cesto pieno di mirtilli” esordì Serino Verzellino, aggiungendo
“l’ultima volta mi hanno impiastricciato tutte le ali verdi di resina gialla e
ho impiegato giorni interi a far tornare lucido e splendente il mio bel
piumaggio”. Ciò detto incrociò le ali e girò il becco dall’altra parte.
Bella Cinciarella e Gaia Cinciallegra si
guardarono e in coro affermarono che per nessun motivo si sarebbero addentrare
nel Bosco degli Alberi Gocciolosi. “Mai, mai e poi mai”, conclusero senza
lasciare particolare adito a ripensamenti.
D’altronde non c’era neanche bisogno di
spiegare. Chiunque ricordava con quale difficoltà erano riusciti a staccare le
loro code, unite da un denso strato di vernice. Per riuscire ad uscire dal
bosco avevano dovuto fare i turni, prima una andava in avanti, poi l’altra si
girava e trainava, senza neanche poter spiegare le ali: un vero supplizio.
“Non contate su di me!” mise le mani
avanti Luchino il Lucherino “mi hanno cosparso il piumaggio di tinta
catarifrangente e ancora mi sembra di sentire i commenti e le risate della
gente”.
Peppola Montifringilla e Ruficollo
Tuffetto borbottarono qualcosa di incomprensibile ma era più che chiaro che la
loro non era certamente una dimostrazione di interesse e lo stesso diniego
giunse da Egretta Garzetta e Alzavola Crecca.
Il bosco era molto bello, non c’è che
dire, il profumo di resina e muschio irresistibile ma gli alberi gocciolosi
erano notoriamente un po’ permalosi. Guai a sbagliare il modo di domandare,
soprattutto qualcosa di importante, per un nonnulla si potevano arrabbiare e
quando si indisponevano facevano un mucchio di dispetti e dispettucci, niente
di grave ma insomma.
Dopo ore e giorni di trattative ecco
comparire all’orizzonte una soluzione: avrebbero chiesto all’Orso Cenciuluso
che era notoriamente un gran dormiglione un po’ pigrone ma andava d’amore e
d’accordo con gli alberi gocciolosi ed era anche ghiotto del loro sciroppo,
cosa che li rendeva alquanto orgogliosi.
I giorni passavano e le due continuavano
a non volersi neanche salutare, venne dunque stabilito che l’Orso Cenciuluso
sarebbe partito dal Parco Nazionale per andare a chiedere lumi nel Bosco degli
Alberi Gocciolosi durante l’equinozio di primavera. Il clima sarebbe stato
abbastanza fresco e c’era tempo prima della stagione estiva in cui si sarebbe
dovuto trovare all’interno del Parco per farsi fotografare dai turisti. Non che
gli piacesse ma i bambini erano sempre così felici di vederlo che non avrebbe
voluto rovinar loro la festa.
L’aria si stava decisamente scaldando
dopo il rigido inverno, le nevi si scioglievano lasciando spazio ai germogli di
fiorire e agli uccelli migratori di tornare.
L’ Orso Cenciuluso era stato chiamato
così dagli abitanti del villaggio, o meglio da una bambina che, vedendolo un
po’ stordito al risveglio dal letargo invernale e dimagrito dopo tanto tempo
trascorso a dormire senza mangiare, esclamò: “Guarda com’è cenciuluso l’orso,
deve avere una gran fame!”. Gli adulti risero e gli portarono un’arnia di miele
perché in effetti, così smagrito, sembrava proprio che al posto della folta
pelliccia avesse qualche panno messo lì a piripacchio, alla rinfusa, alla
sanfasò insomma.
Il soprannome era buffo, piaceva a
chiunque e alla fine, come spesso accade, nemmeno lui ricordò più il suo vero
nome.
Anche gli Alberi gocciolosi decisero che
avrebbero potuto continuare a chiamarlo così, anche se non era prammatica,
prassi consolidata e a loro piaceva tanto scherzare ma, come diceva sempre il
Marchese del Grillo, che era un nobile molto dispettoso vissuto nel Settecento,
quando si scherza bisogna essere seri.
L’Orso Cenciuluso conosceva bene i suoi
amici e sapeva che erano ghiotti di ciambelle e ferratelle, quindi si premunì
di un bel cesto pieno zeppo di dolciumi vari, tra cui qualche ovetto di
cioccolato, e un paio di bottiglie di succo di mele e di succo d’uva fragola e
si incamminò.
La strada sarebbe stata impervia per
chiunque ma non per un orso marsicano, per quanto fosse mezzo addormentato dal
letargo da cui si era appena svegliato.
Aveva chiesto a Tinnulo Gheppio e a
Rupica Capriola di accompagnarlo almeno fino ai margini del bosco, loro avevano
accettato a patto che ci fosse anche Grigiotto Lupacchiotto, che avrebbe saputo
spiegare ai Lupi Grigi il motivo della loro missione così da preparare la via
senza destare troppi sospetti tra gli abitanti del parco. In particolar modo
volevano assicurarsi che non vi fossero sguardi indiscreti, quali quelli
curiosi di qualche frequentatore occasionale del Parco Nazionale che avrebbe
potuto trovare insolito il gruppetto e chissà quante fotografie avrebbe
scattato e quanto l’avrebbe fatta lunga.
“L’ultima volta che ci hanno visti
insieme hanno fatto un tale baccano che ha richiamato tante di quelle
telecamere che abbiamo dovuto far finta di non conoscerci per oltre due anni”
scrocchiò Rupica Capriola.
“Caspita e quei microfoni ambientali
tutti camuffati, bisognava fare sempre attenzione e fingere di comportarsi in
modo normale” tintinnò ridacchiando Tinnulo Gheppio.
“Già, dovevamo far finta di comportarci
proprio come loro immaginavano che ci saremmo dovuti comportare, che noia”
ruglì sbadigliando Orso Cenciuluso.
“Avete ragione, verrò con voi e
avvertirò i Lupi Grigi così potremo procedere tranquillamente però Tinnulo
Gheppio dovrà avvertire i suoi amici pennuti e Rupica Capriola dovrà chiedere
ai Caprioli e ai Camosci di controllare le vie più impervie o comunque di
organizzare azioni di distrazione”, concluse ululando Grigiotto Lupacchiotto.
Ciò detto si misero in cammino, chi
saltellando, chi volando, chi camminando, ognuno a modo suo.
Cammina cammina arrivarono fino al
margine del Bosco degli Alberi Gocciolosi e lì si pose la questione: l’Orso
Cenciuluso avrebbe dovuto procedere da sé oppure sarebbero andati tutti quanti
insieme?
La discussione durò qualche tempo,
vennero vagliate le varie possibilità e si decise infine di andare tutti
insieme per un po’ ma poi, quando si sarebbe trattato di chiedere il consiglio
agli alberi, l’Orso Cenciuluso avrebbe dovuto cavarsela da sé per qualche ora.
Il Bosco degli Alberi Gocciolosi era
davvero meraviglioso, i profumi delle resine si mescolavano ad iridescenze di
colori arcobaleno, frutti prelibati e fiori colorati si mostravano agli occhi
di chi avesse avuto la ventura di entrarvi e una melodia armoniosa si spandeva
per l’aria.
All’Orso Cenciuluso era sempre piaciuto
andare lì ma non lo avrebbe mai ammesso altrimenti lo avrebbero preso in giro.
Camminarono per un po’ tutti insieme, si accamparono in una radura e si
salutarono: lo avrebbero aspettato lì.
“Ciao Orso, che ci fai da queste parti?”
“Ciao Alberi Gocciolosi, vi ho portato
un cestino di prelibatezze e sono venuto a chiedervi consiglio su una questione
che sta angustiando il villaggio”
“Uhm vediamo vediamo, cosa c’è qui?”
Dopo un’accurata disamina del contenuto
del cestino gli alberi lo fecero accomodare in una grotta accanto ad una
sorgente di purissima acqua montana e lo esortarono ad esprimere le sue
preoccupazioni.
L’Orso Cenciuluso parlava in modo
schietto e sincero, cosa che aiutava la conversazione, ma era molto accorto a
non dire neanche una lettera in più del necessario, cosa che era considerata
una forma di grande rispetto da parte degli alberi.
“Non sarà facile risponderti”,
sentenziarono aggiungendo “ma cercheremo di risolvere la questione perché la
risposta è un segreto segretissimo e non lo possiamo rivelare per nessun
motivo. Per il momento torna dai tuoi amici che ti stanno aspettando, quando
sarete riposati riprendete la via di casa, raccogliete, nel tragitto, cinque
bacche di ginepro nero, una fragola gialla e blu, una radice di genziana e
mettetele in una pentola di coccio che posizionerete all’ingresso della grotta
vaporosa”.
L’Orso Cenciuluso non sapeva che dire,
ringraziò, salutò e, come per magia, trovò tra le sue mani un foglio di resina
con su scritte le indicazioni.
Si incamminò dunque verso la radura,
dove ritrovò i suoi amici.
“Ciao, sei già di ritorno?”
“Cosa ti hanno detto?”
“Ci aiuteranno?”
“Yawn un attimo, un attimo, una domanda
alla volta. Sì ci aiuteranno ma la questione è molto complessa e nel tragitto
di ritorno dovremo raccogliere gli ingredienti che sono scritti su questa lista
resinosa”
L’Orso Cenciuluso mostrò ai suoi amici
la lista, che li impensierì non poco.
“Della genziana posso occuparmene io”
propose Rupica Capriola che sapeva inerpicarsi su sentieri alquanto difficili.
“So io dove trovare il ginepro nero”
affermò Tinnulo Gheppio
“E io posso reperire la pentola di
coccio” disse Grigiotto Lupacchiotto.
“Ma trovare la fragola gialla e blu sarà
un bel problema” concluse l’Orso Cenciuluso.
Uscirono dal Bosco degli Alberi
Gocciolosi piuttosto pensierosi.
“Quali preoccupazioni vi affliggono?”
chiese senza preamboli Felice il Gatto Selvatico vedendoli.
“Ciao Felice, non sappiamo dove trovare
una fragola gialla e blu” rispose altrettanto schiettamente Grigiotto
Lupacchiotto.
“Uhm è un bel problema, aspettatemi qui,
chiederò ad una mia amica”, disse e sparì per un tempo indefinibile. Quando
tornò era in compagnia di Condorella Pappagalla che cominciò a parlare e non la
finiva più ma ad un certo punto riuscì a dire dove avrebbero potuto trovare una
fragola gialla e blu, anche se non sarebbe stato facile arrivare fin laggiù.
Condorella Pappagalla aveva viaggiato
per mari e per monti ma non ricordava molto, sapeva soltanto di essere stata
imbarcata su una nave pirata e che soffriva il mal di mare, quindi non
ricordava punto come arrivare nei luoghi che aveva visto.
“Se non sai la strada…” chiese l’Orso
Cenciuluso
“…per trovare la fragola gialla e blu…”
domandò Tinnulo Gheppio
“…come possiamo fare?” sollecitarono in
coro Rupica Capriola e Grigiotto Lupacchiotto
“Oh ma è molto semplice: basterà
contattare i miei amici pirati, loro sono un po’ strani ma molto simpatici,
strani intendo in quanto pirati. Non usano mai le tipiche espressioni
‘pendaglio da forca’ o ‘pennuto da pentola’, no, loro sono simpatici e
rispondono sempre al mio richiamo senza cercare di staccarmi le penne per
decorare le loro giubbe”
“Ehm qui però non c’è il mare” obiettò
Felice il Gatto selvatico
“Non mi credete eh? Pensate che sono un
po’ tocco eh? Beh ve lo dimostrerò”. Ciò detto emise un rumore stridulo e quasi
assordante, cui rispose una ridda di richiami piuttosto variopinti e in men che
non si dica si udì distintamente pronunciare:
“Tuoni d’Amburgo Condorella che si dice
di bello?”
“ARGHHH Tutto bene e grazie per essere
qui”.
In un tempo che sembrò infinito
Condorella Pappagalla spiegò nei minimi dettagli, aggiungendone parecchi di sua
iniziativa e invenzione, quello che era capitato, il motivo della spedizione e
ciò che stavano cercando. I pirati annuirono e scomparvero nella radura. L’Orso
Cenciuluso, Tinnulo Gheppio, Rupica Capriola e Grigiotto Lupacchiotto nel
frattempo si erano addormentati e quando si svegliarono trovarono un cestino
intero di fragole gialle e blu. Nessuna traccia era rimasta neanche di Felice
il Gatto Selvatico e ancor oggi non sono sicuri di aver davvero incontrato due
pirati e un pappagallo nel Parco nazionale.
Condorella Pappagalla era molto loquace
ma aveva imparato a parlare senza dire niente durante i suoi tanti viaggi.
Poteva discorrere per ore intere e
talvolta per giorni e giorni senza che si riuscisse a saper ciò che non voleva
rivelare.
Questa sua caratteristica l’aveva resa
particolarmente simpatica ai pirati che talvolta si annoiavano durante le
lunghe traversate in mare ma che non volevano certo far conoscere le loro
avventure ai quattro venti, a meno che non si trattasse di gesta
particolarmente eroiche, eventualità che si verificava non troppo di frequente.
C’era stato una volta un corsaro
nizzardo, al secolo Giuseppe Garibaldi, che suscitò l’interesse internazionale
e chiunque giurava e spergiurava di averlo incontrato almeno una volta nella
vita ma Condorella Pappagalla non lo menzionava tanto spesso.
Quelle rare volte in cui pronunciava il
suo nome le si inumidivano gli occhi e sospirava languidamente ‘Oh Peppino’ e
subito dopo aggiungeva ‘Oh Anita’ come se stesse parlando di persone a cui era
molto affezionata.
Felice il Gatto Selvatico aveva una sua
teoria che condivideva con Lenny il Gatto del Porto di Kalive, un suo amico e
forse anche in qualche modo lontano parente. Erano entrambi convinti che
Condorella Pappagalla avesse effettivamente navigato sui legni su cui erano
imbarcati Giuseppe Garibaldi e la sua consorte Anita Capivari e che i due
l’avessero nutrita con prelibati frutti e altre leccornie anche se le date
sembravano molto lontane nel tempo.
D’altronde, il tempo è una convenzione
umana e pirati, corsari e abitanti del Parco nazionale non sembravano interessarsi
troppo di tali bazzecole, quisquilie e pinzillacchere.
Se gli abitanti del Parco Nazionale non
si interessavano troppo delle convenzioni sullo spaziotempo, a quanto pareva i
turisti ne erano piuttosto ammaliati, per cui bisognava accontentarli e
sbrigarsi a tornare al villaggio prima dell’inizio della stagione in cui si
sarebbero riversati sui sentieri e avrebbero affollato bar, ristoranti e punti
di ristoro.
Grazie al prezioso aiuto di Condorella
Pappagalla, dei suoi amici pirati, di Felice il Gatto selvatico e e degli
abitanti del Porto di Kalive, che era da tempo divenuta una località molto
rinomata ed esclusiva, Orso Cenciuluso, Tinnulo Gheppio, Rupica Capriola e
Grigiotto Lupacchiotto poterono tornare senza troppi ostacoli e con ciò che era
stato richiesto.
Durante il percorso dovettero dividersi
soltanto un paio di volte per evitare sguardi indiscreti ma poterono
raggiungere quanto prima la loro meta.
Era stata una missione difficile e
faticosa ma ne era valsa la pena.
Per lo meno si sperava di riuscire a
risolvere l’incresciosa questione.
Arrivarono a destinazione stanchissimi e
una bella merenda rifocillante fu particolarmente gradita.
Stavano per raccontare a tutti quanti
l’esito della loro missione quando con loro grande meraviglia videro qualcosa
che li fece trasecolare: Ochetta Paperetta e Leprotta Conigliotta che ridevano
felicemente insieme, come se nulla fosse mai accaduto.
Si guardarono e, dopo un primo momento
di sgomento, scoppiarono in una sonora risata e se ne andarono a dormire.
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