lunedì 21 maggio 2018

Ochetta Paperetta e Leprotta Conigliotta (filato bozza)


Ochetta Paperetta e Leprotta Conigliotta

Ochetta Paperetta e Leprotta Conigliotta erano amiche da moltissimi anni, talmente tanti che non riuscivano a ricordare il giorno in cui si erano conosciute.
A ben guardare non avrebbero saputo dire nemmeno se si fossero incontrate: a loro sembrava di essere sempre state insieme.
Capitava spesso di vederle ridere ripensando a questo o quel momento, talvolta litigavano anche ma poi facevano pace con la repentinità con cui il sole torna a splendere dopo un temporale estivo. Durante una di queste litigate Ochetta Paperetta accusò Leprotta Conigliotta di non volerle bene punto e di avere la memoria corta.
Leprotta Conigliotta si arrabbiò alquanto e le urlò che non le avrebbe mai più parlato.
Passavano i giorni e tra le due non tornava il sereno.
Trascorse alcune settimane, nel villaggio si cominciò a vociferare, le chiacchiere iniziarono a serpeggiare e qualcheduno principiò a preoccuparsi.
In molti si chiesero cosa fare, fu istituita una commissione e venne decretato l’inizio di una missione con l’intento di scoprire perché quelle due avessero smesso di interloquire e cercare di capire se si potesse agire per farle riappacificare.
Si decise di chiedere aiuto ai Cip Cip, gli uccellini colorati con le ali a pois che se ne stavano tutto il giorno appollaiati tra le nuvole e i rami di ulivo e al posto della coda avevano un cuoricino. Dopo varie discussioni e un chiacchiericcio che durò un tempo difficile da definire ma che sembrò lunghissimo, si giunse alla conclusione che sarebbe stato opportuno recarsi nel Bosco degli Alberi Gocciolosi.

“Ah, io questa volta non ci vado neanche se mi portate un cesto pieno di mirtilli” esordì Serino Verzellino, aggiungendo “l’ultima volta mi hanno impiastricciato tutte le ali verdi di resina gialla e ho impiegato giorni interi a far tornare lucido e splendente il mio bel piumaggio”. Ciò detto incrociò le ali e girò il becco dall’altra parte.

Bella Cinciarella e Gaia Cinciallegra si guardarono e in coro affermarono che per nessun motivo si sarebbero addentrare nel Bosco degli Alberi Gocciolosi. “Mai, mai e poi mai”, conclusero senza lasciare particolare adito a ripensamenti.
D’altronde non c’era neanche bisogno di spiegare. Chiunque ricordava con quale difficoltà erano riusciti a staccare le loro code, unite da un denso strato di vernice. Per riuscire ad uscire dal bosco avevano dovuto fare i turni, prima una andava in avanti, poi l’altra si girava e trainava, senza neanche poter spiegare le ali: un vero supplizio.

“Non contate su di me!” mise le mani avanti Luchino il Lucherino “mi hanno cosparso il piumaggio di tinta catarifrangente e ancora mi sembra di sentire i commenti e le risate della gente”.

Peppola Montifringilla e Ruficollo Tuffetto borbottarono qualcosa di incomprensibile ma era più che chiaro che la loro non era certamente una dimostrazione di interesse e lo stesso diniego giunse da Egretta Garzetta e Alzavola Crecca.

Il bosco era molto bello, non c’è che dire, il profumo di resina e muschio irresistibile ma gli alberi gocciolosi erano notoriamente un po’ permalosi. Guai a sbagliare il modo di domandare, soprattutto qualcosa di importante, per un nonnulla si potevano arrabbiare e quando si indisponevano facevano un mucchio di dispetti e dispettucci, niente di grave ma insomma.

Dopo ore e giorni di trattative ecco comparire all’orizzonte una soluzione: avrebbero chiesto all’Orso Cenciuluso che era notoriamente un gran dormiglione un po’ pigrone ma andava d’amore e d’accordo con gli alberi gocciolosi ed era anche ghiotto del loro sciroppo, cosa che li rendeva alquanto orgogliosi.




I giorni passavano e le due continuavano a non volersi neanche salutare, venne dunque stabilito che l’Orso Cenciuluso sarebbe partito dal Parco Nazionale per andare a chiedere lumi nel Bosco degli Alberi Gocciolosi durante l’equinozio di primavera. Il clima sarebbe stato abbastanza fresco e c’era tempo prima della stagione estiva in cui si sarebbe dovuto trovare all’interno del Parco per farsi fotografare dai turisti. Non che gli piacesse ma i bambini erano sempre così felici di vederlo che non avrebbe voluto rovinar loro la festa.

L’aria si stava decisamente scaldando dopo il rigido inverno, le nevi si scioglievano lasciando spazio ai germogli di fiorire e agli uccelli migratori di tornare.

L’ Orso Cenciuluso era stato chiamato così dagli abitanti del villaggio, o meglio da una bambina che, vedendolo un po’ stordito al risveglio dal letargo invernale e dimagrito dopo tanto tempo trascorso a dormire senza mangiare, esclamò: “Guarda com’è cenciuluso l’orso, deve avere una gran fame!”. Gli adulti risero e gli portarono un’arnia di miele perché in effetti, così smagrito, sembrava proprio che al posto della folta pelliccia avesse qualche panno messo lì a piripacchio, alla rinfusa, alla sanfasò insomma.

Il soprannome era buffo, piaceva a chiunque e alla fine, come spesso accade, nemmeno lui ricordò più il suo vero nome.

Anche gli Alberi gocciolosi decisero che avrebbero potuto continuare a chiamarlo così, anche se non era prammatica, prassi consolidata e a loro piaceva tanto scherzare ma, come diceva sempre il Marchese del Grillo, che era un nobile molto dispettoso vissuto nel Settecento, quando si scherza bisogna essere seri.

L’Orso Cenciuluso conosceva bene i suoi amici e sapeva che erano ghiotti di ciambelle e ferratelle, quindi si premunì di un bel cesto pieno zeppo di dolciumi vari, tra cui qualche ovetto di cioccolato, e un paio di bottiglie di succo di mele e di succo d’uva fragola e si incamminò.




La strada sarebbe stata impervia per chiunque ma non per un orso marsicano, per quanto fosse mezzo addormentato dal letargo da cui si era appena svegliato.
Aveva chiesto a Tinnulo Gheppio e a Rupica Capriola di accompagnarlo almeno fino ai margini del bosco, loro avevano accettato a patto che ci fosse anche Grigiotto Lupacchiotto, che avrebbe saputo spiegare ai Lupi Grigi il motivo della loro missione così da preparare la via senza destare troppi sospetti tra gli abitanti del parco. In particolar modo volevano assicurarsi che non vi fossero sguardi indiscreti, quali quelli curiosi di qualche frequentatore occasionale del Parco Nazionale che avrebbe potuto trovare insolito il gruppetto e chissà quante fotografie avrebbe scattato e quanto l’avrebbe fatta lunga.

“L’ultima volta che ci hanno visti insieme hanno fatto un tale baccano che ha richiamato tante di quelle telecamere che abbiamo dovuto far finta di non conoscerci per oltre due anni” scrocchiò Rupica Capriola.
“Caspita e quei microfoni ambientali tutti camuffati, bisognava fare sempre attenzione e fingere di comportarsi in modo normale” tintinnò ridacchiando Tinnulo Gheppio.
“Già, dovevamo far finta di comportarci proprio come loro immaginavano che ci saremmo dovuti comportare, che noia” ruglì sbadigliando Orso Cenciuluso.
“Avete ragione, verrò con voi e avvertirò i Lupi Grigi così potremo procedere tranquillamente però Tinnulo Gheppio dovrà avvertire i suoi amici pennuti e Rupica Capriola dovrà chiedere ai Caprioli e ai Camosci di controllare le vie più impervie o comunque di organizzare azioni di distrazione”, concluse ululando Grigiotto Lupacchiotto.

Ciò detto si misero in cammino, chi saltellando, chi volando, chi camminando, ognuno a modo suo.



Cammina cammina arrivarono fino al margine del Bosco degli Alberi Gocciolosi e lì si pose la questione: l’Orso Cenciuluso avrebbe dovuto procedere da sé oppure sarebbero andati tutti quanti insieme?

La discussione durò qualche tempo, vennero vagliate le varie possibilità e si decise infine di andare tutti insieme per un po’ ma poi, quando si sarebbe trattato di chiedere il consiglio agli alberi, l’Orso Cenciuluso avrebbe dovuto cavarsela da sé per qualche ora.

Il Bosco degli Alberi Gocciolosi era davvero meraviglioso, i profumi delle resine si mescolavano ad iridescenze di colori arcobaleno, frutti prelibati e fiori colorati si mostravano agli occhi di chi avesse avuto la ventura di entrarvi e una melodia armoniosa si spandeva per l’aria.

All’Orso Cenciuluso era sempre piaciuto andare lì ma non lo avrebbe mai ammesso altrimenti lo avrebbero preso in giro. Camminarono per un po’ tutti insieme, si accamparono in una radura e si salutarono: lo avrebbero aspettato lì.

“Ciao Orso, che ci fai da queste parti?”
“Ciao Alberi Gocciolosi, vi ho portato un cestino di prelibatezze e sono venuto a chiedervi consiglio su una questione che sta angustiando il villaggio”
“Uhm vediamo vediamo, cosa c’è qui?”

Dopo un’accurata disamina del contenuto del cestino gli alberi lo fecero accomodare in una grotta accanto ad una sorgente di purissima acqua montana e lo esortarono ad esprimere le sue preoccupazioni.
L’Orso Cenciuluso parlava in modo schietto e sincero, cosa che aiutava la conversazione, ma era molto accorto a non dire neanche una lettera in più del necessario, cosa che era considerata una forma di grande rispetto da parte degli alberi.

“Non sarà facile risponderti”, sentenziarono aggiungendo “ma cercheremo di risolvere la questione perché la risposta è un segreto segretissimo e non lo possiamo rivelare per nessun motivo. Per il momento torna dai tuoi amici che ti stanno aspettando, quando sarete riposati riprendete la via di casa, raccogliete, nel tragitto, cinque bacche di ginepro nero, una fragola gialla e blu, una radice di genziana e mettetele in una pentola di coccio che posizionerete all’ingresso della grotta vaporosa”.
L’Orso Cenciuluso non sapeva che dire, ringraziò, salutò e, come per magia, trovò tra le sue mani un foglio di resina con su scritte le indicazioni.
Si incamminò dunque verso la radura, dove ritrovò i suoi amici.



“Ciao, sei già di ritorno?”
“Cosa ti hanno detto?”
“Ci aiuteranno?”
“Yawn un attimo, un attimo, una domanda alla volta. Sì ci aiuteranno ma la questione è molto complessa e nel tragitto di ritorno dovremo raccogliere gli ingredienti che sono scritti su questa lista resinosa”

L’Orso Cenciuluso mostrò ai suoi amici la lista, che li impensierì non poco.

“Della genziana posso occuparmene io” propose Rupica Capriola che sapeva inerpicarsi su sentieri alquanto difficili.

“So io dove trovare il ginepro nero” affermò Tinnulo Gheppio

“E io posso reperire la pentola di coccio” disse Grigiotto Lupacchiotto.

“Ma trovare la fragola gialla e blu sarà un bel problema” concluse l’Orso Cenciuluso.

Uscirono dal Bosco degli Alberi Gocciolosi piuttosto pensierosi.

“Quali preoccupazioni vi affliggono?” chiese senza preamboli Felice il Gatto Selvatico vedendoli.

“Ciao Felice, non sappiamo dove trovare una fragola gialla e blu” rispose altrettanto schiettamente Grigiotto Lupacchiotto.

“Uhm è un bel problema, aspettatemi qui, chiederò ad una mia amica”, disse e sparì per un tempo indefinibile. Quando tornò era in compagnia di Condorella Pappagalla che cominciò a parlare e non la finiva più ma ad un certo punto riuscì a dire dove avrebbero potuto trovare una fragola gialla e blu, anche se non sarebbe stato facile arrivare fin laggiù.
Condorella Pappagalla aveva viaggiato per mari e per monti ma non ricordava molto, sapeva soltanto di essere stata imbarcata su una nave pirata e che soffriva il mal di mare, quindi non ricordava punto come arrivare nei luoghi che aveva visto.

“Se non sai la strada…” chiese l’Orso Cenciuluso
“…per trovare la fragola gialla e blu…” domandò Tinnulo Gheppio
“…come possiamo fare?” sollecitarono in coro Rupica Capriola e Grigiotto Lupacchiotto
“Oh ma è molto semplice: basterà contattare i miei amici pirati, loro sono un po’ strani ma molto simpatici, strani intendo in quanto pirati. Non usano mai le tipiche espressioni ‘pendaglio da forca’ o ‘pennuto da pentola’, no, loro sono simpatici e rispondono sempre al mio richiamo senza cercare di staccarmi le penne per decorare le loro giubbe”
“Ehm qui però non c’è il mare” obiettò Felice il Gatto selvatico
“Non mi credete eh? Pensate che sono un po’ tocco eh? Beh ve lo dimostrerò”. Ciò detto emise un rumore stridulo e quasi assordante, cui rispose una ridda di richiami piuttosto variopinti e in men che non si dica si udì distintamente pronunciare:
“Tuoni d’Amburgo Condorella che si dice di bello?”
“ARGHHH Tutto bene e grazie per essere qui”.
In un tempo che sembrò infinito Condorella Pappagalla spiegò nei minimi dettagli, aggiungendone parecchi di sua iniziativa e invenzione, quello che era capitato, il motivo della spedizione e ciò che stavano cercando. I pirati annuirono e scomparvero nella radura. L’Orso Cenciuluso, Tinnulo Gheppio, Rupica Capriola e Grigiotto Lupacchiotto nel frattempo si erano addormentati e quando si svegliarono trovarono un cestino intero di fragole gialle e blu. Nessuna traccia era rimasta neanche di Felice il Gatto Selvatico e ancor oggi non sono sicuri di aver davvero incontrato due pirati e un pappagallo nel Parco nazionale.



Condorella Pappagalla era molto loquace ma aveva imparato a parlare senza dire niente durante i suoi tanti viaggi.
Poteva discorrere per ore intere e talvolta per giorni e giorni senza che si riuscisse a saper ciò che non voleva rivelare.
Questa sua caratteristica l’aveva resa particolarmente simpatica ai pirati che talvolta si annoiavano durante le lunghe traversate in mare ma che non volevano certo far conoscere le loro avventure ai quattro venti, a meno che non si trattasse di gesta particolarmente eroiche, eventualità che si verificava non troppo di frequente.
C’era stato una volta un corsaro nizzardo, al secolo Giuseppe Garibaldi, che suscitò l’interesse internazionale e chiunque giurava e spergiurava di averlo incontrato almeno una volta nella vita ma Condorella Pappagalla non lo menzionava tanto spesso.
Quelle rare volte in cui pronunciava il suo nome le si inumidivano gli occhi e sospirava languidamente ‘Oh Peppino’ e subito dopo aggiungeva ‘Oh Anita’ come se stesse parlando di persone a cui era molto affezionata.
Felice il Gatto Selvatico aveva una sua teoria che condivideva con Lenny il Gatto del Porto di Kalive, un suo amico e forse anche in qualche modo lontano parente. Erano entrambi convinti che Condorella Pappagalla avesse effettivamente navigato sui legni su cui erano imbarcati Giuseppe Garibaldi e la sua consorte Anita Capivari e che i due l’avessero nutrita con prelibati frutti e altre leccornie anche se le date sembravano molto lontane nel tempo.
D’altronde, il tempo è una convenzione umana e pirati, corsari e abitanti del Parco nazionale non sembravano interessarsi troppo di tali bazzecole, quisquilie e pinzillacchere.



Se gli abitanti del Parco Nazionale non si interessavano troppo delle convenzioni sullo spaziotempo, a quanto pareva i turisti ne erano piuttosto ammaliati, per cui bisognava accontentarli e sbrigarsi a tornare al villaggio prima dell’inizio della stagione in cui si sarebbero riversati sui sentieri e avrebbero affollato bar, ristoranti e punti di ristoro.
Grazie al prezioso aiuto di Condorella Pappagalla, dei suoi amici pirati, di Felice il Gatto selvatico e e degli abitanti del Porto di Kalive, che era da tempo divenuta una località molto rinomata ed esclusiva, Orso Cenciuluso, Tinnulo Gheppio, Rupica Capriola e Grigiotto Lupacchiotto poterono tornare senza troppi ostacoli e con ciò che era stato richiesto.
Durante il percorso dovettero dividersi soltanto un paio di volte per evitare sguardi indiscreti ma poterono raggiungere quanto prima la loro meta.
Era stata una missione difficile e faticosa ma ne era valsa la pena.
Per lo meno si sperava di riuscire a risolvere l’incresciosa questione.
Arrivarono a destinazione stanchissimi e una bella merenda rifocillante fu particolarmente gradita.
Stavano per raccontare a tutti quanti l’esito della loro missione quando con loro grande meraviglia videro qualcosa che li fece trasecolare: Ochetta Paperetta e Leprotta Conigliotta che ridevano felicemente insieme, come se nulla fosse mai accaduto.
Si guardarono e, dopo un primo momento di sgomento, scoppiarono in una sonora risata e se ne andarono a dormire.





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