sabato 4 gennaio 2020

Romuva


Romuva

1.

C’era una volta e c’è ancora, in una landa remota della Lituania, un albero meraviglioso che somigliava molto ad una enorme quercia. Come tutte le querce, in inverno la sua chioma rimaneva ben salda sui rami, fornendo protezione e riparo dalle intemperie a chi avesse voluto fermarsi un po’ a meditare e riposare oppure agli uccellini e agli insetti che talvolta aveva sentivano un gran freddo, soprattutto nelle lunghe notti d’inverno. In Lituania, infatti, l’autunno e l’inverno hanno delle notti talmente lunghe che è difficile distinguere l’alba dal tramonto ma quando arriva la primavera le giornate sono colme di sole e di luce. La grande quercia non si stagliava certo da sola nel deserto, anche perché, pur essendoci molte dune, in Lituania non c’è il deserto, anzi, c’è un bel mare con spiagge che durante le stagioni fredde si imbiancano di soffice e bianca neve creando scenari incantati e fiabeschi. Durante le gelide e lunghissime notti è possibile, infatti, sdraiarsi sulla spiaggia, ben coperti ovviamente, sorseggiando una bella tazza di tisana calda, ad ammirare la Via Lattea e l’Universo visibile da quella parte del mondo semplicemente alzando gli occhi al cielo.

2.

Un giorno, o forse era notte, si scatenò una potentissima bufera, il vento sbuffava come una locomotiva o un toro arrabbiato, i fiocchi di neve danzavano nelle loro geometriche forme creando vortici luminescenti, le foglie si rincorrevano velocemente, i rami degli alberi si stringevano ai tronchi per non essere spazzati via, le nuvole si scatenavano in spaventevoli forme meravigliose fino a che aprirono un varco vaporoso e lasciarono passare l’irruento Perkūnas, il quale aveva l’abitudine di farsi annunciare da lampi e saette oltre che da un rintonante frastuono.

3.

“Perkūnas non potresti bussare come tutti gli altri?” gli chiese la grande quercia scrollandosi di dosso rami e ramoscelli di vari alberi nonché arieti e capre che avevano trovato rifugio sotto la sua vasta chioma, e altri animali tremanti, spaventati da tanta veemenza.
“Cara Quercia, scusami, lo sai che tendo a fare un po’ di baccano ma sono simpatico in fondo”, rispose Perkūnas accarezzando un cavallo fino a farlo calmare.
“Beh, ora che sei venuto, dimmi, a che debbo l’onore di questa visita?”
“Quercia cara, è stato un lungo viaggio, posso sedermi un po’, ristorarmi e riposarmi prima di raccontarti tutto?”
“E sia ma fai cessare subito tutto questo trambusto”
Perkūnas si scusò, lanciò una folgorite in aria e i tuoni se ne tornarono trotterellando insieme alle nuvole verso un punto dell’orizzonte.

4.

Perkūnas si riposò, gli animali e gli alberi si calmarono nonostante russasse in modo alquanto indecoroso. Tale produzione rumorosa, però, spaventò i conigli e le lepri per cui, al suo risveglio, trovò davanti a lui Medeine e Meiden con le braccia conserte e uno sguardo a dir poco inferocito. Perkūnas aprì gli occhi, sollevò il sopracciglio e grugnì “Salve gente! Qual buon vento?”. Ecco, forse se avesse utilizzato un’espressione diversa, senza far riferimento alla tempesta da lui scatenata qualche tempo prima, Medeine, Meiden, i conigli e le lepri non avrebbero iniziare a tamburellare con i piedi. Il ritmo fu dapprima molto lento TAP…………………TAP………………..TAP per poi crescere d’intensità in un TAPTAPTAPTAP velocissimo e molto molto significativo.
Perkūnas pensò che non fosse un buon segno…. Ma la musica era proprio divertente e si unì a loro in una frenetica improvvisazione jazz.

5.

Saulė e Menulis accorsero senza por tempo in mezzo: non si poteva certo pensare di organizzare una festa danzante senza nemmeno invitarli. Ah! Loro, che eran sempre lì a ballare con le stelle e con il saggio Diẽvas ogni qual volta ve ne fosse davvero bisogno o semplicemente l’occasione propizia, ad esempio un raccolto o una semina. Quelle sì che erano feste divertenti, talvolta vi partecipava anche Žemyna ma lei era molto più riservata e preferiva comparire soltanto in occasione di nascite e altri lieti eventi. Veles, Velona e Giltinė partecipavano soltanto ai funerali, erano fatti così, era inutile anche soltanto mandar loro un invito, la risposta era immancabilmente negativa. C’era chi vociferava malignamente che non avessero partecipato neanche alla loro festa di nascita ma ciò è, ovviamente, impossibile.

6.

La quercia, divertita ma stanca di far ondeggiare le proprie fronde e radici, si fermò un momento e domandò a Perkūnas il motivo della sua improvvisata che tanto sconquasso aveva creato nella foresta al di là delle dune. Perkūnas si schiarì la gola e con voce tonante rispose solennemente: “Non me lo ricordo”. La grande quercia trasecolò, i conigli, le lepri, le capre, gli arieti e finanche il cavallo risero in modo scomposto, tra il divertito e l’incredulo. “Come è possibile?” chiesero in coro. E niente, per quanto cercasse di ricordarlo, il motivo gli sfuggiva di mente come un’anguilla sguiscia via dalle mani di chi cerca di trattenerla. E così, tra un MA NO e un NON CI POSSO CREDERE, cominciò a darsi manate sul corpo in modo così rumoroso da creare suoni insoliti e molto divertenti. Nessuno perse l’occasione per lanciarsi in una nuova avventura musicale e tra un CLAP CLAP e un PATAMPUMFETE si trovarono in cerchio di percussioni.

7.

Le tre sorelle Laima, Karta e Dekla, attirate da un ritmo tanto avvincente, si avvicinarono al gruppo e intonarono un canto gutturale e armonico. Dopo poco tutti, ormai disposti in cerchio, cantarono AAAAAAA EEEEEEE IIIIIII OOOOOOO UUUUUUU con una tecnica, il canto carnatico, appresa in India in un qualche viaggio intercontinentale in un tempo di cui non avevano più memoria. Non potevano mica ricordare tutto, d’altronde, poffarbacco ma c’era proprio da chiarire il motivo per cui Perkūnas si era presentato in quel modo spettacolare spaventando la popolazione in un modo tanto plateale. Tutti gli occhi, finito il concerto improvvisato, si rivolsero verso le tre sorelle, ben note per essere a conoscenza dei fatti di chiunque, si vociferava addirittura che avessero la capacità di predire il futuro e di conoscere il destino di ognuno, visto e considerato che accompagnavano le loro esternazioni e i loro giudizi con eloquenti gesti di sapienza e conoscenza.

8.

La grande quercia iniziava a spazientirsi sebbene le fosse alquanto piaciuto ballare e suonare in quel modo, a dire il vero, era passato parecchio tempo dall’ultima volta che si era tanto scatenata. ORDINEEEEE, gridò all’improvviso Clanga Pomarina nell’inconfondibile richiamo che annunciava il passaggio di uno stormo di coppie di cicogne nere e bianche stanche per il lungo viaggio che dall’Africa le aveva portate a nidificare non lontano dal nido del rarissimo picchio dal dorso bianco. Francolino di Monte, Croccolone e Moretta Tabacca si affrettarono a preparar loro qualcosa per ristorarsi dopo la lunga traversata e, a quel punto Perkūnas ricordò il motivo della sua visita.

9.

“Corpo di mille saette!” esordì nel suo linguaggio un po’ piratesco e molto colorito “ecco cos’ero venuto ad annunciare”. La grande quercia sospirò, non c’era niente da fare, la memoria di Perkūnas era proprio pessima… si distraeva al primo frullare d’ali ed era troppo impegnato ad apparire nel modo più spettacolare possibile per poter ricordare qualcosa di diverso dal colore del fulmine che avrebbe voluto scagliare per farsi maggiormente notare. “Le cicogne stanno tornando indietro perché, per una gran perturbazione, non riuscirebbero ad arrivare a destinazione”. La grande quercia ringraziò, mettendo a tacere tutte le voci che stavano iniziando a mugugnare e commentare “bella forza, sono qui, ce n’eravamo accorti da soli, non c’era mica bisogno di farci spaventare in quel modo!”

10.

Le tre sorelle Laima, Karta e Dekla si guardarono perplesse. Non ne erano state informate per tempo, non erano a conoscenza di tale evento e questo era a dir poco inaccettabile, una vera e propria lacuna da colmare con una attenta ed oculata disamina di tutti i particolari e di tutte le informazioni, anche le più marginali. Non s’era mai visto uno stormo di cicogne tornare indietro dalla propria migrazione in quella stagione dell’anno. Una perturbazione era una spiegazione che non le aveva convinte per niente, troppo semplice. Avrebbero indagato, esplorato, dragato tutte le possibili motivazioni e sarebbero dunque giunte ad una conclusione accettabile e ragionevole, o per lo meno degna di essere raccontata alle generazioni future. Appurato che Saulė e Menulis fossero all’oscuro quanto loro della notizia, chiesero a Žemyna, la quale non rispose ma guardò significativamente Diẽvas, il quale, suo malgrado, sospirò e andò a domandare a Veles, Velona e Giltinė.

11.

“Non è arrivata la tua ora Diẽvas”, dissero in coro Velona e Veles, “Vuoi invitarci al tuo funerale?”, ridacchiò macabramente Giltinė. Diẽvas saggiamente lasciò che i motteggiamenti e le battute di nero spirito cadessero nel vuoto senza scomporsi. Era il modo migliore per attirare la loro attenzione. Infatti, lo sbeffeggiarono ancora un po’ e poi gli chiesero il motivo della sua visita. “Non possiamo aiutarti” risposero con aria corrucciata ma gli indicarono la strada per andare a trovare Velnias. Appurato che non c’erano altre strade percorribili se non quella, Diẽvas ringraziò e si incamminò, tremando e battendo i denti dalla paura, verso il punto indicatogli.

12.

Quando tornò, sano e salvo ma decisamente pallido, alla grande quercia, ci volle non poco per calmarlo e rassicurarlo che andava tutto bene, che era al sicuro e che non c’era niente da temere. Tremava come la foglia di una canna al vento. Una bella tisana calda gli diede forza per iniziare il suo racconto. Al di là del mare, oltre la terra e il Mediterraneo, era stato scoperto un giacimento di preziosi minerali e le cicogne avevano trovato tutto sottosopra, i loro alberi erano stati tagliati per far posto a ruspe, camion e altre diavolerie e davvero non c’era un attimo di pace. Loro erano stanche e volevano soltanto riposare. A quel punto non c’era altro da fare che chiedere aiuto agli esseri umani. Ve n’erano alcuni dediti alla conservazione degli habitat naturali, non c’erano altre strade e, per quanto ciò potesse sembrare assurdo, avrebbero dovuto chiedere il loro aiuto. Vista la solennità della missione, se ne incaricò Žemyna che, senza far troppo chiasso, riuscì inaspettatamente nell’impresa e tornò trionfante con un gruppo di ornitologi e ambientalisti cui era stato fatto solennemente promettere di non rivelare che anche gli alberi possono parlare, se soltanto si impara ad ascoltare.

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