L’alveare
C’era una volta e c’è ancora un
bellissimo orto tra le colline sabine, con spinosi carciofi, barbuti agretti e
pelose fave in primavera; rossi pomodori, screziati fagioli, novelle patate, fiorite
zucchine in estate; tonde zucche, amara cicoria in autunno; agli, cipolle, bieta,
cavoli e broccoli in inverno. In questo orto un po’ originale vi sono alberi da
frutto e da decorazione, per ombreggiarsi e per sfamarsi, per arricchire il panorama
di tante forme e colori. Un bel giorno in quell’orto arrivò un calabrone calabrese
che aveva perduto la via di casa. Volando di fiore in fiore si era smarrito,
aveva attraversato il Parco del Pollino, il Vesuvio, monti e vallate, coste,
città e pianure fino a giungere in quell’ameno luogo. Oh che bel posto! Aveva esclamato
appollaiandosi dentro un accogliente fiore di zucca. Eppure pensò che gli mancava
il calore della sua terra e i profumi che soltanto lì si possono assaporare. Decise
comunque di costruire nei pressi un bel nido a spirale, di quelli che soltanto
i calabroni più esperti sanno creare, denso, cordoso e circolare. Il calabrone fece
amicizia in quelle terre e chiese aiuto ai suoi consimili per realizzare un intricato
e resistente labirinto. Pezzetto a pezzetto si industriò per costruire un vero
capolavoro di ingegneria animale, dapprima fece un piccolo cerchiolino, poi aggiunse
un altro cerchio un po’ più grande e ancora un altro e un altro ancora fino a
che riuscì ad occupare una superficie pari ad un’intera finestra. Il calabrone
a cui mancava il profumo del mare chiamò a raccolta i suoi parenti, gli amici e
i conoscenti. Ognuno di loro aggiungeva un pezzettino al grande alveare fino a
che arrivò un umano che si chiese cosa ci facesse una corda appesa alla finestra
e perché tanti calabroni vi si affaccendassero intorno. Gli esseri umani, è
risaputo, sono un po’ permalosi e non accettano di buon grado la convivenza con
altre specie animali e vegetali. Fu così che in pochi giorni il grande labirinto
venne smantellato e al calabrone non restò altra scelta che tornare, passando
di fiore in fiore, al paese da cui era venuto.
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